giovedì 6 settembre 2018

arminio e l’assalto alle librerie

Leggo che Arminio per il 15 vuole lanciare un assalto alle librerie, cioè scatenerà il suo pubblico verso gli scaffali di poesia delle librerie per convincerli a comprare uno o più libri, e se svuotate gli scaffali allora dimostrerete che la poesia si può vendere. Io resto perplesso di fronte a simili azioni. Non posso negare che potrebbero avere un certo richiamo mediatico – e Dio solo sa quanto ogni cosa (ogni più piccola cosa) serva al settore – ma continuo a chiedermi a chi giova una azione così? A me e tanti piccoli editori come me che fanno fatica a essere presenti nelle librerie, soprattutto in quelle di catena, a nulla o quasi. Ai lettori di poesia, che la poesia già la comprano per fatti loro, non cambierà la vita in nessun modo. Ai non lettori di poesia che lo fanno solo per Arminio nemmeno, perché andranno lì senza avere dei mezzi critici adeguanti, e senza sapere cosa di preciso gli “serve” finiranno per comprare il solito classico usato sicuro (Leopardi o la Dickinson), il libro sdoganato dai media (la Szymborska, la Merini, Cento poesie d’amore a Ladyhawke) o al massimo qualcuno di ancora vivo sulla bianca Einaudi, o sullo Specchio o sugli Oscar Mondadori, confidando nel marchio. Nemmeno serve troppo ad Arminio, perché credo che quelli che lo seguono già li comprino i suoi libri senza bisogno degli assalti. Mi chiedo, allora, quanti andranno lì chiedendo Tomada o Amendolara o Cremonte o Cattaneo, quelli che se vai in Feltrinelli non li conosce nemmeno il commesso, ma sono bravi, bravi davvero, solo che devi scavare per trovarli, e quando poi li trovi non li lasci più andare. Certo non è colpa di Arminio, che a modo suo ci prova. Eppure io di Arminio mi ricordo una sera a Cisternino che passeggiavo con lui e con un bambino figlio di amici, e lui guardando il cielo e la luna piena cominciò a recitare per noi, a memoria, versi di Stella Variabile di Sereni con una cura, come se reggesse fra le mani un uovo delicato che ci porgeva, quella cura che è frutto dell’amore. Fu un momento di grande intimità, e allora mi dico, ma se invece di progettare assalti alle librerie, che sono gesti appariscenti, belli da sentire, ma di fatto cambiano poco le cose, se facesse sempre così, se a ogni incontro, oltre a cantare col pubblico, recitasse a suo piacere Sereni o Caproni o Scotellaro o Pietro Gatti o chi gli pare, e poi chiedesse: «Lo conoscete Scotellaro? No? Ora ve lo racconto a modo mio», quanto bene che farebbe alla poesia, quanto bene a chi lo segue.

1 commento:

amanda ha detto...

Ora glielo hai detto e, se temi che non ti legga qui, contattalo e diglielo di persona. Penso che magari la troverebbe una buona idea per una nuova iniziativa. Poi lascia che canti, male non fa