giovedì 31 ottobre 2019

il drago

Stamattina leggevo questa cosa, che Salvini ormai ha preso pieno controllo della destra venendo infine a patti con Berlusconi, e per associazione ho pensato alla Centuria 81 di Manganelli. Uno passa metà della sua vita nell'idea o meglio ancora nel sogno cavalleresco che a far fuori il drago sarà l'eroe venuto a far giustizia del male (eroe che non dico di sinistra solo per non passare per idealista fazioso). Poi un giorno quell'uno si accorge che l'eroe è impotente, quando non connivente del male, e il drago lo sta facendo fuori un drago ancora più grosso, stupido e cattivo. E così realizzi che in fondo aveva ragione Manganelli, il bene non esiste, esiste solo un male un po' più grande del tuo.

il vizio

Poi un bel mattino ti svegli e ti dici convinto che bisogna darsi una mossa e cominciare a scrivere in prosa perché la poesia non ti darà mai il pane, e così attacchi a scrivere senza mai andare a capo e piano piano ti accorgi che stai scrivendo sì in prosa, ma per il teatro. Il lupo perde il pelo ma non il vizio di farsi male.

domenica 27 ottobre 2019

è il cielo, al di sopra dei tetti

È il cielo, al di sopra dei tetti,
così blu, così calmo.
Un albero, al di sopra dei tetti,
culla le sue palme.

La campana, nel cielo che vediamo
rintocca dolcemente.
Un uccello, sull’albero vediamo
cantare il suo lamento.

Dio mio, Dio mio, quella è la vita
semplice e tranquilla.
Viene dalla città
questo mormorio.

– Che hai fatto
tu che piangi senza fine
di’, che hai fatto
della tua giovinezza?

(Paul Verlaine, Sagesse, 1881)

lunedì 21 ottobre 2019

lapalissiana

Ieri una donna mi fa: "Ammettilo Lillo, tu ti lamenti sempre perché, da bravo Capricorno, hai la mania del controllo". Io le rispondo: "Mi lamento perché ogni volta che mi fido mi va male qualcosa". Mi risponde: "Lo so, fidarsi è difficile. Per questo secondo me ti dovresti trovare una donna, così prende lei il controllo e non c'è più bisogno che ti fidi".

domenica 20 ottobre 2019

regina di cuori

La lista degli amanti di Joni Mitchell sconvolge non tanto per la sua quantità, ma piuttosto per la sua qualità: Leonard Cohen, David Crosby, Graham Nash, James Taylor, Jackson Browne, John Guerin, Sam Shepard, Jaco Pastorius, Don Alias e Larry Klein, tra gli altri. Molte delle sue canzoni fanno riferimento a quegli amanti – A Case of You parla di Leonard Cohen; Coyote di Sam Shepard – e raramente lo fa in modi lusinghieri. In molte delle sue interviste contenute in Reckless Daughter (biografia della Mitchell scritta da David Yaffe e pubblicata da Crichton Books nel 2017), Mitchell è volgare e vendicativa. Chiama Larry Klein, il suo secondo marito, un “nano gonfiato”. E uno dei suoi produttori è definito “piccolo viscido coglione”. […] Yaffee raramente commenta l’abrasività della Mitchell, ma è pronto a sottolineare come il sessismo dilagante nell’industria musicale potrebbe averla spinta a ciò, in special modo quando Rolling Stone l’ha soprannominata “the Queen of El Lay” (la Regina di Cuori di Los Angeles). 

(Sibbie O'Sullivan, “The Many Layers – and Lovers – of Joni Mitchell”, Washington Post, 10 ottobre 2017)

sabato 19 ottobre 2019

l'amicizia di un poeta minore



Ormai sono anni che faccio questa cosa. Dovunque mi trovo a leggere, in mezzo alle mie poesie ne metto sempre una di Pino Simone, poeta matto di Martina Franca che è stato capace, per chi ha avuto la fortuna di trovarlo, di spalancarci mondi. La storia della poesia è fatta di pochissimi grandi, a cui ci ispiriamo, delle decine di mediocri fra cui ci confondiamo e di pochi poeti minori (minori perché diversi) che spesso hanno il potere di toccarci, proprio perché con la loro carica opposta, negativa, hanno il potere di scatenare in noi un'elettrolisi, energia elettrica che si trasforma in chimica, di darci una scossa e farci vedere il mondo da un punto di vista elettrizzato e spesso elettrizzante. Con Pinuccio a me è successo questo. La mia preferita delle sue poesie è Datemi un posto, che ha dato il titolo a un libro omaggio che gli abbiamo fatto cinque anni fa con Pietre Vive Editore, col permesso e la complicità dei suoi genitori. Ora che loro non ci sono più e che abbiamo terminato tutte le copie, dubito che potremo ristampare quell'opera e sinceramente non so nemmeno se ne valga la pena. Il mondo, mi chiedo senza troppa retorica, ha davvero bisogno di uno come Pino Simone? Non lo so, ma non credo proprio. Perché i poeti minori che a dispetto delle apparenze hanno fame di essere ascoltati, di essere CAPITI, sono condannati ad avere sempre e soltanto pochi buoni amici. In quello spazio di amicizia, che è stretto e caldo, sta scritto tutto il loro destino. 

L’AMICIZIA è come il destino, 
oggi non hai nessun amico, 
domani hai dieci amici, mille amici, 
ma sono sempre pochi. 

Lo scriveva Pinuccio. Così ai poeti minori resta il rimpianto di non avere dei veri lettori, ma soltanto degli amici. A noi, che abbiamo avuto la fortuna di trovarlo, restano le sue poesie. E questo, anche se non basta (e non basta mai), a modo nostro fa la differenza. 

(Grazie a Massimo D'Arcangelo per la foto).

venerdì 11 ottobre 2019

poesie in cerca del buono

Leggevo stamattina una recensione del 2011 di Alessio Brandolini ai Costruttori di vulcani di Carlo Bordini (Sossella, 2010) e mi ha colpito in particolare un passaggio in cui Brandolini dice che la poesia di Bordini è "in cerca del buono più che del bello" delle cose. Mi ha colpito perché nel continuo dilemma keatsiano fra verità e bellezza della poesia, la ricerca del buono (che potrebbe ma non necessariamente è verità) mi era del tutto sfuggita e forse, anche per questo, le poesie che leggo di continuo mi sembrano il più delle volte tutte uguali, poesie che cercano di arrivare a un ideale, di bellezza o verità, e si scordano del buono, che è qualcosa che sta più in basso, dunque il più delle volte sono molto belle e molte vere, ma guardano il mondo dall'alto, non scendono più giù del terzo piano (perché soltanto attraverso la distanza riesci a cogliere l'intero). Mentre le poesie in cerca del buono magari non colgono l'intero, anzi, magari sono pure sbagliate, ma camminano per strada, ti prendono per mano.

giovedì 10 ottobre 2019

queste cose umane

Abbiamo diritto a un ultimo amore salvagente
che sollevi la nostra vanità di amanti e la sconvolga
in baci umidi e amplessi elementari dei corpi – mi diceva
la donna con cui mi masturbavo al telefono a 999 km
di distanza e mi chiamava dongiovanni. Non più corpo
ma voce ansimavo al telefono con forza e ansimava
lei con me nuda allo specchio e questo solo ormai
era l’amore a noi corrisposto. Non altro
mi diceva a 666 km un’altra che si odiava e
odiava gli impegni che la tengono a distanza
da queste cose umane – intuire comprendersi
chiamare anche solo per dire come stai e
non lasciarsi mai soli a parole. Vivo al km 0
del mio dolore e mi risveglia ogni mattina il mio gatto
– ho questa fortuna – che mi riporta indietro dal sonno
mordicchiandomi un dito con dispetto e a nulla valgono
i rimbrotti gli acciacchi l’accidia la malmostosa
inclinazione per l’altro che si aspetta in cambio un gesto
una ferita solo per dirsi vivo. Ma – chiede iracondo
il gatto – che ci resta senza quello? Rispondo:
Nulla. Nulla mai. Il silenzio. Il resto è quello. – E poi
si scatena la tempesta.

mercoledì 9 ottobre 2019

sulle cozze di corsi

Difficilmente mi capita oramai, con un contemporaneo, di dover tornare sul suo libro dopo averlo letto la prima volta. Mi è successo di recente con Cinquantaseicozze di Roberto R. Corsi (italic, 2015), libro che in piena linea col titolo – che a me, l’autore lo sa, non piace proprio – offre numerosissimi e gustosi spunti coi quali si è costretti necessariamente a sporcarsi le mani. La natura salace – spesso divertente e ricca di calembour, rime, battute (e battutacce) e giochi di parole: il mio preferito nella rima passeri/Casseri della pur mesta Cozza n. 32 – la rende una lettura godibile e stilisticamente assai coesa, più di quanto, a una prima lettura, la varietà dei temi trattati possa far pensare; e nell’uso sapientissimo del verso che vive di evidenti rimandi alla forma classica della Satira (nel suo continuo oscillare fra intimo e pubblico con accenti moralizzanti, ma senza troppe speranze), e nelle vivaci incursioni nel più moderno stile diaristico dei postmoderni, perlomeno nei suoi accenti più intellettualisticamente borghesi (Sanguineti, mi è parso, su tutti). Eppure, allo stesso tempo, lo sguardo basso, concreto, spesso impietoso, autoironico fino all’autodenigrazione dell’autore, lo rende un lavoro accorato e a tratti disperato. Ne emerge infatti, nascosta dietro la risata, l’insanabile solitudine di un uomo troppo umanamente partecipe per assolversi da qualsivoglia colpa; troppo intelligente per non sentirsi estraneo a qualsiasi impegno o gruppo; e allo stesso tempo troppo (poco) serio per non cogliere la vacuità di tale atteggiamento e farne, anche a proprie spese, dell’ironia.

lunedì 7 ottobre 2019

qualcuno mi ha detto...

Qualcuno mi ha detto che certo
il mondo
non cambierà se stesso per le mie poesie.

Io rispondo che certo sì
il mondo
non cambierà se stesso né le mie poesie.

domenica 6 ottobre 2019

lettera a cate per dirsi addio

Cate, ma perché «son qui con te sempre più solo»
perché la morte ci richiama giorno a giorno
con più forza e circondati dal buio dal rumore
fatichiamo a dare spazio a questa mente?

Cate, ti ricordi la canzone che in autunno ci portava
un altro giorno di luce, ancora un passo verso il niente –
quando ancora non odiavo in ogni voce ogni uomo
a me più non solidale ma ostile?

(Perché ci toglie spazio col suo pianto con le sue
lamentazioni, ché come ogni uomo è infelice
e io sto meglio nel silenzio e nel mio odio
senza scopo e senza direzione).

Cate, lo so che mi dicevi ti ricordo più duro e sagace, violento
ma il tempo mi ha morso e incarognito nella sua malattia
la ruggine non tace e ammorba tutto
consuma ogni pagina ogni disco e parla, la polvere parla.

E ti racconta di me, di come nascosta negli angoli spiava
ogni mossa del mio amore, dell’ombra accanto a me
che chiedeva in che modo faremo, come
come passeremo ancora insieme un altro inverno?

Era un fantasma anche quello
di quelli che attentano nell’ombra al mio silenzio
il caro nulla che – ci accopperebbe volentieri
se non fossi di continuo aggredito dalla vita, dal mio

peso quotidiano, se
tu non fossi qui con me, ma non ci sei.
Cate, che ti chiamavo Claudia in una mia poesia
ed ora Anguilla pure tu, ma sei la prima.

Cate, fantasma pure tu, se sono stato anch’io per te
importante. E ora più non sono che un ricordo
coi miei disegni e tutto quello che ne resta
e che lo so, non basta mai contro il dolore, il nostro.

Cate, ora ti abbraccio e dico addio.

venerdì 4 ottobre 2019

gheddafi

Possibile che anch’io
già pronto al mio massacro
mi debba riconoscere in Gheddafi
prostrato nello schermo
mentre osserva i giovani in rivolta e/o
smaniosi di farsi padroni al posto mio
che l’offendono lo pesano
che posano con lui preda di caccia
cane ferito che guaisce – che vi ho fatto?
e in ognuno di loro è il mio nemico
il primo in primo piano che guaisce
quello a me più simile il più strano
che fa dei versi d’oro
e in nome di quell’oro
è pronto a dirsi libero e impiccarsi
ma viene poi ammazzato come un cane.

giovedì 3 ottobre 2019

finestra

Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto facendo finta di lavorare, ma in realtà non mi interessa far altro che guardare le nuvole? 
(Ma perché, hai una moglie tu?, mi chiederà il lettore a questo punto).

mercoledì 2 ottobre 2019

morte di un gatto di strada

C’è un gatto che muore in giardino
le gambe spezzate da un’auto
e il sangue alla bocca che sale.
Ringhia se mi avvicino.

Gli siedo a distanza e restiamo
per ore a squadrarci
nemici – lui trema.
La sete ci sfianca e le mosche.

Lottiamo.
Finché crepa nel mio sguardo
e io nel suo.

Intorno è la vendemmia.
L’uva si discosta dalla vite
e si fa mosto e il mosto sangue.

Lo infilo in una fossa dietro casa.

Ebbre di sangue di gatto
cantano le auto sulla strada.