domenica 4 febbraio 2018

fare pratica

Quando mio nonno era vicino a morire per il diabete, quando già gli avevano amputato una gamba al ginocchio e l’altra rischiava di fare la stessa fine, il suo vecchio amico Savo Lozanić lo andava a trovare tutte le mattine per fargli compagnia. Parlavano un po’ del passato e a volte si facevano perfino qualche risata. 
Una mattina mia nonna dovette lasciarlo solo in casa, per andare al funerale di un lontano parente. Fu questo che gli fece venire l’idea. Scivolò giù dal letto e andò saltellando in cucina, dove prese candele e fiammiferi. Tornato a letto, sistemo una candela dietro la testa e l’altra ai piedi e le accese. Poi si tirò lenzuolo sulla faccia e aspettò. 
L’amico bussò; silenzio. Siccome la porta non era chiusa a chiave, quello entrò, dando ogni tanto una voce. La cucina era deserta. Sul tavolo in sala da pranzo dormiva un grosso gatto grigio. Quando finalmente entrò in camera e vide il letto con il lenzuolo e le candele accese, emise un gemito e poi cominciò a singhiozzare, cercando tastoni una sedia su cui lasciarsi cadere. 
«Piantala, Savo» lo redarguì mio nonno da sotto il lenzuolo. «Non vedi che sto solo facendo pratica?». 

Charles Simic, Il mostro ama il suo labirinto, Adelphi