venerdì 3 febbraio 2017

incontro con paolo rumiz

Quando ero bambino la maestra mi diceva che scrivevo coi piedi, e questo mi faceva arrabbiare, ma non perché la considerassi una offesa, quanto perché già allora, secondo me, le uniche storie degne di essere raccontate erano quelle legate al cammino. Si deve scrivere coi piedi. Il cammino è narrazione. La narrazione è canto, attraverso il respiro, attraverso il battito del cuore, a come si adegua al paesaggio intorno, al proprio passo. E il canto si fa scrittura attraverso l'oralità, che ha un ritmo tutto suo a seconda del cammino intrapreso. Tanto più è orale la storia tanto più è efficace. Talvolta il piacere del racconto orale è tale che ogni forma di scrittura mi sembra inadeguata. Mi è capitato ad esempio con La cotogna di Istanbul, dove parlavo di una mia storia personale, la morte di una donna amata, ma ogni volta che la raccontavo a voce questa storia cresceva con me, tutti mi chiedevano di scriverla, ma io non sapevo come fare. E alla fine è stato il canto a cercarmi, per fissare la storia sulla carta in versi, in endecasillabi. La poesia è il mezzo di consolazione più efficace mai inventato dall'uomo. Forse perché necessita di una astrazione tale da richiedere una più forte elaborazione del lutto. Le parole pronunciate svelano di sé una energia che la parola muta non ha. Per questo i libri andrebbero letti sempre ad alta voce. Oggi il libro ha bisogno di tornare ad essere il regno della voce. Io e mia moglie, ad esempio, ogni sera leggiamo l'uno all'altra un pezzettino del libro che stiamo leggendo. Mia moglie ascoltandomi si addormenta serena, forse perché ho una voce che si presta bene al sonno. 

Riporto qui a memoria alcune cose dette da Paolo Rumiz durante la presentazione di Appia.

4 commenti:

Leo Pieretti ha detto...

Non so se complimentarmi con Rumiz per le parole dette o con te per come le hai riportate qui. Intanto corro ad acquistare il libro.

lillo ha detto...

bravo!
(no, è tutta farina di rumiz, io ho solo buona memoria) :)

amanda ha detto...

Come mi piace questa definizione di Rumiz del narrare, la sento un po' anche mia

lillo ha detto...

sì, anche io... ma è perché siamo camminatori già di nostro, credo :)