sabato 31 dicembre 2022

auguri

Un milione di auguri alla mia bolla, che nella maggior parte dei casi è costituita dalle sole persone al mondo che conosco che leggono libri, anche se nella maggior parte dei casi non sono libri pubblicati da me. Nella speranza che il prossimo anno voi ne compriate uno mio e anche io riesca a comprarne uno vostro.

mandarini

Nel sogno viene a trovarmi un autore, tirando fuori dalla macchina dei mandarini appena raccolti che mi regala perché mi dice che hanno il sapore dell’inverno. Ne infilo due in tasca. Poi, mentre parliamo dell’ultima moda buffa delle donne che scrivono e che ora vestono in latex, l’autore nota delle buste dei rifiuti che mulinano svelte vuote e abbandonate per strada. Preso in parte dal fastidio e in parte da una frenesia quasi infantile comincia a rincorrerle, raccogliendole come fa quando è al mare. Le raccoglie una alla volta e ogni volta ciascuna me la porta e me la affida prima di tornare a correre per acchiappare la successiva, per toglierle dalla strada mi dice ed infilarle nella differenziata. Quando ha finito ritorna da me che ora mi ritrovo sulla porta di casa con le mani completamente occupate dalle buste morbide e vuote, provo a stringerle e ripiegarle una sull’altra, ma l’aria accumulata al loro interno si sposta negli angoli gonfiandole come palloncini e presto diventano enormi, quasi piccole mongolfiere che mi sollevano in aria. Dall’alto, mentre mi vedo allontanarmi, grido aiuto all’autore e quello per tranquillizzarmi mi ricorda che ho nelle tasche i mandarini, quando voglio posso usarli come zavorra per scendere a terra, oppure se ho fame mangiarmeli.

giovedì 29 dicembre 2022

l'odio di céline

Riassumo per note e appunti il terzo capitolo del saggio “Proust-Céline. La mente e l’odio” di Valerio Magrelli (assai bello). Scrive Céline al suo massimo: «Nelle Scritture è scritto: “All’inizio era il Verbo”. No! All’inizio era l’emozione». Ma come osserva George Steiner: «come in Jonathan Swift, in Céline la sorgente dell’immaginazione e dell’eloquenza sfrenata è l’odio. Di solito, e relativamente a ciò che pertiene alla forma estetica, l’odio ha il fiato corto; non copre grandi spazi. Ma in un gruppo ristretto di maestri – Giovenale, Swift, Céline – una misantropia furiosa, una nausea contro il mondo, dànno luogo a progetti di notevoli proporzioni. La monotonia del disgusto diventa sinfonica». Cèline si scaglia contro cinesi, neri, comunisti, omosessuali, per fare infine convergere tutto il proprio risentimento sulla figura dell’ebreo. Eppure, noterà Sartre, nell’ebreo urbano c’è qualcosa in cui si concentra con un’intensità particolare la fragile umanità dell’uomo. L’ebreo non è solo umano, ma un po’ più umano degli altri uomini. In questa luce torbida, l’odio verso di lui appare come il distillato di un generale disprezzo verso la razza umana. Come dimostrato da varie ricerche storiche, Céline fu un agente della Germania nazista, non un provocatore bensì un militante, tanto fervente da lavorare gratis. Membro del gruppo ultra-minoritario degli antisemiti razzisti pro-hitleriani tra il 1938 e il 1939, autentica guida ideologica, egli fu l’unico scrittore celebre a essersi impegnato totalmente nella propaganda nazista, arrivando a denunciare sei o sette persone per appartenenza ebraica e due per affiliazione al partito comunista, una delle quali contro un medico di cui aspirava a carpire il posto di lavoro. Il suo odio fanatico contro gli ebrei nasceva dalla convinzione che gli ebrei stessi – capi occulti di un complotto globale secondo pregiudizi diffusi anche in Francia, vedi il caso Dreyfus – odiassero e cospirassero per la fine della civiltà francese ed europea. Quando la Germania perse la guerra Céline ritrattò in parte le proprie convinzioni, non arrivando mai a disconoscerle, ma scegliendo di «ebreare», ovvero, preso atto che gli ebrei non potevano essere battuti, scegliendo di passare dalla parte del nemico, e così unirsi a loro nell’odio contro l’umanità tutta. In questo modo l’odio di Céline si fece universale. Il disconoscimento del nazismo, però, consentì alla sinistra francese di non epurare la sua opera che viene ancora letta ed apprezzata con l’istituzione di un culto per lo stile céliniano che perdona o fa finta di non vedere la profonda volontà di morte e d’odio determinati anche dal razzismo.

lost in translation

Mi sono appena chiesto che si perde nella traduzione di chi non ha più voce. Pensavo al Papa che si rivolge a Dio in questo minuto, e se persino Dio qualcosa non afferra quando prega ormai al di fuori dal linguaggio. Così simile a mio padre quella voce, a quelle volte che cerca di parlarci e con lo sguardo si dispera se provo a indovinare cosa si nasconde nel suo rauco brontolare, che si affanna per trovare un suono, e poi gioisce ogni volta che lo afferro con una gioia umida negli occhi. Cosa ho perso nella traduzione di quel suono, oggi me lo chiedo, e provo a ricordare il modo in cui agganciava le parole, la risata acuta, pungente, popolana, gli scatti a volte bruschi che restano inespressi nella gola, aggrovigliati negli occhi, la risata che non si scioglie, la voce che non mi ricordo, la voce che mi accarezzava e ormai non è più nulla, un ramo secco d’inverno, nell’inverno che non si può cambiare.

martedì 27 dicembre 2022

augurio

Mi dice mia zia: "Se non hai preso chili manco a Natale allora non ci sta più nulla da fare." Poi si raschia in gola e sputa per terra una cosa gialla e mucosa, e mi dà un bacio augurale di quelli che ti allungano la vita.

lunedì 26 dicembre 2022

quando sei tu il parente povero

La cuginanza, spudoratamente ricca perché lavora nell'edilizia e griffata dalla testa ai piedi, viene a trovarmi. Mio cugino cerca di spiegare ai figli chi sono e cosa faccio, ma a un certo punto si arrende: Antò, io sarò scemo ma ancora non ho capito tu che lavoro fai... — L'editore. — Va bene, questo è quello che racconti per rimorchiare. Ma poi nella realtà dove li prendi i soldi? — Quali soldi? — Mio cugino mi osserva dalla testa ai piedi, fissa i miei vestiti non griffati e dice: Ah già.

domenica 25 dicembre 2022

panettone

Quando al pranzo di Natale cerchi di evitare tutto ciò che è a base di carne e di frittura e ciò che resta sono l'insalata e il panettone... Come diceva mio nonno: Se ti piace il panettone ti piacerà anche il Natale.

venerdì 23 dicembre 2022

eco-ansia

Per come la vedo io il mondo, rispetto all’ambiente, si divide in due grosse bolle di pensiero. Una che si chiama dentro e dice: poiché sono una cellula che è parte del tutto, allora per quanto piccola anche io sono responsabile di ciò che accade e per questo provo a cambiare le cose o soffro per esse (che è molto simile a una sorta di pensiero animistico orientale); e un’altra che si tira in parte fuori fa un discorso opposto, sempre basandosi su ordini di grandezza, e dice: poiché io sono così piccola in confronto al mondo non posso credere di avere alcuna influenza su ciò che vi accade e pertanto credo che, se c’è un reale danno ambientale, allora è colpa di qualcuno che è più alto e più grande di me, che sia un governo o una lobby di potere (che è come una sorta di pensiero deistico occidentale). Ho appena letto un articolo, a firma di Claudia Bellante, che parla di eco-ansia, ansia da stress relativo ai danni ambientali (di cui soffro anche io): c’è uno stress da sensi di colpa, per chi sente di contribuire al riscaldamento globale; e uno stress delle prime vittime del danno, che è doppio, perché è stress da sopravvivenza quotidiana a cui si aggiunge quello della consapevolezza di essere sacrificati al benessere di altri, e ciò scatena malessere e rivendicazioni. In particolare, nel pezzo, mi ha colpito il commento di una indigena canadese che parlava di eco-lutto relativo alla consapevolezza di essere gli ultimi testimoni del venir meno di qualcosa che si sapeva lì da secoli, molto prima di noi (nel caso specifico il permafrost), e che ora semplicemente sta scomparendo sotto i loro occhi. Questo crea una certa ansia determinata dal senso di responsabilità verso la storia, perché, volente o no, tu hai fatto in tempo a vederla e ora sai che la sua esistenza, che sopravvive nella tua memoria, potrebbe finire una seconda volta con te.

lo speciale natale della langa

 Uno dei capitoli più belli del Partigiano Johnny è il XXXVII, il capitolo della vigilia di Natale. I partigiani sono dispersi sulle langhe nell’ultimo tremendo inverno prima del grande attacco organizzato con americani e inglesi, e Johnny ormai rimasto solo a guardia della sua collina ritrova Marisa (nome di battaglia Sonia), partigiana che lo aveva affascinato ma che durante una missione è stata fatta prigioniera dai fascisti i quali l’hanno violentata. Marisa gli comunica che dopo quell’esperienza è rotta dentro e non vorrà mai più avere un uomo accanto, gli chiede il favore di riaccompagnarla da sua madre e gli rivela che anche Ettore, cugino e amico di Johnny anch’egli partigiano catturato, presto sarà fucilato. Johnny ha un moto di disperazione e per la prima volta, in un romanzo di quasi ottocento pagine, di scoramento. – Io mollo, si dice a voce alta nella solitudine delle colline nere, io non ce la faccio, ho dato tutto ciò che avevo e ho perso ogni cosa, ogni amico, e sono rimasto da solo ad affrontare l’inverno su queste colline di morte. – Viene però salvato da un contadino che incontra e gli offre del pane con pancetta, il suo pasto di Natale, e poi andando a messa, da due compagni di lotta che lo invitato a una piccola festa per approfittare del calore della casa. Johnny, avvolto nel calore, valuta se nascondersi lì e salvarsi o ritornare alla solitudine della collina, proprio ora che sta nevicando e l’inverno si prospetta più duro, ma ritrovata la lucidità, o meglio ancora la lucida serenità della morte che è necessaria ad ogni partigiano, sceglie di risalire in collina, a cui ormai appartiene anche lui: è l’ingresso spettrale ma deciso di Johnny nello stato di premorte di ogni eroe, la sua discesa nell’Ade. È questo il vero finale del libro, che anticipa gli ultimi capitoli dove, non sapendo decidersi, Fenoglio proporrà due versioni: in una Johnny si salva, in un’altra muore in azione. Ma qui noi sappiamo che poco importa, perché Johnny per quanto apparentemente vivo, è pure già morto, non perché estraneo alla vita che sente ancora intensamente, ma per più alto senso del dovere e dell’appartenenza a un’ideale; così per ideale ha scelto da che parte stare, quella dei morti per loro scelta, i morti sulle colline della resistenza, i suoi cari fratelli morti che lo richiamano alla neve. “Lo speciale Natale della Langa era davanti a lui, nei suoi occhi, in tutta la sua appalling [spaventosa] e fascinante nudità, ed egli vi marciò incontro con un fermo passo”. E leggendolo mi veniva da pensare che un capitolo così, così pieno di paura, di morte e di fantasmi, soltanto nello spazio vuoto del Natale lo si poteva scrivere.

giovedì 22 dicembre 2022

cartolina di natale 2022

 

io ti salverò

«Antonio, ti pago tutto, ti pago anche le spese del libro. Ma se pubblico con te devi organizzare molte presentazioni specialmente fuori. Non ti preoccupare pago tutto io, basta che dici 𝑡𝑢 a mia moglie che per motivi organizzativi ci devo andare da solo, mi fai respirare un po’. Non hai idea di quanta pressione è capace di mettermi addosso. Nella mia vita ha deciso tutto lei, io mica mi volevo sposare… Antonio, mi devi salvare!».

sogno di ulisse

Stanotte ho sognato di incontrare Ulisse — Ulisse era un bambino — e viaggiavo con lui sulla sua nave solo per scoprire che tutti i paesi del Mediterraneo erano uguali al mio.

mercoledì 21 dicembre 2022

il comune amico ciccio

Ciao, mi ha dato il tuo contatto il nostro comune amico Ciccio. È un po' di giorni che ci ho il pensiero che devo pubblicare un libro e lui mi ha detto che sei bravo. Ti posso chiedere delle informazioni? Per prima cosa mi puoi gentilmente spiegare come si produce un manoscritto?

di male in peggio

Mia madre legge una cosa che ho scritto ed esplode: – Mi spaventi, non fai altro che parlare di morte, morte, morte. Ma a parte la morte, a cos’altro pensi? – Ai libri. – Di male in peggio.

martedì 20 dicembre 2022

tiktok

Giorni che mi chiedo se aprire un profilo su TikTok, però:

Quelli che non puoi stare su TikTok perché sei un boomer e si vede!

Quelli che invece devi stare su TikTok proprio perché ci stanno quelli più giovani di te che sono mucche da latte e vanno munte.

Quelli che per stare su TikTok devi prima studiare per capirlo e una volta che l’hai capito è già vecchio, ne vale la pena? 

Quelli che però dovresti stare su TikTok perché è pieno di culi. Ma culi giovani? Culi giovanissimi!

Quelli che non puoi stare su TikTok perché c’è un indice di suicidi di minori indotti dai video di TikTok che è più alto di quelli per gli annunci del prossimo attacco nucleare. Non è eticamente giusto.
 
Quelli che non devi stare su TikTok perché ci stanno dietro i cinesi che si fregano e rivendono i tuoi dati. L’hanno denunciato pure quelli di Anonymous anche se pare non freghi molto a nessuno.
 
Quelli che perché dovrebbe fregarti qualcosa dei cinesi se TikTok è pieno di culi?

i pappagalli

Stanotte ho sognato che dovevo aiutare a organizzare un grosso evento letterario pieno di nomi importanti. Mancando i soldi per coprire le spese, però, si era deciso di sostituirli con delle controfigure. Mio compito era allora tirare fuori le controfigure dalle scatole per scoprire che erano dei grossi pupazzi parlanti a forma di scrittore e metterli sulle sedie. Una volta arrivata l'ora, mi spiegavano le istruzioni della ditta, quelli avrebbero cominciato a parlare regolati da un timer per ricordare a tutti le solite cose sulla scrittura. Io avevo paura che il pubblico si adirasse per la truffa, invece mi accorgevo che dal basso non erano capaci di capire la differenza. E infatti partivano a più riprese gli applausi compiaciuti persino di fronte a quelle voci preimpostate sulle solite banalità. Ma a parte quelle, a giudicare dal sorriso intimidito e soddisfatto dopo l'incontro, fra scrittori e pupazzoni non è che ci fosse così grande differenza. Finito il firmacopie, mandati via tutti, li ripiegavo con cura nelle scatole e li rispedivo alla ditta, che aveva come logo due pappagalli.

lunedì 19 dicembre 2022

complotto energetico

Leggevo poco fa che con l’invasione russa dell’Ucraina sono aumentati sensibilmente gli investimenti nelle energie rinnovabili, tanto che secondo il rapporto Renewables 2022 dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), continuando così le rinnovabili potrebbero superare il carbone nella produzione di energia elettrica all’inizio del 2025. Viene quasi da dar credito allora alle teorie più fortemente complottiste, fino al punto di sospettare che la guerra sia stata più che un atto folle e ingiustificato di violenza, una strategia pianificata a tavolino per innescare forzatamente una svolta per il rinnovamento energetico, visto che con la diplomazia fra stati non si riescono a raggiungere risultati, proprio per l’opposizione delle potenze economiche che vivono sullo sfruttamento dei combustibili fossili. Vedi l’ultima inutile conferenza sul clima a Sharm el-Sheikh dove le parole carbone e petrolio non sono state pronunciate nemmeno una volta, e che a suo modo è un'altra forma di follia.

domenica 18 dicembre 2022

l'amore da vecchia

L’amore da vecchia di Vivian Lamarque fa già dal titolo il paio col precedente Madre d’inverno, entrambi legati all’ultimo tempo della vita sviscerando i due temi fondamentali di ogni vita (la malattia e la perdita da una parte, gli affetti dall’altra). Come già il precedente, anche se a una prima lettura questo mi pare superiore, L’amore da vecchia non mi ha convinto del tutto, perlomeno non sono riuscito a entrare in molti testi, in altri risuona qualcosa di già sentito (vedi la pur bella Padre padre, ma del resto non si può chiedere a un autore di rivoluzionarsi ad ogni libro); però altri testi ancora sono assolutamente notevoli (su tutte la bellissima poesia in apertura e la lunga poesia per Myriam di cui condivido qui i primi versi). Come in ogni suo libro quelli della Lamarque sono testi pieni di calore umano e di ironia, della rara capacità di stupirsi e non mancano mai, comunque, di una certa tecnica. Assolutamente necessaria e nuova mi è parsa la sezione Come nel film che vale da sola, per quel che ne penso io, l’intero libro (se vi riesce leggete almeno quella). Impagabili infine i ringraziamenti finali che la Lamarque riesce ad elevare ad arte. Ne cito due che mi sono piaciuti: “Ad Alba Donati, che tutte le librerie chiudono e lei in cima a una collina come una gallinella ne ha appollaiata una”; “Ai poeti che sono giovani oggi, come ieri noi”. A Vivian Lamarque, va detto, non si può non voler bene.


 

realpoetik

Leggo una poetessa che sta per pubblicare un suo libro di (belle) poesie erotiche, e in questo non c’è nulla di male. Anzi. Però guardo anche il numero e l’esuberanza dei commenti di alcuni suoi follower, alcuni dei quali non comprerebbero un libro in versi manco sotto tortura se non fosse per il loro contenuto, e questo un po’ mi fa prudere le mani, ma non per lei o loro, perché mi rendo conto che questi rapporti che noi crediamo molto liberi spesso si muovono su dinamiche talmente codificate che si fanno sistema, abitudine, gabbia, ed è anche per questo che forse non cambierà mai nulla in questo paese.

Al lettore digli FICA
che gli salverai la vita
se poi gliela scrivi in fronte
schizzerà come una fonte.

E ti compra pure il libro
che si legge con un dito
quello medio ben chiavato
dal votante infregolato.

Che alle prossime elezioni
nato a pane e Berlusconi
tornerà sempre a Gomorra
per far rima lieta in sborra.

venerdì 16 dicembre 2022

le lacrime

Una volta ho conosciuto una poetessa che quando trovava una parola perfetta, cioè quella sola parola che poteva stare lì in quel preciso punto per dare al verso il suo senso più assoluto, si emozionava così tanto che scoppiava in lacrime. Io di lei apprezzavo particolarmente il décolleté ma non sapevo come dirglielo senza sembrare insensibile. Anche perché lei, quelle volte che mi vedeva meno ricettivo verso i suoi patemi artistici, si irritava dicendo che non la capivo. Ma una volta che ero a casa sua mi lesse un intero poemetto pieno di parole talmente ricercate che mentre leggeva le salì un singhiozzo in gola e cominciò a piangere come una fontana rotta. Leggeva e piangeva e fra una strofa e l’altra si soffiava il naso e io, a furia di vederla conturbarsi per i suoi versi, mi sono commosso con lei e ho cominciato a piangere e rubarle i fazzoletti per asciugarmi gli occhi, tanto che a un certo punto non si sapeva più se quel giorno in casa sua era nata una poesia o eravamo entrati in lutto. Poi, quando lei ha finito di leggere mi ha cercato la mano e stringendola mi ha detto: Antonio, finalmente mi hai capita! E io, tornato in me, le ho fissato il décolleté.

giovedì 15 dicembre 2022

a ciascuno il suo

Mi scrive una ragazza molto dolce che mi dice che si è innamorata della poesia leggendo Leopardi a scuola. E mi manda una serie di poesie in endecasillabi, perfettamente leopardiane, di cui il mondo non ha più bisogno. Io le dico che secondo me Leopardi è un poeta grandissimo ma un cattivo modello, troppo legato al suo tempo per avere qualcosa da dire al nostro. Ma perché a scuola non leggete il Porta che invece è modernissimo, leggiti la "Ninetta del Verzee" di Porta e mi ringrazierai. Lei mi ringrazia del consiglio, lo cerca, lo legge e mi risponde che, difficoltà del dialetto a parte, secondo lei è un tipo di scrittura pornografica che non le interessa. Troppo facile avere successo così, parlando di sesso, come fanno tutti! Insomma il Porta è stato talmente moderno ai suoi tempi che oggi è svalutato, è come chiunque altro. E allora, conclude la ragazza, lo lascia volentieri a chi lo vuole che lei si tiene stretta al suo Leopardi.

mercoledì 14 dicembre 2022

la paura

Fear (1954) di Roberto Rossellini, è un film uscito in doppia lingua, inglese e tedesca, e poi doppiato in italiano col titolo La paura, con pesanti rimaneggiamenti della casa di produzione, soprattutto sul finale che snatura il senso dell’opera. Ambientato a Berlino, parla di una donna (lngrid Bergman) che non riesce a decidersi fra marito (Mathias Wieman) e amante (Kurt Kreuger) e finisce per subire un ricatto, frutto della vendetta, da parte di un’altra donna (una sensualissima Renate Mannhardt). Ispirato a un racconto di Stephen Zweig (Angst), è l’ultimo film con la Bergman prima che quest’ultima scelga di tornare in America, e in un certo senso chiude il periodo d’oro della produzione rosselliniana. Costruito come un noir, è possibile interpretarlo su più livelli, ma quello che più sorprende è la sua aderenza al dettato hitchcockiano, tutto basato sulla costruzione di una suspence inesorabile che cresce di minuto in minuto ma si esprime attraverso elementi minimi, appena suggeriti, e per questo ancora più inquietanti. Rossellini in quegli anni era spesso accusato di aver rovinato la vita alla Bergman, allontanandola dalla sua famiglia e dalla sua promettente carriera hollywoodiana per girare degli astrusi film “artistici” che non vendevano. Così, questo film è una sorta di rivalsa: una storia di pura ipocrisia famigliare che nulla ha da invidiare al miglior Hitchcock (quello del Sospetto per intenderci) con Hitchcock che, di contro, non era amato dalla critica, ma era considerato un grande artista “commerciale” e di cui la Bergman era stata protagonista prediletta. Unico difetto di Fear, per il pubblico, sta nel fatto che sia un giallo senza il morto (e come diceva S.S. Van Dine un giallo senza cadavere perde di interesse), ma a parte rivendicare l’aderenza al testo letterario, con Zweig che morti non voleva, è pur vero che allo stesso Hitchcock i delitti interessavano relativamente e quello di Rossellini era un confronto su un piano più alto con le atmosfere del maestro. Numerose in questo senso le scene memorabili. Ne cito tre perfette: la prima con la corsa in auto durante una gita in campagna, la Bergman al volante, con l’auto che attraverso una serpentina si infila di corsa in una macchia d’ombra fra gli alberi per poi sbucare in piena luce, una luce accecante, e fermarsi nello spiazzo della casa dove aspettano i figli; la seconda con la lunga passeggiata della Mannhardt nel foyer vuoto del teatro, l’ingresso nel teatro durante un concerto, il suo sguardo che cerca quello della Bergman, stabilendo un contatto sulle ultime note del pianoforte (qui è puro Hitchcock); l’ultima, verso la fine, con la Bergman che si aggira per un laboratorio fra le gabbiette delle cavie, alla ricerca del veleno per farla finita, ormai diventata cavia anche lei. Il film, ovviamente, non ebbe successo.

domenica 11 dicembre 2022

corruzione e italianità

Quando finalmente i fatti danno ragione alle tue fisime di complotto e scopri che l’Europarlamento è corrotto. Non solo, è corrotto perché il primo a portarci dentro il seme della corruzione – dicevano oggi al Tg – è stato un italiano, per di più piddino. Da cui la nota massima che la sinistra italiana è corrotta, ma tu ormai sei andato oltre, al punto che ti dici che forse non è corrotta perché è sinistra, ma più semplicemente perché è italiana. Il caro vecchio made in Italy che come la tigna dove si posa lascia il segno.

la voglia di vivere

Anto’ ho letto le tue poesie, madonna se sono tristi, a leggerle m’è passata la voglia di vivere. – Però dai, sei ancora qua! – Eccerto, che te la do vinta così?! Ne devi scrivere poesie per ammazzarmi! (Che è la versione nobile di: Ne devi friggere polpi...)

sabato 10 dicembre 2022

nel frattempo

Un signore mi manda in visione un file-faldone che raccoglie poesie che ha scritto negli ultimi 40 anni. Nel corpo della email fa riferimento a una telefonata di presentazione di febbraio scorso. Io che mi ero completamente scordato, gli chiedo: Scusi, ma sono passati dieci mesi, che ha fatto nel frattempo? – E lui: Cosa vuole, è che rivedere una per una tutte queste poesie mi ha portato via un sacco di tempo, anzi, ora che dovrà leggerle tutte non la invidio proprio.

vita e destino

Parlando di Stephen King, io una volta al liceo mi ero talmente innamorato del libro che copiai paro paro le ultime pagine di IT per un compito in classe. La prof mi mise 4 perché ero andato fuori traccia, però mi disse che era talmente bello quello che avevo scritto che come minino dovevo fare lo scrittore nella vita...

venerdì 9 dicembre 2022

errante

L'altra sera ero a un evento a Martina Franca e il sindaco, che è un amico, per farmi un complimento mi definisce "il poeta errante della Valle d'Itria" e io giuro ho pensato al mio amico Antonello che direbbe che l'unica cosa che ho di davvero "errante" è la mia capacità di inventare scuse per non muovermi mai di casa.

giovedì 8 dicembre 2022

sogno del pozzo

Ho sognato di parlare col me stesso di quand’ero bambino, l’espressione sconsolata che avevo sempre da bambino, e la camicia buona a quadretti che mi aveva cucito mia madre per i giorni di festa e che porto sempre nelle foto di quegli anni. Lo incontravo in campagna, in fondo al piazzale della casa dei miei nonni, vicino al pozzo sotto la pergola con la vite, sentivo l’odore dell’uva che maturava. Cercava di ripescare, allungando un filo di cotone in basso, il soldatino Sioux fluorescente che avevo fatto cadere nel pozzo, molti anni prima, giocando da solo. La prima perdita della nostra vita, la prima vita strappata a un altro. Stava lì addolorato sul ciglio del pozzo, protendendo quel filo in basso, e gli dicevo per tranquillizzarlo che era inutile, che tanto ne avrebbe persi altri, di amici, negli anni, che sarebbero venuti meno uno a uno, quindi non ci pensasse nemmeno di buttarsi di sotto, che in fondo al pozzo c’erano solo buio e umido, nessuna via d’uscita per tornare indietro. Ma la tentazione di arrivare a toccarlo è stata più forte di lui, e in un attimo che mi sono distratto si è lanciato nel pozzo. Io allora mi sono affacciato dal bordo e cercavo di sforzare il mio sguardo verso l’oscurità, e mi stupivo che con me non ci fosse nessun altro a chiamarlo, e lo chiamavo, lo chiamavo forte, quasi con vergogna, mi senti, come stai, cosa c’è lì sotto? Non lo vedevo e nemmeno lo sentivo, ma dall’alto mi pareva di scorgere un puntino, come il bagliore di una stella lontanissima, ed ero convinto che fosse il soldatino Sioux che brillava impugnando fiero la sua lancia. C’era fresco sotto la pergola, e un silenzio innaturale e spaventoso, tutto era fermo di fuori, era esattamente come stare nel pozzo, soltanto che da questa parte c’era la luce del giorno sporca e ormai autunnale.

mercoledì 7 dicembre 2022

peso

Oggi mi sono misurato e in barba a tutti ho preso un chilo. I miei continuano a ripetermi che misurarsi coi vestiti e le scarpe è un po' barare sulla bilancia, ma perché ostinarsi a cercare il pelo nell'uovo?

martedì 6 dicembre 2022

titoli

Uno che mi manda una raccolta e la chiama “Memorie dal sottosuolo”. – Ma come Dostoevskij, è un omaggio? – In verità non l’ho mai letto, però mi piaceva il titolo. Mica è un reato prendere i titoli degli altri. Oppure sì?

lunedì 5 dicembre 2022

stromboli

Stromboli, terra di Dio, girato da Roberto Rossellini nello stesso anno di Francesco, giullare di Dio, il 1949, ha in comune con l’altro la parola Dio nel titolo, ma sviscerato da un altro punto di vista. Tanto quello di Francesco è un film in cui l’alienazione della santità fa da ponte fra individuo società e natura, quanto il film su Stromboli è tutto giocato sulla lucidità dello sguardo, quello di Karin, interpretata da Ingrid Bergman, che lo esclude. In tal senso va interpretato il finale dell’opera, dove Karin riesce sì a trovare una comunione col divino inteso come mistero e natura – rappresentata dall’aspro paesaggio vulcanico dell’isola – ma non con la comunità che vi risiede, incontaminata e selvaggia ma non priva di preconcetti, di cattiverie e di ingiustizie, a cui persino incinta si rifiuta di tornare, così come prima ancora aveva rifiutato la ben più elegante ma non meno crudele società europea che aveva portato alla guerra. Karin, insomma, non riesce a trovare un suo posto fra gli uomini, ma non le viene meno l’orgoglio di chi rifiuta di soccombere alle regole sociali e integrarsi, e in tale rifiuto arriva a conoscersi nella natura dell’isola, a riconoscersi in essa. Da ciò lo scandalo del film. Mancando, dopo la rappresentazione della crisi dell’individuo, qualsiasi pentimento o volontà di accettazione sociale che è insito in tutti i lieto-fine, col protagonista che cerca di trovare un compromesso con la comunità di appartenenza, non stupisce che il film non sia piaciuto negli Stati Uniti, dove l’individualismo è sempre ammesso purché ammantato di patriottismo (ovvero spirito di comunità), e per il quale venne rimaneggiato con una voce fuori campo che lo “spiegava” al pubblico.

La foto, assai celebre, è di Federico Patellani da un reportage sul set (Stromboli 1949).

domenica 4 dicembre 2022

identità


Ci sono quelli che sulle opere d'arte lanciano la zuppa e quelli che chiedono a gran voce la restituzione delle opere depredate durante il colonialismo. “Sono stati loro a rubare”, dice l'artista congolese Mwazulu Diyabanzae dopo aver rubato un manufatto da un museo di Parigi per riportarlo in Ciad, “hanno rubato una parte della mia storia, una parte della mia identità. E io ho fatto quello che farebbero tutti se vedessero un ladro: ho ripreso quello che hanno sottratto senza chiedere il permesso”. Come si vede, al di là delle facili battute, quello dell'identità di una cultura filtrata attraverso la produzione artistica è un tema centrale. Da una parte qualcuno le usa come forma di negazione o protesta, dall'altra come forma di riappropriazione e indipendenza.

coraggio

Sapere che oggi in Iran hanno soppresso la polizia morale è una di quelle cose che ti fa star bene, che ti fa sperare come non è vero quanto ci raccontano e a volte ci raccontiamo, che per quanto forze soverchianti provino ad annicchilirci e sottometterci chiudendo la nostra mente in un sistema perverso che pare escluderci da qualsiasi scelta, o rinuncia, od uscita, non tutto è perduto, che se ci si oppone con fermezza e coraggio, senza cedimenti, si può abbattere anche il potere più subdolo e feroce.

rumore

C'è stato un momento stanotte mentre pioveva ed io me ne stavo fermo a letto incapace di prendere sonno nell'attesa di qualche catastrofe che poi non è arrivata, che la pioggia si è fatta scrosciante, quasi rumore, ed ho pensato ma non sarà davvero il segno che abbiamo passato il punto di non ritorno, che la fine è prossima? Poi stamattina è tornato il sole, e con lui sempre la calma apparente che preannuncia il futuro rovescio. Non riesco più a godermi la pace, ne mordo un pezzetto e il resto lo lascio nel piatto. Almeno una fine certa è una fine, mi dico, ti mette un punto, ma una fine lenta senza speranza né fede né gioia, senza nemmeno un termine per questo vuoto, non è forse una fine peggiore?

sabato 3 dicembre 2022

trilussiana

Mi chiama una signora assai gentile, mi dice: – Salve, parlo co’ Antonio Lillo? Nun voglio sembrarte inopportuna, te starai a di’ che vo’ mo questa da me, ma è che te seguo sempre sui social e me fai morì dal ride’. Specie colle donne, sfortunello. Però nun è pe’ questo che te chiamo. È che ogni volta che te vedo me pari più magro, no stecchetto, così te volevo chiede’, scusame se so’ diretta, ma stai a magnà? – Sì signora, le assicuro, mangio. – E che te magni oggi? Scusami se sono diretta, che te magni? – Riso, signora. – Ma come riso? Ma solo riso te magni? Ma in bianco? Ma senza un condimento? – La signora scoppia a ride’. – E come te reggi in piedi, fijo mio? Se nun je dai sapore ar piatto, come te pija l’appetito? – E così, da brava mamma, comincia a elencarmi una serie di ricette per condire il riso che ci posso andare avanti per i prossimi tre mesi. – Nun me fa’ preoccupà. Magna!

venerdì 2 dicembre 2022

librerie e lettori

Ho letto che in paese stanno aprendo una nuova libreria. Io confesso, pensavo che due librerie in un paese fossero già tante, invece leggo sotto nei commenti le librerie non sono mai abbastanza. Ne servono tre, come le farmacie. Ma allora perché molte librerie che conosco stanno sempre a lamentarsi che nuovi lettori non se ne vedono? Forse che i nuovi lettori che tutti aspettiamo stavano aspettando a loro volta, per uscire di casa, la nuova libreria a Locorotondo?

giovedì 1 dicembre 2022

freddo

Mi ha preso un tale freddo in questi giorni che in casa porto due tute di pile una sopra l'altra più una coperta di lana e il gatto sullo stomaco a mo' di borsa dell'acqua calda e certe volte manco mi basta un gatto solo.