martedì 31 dicembre 2019

successo

Per chiudere l'anno siamo andati a trovare Carlo Formigoni. Ci ha detto che di notte, al buio, lui medita soprattutto sui propri errori, e in virtù di queste considerazioni – proprio come il signor Keuner di brechtiana memoria – ci ha dato il suo consiglio: «Guardatevi soprattutto dal successo, perché il successo è infido, ci rende poco lucidi, presuntuosi, distratti, il successo porta a fare molti errori, anche verso gli altri».

solo

Le maglie grigiodoro della luna fanno
della notte un velo,
ai lampioni del lungolago assopito
si avvolgono i viticci del Laburno.

I giunchi sornioni bisbigliano alla notte
un nome – il suo nome –
E tutto il mio cuore è un diletto,
un deliquio di vergogna.

(James Joyce, Zurigo 1916)

lunedì 30 dicembre 2019

un fiore donato a mia figlia

Fragile la bianca rosa e fragili sono
le mani di lei che donò
l’anima sua appassita e pallida più
dell’onda del tempo spenta.

Rosafragile e bella – ma ancor più fragile
una selvaggia meraviglia
negli occhi tu veli gentili,
mia bluevenata bambina.

(James Joyce, Trieste 1913, trad. Ilaria Natali con io che ci ho messo le mani)

domenica 29 dicembre 2019

sui brutti libri che arrivano in lettura

Tutti questi libri sono legati da un riverbero suscitato da un corredo di parole che, in definitiva, si ripete più o meno identico: “rugiada”, “incedere”, “alfine”, “viandante”, “cristallo” (accoppiata di solito a “sogno” o “silenzio”), “arcobaleno”, “infinito”, “aquilone” e via così, secondo una norma soggetta a poche variazioni. 
Il punto è che sono parole cieche e senza carne, non gettano nessuno sguardo sulla realtà, perché da tempo ne hanno persa la presa […] Così come in Tex Willer la pioggia è sempre “battente”, il riposo “ristoratore”, la bistecca “alta tre dita” e il pasto “frugale”, in poesie come queste il respiro è “tremante”, si corre “a perdifiato”, i sogni sono “sgualciti” o “infranti” quando si piange la perdita di un amato, mentre l’amore soffia su tutte le pagine di un “alito d’infinito”. 
La differenza – sostanziale – è che dopo una cavalcata di giorni nel deserto del Nevada, sulle tracce di pericolosi banditi, dopo tutti i pasti frugali consumati alla luce fioca dei bivacchi notturni, dopo averli trovati, i banditi, affrontati e sgominati, una bistecca alta tre dita è sacrosanta. E il lettore di Tex l’aspetta quanto il ranger come il segnale liberatorio della fine della storia, coccolato da un processo di lettura seriale. Ma il concetto di luogo comune non è applicabile quando si scrivono versi: perché la poesia è il luogo dell’inatteso, del lapsus, dello sguardo che concepisce il mondo con la coda dell’occhio e crea un ordine di esperienza nel momento stesso in cui l’esperienza dà forma alla poesia. Nei testi dei dilettanti, invece, lo sguardo rovescia la poesia nel suo contrario, diventa il luogo dove tutto è già stato visto, anche ciò che è ancora da vedere. Il risultato è un’innocenza che rimane al di qua dell’innocenza. 

(Pierluigi Cappello, Questa libertà, BUR Rizzoli, 2013, pag. 67-69)

ipotesi per un amore

Maria Monti: "Diversi anni dopo sono andata a vedere un suo spettacolo. Al ristorante davanti a tutti mi chiese ad altissima voce: Ma tu perché mi hai mollato venticinque anni fa? Io avevo in mano un bicchiere di vino e gli risposi: Perché ti amavo."

lettori forti

Quelli che “come Dostoevskij nessuno mai” perché hanno letto Le notti bianche al liceo e gli è rimasto un bel ricordo.

foto con amaro al limone


proposito (per il nuovo anno)

Se, sondaggio alla mano,
dici al popolo italiano
ch’è ignorante, al massimo si offende.
Di sicuro non si pente.

sabato 28 dicembre 2019

avanguardia

Ma la gioia di mio fratello quando ha saputo che da ieri si può coltivare liberamente la marijuana in casa. Lui nemmeno se la fuma, ci si fa le tisane che (manuali erboristici alla mano) fanno un sacco bene alla salute, a partire dai problemi digestivi su su fino all'artrite. Insomma, l'avanguardia proprio.

i deserti

Sul sito dell'Archivio Antonioni c'è una pagina dedicata ai percorsi tematici del suo cinema. Tre voci in sostanza: I deserti, Monica Vitti, Lucia Bosè. Due donne bellissime e una lunga carrellata di paesaggi solitari in cui perdersi idealmente con loro. Poi dicono l'incomunicabilità di Antonioni. A me sembra il mio sogno di una vita.

venerdì 27 dicembre 2019

frollatura

Delle volte ho il fondato sospetto che voi tutti stiate aspettando che io muoia per cominciare finalmente a leggermi; anche perché, i buongustai lo sanno bene, il poeta frollato ha quel certo gusto in più.

l'anno del capricorno

L'oroscopo mi dice, per il 2020, che il Capricorno ci avrà l'anno in mano. Speriamo, che finora io del Capricorno ci ho avuto solo le corna in testa.

poesia scritta per carlo

Carlo quando scrive a/di sua moglie
si dimentica di essere poeta
e va ben oltre una poesia ben pettinata
per dire col suo cuore arcobaleno
la festa che sarà col cuore in gola.

Carlo scrive con le mani tremolanti
le lettere grandi dei bambini
un amore senzapostrofo e pure
così grande che va così lontano
che io solo a pensarlo fa paura.

Questo amore che è come un nutrimento
di uva passa e noci.
Questo amore assurdo, irrealistico e quindi
in qualche modo sublime.

martedì 24 dicembre 2019

chegapùj

Alla lettere sarebbe “caca-uccelli”. Sono le bacche rosse del biancospino selvatico di cui sono ghiottissimi gli uccelletti che le trangugiano con voracità e poi le rifanno intere. 

 (Luigi Malerba, Le parole abbandonate, Mondadori, 2017)

una possibile soluzione

La lettura di questa recensione all’ultimo disperato libro di Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo prima di cena. Perché il clima siamo noi, mi ha fatto pensare una cosa terribile. Visto che l’umanità, pur sapendo che c’è una catastrofe ambientale in atto non riesce a crederci realmente, perché crederci implicherebbe mettere totalmente in discussione il nostro stile di vita, imponendoci di rinunciare immediatamente (prima di cena!) a tutta una serie di cose che oggi riteniamo necessarie (mangiar carne, usare l’auto, viaggiare in aereo, fare figli), tanto che Foer, di fronte a questa immobilità etica dell’individuo, parla di suicidio collettivo e usa l’immagine di una colonia di conigli che si sterminano a vicenda in preda alla propria voracità; visto tutto questo (e io sono d’accordo con Foer), mi è venuto in mente che probabilmente, se continua così – proprio come in un romanzo di fantascienza, ad esempio Tutti a Zanzibar di John Brunner – quando si arriverà all’ultimo stadio dell’emergenza, una delle soluzioni che verrà certamente attutata sarà l’ennesimo genocidio, ma su scala globale dove, in nome della salvezza della specie umana, si sceglierà di sterminare 3 o 4 miliardi di persone (probabilmente le fasce più deboli della popolazione del pianeta) per diminuire il peso dei loro consumi.

foto di natale


lunedì 23 dicembre 2019

damnatio memoriae

Sabato ho visto la presentazione di un bel libro di Alberto Castelli, Soul to Soul (Chinaski, 2019), il cui titolo è abbastanza esplicativo. Fra gli altri Castelli dedica un capitolo al primo Michael Jackson, mostrando quanto abile, innovativo e spregiudicato sia stato il giovane nell'imporsi. Devo dire che, a riascoltarlo oggi, mi sono accorto di quanto avevo rimosso Jackson dalla mia memoria (letteralmente cancellato) a causa degli ultimi scandali e di una certa critica che, in virtù di quegli scandali, lo descriveva come una sorta di bamboccio o di marionetta senz'anima nella mani di altri, da suo padre a Berry Gordy a Quincy Jones. Una cosa per certi versi infame, non migliore del trattamento infertogli dal padre, in cui si toglie a un uomo qualsiasi dignità per annullarlo sia nel bene che nel male, fino all'estremo della Damnatio Memoriae operata oggi, contro di lui, da molte radio anglofone. Non mi è piaciuto tutto ciò che ha fatto, ma anche io ascoltando le sue canzoni mi sono chiesto: possibile che Jackson non "fosse lì" mentre cantava, che eseguisse semplicemente dei comandi, che alla fine tutto ciò che ci rimane di lui come artista fosse una finzione ben costruita a tavolino come si fa oggi con tante pop star fasulle? E Castelli alla fine del capitolo argutamente chiede: è quella la storia che vi interessa che vi racconti?


nicchia

Ogni volta che mi dicono che sono un editore di nicchia (in genere per giustificarsi di non comprare i miei libri pur trovandoli belli), mi piacerebbe chiedere la definizione esatta di "nicchia" che la gente ha in testa, per capire se ci si può spingere ancora un po' più in là nel muro, oppure siamo già finiti oltre, nel paesaggio fuori.

domenica 22 dicembre 2019

soffrire

Lettori che comprano i miei ultimi libri ma mi fanno: "Quanto ci piaceva Viva Catullo, dacci un altro Viva Catullo". E io rispondo: "Per un libro così bisogna soffrire per amore". E loro: "E tu soffri! Chi te lo impedisce?"

giovedì 19 dicembre 2019

immaturità

Continuo a pensare che c’è gente che vuole affidare il Governo a uno che è talmente immaturo da fare la guerriglia a una ragazza di 19 anni, sputtanandola sui social per una cazzata da diciannovenne. Non è nemmeno la prima volta: ricordo benissimo un video in cui la Boldrini lo rimproverava per una ripicca attuata, sempre sui social, contro altre due ragazzine che lo contestavano, e invece di dare lezioni di stile Salvini ricambiava con la stessa moneta adolescenziale. Penso però una cosa, che l’immaturità può essere propria di una persona, oppure derivata dall’ambiente in cui si vive. Anche l’uomo più vecchio se calato in un contesto giovanile assumerà comportamenti da ragazzino. Lo so perché mi è successo, non sono migliore di lui. E credo che Salvini sia immaturo perché vive in un contesto immaturo, un paese di immaturi che alimenta e lo alimenta in questa sorta di circolo vizioso dove si esalta la giovinezza a tutti i costi, un eterno edonistico presente, e manca una cultura del tempo, in vista del passato e in vista del futuro. Poi ci lamentiamo che i figli stanno scappando dall'Italia, e invece forse stanno solo scappando dai propri genitori.

mercoledì 18 dicembre 2019

il guardiano della porta

Visto che non ce la facevo proprio, ho chiesto a una persona di cui mi fido ciecamente di leggere e scremare fra le decine di manoscritti di poesia che ci arrivano. La cosa dal mio punto di vista ha il vantaggio di limitare al minimo, nel giudizio, le implicazioni emotive derivate dal fatto che alcune di queste proposte vengono da persone che conosco o di cui sono amico. Non faccio il nome della persona in questione, perché la segretezza in questo caso è importante. Dico solo che, ligio al proprio dovere, in appena due giorni ha falcidiato quasi 200 proposte, indicandomi due titoli e mezzo. Due libri buoni e uno passabile. Il punto è che – secondo il suo metro di giudizio – gli altri per quanto non scritti male, né brutti, semplicemente non hanno elementi di novità tali da evidenziarli nel mucchio. Pensandoci, mi sono sentito sollevato dal peso di tale lavoro, e insieme terrorizzato dall’idea stessa della falce. Nel senso che ho cominciato a chiedermi che succederebbe se spedissi io stesso un manoscritto, magari con un altro nome: verrei scremato anch’io dal suo giudizio? Ho qualcosa in più da dire rispetto agli altri? Oppure no, mi illudo e non ho niente di nuovo da dire, esattamente come il 99% degli autori che si sono proposti, che si propongono ogni giorno? Poi certo, io sono l’editore e sulle mie fisime prevale sempre il senso di sollievo per un lavoro ingrato che un altro ha fatto, meglio, al posto mio. Ora devo trovare soltanto il modo per dirlo agli esclusi, qualcosa del tipo: “Il guardiano della Porta ha detto che non puoi entrare”.

martedì 17 dicembre 2019

le copie omaggio

"Stai praticamente regalando 200 euro di libri a gente che non conosci e che non sai nemmeno se ti dirà grazie" il commento di mia madre sull'invio di copie omaggio (10 copie per autore + le spese di spedizione). Io le rispondo che non ha capito bene come funziona il mondo editoriale, ma sotto sotto sospetto che lei lo abbia capito molto meglio di me.

brechtiana

Perché faccio quel che faccio e
perché sono ciò che sono?

Perché sono vissuto in questo posto
dove la risposta a ogni domanda è
sempre stata: A me, che me ne fotte?

Oppure di riflesso (con tono accusativo):
A te che te ne fotte delle cose mie?

Tutto è vano e dolce ma senza soluzione
dove l’unico problema è far domande.

Fin al punto che ti resta di farle a te stesso
e arrivare a odiarti presto se rispondi.

lunedì 16 dicembre 2019

motivo

Devo essere onesto. Io discuto sempre di poesia, perché è il settore che più mi interessa, ma ieri parlavo con un mio amico che è uno storico, il quale era abbastanza innervosito dal fatto di non trovare un editore interessato a un suo saggio bellissimo, ma anche lunghissimo e difficilissimo, senza che qualsiasi editore contattato, e mi faceva nomi anche grossi, gli avesse chiesto un contributo economico. Insomma, si dice la poesia, ma anche la saggistica va in quella direzione. La cosa che più mi ha colpito, però, è una frase che mi ha detto quando si è infervorato sulla scelta di mandarli tutti al diavolo. Ovvero: “Ma io ho già scritto il libro!”, nel senso di: ma io il mio lavoro l’ho già fatto. Affermazione a cui uno potrebbe facilmente rispondere: “Sì, ma chi te lo ha chiesto?”. Ma soprattutto, in una affermazione così, e che ho sentito identica da moltissimi scrittori, mi pare racchiusa l’intima presunzione dell’autore che il suo libro sia, indipendentemente dalla richiesta che se ne fa, necessario al mondo. Che poi è il motivo per cui si scrive e pubblica.

qualità

Stamattina pensavo che, in barba a tutti i proclami per cui la poesia è un genere nobile perché OLTRE il mercato, quando si parla di "mercato della poesia" l'unica proposta che viene fuori, anche dagli addetti ai lavori, è quella che si deve pubblicare di meno, perché si pubblica troppo. Quindi, invece di fare un discorso più ampio in cui si cerca di capire come allargare il pubblico dei lettori, quello sì risicatissimo, si fa un discorso all'opposto, mettendo al centro della questione non il lettore o il libro o la qualità della poesia, ma proprio il vituperato mercato. Ci si adegua a quello, insomma, spesso con modalità ferine: il mercato è stretto e quindi scalpito per farmi spazio, azzannando il mio simile. Il punto è che se si parla di qualità "assoluta" della scrittura, andrebbero pubblicati in assoluto, cioè per l'intero Paese, sì e no cinque libri all'anno: il resto è già obsoleto, già detto oppure inutile, rendendo vano non solo il mercato, ma anche tutta la filiera editoriale (dalle tipografie che stampano i libri alle decine di editori, fino alle librerie che li vendono). Si tornerebbe insomma indietro ai primi dell'800 quando, in una visione davvero aristocratica, il potere di scrivere era appannaggio di pochi. Perché la qualità assoluta si ottiene solo negando la democraticità del linguaggio. In tutto questo, è vero, spesso quelli bravi restano fuori dai giri per dar spazio (il poco concesso) a quelli meno bravi ma meglio bravi a vendersi. E infatti, quello che molti poeti dovrebbero chiedersi e non fanno è: "Ma io sono qui e pubblico perché sono bravo o perché mi sto vendendo meglio di un altro? Vendersi bene lo considero un pregio dell'arte oppure una macchia? E se si scoprisse che mi so vendere meglio di come scrivo, io lo farei un passo indietro, rinuciando per sempre al mio privilegio di pubblicare, per dar spazio a un altro, un bravissimo sconosciuto, in nome della qualità assoluta della poesia?"

domenica 15 dicembre 2019

il compagno praz

«Il popolo bue» lo chiamava
col disprezzo nella voce
colui che per il popolo lottava
ma senza dargli voce.

«Liberarlo anzi si deve il popolo
cornuto e traditore».
Ma dunque in che è diverso, il tuo
dallo sguardo del padrone?

«Cambia tutto, invece, infame!»
E si accaniva addosso
al fascista naturale
che in ciascuno sta nascosto. Anche sul mio:

«O fai pubblica ammenda per ogni tua parola
ch’io non condivido, o ti sputtano!»
E citava certamente il compagno poeta Majakovskij
contestandomi ogni pelo del naso

per dar scandalo. Ne faceva una questione
non di fede, ma venale
ché nulla gli importava dei princìpi
ma soltanto di finire sul giornale

o nei libri di storia o meglio ancora
sul Monumento ai caduti in piazza.
Persino se voleva un uomo morto
non aveva le palle di ammazzarlo.

Imbastiva un pezzo ad arte e lo postava
in rete. Calato nella parte gli scriveva:
«Caro mio, devi morire.
E bada in me non c’è violenza».

Così faceva, Praz, la Resistenza.

venerdì 13 dicembre 2019

come è successo?

Il mio Google maps timeline mi dice che quest'anno ho visitato 33 città diverse (e 117 luoghi). A me sembra di non uscire mai di casa. Non mi ricordo nulla. Come cacchio è successo? E soprattutto, chi si è fatto i viaggi al posto mio?

giovedì 12 dicembre 2019

simpatia

Una ragazza carina e intraprendente si propone come ufficio stampa. Le chiedo che tipo di libri preferisce e mi risponde: da giovane (cioè nemmeno l'anno scorso) ho divorato Harry Potter, mi piacciono i libri sui vampiri, la poesia non la capisco proprio, però sono simpatica. Lì ho capito che se c'è una cosa che salverà l'editoria dalla crisi è certamente la simpatia. Però non l'ho assunta.

mercoledì 11 dicembre 2019

il cugino povero

Conosco romanzieri, anche di fama, che un libro di poesie non sanno manco come è fatto. O se lo sanno sono rimasti fermi ai poeti maledetti, a Rilke, a Spoon River (via De André), agli Americani o ai Russi, a Montale o Ungaretti, al Pianto della scavatrice, agli haiku usa e getta, a Guccini o Dylan. Ogni volta mi chiedo cosa sono io per loro, come mi vedono, se più come un alieno o più un residuo bellico in disuso, oppure come il cugino povero che ti tocca di parlarci a Natale ma giusto perché è "uno di famiglia", ben sapendo che non si andrà mai oltre gli auguri.

il tirchio

Una che mi fa una proposta editoriale, non brutta, ma nemmeno entusiasmante. Le rispondo che non sono interessato, ma le faccio alcune osservazioni sui suoi versi che spero siano utili. Lei tutta contenta mi ringrazia per la risposta ed i consigli, poi comincia a mandarmi varie versioni delle sue poesie chiedendomi un parere sincero se è meglio questo o quel verso invece di, e come vedo la struttura dell'opera. Io le rispondo che una volta è un consiglio disinteressato, ma se devo rivederle l'intera raccolta (che comunque non pubblicherò) quello si chiama editing ed è un lavoro a parte. Mi risponde che sono sicuramente una brava persona, ma forse un po' tirchio.

lunedì 9 dicembre 2019

sedia

Appena rientrato, mia madre mi informa che la mia gatta in questi tre giorni ha rifiutato di dormire altrove che sulla mia sedia. Le piccole cose per cui vale la pena di tornare.

mercoledì 4 dicembre 2019

il punto

Il ragazzino che ti scrive in chat, su Instagram: "Ciao sono un poeta, ho 5 mila follower, mi pubblichi?" Tu però quel giorno sulla chat non ci vai, così il giorno dopo, ignorato, il giovane poeta aggiunge: "Grazie." Col punto finale che dice tutto.

martedì 3 dicembre 2019

sarde e sud

Dice che sabato pomeriggio a Brescia ci sono le Sardine. Poesia, lavoro e sarde, praticamente il Sud alle più alte latitudini. Mancavo solo io e due rape, e infatti...

lunedì 2 dicembre 2019

risveglio

Ogni risveglio mi aspetto la chiamata
che riporti il mio ideale alla natura
notificando con tono dottorale
la morte dell’amata persona.
Non cambia negli anni quell’attesa
che come d’abitudine accompagna
il mio sonno. Mi spinge in avanti dalla fine
alla fine che mi aspetto ogni giorno.