venerdì 16 luglio 2010

xmas in july

Non finisco mai di stupirmi degli infiniti casi (o svolte) della vita, delle storie che ti capitano di continuo sottomano. Sono qui che scrivo e ascolto l’ultimo disco di Bob Dylan, il mio preferito ormai, un disco di canzoni di natale che funzionano anche a luglio, col caldo africano che ti scioglie le ossa.
Mi è stato regalato a gennaio, per il giorno del mio 33° compleanno da Martin e Dani, e lo ascoltavo in cuffia il giorno che ho detto addio a quella che è stata la mia musa per i quattro anni precedenti e di cui trovate così tante tracce nel mio blog. Per questo e anche per il suo senso nascosto è un disco che adoro alla follia. Nessun altro avrebbe potuto fare un disco così, con tanto sentimento del tempo e amore e disperazione per un’innocenza perduta ma tremendamente necessaria. Forse solo Tom Waits. Ci pensavo già l’altro giorno che stavo organizzando per agosto un incontro con Nicola Lagioia, scrittore pugliese che ha scritto un libro intitolato Riportando tutto a casa, traduzione del celebre disco di Dylan Bringing it all back home. Quanta strada è passata da allora e credo che nemmeno Dylan avrebbe mai potuto sospettare in quei lunghi giorni del ’65 che un giorno, per riportare di nuovo tutto a casa, al suo posto, avrebbe finito per incidere il suo disco più commovente, una raccolta di canzoni di natale buone per tutte le stagioni.
Quanto a me, questa sera andrò a vedere Lagioia a Polignano, al Festival del Libro Possibile, tanto per farmi un’idea di cosa aspettarmi da lui come oratore e se ho fortuna conoscerlo. In programma, subito dopo Lagioia ho scoperto, c’è Jonathan Coe, scrittore che degli incroci perfetti ha fatto il suo marchio distintivo. A farmi leggere per primo Coe è stato Andrea, un caro amico che sognava di fare l’archeologo in Puglia ma che da alcuni anni è andato via per cercare fortuna a Pavia, come insegnante di italiano. Probabilmente ci andrà anche lui a vedere Coe. In questi giorni Andrea, che è qui in vacanza, esce poco di casa. Mi dice che non si trova più a suo agio a venire in piazza, di sentirsi spaesato, esattamente allo stesso modo in cui si sente spaesato a Pavia. Probabilmente è il destino di chi va, non sentirsi mai pienamente a posto in nessun luogo.
Qualcuno la vive male questa cosa, come Andrea, o ci si abitua a fatica. Per altri è fantastico, si lasciano pervadere dall’estremo senso di libertà che ti concede il non avere mai un vero luogo di appartenenza. Immagino sia sempre e solo una questione di scelte, e di volontà. Una cosa è essere costretti ad andare via per campare, un’altra correre e bruciare fino all’estremo, per dirla come Iuri.
Iuri era un mio amico di infanzia. Era scappato dal paese insieme a suo fratello Noa, in Inghilterra, ad appena 18 anni, e tornava qualche volta giusto per rivedere i genitori e i vecchi amici. Era quello che si potrebbe definire un punk e da punk, fra centri sociali e creste e aghi e furtarelli nei supermercati, tatuaggi dappertutto, anche sul viso e il mitico Kerouac nel cuore ha girato per tutta l’Europa e l’ultima volta che l’ho visto, due anni fa, meditava di attraversare l’oceano verso l’America. Poi non ne ho saputo più nulla fino alla settimana scorsa, quando l’ho rivisto, tutto pulito e rasato come mai, tranne che per i tatuaggi sul collo e sul mento, andarsene in giro per il paese, accompagnato per mano da un’assistente sociale, con lo sguardo fisso come un automa. Quando l’ho salutato non mi ha riconosciuto, non mi ha nemmeno guardato. Continuava a fissare lo spazio vuoto davanti a sé. Non so di preciso cosa gli sia successo ma, a quanto mi hanno detto, si è fritto il cervello con un acido. Dopo averlo visto ho avuto i brividi addosso e freddo per dei giorni, proprio come se fosse di nuovo gennaio.
Mi sono guardato intorno e il mio cervello ha cominciato a macinare ansia e paura, solo per rendermi conto che si entra, per me, in quella fase della vita in cui, volenti o no, ogni scelta è definitiva, non si torna più indietro, non si può. Forse è questo lo spirito che ha animato Dylan nel suo ultimo disco, mi dico, questo senso di panico per il tempo che non può essere fermato, per tutte le scelte che non si possono più modificare. Perché io nell’album di natale di Dylan più che le campanelle allegre della festa ci sento i pianti per le campane che risuonano in lontananza a morto, per il numero di assenti che a ogni festa aumenta irrimediabilmente, e la voce arrochita da troppe notti perse da solo, a vuoto, fumando e bevendo e chiacchierando con le foto appese al muro, a convincersi che in fondo siamo esseri conclusi, è inutile starci male, che a dispetto di ogni nostro desiderio o speranza o senso di rivolta per noi c’è un inizio e c’è una fine. E che il dolore è necessario. Persino quando ci rifiutiamo di vivere e la vita preferiamo guardarla da lontano, o inutilmente riscriverla.

14 commenti:

toupie ha detto...

Pensa che riflettevo sulle irremediabili assenze fisiche e non, con una mia amica qualche giorno fa, davanti ad un bicchiere di acqua fresca(visto il caldo solo quella fa piacere)e fai te che in questi giorni sto ascoltando Tom Waits di cui ho anche postato un brano recentemente sul mio blog.

Insomma certe riflessioni risuonano nella mente e nei cuori di ognuno-diciamo almeno di molti- e le colonne sonore accompagnano questi dolci-amari pensieri e ricordi.

A presto.

sergio pasquandrea ha detto...

eh, i trent'anni. come ti capisco...
;-)

amanda ha detto...

posso concederti le scelte che sanno più di definitivo, anche se con i tempi che corrono, io la vita ho dovuto reinventarmela a 45 anni, posso concederti che siamo esseri con un inizio ed una fine, posso concederti il dolore di vedere sugli altri i segni del tempo che gli altri a loro volta vedono su di noi, ma lo spazio per altra vita ed altri sogni ed altre fughe ed altri amori concetitelo, concedicelo

lil ha detto...

ah beh, non volevo toglier niente a nessuno :D

premio petrolio ha detto...

……… Ho sentito parlare di questo ragazzo compaesano. E mi son ritrovata a pensare non so perché: forse sta meglio, ché troppa coscienza a volte…. Sono di quelli che non si sente appartenente a nessun luogo in particolare, ma di passaggio su uno grandissimo al quale tengo tantissimo e tantissimo voglio bruciarlo col fuoco delle buone passioni, l'acido mio non sarà mai quello che incenerisce il cervello, ma quello che scioglie le brutture intorno. Nulla di artificiale insomma…
non sapevo di Lagioia e Coe, orc…

Daniela Gentile ha detto...

Lagioia e Coe diciamo che ce li siamo persi...

ma Starnone che parlava della lettura direi che è stato bello ugualmente :)

Buon Natale..

lil ha detto...

io ho pure la foto di vergassola ;)

premio petrolio ha detto...

per riprendere il discorso… (ma la foto di supervergassola la voglio vedere), domani a Loco ci sarà una vivente fenice che è emersa con slancio dall'incenerimento delle droghe… Gil Scott-Heron (che io amo perché amo la musica soul-funk) è la voce profondamente nera che narra e testimonia che se ne può uscire, se si vuole, se si è capaci, se si è abbastanza 'accesi'!

amanda ha detto...

dì ma quanto sei dimagrito?

lillo ha detto...

milena, speriamo di esserci anche noi allora... :D

amanda, ho perso due chili di barba ;)

Paolo Vites ha detto...

grazie

lil ha detto...

:)

Fausto Leali ha detto...

Ho letto e riletto questo post.
Ho letto le etichette che ci hai messo: amicizia, amore, vita, paturnie e pensieri, Bob Dylan e Tom Waits.
C'é tutto, così come c'é tutto nel tuo post.
Ed é bello questo post, terribilmente bello.
Ma l'ansia e la paura, pur essendo sempre lì, pronte a fare i conti con noi, devono essere scacciate via.
Perché é vero che più passa il tempo, più si entra in "quella fase della vita in cui ogni scelta é definitiva". Ma anche no. Il buon ladrone raddrizzò la sua all'ultimo istante, in fondo. La vita é un'avventura d'amore - l'Amore che da soli non ci sappiamo dare, quello da chiedere momento per momento - anche dentro l'esperienza che "il dolore é necessario".

Ciao Lillo, scusa l'impertinenza.
Tra poco parto di nuovo per andare al lavoro, un'altra notte di lavoro in ospedale. Sulla strada metterò su Christams In The Heart, mi é venuta un'irresistibile voglia di riascoltarlo. Anche in questa Milano rovente che sfiora i 40 gradi.
Ti abbraccio.

lil ha detto...

grazie a te per l'impertinenza :) magari ce ne fosse di più in giro.

e grazie per il commento, terribilmente bello anch'esso e così pieno di vita, e buon lavoro, se non per la passata (visto che arrivo tardi per quella) per tutte le future notti della vita...