venerdì 30 novembre 2012

per livia

Amici miei, la bambina nella foto qui a lato si chiama Livia, ed è la figlia di due miei amici. Livia ha dei problemi di salute, i medici si stanno adoperando per risolverli, ma il caso è complesso. Vi chiedo, come favore personale, di diffondere la sua documentazione clinica (qui il link per accedervi) in modo che possa arrivare all'attenzione del maggior numero di medici e istituti specializzati. Grazie da parte mia e dei genitori.

giovedì 29 novembre 2012

i colori dei precipizi

Mi punge nell’occhio
uno spino di luce sfuggito
al gran male del mondo.

*

La primavera indossa il vespero più bello
mi crescono sulle unghie lune amare
anche un minuto solo di tregua
la mia miseria è farmi uccello
che canta all’alba
la sua vita in un pugno di piume.

*

Tu non sapevi scrivere
ma quante cose avresti voluto lasciare
parlavano i tuoi occhi azzurrissimi
i segni sul viso a contenere vite

le tue mani grandi tenevano fermo il mio corpo
non la morsicatura alla lingua

soltanto erano più bianchi i tuoi capelli
pallidi e trasparenti gli occhi
ma ancora belli e profondi
stille di olio Santo nel letto della tortura

un bacio sospeso al mio male
nei tuoi pugni quella sera ho messo il mio cuore

e una lettera
(tu non sapevi leggere…)


Le poesie che pubblico vengono da I colori dei precipizi, poemetto del 2011 di Michelangelo Camelliti sulla malattia che crea distanza, e che tanto mi ricorda certe mie ricerche (e vicende) attuali.
Ho incontrato Camelliti una sola volta nella mia vita, a Roma nel 2007, gli avrò parlato meno di cinque minuti. Era l’8 dicembre e lui era vestito di bianco, con una bella sciarpa di seta viola e portava i sandali. Aveva la barba lunga ma curata, e io pensai che fosse il classico poeta radical-chic. Un anno dopo, tramite un comune amico, è diventato l'editore del mio primo libro. L’ho sentito al telefono per concludere l’accordo e, a distanza, era già una persona più seria, pratica, parlava con disinvoltura di soldi. Per la verità all’inizio mi ha scambiato per un altro, Lillo Gullo, famoso poeta siciliano, e io pensai chissà, mentre mi parlava, forse vuole Gullo e non me, ha fatto il numero sbagliato e ora mi pubblica per non ammettere l’errore. Il dubbio mi è rimasto, anche perché altri, poi, mi hanno assicurato che è un gran distratto.
Ora lo ritrovo qui, fra queste righe dedicate a suo padre, accomunato da una tristezza che conosco bene ma che in fondo non è la mia, perché, per quanto se ne dica, ognuno è solo nel proprio dolore. E anche se troviamo qualcuno, per scelta o per caso, con cui riusciamo ad aprirci ed esprimere così l’un altro dei sentimenti che sembrano simili, fraterni, è solo roba di poco, un’ora, un istante di pura comprensione, perché le immagini non combaciano mai perfettamente. Per questo di tali istanti dobbiamo essere grati, sono beni preziosi.

domenica 25 novembre 2012

"il cuore è uno specchio appeso nel vuoto"


Ritratto di Carlo Formigoni

la ricerca della felicità

Per Francesca

La ricerca della felicità ci rende egoisti perché la felicità è breve, non dura più del finale di un film. 
Va afferrata quando arriva e tenuta stretta, finché non ci morirà in mano.

sabato 24 novembre 2012

jimmy e il jazz

Jimmy, la santità che cerchi
è nel vibrato del tuo rutto.
E ora molla quella tromba, vecchio scemo.

venerdì 23 novembre 2012

inutile pensare ad altro...

Inutile pensare ad altro
si vive anche così
anche questa è nobiltà
della vita seppur ridotta
all’osso: respirare
mangiare defecare
avvolgersi nel sonno
senza più ambizioni
pronti solo al ciabattare
di là dal muro al volo
della zanzara invernale.

giovedì 22 novembre 2012

da qualche parte è scritto che i poeti...

Da qualche parte è scritto che i poeti
si trasformeranno in pesci
enormi pesci palla perduti nello spazio
gaudenti nella propria indifferenza.

Da domani tutto cambierà e anche
i più sensibili si arrenderanno all’evidenza
non c’è scampo per chi
degli uomini abbandona la speranza
per una verità senza conforto.

Ma restarsene in silenzio
sbocconcellare il buio in onde sottili
e pigramente avanzare incontro al sole beati
bruciate ormai le palpebre il pensiero.

martedì 20 novembre 2012

c’è chi ha grandi finestre...

C’è chi ha grandi finestre
per far pace ogni giorno
col cielo. Stanno lì
sui balconi per ore
coi nasi alti e gocciolanti
infreddoliti. Senza risposte.

lunedì 19 novembre 2012

frida

estrarre la bellezza dalla bestia...

Estrarre la bellezza dalla bestia
questo l’imperativo la scommessa
cercare un punto d’armonia con lo spazio
e stringerlo intorno al tuo dito
per scoprire nella geografia dell’unghia
la fragilità dell’osso il nero
dello smalto.

Questa è la mia vita oggi
abituarmi a essere con te
nella tua assenza nella nostra
svagata lontananza o inettitudine.

domenica 18 novembre 2012

il tempo è un abisso

luce

Hemingway, nell’introduzione ai 49 racconti, indica, fra i suoi preferiti Un posto pulito, illuminato bene.
Di che parla? Due camerieri sbattono fuori dal locale un ubriaco, perché è tardi e uno dei due è stanco. Chiudono, e l’altro rivela di avere paura di tornare a casa e mettersi a letto, perché il buio gli fa pensare alla nada, al nulla che ci avvolge. Tutto qui. 
Così, quello che all’epoca era considerato fra i suoi racconti più famosi e rappresentativi, oggi è fra i meno apprezzati. Il fatto è che, come per quasi tutto il minimalismo a cui ha dato l’avvio, non dice abbastanza, o meglio dice tutto senza aggiungere altro. Non c’è azione, né riscatto morale, e nemmeno il colpo di scena che darà una piccola scossa alla routine del lettore medio. La vita non li ammette, se non in rari casi, ed Hemingway imita la vita. 
In tempi come il nostro, dove invece, per citare Woody Allen, la vita imita la televisione, non c’è più posto per racconti in cui la paura più grande è quella del buio. Di fronte alla crisi mondiale, al terrorismo, al precariato, nessuno ha più tempo per i problemi di due baristi, a meno che i baristi non siamo proprio noi. Ed ecco perché il proliferare di chiacchiere simili, a milioni, sui vari social network. C’è esibizionismo. Ma se lo scrivi su FB allora il problema diventa più chiaro anche a te. Perché per un attimo guardi te stesso dall’esterno, come se fossi un altro. 
Molti non lo sanno, ma questo è un presupposto dell’arte. La capacità di estrapolare un significato dal proprio quotidiano per farne una metafora dell’esistenza. Certo, è un giochino per pochi, per chi sa davvero guardare oltre quei due baristi che ancora rientrano a casa. Per gli altri resterà una cosa appena sfiorata in un particolare momento del giorno, magari dopo il lavoro, mentre pensano a cosa scrivere in bacheca per sembrare più fichi. A leggerli si assomigliano tutti, spesso si lamentano per cose che credono importanti e poi non sono nulla. Dimenticandosi come, per un principio elementare della fede, solo attraverso il buio può arrivare la luce. 

Articolo uscito su Largo Belllavista n°63, ottobre 2012, nella rubrica Senilità. Nella foto Ernest Hemingway, ritratto da Robert Capa.

sabato 17 novembre 2012

ritratto di mio nonno oggi



Con un progetto a tema su mio nonno sto partecipando a un concorso indetto dalla Leica. In palio c'è una macchina fotografica del valore di circa 5000 euro. Se volete potete votare. Il voto non è determinante, ma sempre ben accetto. Qui le mie foto.

non contano apparenze...

Non contano apparenze
di fronte al desiderio
contro l’evidenza è te
che sogno sei tu
che torni ogni mattino
e t’imponi nel pensiero
padrona senza pace
e ti stendi luminosa
come il ponte sottilissimo
del ragno
tra finestra e foglia.

venerdì 16 novembre 2012

gli uccelli portano la morte sulle ali...

Gli uccelli portano la morte sulle ali
ecco perché piove, per bagnarle
e spingerla più in basso. L’hanno messa lì
i cacciatori, proiettata coi loro fucili
e ora la morte è libera di andare
a caso sui tetti sulle antenne
scivolare giù per le grondaie
affacciarsi sui balconi umidi. A volte
di notte mi sveglio in una crisi d’insonnia
e la morte mi guarda nel buio
nel letto vuoto accanto al mio.
Come ogni donna il suo sapore è salato
sa di lacrime e di fresco bucato
il mio, dice, è leggermente più amaro
né porta con sé niente di buono.

giovedì 15 novembre 2012

madonna rossa

giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza


“Non sempre giovinezza è verità” scriveva Vittorio Sereni in Stella Variabile, suo ultimo libro, memore della canzone che inneggiava alla guerra, all’azione mossa dall’istinto, dalla volontà di rinnovare. A questa affermazione si può contrapporre l’altra, terribile, di Philiph Roth: “Diventare vecchi è insopportabile e umiliante”, in Everyman.
Cos’è la giovinezza per Roth? Salute, vigore, desiderio. Di che si nutre? Rabbia, onestà, speranza, con una tale forza da negare l’utilità del sapere. Il sapere corrompe. Sapere non serve a vivere. Tutto viene azzerato dai giovani, sul piano delle possibilità, in virtù del loro anelito al godimento. A un vecchio, il cui corpo ormai è corrotto dal tempo, spezzato nella salute, umiliato nel sesso, tutto questo è negato, resta solo ciò che sa, o che sapeva, ciò a cui ha assistito. Un vecchio è un testimone ma, corruttore del mondo a sua volta, non ha nulla da insegnare.
In un suo pezzo su Repubblica, Marco Lodoli esprime riserve sulla possibilità che la cultura umanistica possa ancora offrire qualcosa ai giovani. Ma come si può negare che in una società edonistica com’è la nostra l’Uomo non sia più il centro dell’universo? Certo, si parla ormai di uomo con la minuscola, concetto meno eroico ma più vicino all’individuo, ai suoi bisogni, al suo controllo. Quella che viene meno, semmai, è una cultura della dignità dell’uomo, del poetico, del reale. La fame di poetico è fortissima, oggi come sempre, ma spesso lo si cerca in occasioni che escludono il reale, gli sfuggono con ansia. Perché?
Così, da una parte c’è chi rimprovera ai giovani una gravissima mancanza di attenzione per i problemi sociali, dall’altra li si spinge al disimpegno, connaturato all’idea di giovinezza, e in cui sono comunque colpevoli, perché non comprano abbastanza, deprimono il mercato, l’intera economia mondiale. I giovani sono carne da macello, l’età dell’oro una breve illusione.
Ci pensavo l’altra sera, guardando la registrazione di un vecchio concerto di Neil Young. Neil aveva venticinque anni e presentava dei nuovi pezzi che ora sono storia del rock, uno fra tutti Old Man, spietato confronto fra due generazioni che tanto ricorda Roth, dall’altra parte dello specchio. All’apice del suo talento, nel pieno della sua giovinezza, Neil Young era un artista inarrivabile, grandissimo e, per il principio che nulla è ripetibile neppure il talento, ascoltandolo viene quasi il rimpianto che non sia morto allora, mantenendo per sempre inalterato quel talento e la promessa di eternità e purezza insita nella sua musica.

Articolo uscito su Largo Belllavista n°64, novembre 2012, nella rubrica Senilità. Nella foto Kazuo Ohno in scena.

mercoledì 14 novembre 2012

lunedì 12 novembre 2012

più vado e più mi appare ovvio...

Più vado e più mi appare ovvio
come sia tutto vacuo
insopportabile persino il mio sorriso.

Se tutto finisce anche l’amore
perché cominciare una nuova fine?
Non danneggia forse l’universo
una nuova incrinatura nei rapporti
e la tensione che ne viene?

Tu che dici che viverlo è importante
(ma in vista di che? per quale scopo?)
e sei fine anche tu
anche tu ne avrai una
vuoi forse dirmi che l’amore è un passatempo
per riempire il vuoto
tra una fine e l’altra?

domenica 11 novembre 2012

nessuno mi aveva detto come i vecchi...

Nessuno mi aveva detto come i vecchi
muoiono lentamente
agonizzando a più non posso
fino a quanto riescano a tirare
pur di non andare.
Pensavo si spegnessero in un lampo
giunto il loro turno
pigiando l’interruttore interno.
Invece s’attaccano alla vita con gli artigli
le dita secche macchiate
di nicotina. I vecchi di fede impura
duri d’orecchio e al tatto
gravidi di prostata, smagriti di paura.

me come courbet


Foto di Manuela Mastrangelo.

giovedì 8 novembre 2012

silenzioso

ripeteva come un mantra
è silenzioso
e si cercava il bigolo ferito
rattrappito a una larva.

Lentamente si chiudeva in se stesso
si immergeva nel bozzolo
delle sue coperte
pronto a metter l’ali.

mercoledì 7 novembre 2012

strano come il corpo assuma propria vita...

Strano come il corpo assuma propria vita
e si muova lentamente contro l’io
si sbricioli in pezzetti e come mine vaganti
si sparpagli a colpirsi a
autodistruggersi pian piano
attraverso le fessure i nascondigli
le zone franche o di pudore
sgherro del tempo o di un caso
feroce intriso di dolore.

martedì 6 novembre 2012

ho visto la morte

riflessa negli occhi ciechi di mio nonno
ridotti a biglie vacue mentre
lentamente con devozione filiale
gli abbottonavo la camicia pulita
per accompagnarlo in ospedale.

Mio nonno fissava il vuoto davanti a sé
e chiedeva
chi sei?
né sapevo rispondergli io stesso.

Sono il tuo riflesso
avrei voluto dirgli ma ormai
di fronte allo sguardo vuoto
di chi?

lunedì 5 novembre 2012

cioccolata due volte

Ho capito che a tuo modo mi mancavi quando la cioccolata è impazzita.
Preparavo la salsa per il dolce ed è venuto fuori un blocco denso, fondente come un cuore senza qualità. È un po’ come l’universo che si stringe, si comprime e si nega, come la voglia di vederti che si scontra con la paura d’innamorarmi ancora.
Non ti ho scelta, ma ti ritrovo qui nella terrina, per la seconda volta mi guardi con tutti i tuoi semplici difetti, e sei pronta a completare il dolce per un pomeriggio senza drammi, guarnito di panna di risate. Benvenuta.

sabato 3 novembre 2012