domenica 16 dicembre 2018

gli americani alle fogge di barnaba


Fra i pochi ricordi condivisi da mia nonna con noi bambini il più importante riguardava l’arrivo degli americani alle Fogge di Barnaba. Nonno era prigioniero in Albania e lei lo aspettava in quella loro casa in campagna, da cui si allontanava solo la domenica, a piedi, per raggiungere il paese per la messa. I soldati americani arrivarono in un gran polverone che toglieva il fiato e seccava la gola. Si fermarono davanti alla sua porta e in una lingua torbida, e a gesti, le chiesero dell’acqua, per poi riposare un poco sotto l’albero vicino alla pila delle bestie, prima di riprendere la marcia. Anni dopo mia nonna li ricordava ancora con gli occhi spalancati e la bocca che tremava. Era l’arrivo del futuro quello, annunciatole da quei soldati in una lingua tanto incomprensibile per lei quanto il latino della messa. In quella lingua oscura le dicevano di tenersi pronta, perché li seguiva un tempo nuovo e feroce che avrebbe divorato il suo tempo chiuso, miserabile e felice delle Fogge di Barnaba, quel tempo che presto l’avrebbe schiacciata al suolo. Mia nonna annuiva con gentilezza e un po’ di paura, ma non conosceva quella lingua, e per questo ci mise molti anni a capire le sventure che avrebbe portato.

2 commenti:

amanda ha detto...

Un pezzo di prosa che è poesia

amanda ha detto...
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