venerdì 15 aprile 2016

fame

Sono in studio. La porta si apre ed entra un nero sventolando un accendino. Gli dico, scocciato: No, senti, non mi interessa. Mi risponde: No, non mi frega nulla, ho fame, dammi almeno una moneta, ho fame, per favore non mangio niente oggi, ho fame. Ripete tre volte ho fame, con una paura nella voce che viene da tremare anche a me, e senza nemmeno sapere come mi alzo e tiro fuori il portamonete. Gli compro due panini e una bottiglia d'acqua da un litro. Lui mangia i due panini di fronte a me, il primo senza nemmeno gustarlo, per solo bisogno, il secondo con più gusto, ma sempre troppo veloce. E beve, dopo, il litro d'acqua quasi tutto in un sorso. Di fronte a me, in piedi, sulla porta del mio studio. Poi, sazio, mi dice grazie, e mi stringe la mano, me la stringe così forte, con tanta di quella gratitudine che ancora mi sento la pressione sulla pelle. La gente che passa davanti allo studio ci guarda come si guarda un cartone animato, con troppo lieto fine per essere credibile. Intanto, da qualche parte in Europa, ci sono persone che parlano di alzare muri e chiudere fuori questa gente, ma fuori da cosa? Dicono di farlo per il bene di tutti, ma io mi chiedo come fanno a non sentirsi degli stronzi se io, solo che uno mi dice che ha fame, mi sento subito colpevole.

1 commento:

amanda ha detto...

E' che qui, i vecchi, che sapevano cos'era la fame, stanno chiudendo gli occhi, é che qui è più facile immedesimarsi in un video game, è più facile farsi saltare in aria con le bombe alla cintura che capire i bisogni degli altri e provare a risolverli come fossero i propri una persona alla volta