lunedì 29 giugno 2015

pastiche (lettera al paese)

Io so. Io so i nomi di chi vincerà le prossime elezioni. E lo so perché questo è un paese di destra, non bigotto ma privo di fantasia, incapace di rinnovarsi, sempre pronto a lamentarsi ma servile e interessato col potere. Lo sappiamo. Lo so perché le menti migliori della mia generazione, quelle che potevano cambiare le cose, sono andate a cambiarle altrove, emigrate a rifarsi una vita, e tornano qui in vacanza solo per ribadire quanto gli manca questo posto. Lo so perché la nostra sinistra sono dieci anni e più che sta cercando di capire chi è e non l’ha ancora capito, e si giustifica sventolando una superiorità morale che a fatti non serve a nulla.
Io so, e posso dire, cosa ha portato la destra a questo mio paese, da sempre: una sistematica distruzione paesaggistica e culturale da parte di chi, a parole, ama questo luogo svisceratamente, forse perché non ne ha un altro dove andare, e la testarda e ferma volontà a non fermare questo disastro con un serio piano regolatore che si invoca da anni senza più speranza. Io so che la destra ha fatto tutto questo, con la complicità omertosa di un’intera generazione, quella dei nati fra gli anni ‘40 e i ’60, o nell’indifferenza di poche voci solitarie che si sono alzate ma mai appoggiate dalla comunità.
Io so, ma l’ho capito ora, che non c’è speranza, che questo mio discorso, come ogni discorso, sarà frainteso, etichettato come chiacchiere da comunista o cazzacarne, le etichette con cui tolgono valore al mio pensiero, perché il paese ha bisogno di braccia per edificare muri, nuovi palazzi vuoti, e non di penne che ne descrivano il fallimento morale. Negli anni ho affrontato l’odio di molti, espresso in varie forme: telefonate anonime, tentativi di querela, tentativi di pestaggio, sguardi disgustati per strada, insulti diretti, amicizie interrotte. L’ho fatto perché pensavo di scrivere per qualcuno che, bene o male, avesse bisogno di me. Mi sbagliavo. Non posso parlare per gli altri, perché non c’è crescita in un paese che non si assume le proprie responsabilità, che si nasconde dietro un capro espiatorio. Anch’io, come la sinistra di cui sopra, ho peccato di superiorità morale. E proprio come la sinistra che dicevo, in dieci anni di giornalismo appassionato, non sono riuscito ad abbattere un solo briciolo di quelle mura.
Per cui mi arrendo. Questo è l’ultimo articolo che scrivo in merito al paese, almeno fino alle prossime elezioni. Dimostratemi, nei mesi che verranno, che la mia sfiducia è malriposta. Perché d’ora in poi mi dissocio dal paese, da quanto vi accade, smetto di interessarmene e lo lascio affondare nel suo fango. Lo lascio alla destra che è. Buonanotte, popolo!

Nota. Questo articolo era stato pensato per una rivista locale e poi scartato dalla redazione perché esprimeva una visione troppo personale, emotiva, di quanto accade nel nostro paese. È giusto così. Magari fra tre mesi cambio idea e mi rimangio tutto, magari invece scopro che il disgusto è più forte delle mie buone intenzioni e lascio ad altri l’ingrato compito di raccontare le nostre miserie. Lo pubblico qui, con qualche lungaggine in più, ma identico nello spirito. A cominciare dal fatto che, finalmente, ho dato sfogo alla mia vena pasoliniana, con qualche altra citazione sparsa.

1 commento:

marian. ha detto...

è molto forte infatti. questi politici con la cazzuola e i sinistroidi con i libri mai letti sotto il braccio vanno pungolati e pungolati, le cose vanno dette come sono, in faccia. Sei abituato all'ostracismo, capita a chi pensa o vorrebbe indurre a farlo. Bravo!