mercoledì 16 novembre 2016

di poeti e della libertà di dire no

Ho letto ora la notizia che Dylan sta snobbando con molta nonchalance la cerimonia del Nobel e a me viene in mente (da quando l'ho saputa) la storia che Luzi ci sperava così tanto nel Nobel che si era pure comprato l'abito buono, prima che il premio glielo soffiasse Fo, o quell'altra di Quasimodo che andò in giro elemosinando favori a destra e a manca per arrivarci, scatenando le ire di Ungaretti. E devo dire che, per quanto appartenga più alla seconda categoria (quella dei poeti alla Luzi o Quasimodo) che non alla prima (quella di Dylan ma anche di Zeichen o Bellezza, volendo fare altri nomi), vorrei avere ogni tanto maggiore libertà di scelta, come quella di Dylan: la possibilità di poter dire anche no, non mi va, ho mal di testa, oppure non sono d'accordo, oppure scusate ho un altro impegno quel giorno, per il solo fatto che la poesia per vivere ha bisogno solo di esserci e non di premi e riconoscimenti. Invece se mi dicessero che ho vinto il Nobel io ci andrei, spero non con l'abito di Luzi, ma ci andrei, per il premio e per la difesa della poesia, certo, ma soprattutto per i soldi. Proprio come ha fatto Montale, che poi la Spaziani diceva essere un gran tirchio nell'intimità.

2 commenti:

amanda ha detto...

Allora fai come Sartre, non accetti il premio, se incassi l'assegno muovi il culo, ti vesti da pinguino e sorridi come un mona gioioso alle foto

lillo ha detto...

Sai che non si è ancora capito se incassa o meno? Io avevo capito che se non fai la lectio magistralis (anche mesi dopo la cerimonia di premiazione) non ti danno nulla. Sartre credo fosse un'altra cosa.