giovedì 6 settembre 2018

se giovanni è morto

Dopo la censura del film di Allen, il secondo gossip della settimana riguarda la poetessa Giovanna Cristina Vivinetto, nota per aver scritto un libro poetico, Dolore minimo, incentrato sulla sua vicenda di transgender. Avendo partecipato a un premio di poesia, il Solstizio Opera Prima promosso dall'associazione Libero De Libero, ed essendo arrivata fra i finalisti, è stata in ultimo squalificata perché si è scoperto che in precedenza, prima cioè dell’operazione, aveva già pubblicato due libri a nome di Giovanni Vivinetto, l’uomo che fu e in cui più non si riconosce. Lei è insorta, con tanto di legali, contro la decisione, dicendo che ciò che fu scritto da Giovanni non è più di Giovanna e viceversa, questione che va oltre i rigidi regolamenti di un premio. In sostanza, la domanda sollevata è: chi è l’Autore e chi è la persona? Coincidono? Io personalmente le ho sempre sviscerate come identità, perché credo che l’Autore vada oltre la persona, da cui attinge sì esperienze ma che poi rielabora in base a un intuito di cui non sempre la persona che lo ospita è cosciente (ciò che talvolta viene chiamata Musa oppure Genio): i rari momenti in cui l’Autore e la persona coincidono, ovvero la persona esprime in ogni gesto, parola, sguardo, la visione più profonda dell’Autore, sono quelli in cui, come diceva Nietzsche, l’uomo guarda nel baratro che guarda l’uomo, situazione insostenibile che a lungo andare rischia di distruggerlo. Questa dualità è anche il motivo per cui, spesso, molti grandi geni dell’arte sono poi state persone sgradevoli, sciatte o anonime. Ecco, mi pare di capire, dalla vicenda sollevata dalla Vivinetto che lei, e chi con lei, sostengano l’opposta posizione – legittima! – quella per cui Autore e persona coincidano perfettamente, motivo per cui, morto Giovanni (se Giovanni è morto), muore anche tutto ciò che ha fatto l’autore in Giovanni, e venuta alla luce Giovanna, ne viene fuori con lei una nuova autrice che, coincidendo in tutto e per tutto con la sua persona, ne ricalcherà la vita fin alla fine. Peccato dunque, perché si è persa una grande occasione di discussione su temi che sono dunque eterni (paternità o maternità dell’opera, coincidenza fra vita e arte, identità dell’Autore, ecc.) che proprio la vicenda della Vivinetto, negli ultimi mesi, sta rinfocolando con grande vivacità.
(A parte questo, però, trovo che se ognuno ha il diritto di difendersi con le unghie e coi denti se si sente minacciato, non si può, prima ancora che venga diffuso un comunicato ufficiale che puntualizzi i motivi della decisione, partire in quarta con una campagna mediatica in cui, basandosi praticamente sul nulla (parole riferite di una telefonata), si aizzano delle persone contro l’associazione del premio (i cui dubbi erano legittimi), e trasformandola in una battaglia per i diritti dei transgender. Da qualsiasi punto di vista la si guardi, è una mossa impulsiva e poco elegante, perché si scherma dietro i problemi di chi subisce discriminazioni costanti e non ha alcun libro di successo da promuovere, né la consolazione di un premio alla fine della querelle. A meno che ovviamente non ho capito io, e in quanto loro portavoce, l'autrice devolve i premi alla comunità LGBD italiana).

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