19 settembre, leggo sul blog di Sergio Pasquandrea una commossa apologia di Calvino scrittore, di cui proprio oggi cade l’anniversario di morte. È una cosa che fino a pochi anni fa sarebbe stata impensabile, eppure anche su Calvino si abbatte con sempre più frequenza la scure del revisionismo critico. Ci si chiede: va bene che per la Scuola sia un mito, il must della scrittura italiana del ‘900, ma tutta quest’aura di santità artistica sarà poi meritata? È stato o no Calvino il genio letterario che oggi tutti ci propinano al liceo? La risposta dei più ormai è la stessa: Calvino è stato un buono scrittore del ‘900, molto abile (e furbo) ad autopromuoversi, ma di certo non il più grande e, forse, la Scuola dovrebbe fare un po’ di revisionismo anche lei e cominciare a dare spazio ad autori ben più importanti, anche sul fronte internazionale, come Svevo, Pavese, Pasolini, Gadda o Sciascia.
Ora, fermo restando che sapersi autopromuovere non è mai stato un crimine ma anzi, in ambito culturale, da sempre un merito, almeno per chi volesse vivere del proprio lavoro d’artista, e che comunque non è che Calvino sul fronte internazionale sia un signor Nessuno (basti vedere l’enorme e dichiarata influenza che ha avuto su un autore contemporaneo come Jonathan Coe), c’è da dire che: uno, Calvino fu figlio del suo tempo, e sconta il senso di distanza che l’attuale indirizzo artistico nutre proprio verso quello sperimentalismo metaletterario di cui proprio lui fu uno degli esponenti più autorevoli, al fianco di Queneau. Una cosa simile tra l’altro accade in poesia nei confronti dell’Ermetismo, con un forte senso di rifiuto anche verso poeti di fondamentale importanza come, ad esempio, Montale. E: due, come dice bene Sergio sul suo blog, la canonizzazione scolastica ammazza tutti, senza distinzioni di sorta.
Poi certo, se è vero che a lui piacque diventare un oggetto di culto della Scuola (e a chi non piacerebbe? anche a Pasolini sarebbe forse piaciuto), è anche vero che, se la Scuola lo ha santificato, non è nemmeno tutta colpa di Calvino. Come per i fatti d’amore, si deve essere in due in questo tipo di scelte. Fra l’altro, questa storia mi ricorda un po’ tutte le polemiche che da anni si sentono intorno al Manzoni dei Promessi Sposi. Sarà anche il più acclamato capolavoro dell’800 italiano ma io, e non solo, gli preferisco Verga dei Malavoglia. Però sono più contento così. In fondo, alla fin fine ci si dovrebbe anche chiedere chi ci perde di più fra Scuola e Calvino in questo rapporto di dipendenza reciproco. E sinceramente io credo che il vero perdente sia Calvino. Mentre autori come Pavese o Pasolini, proprio come Verga, sono presi con le pinze dagli insegnanti e poi, negli anni successivi al liceo, sono quelli che più a lungo restano nel cuore degli studenti, che li scoprono e se li vivono per fatti loro, senza “istruzioni per l’uso”, per Manzoni non c’è ritorno. Finito il liceo Manzoni è morto, è solo un brutto ricordo dell’interrogazione di Italiano.
Insomma, ai suoi detrattori dico, perché lamentarsi? Si studia Calvino a scuola e si legge (o si spera che si legga) Pasolini a casa. Meglio Calvino che Moccia aggiungo, e credo che nessuno, per quanto critico nei suoi confronti, possa venirmi a dire che non è d’accordo. Vorrei concludere osservando che il canone Calvino non è ancora arrivato né credo arriverà mai al livello di Manzoni. Dico queste cose a freddo, anche perché Calvino l’ho letto, l’ho rispettato ma non l’ho mai amato. Però il nostro ha scritto molti libri e alcuni molto belli, non solo il più volte citato dai critici Le città invisibili, ma anche Giornata di uno Scrutatore, Palomar, e Lezioni Americane (che, piacciano o no, sono pur sempre terreno seminale per lunghe riflessioni), e senza contare l’ottimo lavoro filologico condotto intorno al sottobosco delle Fiabe italiane e all’Orlando Furioso. Conosco, e non sono pochi, studenti che lo leggono proprio per questi romanzi e ancora lo rispettano per la sua scrittura chiara, precisa e limpida e anche perché, nonostante rifiutino le pesanti architetture di cui infarciva le sue storie, tuttavia intuiscono a pelle quella “sostanza prettamente tragica” (come la definisce Sergio) che talvolta emerge, suo malgrado, dalle pagine dei suoi libri.
Ora, fermo restando che sapersi autopromuovere non è mai stato un crimine ma anzi, in ambito culturale, da sempre un merito, almeno per chi volesse vivere del proprio lavoro d’artista, e che comunque non è che Calvino sul fronte internazionale sia un signor Nessuno (basti vedere l’enorme e dichiarata influenza che ha avuto su un autore contemporaneo come Jonathan Coe), c’è da dire che: uno, Calvino fu figlio del suo tempo, e sconta il senso di distanza che l’attuale indirizzo artistico nutre proprio verso quello sperimentalismo metaletterario di cui proprio lui fu uno degli esponenti più autorevoli, al fianco di Queneau. Una cosa simile tra l’altro accade in poesia nei confronti dell’Ermetismo, con un forte senso di rifiuto anche verso poeti di fondamentale importanza come, ad esempio, Montale. E: due, come dice bene Sergio sul suo blog, la canonizzazione scolastica ammazza tutti, senza distinzioni di sorta.
Poi certo, se è vero che a lui piacque diventare un oggetto di culto della Scuola (e a chi non piacerebbe? anche a Pasolini sarebbe forse piaciuto), è anche vero che, se la Scuola lo ha santificato, non è nemmeno tutta colpa di Calvino. Come per i fatti d’amore, si deve essere in due in questo tipo di scelte. Fra l’altro, questa storia mi ricorda un po’ tutte le polemiche che da anni si sentono intorno al Manzoni dei Promessi Sposi. Sarà anche il più acclamato capolavoro dell’800 italiano ma io, e non solo, gli preferisco Verga dei Malavoglia. Però sono più contento così. In fondo, alla fin fine ci si dovrebbe anche chiedere chi ci perde di più fra Scuola e Calvino in questo rapporto di dipendenza reciproco. E sinceramente io credo che il vero perdente sia Calvino. Mentre autori come Pavese o Pasolini, proprio come Verga, sono presi con le pinze dagli insegnanti e poi, negli anni successivi al liceo, sono quelli che più a lungo restano nel cuore degli studenti, che li scoprono e se li vivono per fatti loro, senza “istruzioni per l’uso”, per Manzoni non c’è ritorno. Finito il liceo Manzoni è morto, è solo un brutto ricordo dell’interrogazione di Italiano.
Insomma, ai suoi detrattori dico, perché lamentarsi? Si studia Calvino a scuola e si legge (o si spera che si legga) Pasolini a casa. Meglio Calvino che Moccia aggiungo, e credo che nessuno, per quanto critico nei suoi confronti, possa venirmi a dire che non è d’accordo. Vorrei concludere osservando che il canone Calvino non è ancora arrivato né credo arriverà mai al livello di Manzoni. Dico queste cose a freddo, anche perché Calvino l’ho letto, l’ho rispettato ma non l’ho mai amato. Però il nostro ha scritto molti libri e alcuni molto belli, non solo il più volte citato dai critici Le città invisibili, ma anche Giornata di uno Scrutatore, Palomar, e Lezioni Americane (che, piacciano o no, sono pur sempre terreno seminale per lunghe riflessioni), e senza contare l’ottimo lavoro filologico condotto intorno al sottobosco delle Fiabe italiane e all’Orlando Furioso. Conosco, e non sono pochi, studenti che lo leggono proprio per questi romanzi e ancora lo rispettano per la sua scrittura chiara, precisa e limpida e anche perché, nonostante rifiutino le pesanti architetture di cui infarciva le sue storie, tuttavia intuiscono a pelle quella “sostanza prettamente tragica” (come la definisce Sergio) che talvolta emerge, suo malgrado, dalle pagine dei suoi libri.
14 commenti:
Aggiungo che, come spesso succede, il Calvino migliore si trova secondo me nelle opere meno conosciute: alcuni racconti, opere come "La speculazione edilizia" o "La formica argentina", certe fulminanti note critiche (ad esempio quelle di "Collezione di sabbia" o quelle di alcuni articoli giovanili pubblicati anni fa nel Meridiano dei "Saggi").
Purtroppo, quando uno scrittore viene scolarizzato e antologizzato, viene sempre appiattito e ridotto a figurina, con quattro formulette critiche a definirlo.
Come prof di italiano, è un problema che mi pongo. E cerco delle soluzioni. Non sempre ci riesco, ma almeno ci provo...
aggiungo anche: nella fortuna critica degli scrittori c'è quasi sempre quello che gli inglesi chiamano "ebb and tide".
a un periodo di grossa fortuna critica, negli anni '80 e '90, era inevitabile che seguisse un periodo di stanca e di (parziale) revisionismo.
secondo me, però, il vero valore si misura sulla lunga distanza. vedremo tra una ventina o trentina d'anni...
questa è una di quelle volte in cui sento terribilmente la differenza di età tra noi, quando andavo a scuola io si leggevano Verga e Manzoni, Ungaretti e Montale, Calvino era solo qualche pezzo di Marcovaldo e del Barone Rampante così come Svevo era qualche pezzo de La coscienza di Zeno e Senilità non c'era modo di farselo andare in disgrazia quindi; ho chiesto anche al 3/4 che ha 3 anni più di me ed anche per lui è stato così, sono rimasta stupita che Calvino sia stato per voi così sfruttato.
e grazie per Simon e Garfunkel :-)
chissà da quale parte della soffitta è finito quel vinile
Beh, considera che ho chiesto ai ragazzi di prima liceo che cosa avevano letto alle medie, e 9 su 10 avevano letto "I nostri antenati" (tutta la trilogia o uno dei romanzi), e parecchi anche brani dalle "Fiabe italiane" e da "Marcovaldo".
Sulle antologie scolastiche, poi, Calvino è onnipresente, e lo stesso sui testi di letteratura per l'università, dove è anche tra le letture per gli esami di Letteratura (in genere "Le città invisibili" o le "Lezioni americane", a volte anche "Se una notte d'inverno" o "Palomar").
Ed è probabilmente l'autore italiano del secondo Novecento con la più ampia bibliografia in assoluto.
Come ho detto, il periodo di massima fortuna credo sia stato tra gli anni '80 e gli anni '90, oggi c'è un po' un riflusso.
E' un argomento al quale stavo pensando proprio oggi, leggendo un libro poco conosciuto.
Io Calvino non l'ho neanche fatto al liceo (ma ho rimediato poi alla lacuna).
Purtroppo sono tanti i grandi autori snobbati dai programmi delle scuole, autori che ho scoperto essere invece molto acclamati al di fuori delle istituzioni scolastiche, scoprendo così anche la mia profonda ignoranza. In particolare grandi nomi stranieri, ma si sa, ogni paese tesse le proprie lodi culturali, talvolta fossilizzandosi su poche punte di diamante scelte tra tanti gioielli. Ad esempio, premettendo che la ADORO, lo studio triennale della Divina Commedia al liceo secondo me è esagerato. Sommo Poeta, senza dubbio lo è, ma si cade troppo nell'autocompiacimento di un prodotto nazionale, talvolta penso a Dante come al prosciutto di Parma, con tanto di bollino! Tre anni per un solo autore, un grandissimo autore, ma comunque uno, che toglie notevole spazio a nomi non meno meritevoli.
Oggi pensavo proprio a questo mentre leggevo un libro iniziato da poco ma già quasi finito: "Il diario di Helene Berr". Il Corriere della Sera lo ha tristemente recensito come "Una Anna Frank a Parigi". Desolante.
Anche questo è un diario tenuto durante l'occupazione nazista, a Parigi, e contiene le parole di una ragazza che vive giorno per giorno i soprusi che poco a poco portano alla tragica fine della sua razza. Ma mentre la piccola Anna era solo una bimba, poco consapevole di ciò che le stava intorno, qui abbiamo una ragazza, una donna, che con mente adulta analizza il mondo attorno a lei e i suoi tragici cambiamenti, che obbliga se stessa ad annotare tutto perché nessuno dimentichi, perché è l'unico contributo che può dare.
Quando l'ho cominciato, temevo fosse qualcosa di terribilmente insipido(dato che non ho amato Anna Frank), e invece riesco a vederne davvero il valore di documento storico, cosa che mi è stata impossibile col tanto osannato "Diario di Anna Frank". E putroppo questo libro non sembra essere molto conosciuto, perfino su anobii non sono molti quelli che l'hanno letto, ed è un peccato, poiché ha molto più valore come testimonianza di Anna Frank.
Tornando a Calvino, credo che uno dei motivi per cui sia un pò trascurato dalle scuole e che non è un autore facile, molti non riescono a leggerlo e capirlo, non è per tutti, bisogna dirlo, mentre la scuola è a tutti che deve rivolgersi.
@Iride
Sai che a me pare esattamente il contrario?
Calvino (o perlomeno un certo Calvino: Marcovaldo, I nostri antenati, le Fiabe, l'Orlando Furioso) è frequentatissimo dalle scuole, e lo dico da prof di medie/superiori, proprio perché è uno scrittore dallo stile limpido, comunicativo, molto accessibile.
Cosa che non si può certo dire di molti altri grandi e grandissimi del Novecento, italiano e non: Gadda, Pasolini, Meneghello, Montale, Zanzotto, Sanguineti, Joyce, Beckett, ecc. ecc.
@sergej
Forse hai ragione, però parlandone con questo e con quello, mi è sempre risultato essere piuttosto difficile per molti, mi è sempre apparso un pò d'élite, forse mi sbaglio, ma a me sembra che le sue opere, senza un approfondito studio dell'autore, siano molto poco comprensibili, alcune almeno. Al di sotto di una certa cultura non è molto amato. O forse sono io che sono incappata in uno stormo di denigratori di Calvino...
Dipende di quale Calvino parliamo.
Il Calvino di "Marcovaldo" o del "Barone Rampante" è molto usato nelle scuole medie proprio perché usa uno stile molto chiaro e accessibile.
Poi, certo, se parliamo di "Ti con zero" o di certe cose più "impegnate", tipo "La giornata di uno scrutatore", sono d'accordo che possa risultare un po' più ostico.
Però, se è "poco comprensibile" Calvino, allora Gadda o Sanguineti che cosa sono? Arabo?
;-)
mah io mi ricordo con molto affetto le storie dei nostri antenati, devo dire, anche se non ne capivo al'epoca tutte le implicazioni simboliche. invece ho fatto più fatica che gli altri. c'è da dire che talvolta calvino, a mio avviso, è troppo logico per poter davvero catturare un ragazzo, un ragazzo ha bisogno di passione (cime tempestose per intenderci) e non di logica, quella viene dopo...
con gli altri... sorry.
io da ragazzo adoravo calvino e ho detestato cime tempestose.
ma io sono un caso a parte...
tu sei troppo cerebrale, mi sa, sergio. ma tanto, son tutti buoni libri. :)
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