giovedì 31 agosto 2023

il guardone

Autrice mi manda come proposta di pubblicazione gli screenshot del suo cellulare, di testi cioè scritti in diretta sul telefono e poi fotografati apposta per me dalla sua chat. Mi dice che sono poesie scritte di getto, nell'impeto dell'emozione e indirizzate a un 'tu' che è reale (quello della chat appunto). Su cinque testi che apro tre parlano di orgasmo, uno di masturbazione e uno allude a un rapporto extraconiugale con un uomo sposato. Io leggo e mi sento un guardone.

sabato 26 agosto 2023

senilità

Primo amore (1978) di Dino Risi, con un grandissimo Ugo Tognazzi e Ornella Muti è uno dei tanti film minori ma dignitosi dell’ultimo Risi in cui descrive il confronto spietato col tempo al sopraggiungere della vecchiaia. Lo fa attraverso il più classico dei soggetti, l’ultimo amore di un vecchio artista per una giovane ragazza. La storia, tutta basata sulle atmosfere invernali, sul lento senso di disfacimento dell’uomo distrutto da una passione eccessiva, va come deve andare fino a che i due inevitabilmente si lasciano. In un successivo incontro, poco prima del finale, lei cerca di rievocare momenti intimi che per lui, che ormai soffre di gravi vuoti di memoria, non hanno più significato. “Roberta, ecco come si chiamava” dice ricordandosi il suo nome poco dopo che lei se n’è andata, ed è una di quelle battute che ti spezzano il cuore. Dopo essersi giocato l’ultima chance di felicità puntando su un amore impossibile, assoluto, quella battuta dimostra che è stato tutto inutile, il sogno, l’amore, il coraggio, tutto inutile se manca la memoria. Lei non lo sa ancora, lui questo lo sapeva, ma per un attimo ha abbassato la guardia e se l’è dimenticato, e poi ormai sconfitto dalla vita, dall'età, ha finito per dimenticarselo per sempre.

il richiamo del maschio

Una cosa da non fare assolutamente se hai un orto con degli animali è assecondare il capriccio infantile di andarsene in giro a piedi nudi fra gli ortaggi. Potresti avere delle spiacevoli sorprese. Prima, ad esempio, mentre raccoglievo i fiori di zucca ho sentito una sensazione umida sotto il piede, l’ho sollevato e ho scoperto di aver pestato una sostanza densa, color bianco latte. Sono stato dieci minuti buoni a chiedermi che fosse, finché non ho sentito agitarsi le foglie di zucca e poi il caratteristico richiamo del maschio di tartaruga che montava a più riprese la compagna e poi, nell’inseguimento amoroso, correva in giro a spruzzare ignobilmente il suo seme per tutto il giardino. C’è chi lo ingoia, io stamattina l’ho spalmato sul piede.

venerdì 25 agosto 2023

sogno del funerale

Poco fa mi sono detto ora mi faccio mezz'ora di sonno così recupero la stanca. Ma nel sogno mi sono ritrovato che andavo a un funerale, dove tutti mi guardano malevoli perché avevo dimenticato di cambiarmi e mi aggiravo sotto le navate con ai piedi i sandali in legno del dottot Sholl's, che facevano un fracasso mentre camminavo, come se qualcuno suonasse le nacchere in chiesa. Alla fine il prete si è fermato a metà della funzione, mi ha detto che ero molesto e mi ha scacciato fuori ad aspettare la fine del funerale nel parcheggio, dove mi si è avvicinato un tipo con la faccia butterata che ha provato a consolarmi chiedendomi in cambio una sigaretta, che non avevo perché non fumo nemmeno nei miei stessi sogni.

giovedì 24 agosto 2023

registrazione da campo in un monolocale

 

Ventitré anni dopo le ultime incisioni in una stanza d’albergo di Robert Johnson e ventitré anni prima della registrazione casalinga di “Nebraska” di Bruce Springsteen, c’è questo disco registrato nel 1959 da Lightnin’ Hopkins, bluesman texano maledetto e dalla vita disordinata, che dopo aver vagabondato per locali per tutti gli anni ’40 aveva deciso di farla finita con la musica ed era scomparso dalla circolazione alcuni anni prima. Venne ritrovato dopo una lunga ricerca da Sam Charters, un suo ammiratore. Viveva in un monolocale a Houston campando alla giornata e venne convinto, in cambio una bottiglia di gin, a registrare lì sul posto, voce e chitarra, alcuni pezzi blues su un registratore portatile. Fu una registrazione da campo in un monolocale. Sono blues secchi, asciutti, molto intimi nell’atmosfera ma privi di qualsiasi speranza nei testi. La registrazione è povera ma pulita, dura appena mezz’ora. Ne venne fuori, insomma, uno dei più bei dischi di blues di sempre perché alimentava la leggenda di una maledizione che non poteva estinguersi se non quando la si raccontava cantando. L’album, che in copertina porta semplicemente il nome del suo autore, uscì al momento giusto (durante l’ondata di folk revival che invase l’America agli inizi degli anni ‘60), ebbe un enorme successo e gli dette la spinta per ricominciare a fare musica e salvargli la vita.

collana

Quello che ti scrive pro forma, come insegnano le rubriche per imparare a scrivere mail di presentazione per gli editori, che conosce e apprezza il tuo catalogo. – E tu non resisti e gli chiedi con un certo entusiasmo se preferisce la collana dei classici del 900 o quella dei poeti americani in traduzione, e quello bluffa e ti risponde che la seconda la conosce poco, ma la apprezza, mentre adora i classici del 900. – E tu, come editore, non hai mai avuto né l’una né l’altra collana.

vagabondaggio

C’è come un abisso che separa, a solo cinque anni di distanza l’uno dall’altro, i due più bei road movie del nostro cinema, Il grido (1957) di Michelangelo Antonioni e Il sorpasso (1962) di Dino Risi: entrambi molto “americani” nello spirito, nei loro riferimenti letterari (da Steinbeck a Kerouac), nella loro irrequietezza che si esprime 'on the road' con brutale forza sociale, ma calati in una realtà sociale che è tutta italiana; entrambi pervasi da una disperata vitalità e ben poco consolatori, soprattutto sul finale che non lascia scampo e che in entrambi i casi si conclude con un salto nel vuoto. Nel primo, Aldo (l’americano Steve Cochran) che ha perso la donna e il lavoro si aggira a piedi, con una bambina e una valigia, fra l’Emilia e il Veneto, poi finisce per lavorare in una pompa di benzina facendo il pieno alle prime rare auto di passaggio, prima di mollare ancora una volta il lavoro, ormai incapace di fermarsi; nel secondo, Bruno (Vittorio Gassman) è proprietario di una delle tante auto sportive che ormai hanno conquistato la via Aurelia, fra Lazio e Toscana, su cui corre senza una meta precisa accompagnato da un giovane che ha conosciuto per caso e che “educa” alla vita. Ci sono molti punti di contatto fra i due, eppure anche degli scarti enormi, a cominciare dall’unità di tempo, dove il film di Antonioni si svolge lento e umido lungo un anno di vita, mentre quello di Risi, assolatissimo, lungo un solo giorno d’estate. Ancora, il primo chiude idealmente la prima tragica metà del ‘900, il secondo apre la seconda su una nota apparentemente più scanzonata, e non a caso, nel secondo, Risi prende in giro, attraverso una battuta pronunciata da Bruno, il cinema di Antonioni. Credo non ci siano analisi comparate di questi due film. Se ci sono, vi prego di segnalarmele, se non ci sono prima o poi finirò per scriverne una io. 

mercoledì 23 agosto 2023

spaghetti

Telefoni bianchi (1976) di Dino Risi, contiene una scena, a circa metà film, che mi fa pensare al cinema di Buñuel e di Ferreri, in cui il divo Franco D’Enza – interpretato da Vittorio Gassman che assume qui la maschera e i lazzi di Alberto Sordi – fa uno scherzo perfido durante una festa a cui ha invitato alcuni industriali arricchitisi alle spalle del regime. Accende la radio per sentire il bollettino radio e si sente la voce di Mussolini che comunica come nel giro di ventiquattr’ore il partito fascista assumerà il controllo e statalizzerà tutte le fabbriche e le banche del paese, pena la fucilazione per chi si ribella. Gli invitati restano come congelati. “Ma non è possibile, è la rovina del paese, siamo rovinati!” grida uno. Un altro lo rampogna: “Osate discutere le decisioni del Duce? Che camicia nera siete?”. Il primo si allontana intimidito. E un terzo: “Ah, se Mussolini si mette contro gli industriali s’è ripulito!” A quel punto D’Enza, dopo averli insultati un po’ chiamandoli “papponi” e gridando loro che “è finita la pacchia!”, scoppia a ridere con cattiveria e rivela che era stato tutto uno scherzo, la voce di Mussolini era stata falsificata così, tanto per ridere. Tutti gli invitati si sentono sollevati ma dall’altra stanza arriva il rumore di uno sparo. L’industriale che si era allontanato si è ucciso. Gli invitati sono scossi, un paio di loro lasciano la festa indignati, ma D’Enza cerca di minimizzare l’accaduto: “Si vede che avrà avuto i suoi problemi, era fragile, poverino. Non ci pensiamo, non facciamo un dramma, via i musi lunghi, arrivano gli spaghetti, mangiamoci quelli” così gli altri restano a mangiare, col morto ancora caldo nella stanza accanto. 


martedì 22 agosto 2023

il fine

Certi giorni penso che dovrei chiudere la casa editrice solo per riprendermi il piacere di leggere un libro senza l'ansia di doverlo vendere. Non sono nato editore, ma leggo da quando cominciano i miei ricordi. La lettura accompagna la mia vita. L'editoria mi è cascata addosso quasi per caso, ma non è il fine. Il fine per me resta soltanto l'esperienza della lettura.

lunedì 21 agosto 2023

ferie

Oggi una signora in ospedale, che trascinava fra i piani suo marito paralizzato dalla scorsa primavera da un male incurabile, gridava a gran voce che in due mesi non è riuscita a parlare con lo specialista che dovrebbe seguirlo, perché sono due mesi che le dicono che lo specialista è andato in ferie. – Ma la sua malattia non va in ferie, gridava a voce alta nei corridoi, la malattia non va in ferie! – E mentre andava su e giù cercando un sostituto per farsi aiutare, spingeva il corpo dell’uomo rigido sulla carrozzina con la bocca spalancata e muta e gli occhi spalancati in avanti e pieni di paura. Allora lei ogni tanto allungava la mano e lo accarezzava sull'orecchio per fargli sapere che c’era.

dove la mettono?

Sarà anche vero, come dicono orgogliosi, che la poesia, in quanto genere scarsamente commerciale, rende immuni dal potere. Ma allora poi mi dovete spiegare tutti questi poeti, a decine, a centinaia, che scodinzolano in adorazione del successo e di chi ha più potere di loro. Io non me lo spiego. Dove la mettono la poesia in quei momenti?

domenica 20 agosto 2023

utopia

Piero Sansonetti su Rete 4 dice, parlando del problema dei migranti, che ci sono due metodi per affrontare il problema: quello post fascista inaugurato da Minniti che li ricaccia indietro verso i campi di concentramento africani, e quello umanitario auspicato da Bergoglio che vuole studiare dei piani di accoglienza usando i fondi del PNRR. Altri non ce ne sono, dice. E invece, volevo rispondergli, c’è per chi volesse, il metodo Mimmo Lucano. Prendi tutti questi poveretti che sbarcano, gli dai una casa in uno dei tanti paesini abbandonati del Sud fra Calabria, Sicilia e Lucania, gli dai un lavoro usando i fondi del PNRR per costruire strade, infrastrutture, riconversione urbana dei piccoli centri, piccole aziende agricole che abbattano il caporalato. Nel giro di 10-15 anni hai dato loro un futuro e hai fatto rinascere il Sud. Se te ne importa.

sabato 19 agosto 2023

ritratto

Stamattina ho incontrato un amico che beve troppo. Alle dieci stava fuori dal bar e aveva già un bicchiere di rosso in mano. Stava seduto per terra davanti al bar. Mi ha chiamato, mi sono seduto per terra con lui. E siccome c’era una bella luce ho tirato fuori il telefono per fargli il ritratto. Lui s’è arrabbiato. – Uno che mi vuole bene il mio ritratto se lo fa nella testa e non col telefono. Non mi piace il telefono! – Gli ho detto che anche Paride mi diceva così. Mi ha sorriso. Poi abbiamo parlato di Mungione e di Franco il rosso, a cui invece il ritratto l’ho fatto. All’improvviso si è fatto scuro in volto. – Ma di che mi stai parlando. Sono morti, sono morti! Sono morti, hai capito? Io sono vivo, hai capito? Io sono vivo! Io non voglio nessuna foto da te! – Mi sono scusato, gli ho detto che non volevo offenderlo con l’idea di fargli il ritratto. – Ma io mi sento già le campane sulla testa, mi ha gridato. Mi sento le campane addosso! – Poi si è tolto le scarpe e mi ha scacciato lanciandomele dietro. – Lilloo-o-o! Ha cominciato a ululare scalzo per strada. Lilloo-o-o-o! Lilloo-o-o-o! E non si capiva più se era arrabbiato o piangeva.

 

poveracci noi

L’espressione che va per la maggiore questa estate fra gli italiani è “poveracci”. L’imprenditore (ricchissimo) che denuncia pubblicamente la fidanzata che gli mette le corna è un “poveraccio”. Gli italiani che non rinunciano alle loro vacanze, anche se non hanno soldi nemmeno per il pieno di benzina, sono “poveracci”. Quelli che vanno in Albania e scappano dal locale senza pagare il conto sono “poveracci”. La premier che paga il conto per loro (80 euro) ma coi soldi di chi, è una “poveraccia”. Quelli che intanto servono ai tavoli con turni massacranti e malpagati sono “poveracci”. Le donne picchiate, massacrate e poi usate come materiale da Tg e approfondimento, per ricordarci che siamo ancora in grado di commuoverci, sono “poveracce”. Quelli che vivono in guerra sono “poveracci”, ma quelli che muoiono in mare sono “poveracci” due volte. Quelli che arrivano qui sui barconi sono, a detta di Feltri, “poveracci” e “straccioni”. Persino mio padre ammalato in questo sistema sanitario che dà tutto a tutti (chi lo nega) ma niente senza sputare veleno, è un “poveraccio”. Solo la Murgia si salva, che è “povera” ma non “poveraccia”. Un velo decisamente democratico si stende su di noi, sul nostro tempo, e ci fa tutti uguali in questa sorta di povertà morale, oltre che linguistica, più ancora che economica, dove il povero è “poveraccio” esattamente quanto il ricco. Altro che restare umani, siamo “poveracci” nel cuore. E io? Io sono ricco di fantasia, ma mi sa che anche quella da sola non basta a salvarmi dal disprezzo.

mercoledì 16 agosto 2023

amazon

Lettrice mi ordina un libro su Amazon. Glielo spedisco. Le arriva. Il giorno dopo chiede il reso che Amazon le assegna di default e in cui come giustificazione mi scrive: Mi spiace, non era quello che stavo cercando. Così mi rimanda indietro il libro che le devo rimborsare per intero. E siccome sta diventando una prassi comune, con Amazon, comprare qualcosa, utilizzarla per poche ore e poi restituirla come reso per non rimetterci un euro, sospetto fortemente che la signora se lo sia letto senza pagarlo e poi me lo abbia restituito usato, perché con Amazon poteva farlo. Sarei un falso moralista se mi scandalizzassi, ma a questo punto continuo a chiedermi a che serve tutto sto chiacchiericcio che facciamo ogni giorno in rete o sui social per promuovere dei libri, fra pubblicazioni di estratti, pseudo interviste, recensioni o segnalazioni che il lettore nemmeno fa lo sforzo di andare a cercare se poi ha il coraggio di dirmi: Non era quello che stavo cercando. Signora mia, era un libro di poesie, cos’altro stavi cercando? – Invece mi pare che con la politica dei resi di Amazon tutto somigli sempre più alla scatola di cioccolatini di Forrest Gump, dove però se scegli il cioccolatino al latte invece di quello fondente hai la facoltà di rimetterlo nella scatola dopo averlo sputato e riavvolto nella carta. Quello se lo mangerà qualcun altro.

lunedì 14 agosto 2023

six in one

Nella mia visione da romantico, ho sempre immaginato che Brilliant Corners (1957) di Thelonious Monk fosse un album scritto per la baronessa Pannonica “Nica” de Koenigswarter, proprio come Alone in San Francisco (1959) fosse indirizzato a sua moglie Nellie. Così la delicata Pannonica è dedicata a lei, sua musa e farfalla, Ba-Lue Bolivar Ba-Lues-Are rievoca il nome dell’albergo dove lei viveva e dove lui era spesso ospite, mentre Brilliant Corners, il brano omonimo che dà il titolo al disco, è stato scritto proprio in quell’albergo, al pianoforte nella stanza di Nica. Anche alla luce di questa suggestione, non riesco a fare a meno di leggere nell’identica chiave il disco Les Liaisons Dangerouses 1960, colonna sonora realizzata da Monk (ma mai utilizzata) per il film Le relazioni pericolose di Roger Vadim. Il film, tratto dall’omonimo romanzo del 1782 di Pierre Choderlos de Laclos, attualizzato alla Parigi degli anni ‘50, parla di un triangolo amoroso fra libertini che si allarga, a forza di tradimenti, fino a toccare il pentagono e l’esagono, prima del suo tragico finale. Ecco allora che, per realizzare la colonna sonora di un film che parla di relazione extraconiugali ma soprattutto della possibilità di amare, allo stesso tempo, più persone dello stesso amore, Monk (che in quel periodo ama indossare un appariscente copricapo orientale) pensa bene di reincidere quattro versioni diverse di Pannonica (due al piano solo e due col suo gruppo) più una di Ba-Lue Bolivar Ba-Lues-Are, due versioni della bellissima Crepuscule with Nellie (scritta per sua moglie Nellie e tratta da Monk’s Music del 1957), e già che ci siamo vi aggiunge un pezzo scritto appositamente per quest’opera e chiamato, ironicamente, Six in One.


 

poeta al mare

Quello che ti chiama alle 10 del mattino del 14 di agosto per chiederti se può inviarti la sua proposta. Mentre parla, in sottofondo, si sente il mare. – Ma scusi, è al mare? E si goda quello invece di pensare a mandarmi le poesie. – Cosa vuole, sto qua con la famiglia, mia moglie e i figli, il bagno e i figli, la focaccia e i figli, questo è tutto il mare che vedo! Dopo mezz’ora che sto qui comincio a pensare ad altro per non pensare a ciò che vedo.

domenica 13 agosto 2023

dopo sordi

Devo dire che dopo le accuse al pubblico di avere un pochino esagerato, durante il funerale di Silvio Berlusconi, nell’espressione del proprio cordoglio toccando delle punte kitsch che erano a tratti imbarazzanti, il funerale di Michela Murgia è stato, nella grandiosa genuflessione corale, quasi uno schiaffo col guanto bianco alla figura dello stesso Berlusconi, che ha incarnato l’opposto speculare della Murgia. Non solo lo ha surclassato (ad agosto!), ma ha toccato delle punte a tratti ancora più imbarazzanti, come quella che ho letto poco fa di una lettrice che chiedeva in un post se si sapesse cosa pensasse la Murgia dell’invio di armi in Ucraina, come se saperlo potesse svilire o confermare l’aura da santino che già si sta formando intorno a lei. Pensandoci mi torna alla mente una frase che disse Paolo Villaggio durante il funerale di Mario Monicelli, rievocando quello affollatissimo di Alberto Sordi. Villaggio disse che a Roma, morire dopo Sordi, era una cosa da stronzi. Mi verrebbe quasi da replicare l’identica battuta.

sabato 12 agosto 2023

vendetta

A forza di sentire parlare dello sputtanamento pubblico dell’imprenditore torinese ai danni della sua fidanzata che lo avrebbe tradito, e se sia stato giusto o no vendicarsi così, mi sono chiesto cosa avrei fatto io al posto suo. Ecco che, come ho sempre fatto in vita mia ogni qualvolta mi sono sentito tradito, sarei partito all’attacco scrivendo di pancia una poesia che avrei immediatamente pubblicato così da sputtanare in grande, ma filtrando il tutto con la scusa dell’arte. Posso dire che, versi o bellissimi o meno, le persone coinvolte non ci sono state bene, dunque la vendetta è arrivata, anche se poi, a mente fredda, non posso dire di sentirmene fiero. In effetti, tutta la storia dell’arte è piena di artisti che hanno sputtanato i propri partner fedifraghi, da Catullo a BZRP Music di Shakira, ogni nostra manifestazione artistica, in pittura o scultura come nella letteratura, nel cinema e nella musica, dal melodramma alla musica pop, è tutta un pullulare di corna e tradimenti, sputtanamenti feroci, rivendicazioni, arrovellamenti e vendette sanguinarie, spesso infantili e odiose, altre studiate fin nei minimi particolari, da gustare fredde. Ma vogliamo parlare del più grande di tutti? Giacomino Leopardi, che col ciclo di Aspasia ha sputtanato nei secoli dei secoli, o almeno negli ultimi due secoli, e senza possibilità di replica, la fedifraga Fanny Targioni Tozzetti colpevole di essere finita a letto con l’assai più prestante Antonio? Ecco, rispetto all’imprenditore torinese, Giacomino Leopardi che matura la sua vendetta in versi meravigliosi e assoluti come la lapidaria A se stesso cos’è, un fuoriclasse senza pari o uno stronzone d’uomo talmente grande al cui confronto l’imprenditore, nella sua povertà espressiva, non è che un dilettante? E dunque, lo perdoniamo perché è stato un grandissimo poeta, Giacomino, o cancelliamo i suoi versi dai libri di scuola in nome di un “politicamente corretto” che rinnega ogni espressione animale, nata nel groviglio delle viscere umane – e le viscere umane sono sporche – per avvicinarsi sempre più ai versi pulitini dell’AI, che non conosce tradimento? E di contro, alla povera Fanny che nel nostro immaginario di lettori passa ormai – e passerà per sempre – per la bugiarda seduttrice che non era, cosa diremo? Come faremo a farci perdonare?

giovedì 10 agosto 2023

cuor di coniglio

Michael Krüger, poeta ed editore tedesco, uno dei punti di riferimento della mia vita. Nato nel 1943, dal 1986 al 2014 ha diretto la casa editrice Hanser, una delle poche case editrici indipendenti rimaste in Germania, intercettando e pubblicando, fra gli altri, numerosi poeti, “quelli che nessuno vuole toccare a causa dell’imperante Metrofobia*”, 14 dei quali hanno vinto il Nobel (gente come Brodskij, Walcott, Tranströmer, Handke). A chi gli chiede cosa fa un buon editore risponde: “lo psicologo, l’uomo d’affari, il conferenziere, ed è un buon amico”, ma se gli si chiede l’attività che più ama aggiunge “l’editing, lavorare sul testo”. Di suo in Italia sono state pubblicate alcune antologie e romanzi, ma solo una raccolta completa, Spostare l’ora (Mondadori, 2015) nella traduzione di Anna Maria Carpi. In una sua poesia si definisce un “uomo dal cuore di coniglio, niente di più, anzi di meno”. E spiega: “Non sono mai stato particolarmente coraggioso in vita mia. Non ho dovuto esserlo. Lo vedo decisamente come uno svantaggio. Ho avuto molte offerte, anche dall’estero, e opportunità di cambiamento. Ma sono rimasto qui. Sono una persona frugale, non ho bisogno di seguire le mode, di avere una macchina o di andare al Casinò. L’ufficio è come un grande elastico che mi tira a sé. Ti alzi dalla sedia, ma poi sei risospinto di nuovo alla tua scrivania. Il cuore del coniglio è una macchina che pulsa perché il coniglio è sempre in movimento. Ma il coniglio preferisce restarsene nella propria tana, seduto lì con le sue lunghe orecchie e guardare fuori” (le citazioni fra virgolette sono tratte da una intervista di Gabriela Herpell e Thomas Bärnthaler).

*Metrofobia=paura della poesia.