domenica 29 agosto 2010

ma chi sono io?



Beh, sono quello che faccio. In fondo in Occidente, come tutti sappiamo, non è tanto importante chi sei ma cosa fai o meglio, si confonde spesso il chi sei con quello che fai e quello che fai col lavoro, inteso non come impegno e dedizione a una attività ma come attività che porta a uno stipendio, cioè a un potere di acquisto che tenga il sistema in movimento. Esisti, insomma, in quanto ingranaggio (un po’ come in Tempi Moderni di Chaplin). E se non ci stai? Se non fai così? Allora spesso non sei. Io ci ho provato a barare, a fare solo quello che sono col massimo impegno e una dedizione assoluta. Ma non essendo tutto ciò adeguatamente remunerato, non sempre funziona.
Continuano a dirti, guardando il tuo operato: bello sì, ma dov’è il lavoro duro che fa di te qualcuno?, intendendo non certo il lavoro, ma lo stipendio. Come se a pensare qualcosa di non standardizzato o trasmesso ogni quarto d’ora in tv dalla pubblicità, non ci si fecesse comunque il culo. Dunque, chi sono io? E dove sto andando? E soprattutto, ma quando arrivano le ragazze?
Sono quello che faccio. E cosa faccio? Fotografo, scrivo, racconto storie. Dunque? Dunque per Brunetta dovrei andare a cercarmi un lavoro vero. E certe volte, ammetto, lo penso anche io. Se non fosse che, se penso che a uno come Brunetta io posso stare sul cazzo, quasi quasi sono tentato di restare così per la vita.



Ma l'impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale.

domenica 22 agosto 2010

incontro con tonino guerra

Se ne andava Guerra con la sua giacca nera e lunga come un grembiule da bottegaio, se ne andava col suo gilè verde muschio e guance morbide da nonno e i baffi da uomo conviviale, se ne andava col suo amico russo e la sua moglie russa vistosamente a fiori, che lo trascinava via da noi e lo difendeva con orgoglio e forza e gentilezza, come fa il gatto col suo topo pasciuto.
Mi sono fatto largo in una calca di lettori, alla ricerca di un autografo o del tocco confortante del poeta. Io stesso desideroso di quello e senza il nuovo libro da proporgli per uno scarabocchio, mi feci a forza avanti per guardarlo negli occhi stanchi e pieni d’acqua.
Gli misi sotto il naso la mia mano, la strinse e dissi allora tutto d’un fiato cosa mi premeva che sapesse, che a ogni momento buio della vita le sue poesie mi avevano aiutato, confortato un cuore debole e fraterno. Fissò davanti come se non mi vedesse, come se lo sguardo grigio mi passasse oltre, poi venne rapito da sua moglie, e sciolse la sua mano dalla mia senza che mai mi sia riuscito di toccarlo.

domenica 15 agosto 2010

anniversario



GIULIETTA
Vuoi andartene? Non è ancora giorno.
È stato l’usignolo, e non l’allodola
a ferire il cavo sospettoso del tuo orecchio.
È la notte che canta su quell’albero di melograno.
Credimi, amore, era l’usignolo.
ROMEO
Era l’allodola, l’araldo del mattino,
non l’usignolo. Guarda, amore, che strisce malvagie
orlano quelle nubi che si dividono a Est.
Le candele della notte son bruciate, e il giorno felice
si muove in punta di piedi sulle cime nebbiose dei monti.
Devo andare e vivere, o restare e morire.
GIULIETTA
Quella non è la luce del giorno, io lo so.
È qualche meteora esalata dal sole
perché ti faccia stanotte da torcia
e ti illumini sulla strada per Mantova.
Perciò rimani, non c’è ancora bisogno di andarsene.

venerdì 13 agosto 2010

lunedì 9 agosto 2010

accadde in paradiso

Made in Heaven, ero un adolescente quando vidi questo film per la prima volta. E, come tutti gli adolescenti stupidamente romantici di questo mondo, rimasi incantato dalla promessa d’amore eterno, di un legame più forte della vita stessa e quasi simile al destino che questa bellissima storia prometteva. Anzi, in un certo modo sono quasi convinto, visto il modo in cui me lo sento ancora dentro, che tale film mi abbia in qualche modo fregato, o illuso, che là fuori, da qualche parte c’è la mia anima gemella ad aspettarmi e l’amore non sarà perfetto se non con lei. Idee molto pericolose da gestire, perché ad abusarne si finisce per rimanere soli.
A raccontare a parole di cosa parla Made in Heaven, perde molto del suo fascino. È più un film di immagini lievi e sfuggenti, di stati d’animo puri, molto on the road se vogliamo, nel senso propriamente beat di ricerca di se stessi come unica via per la felicità. Gli attori sono Timothy Atton e Kelly McGillis, giovanissimi, che interpretano due anime che si conoscono, si innamorano e si sposano in Cielo, prima che lei venga spedita sulla terra a vivere la propria vita terrena. Incapace di stare lontano dalla propria sposa, anche lui farà una sorta di patto con un angelo secondo il quale potrà scendere sulla terra a cercarla ma, una volta rinati, nessuno dei due ricorderà dell’altro e la loro dovrà essere una ricerca del cuore, basata solamente sull’istinto e sul bisogno dell’altro. Alla fine, come in ogni love story che si rispetti, l’amore vincerà e i due si ritroveranno, per strada, il giorno del loro trentesimo compleanno.
Per quel che mi riguarda questo film, oltre che condannarmi per sempre all’ideale della continua ricerca dell’amore perfetto, è stato anche il primo esempio di poesia visiva a cui ricordi di avere assistito (anche se poi, rivedendolo, ho in parte ridimensionato quella prima impressione), talmente forte da farmi piangere di commozione. A rendere ancora più forte questo stato emotivo è stata la colonna sonora, e un suo pezzo in particolare, intitolato We never danced, cantato da Martha Davis and the Motels, molto molto malinconico e con un arrangiamento tipicamente anni ’80, che mi sono portato a lungo nel cuore e che scoperto solo parecchi anni dopo essere stato scritto da quello che, nel frattempo, era diventato uno dei miei musicisti preferiti, Neil Young.

giovedì 5 agosto 2010

in morte di un re barbaro

1.Tempo presente, Iuri

Finché cade il coltello e ti ritrovi
un vecchio marinaio
tatuato e bisognoso d’affetto
portato per mano ai giardini.

Né più ricordi il respiro che freme in gola per la fuga
o i morsi dei quartieri di Berlino
né un solo nome che tu senta amico
se ti scuote il corpo l’attimo

che balugina improvviso negli occhi
e torna, male a fuoco alla mente
com’eri alto e fiero nel giorno
del tuo brindisi all’Europa, re barbaro.

È appena una voce, una brezza sottile
il tuo sguardo si perde nel vuoto
e annuisci con astuzia senile
per tenere a distanza il ricordo di un altro.


2.Anima assente

Il buio ti ha preso la mente, riportato bambino
calvo e innocente
e sono convinto non bramassi salvezza
se odiavi l’acqua come fanno i gatti.

Eri un esempio di libertà, letteratura fatta carne
ora appari anche tu, anima assente
raggirato dal fuoco e bruciato per nulla, anzitempo
per sempre.

la guerre



Per Erba, a cui credo sarebbe piaciuta. Per Iuri, soprattutto per lui.