giovedì 6 ottobre 2016

sul rinnovato compiacimento per l'ultimo bel film di woody allen

Mi vien da dire, da alleniano convinto, che ogni cinque anni circa c’è qualcuno che dice che Woody Allen è finito, morto, sepolto, superato, e per giunta inutile. Poi torna a fare un bel film ogni quattro carini (negli ultimi venti anni ne ha fatti un sacco carini) e tutti ritornano a dire, sorpresi e un po’ dimenticandosi precedenti affermazioni: “Ah però, Woody Allen, sempre grande lui!”. Woody Allen intanto se ne fotte beatamente e continua a far film, belli, brutti, soltanto carini, non importa, perché lui semplicemente prosegue la propria ricerca. Perché un artista serio non fa le sue cose pensando: “Questo sarà un capolavoro che piacerà a tutti”. Uno fa e basta, al meglio che può, e dà forma alla sua idea. Punto. Il capolavoro, se c’è, ce lo vedono (o ce lo vedranno) gli altri. Riuscirci è una scommessa, non un obbligo morale verso il pubblico. L’unico obbligo è l’onestà dell’intenzione. Poi, se come appassionato ti piace davvero un artista, secondo me, la ricerca in sé (la sua intera produzione vista nel suo insieme, compresi gli errori, i tentativi, gli scarabocchi e le imperfezioni) è più interessante della singola opera. Ed è il motivo per cui, per estensione, di Leonardo o Rembrandt collezioniamo anche gli schizzi. E se proprio si vuole il capolavoro a tutti i costi, per soddisfare il proprio fine palato sempre a caccia di nuove emozioni estetiche, c’è tanta roba in giro, ottima per quanto meno prestigiosa nel nome, basta cercare. Oppure si può sempre tornare ai classici, a cominciare dalla Corazzata Potemkin di famigerata e surreale memoria.

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