Va bene che Israele di Netanyahu è uno stato orribile, ma mi stupisce sempre leggere post che in qualche modo giustificano o addirittura simpatizzano con qualsiasi azione di un regime, quello iraniano, dove se appena appena sei donna e ti togli il velo o sei un giovane che si ribella a questa cosa ti ammazzano di botte o ti impiccano per strada, dove sono due anni che c'è una rivoluzione giovanile in corso (di quella sì non parla proprio più nessuno) e dove invece che gridare "Cessate il fuoco ovunque" come fa l'Anpi, forse avremmo dovuto mandare aiuti, sostegno e anche armi se fossero servite, perché se c'è un antifascismo vivo è quello che c'è in Iran e che si oppone sia agli ufficiali ammazzati a Damasco dagli israeliani, sia a quelli che rispondono con missili e droni secondo il diritto internazionale. Poi certo, Israele è cattiva perché ammazza i bambini palestinesi, e l'Italia è brutta perché vende armi a Israele, ma l'Iran che ammazza le donne per presunto mandato divino e vende le armi ad Hamas, cos'è? C'è da chiederselo oggi, dove per qualcuno di noi tutto sommato va bene così, perché Israele se l'è cercata, e in fondo hai visto non ci sono state vittime... Ma vaffanculo, va, davvero.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
domenica 14 aprile 2024
domenica 4 dicembre 2022
coraggio
Sapere
che oggi in Iran hanno soppresso la polizia morale è una di quelle cose
che ti fa star bene, che ti fa sperare come non è vero quanto ci
raccontano e a volte ci raccontiamo, che per quanto forze soverchianti
provino ad annicchilirci e sottometterci chiudendo la nostra mente in un
sistema perverso che pare escluderci da qualsiasi scelta, o rinuncia,
od uscita, non tutto è perduto, che se ci si oppone con fermezza e
coraggio, senza cedimenti, si può abbattere anche il potere più subdolo e feroce.
venerdì 25 novembre 2022
umiliati e no
Ieri, non so come hanno fatto, in Russia, dove si fanno le cose in grande, sono stati capaci da una parte di bombardare Cherson, in Ucraina, uccidendo 4 persone e ferendone 10 perché l’Ucraina “non vuole la pace”, che detta così mi ricorda sempre quella scritta nei negozi “per colpa di qualcuno [Zelensky] non si fa credito a nessuno” e dall’altra di emettere una nuova legge interna, che puzza di estremismo religioso, che amplifica il campo punitivo contro la comunità LGBT vietando di fatto la “promozione di relazione sessuali non tradizionali” in qualsiasi ambito, dall’arte alla letteratura fino all’informazione, a internet e alla pubblicità, perché se non se ne parla l’omosessualità non esiste – ma se anche esistesse e decidessi di eliminare un problema di cui non si può parlare, allora non esisterebbe nemmeno un’opinione pubblica, né una punizione adeguata per chi lo elimina. Nessuna umiliazione, insomma, per usare una infelice espressione nata sempre ieri. Nello stesso giorno, dall’altra parte del mondo, Twitter ha ridato la parola a Donald Trump che rimane uno degli stronzi più pericolosi del pianeta, e intanto che il nostro ministro dell’istruzione rimarcava l’importanza di suddetta umiliazione nella scuola, in Iran un popolo umiliato dal potere dell’estremismo religioso fa la rivoluzione e fra le vittime (416 in tutto) si contano ben 51 minorenni. Non abbastanza umiliati.
venerdì 21 ottobre 2022
pregiudizi
Chiudo il volume sulla situazione in Afghanistan pubblicato da Sossella – che è bello perché è una sorta di libro corale in cui i punti di vista delle volte concordano e altre si contraddicono a dimostrazione della complessità della situazione – con una nota sull’ultimo intervento, che è di Fabio Mini, generale che ha lavorato nella Nato e proprio per questo la conosce bene e la odia. Mini nel suo pezzo attribuisce (anche con ragione) buona parte dei problemi del mondo, e dell’Afghanistan nella fattispecie, alla politica interventista degli Stati Uniti e della Nato; minimizza come un’esagerazione l’indipendenza raggiunta dalle donne afghane sotto l’occupazione americana perché in ogni caso quella afghana, che è molto migliore di come ci è stata descritta dalla propaganda, è una società fortemente patriarcale; contraddice in parte un altro saggio del volume asserendo che se i dati ci informano che l’America ha investito miliardi di dollari sul territorio afghano in scuole e ospedali, un po’ è perché i dati sono stati gonfiati dalla propaganda (quindi non ci sono né scuole né ospedali) e un po’ è perché molti di quei soldi sono serviti ad alimentare l’industria della guerra. Sono tutte cose da prendere seriamente e su cui riflettere bene. Eppure mi chiedo: se gli americani sono i cattivi (e spesso lo sono) questo deve significare che tutti coloro con cui se la prendono gli americani sono i buoni? Il passaggio dove Mini mi lascia più perplesso è proprio questo: «I pregiudizi sui taliban di oggi poggiano sui giudizi del passato che comunque erano annebbiati dalla paura e dalla sete di vendetta. Non sappiamo come avrebbe potuto evolvere la situazione in Afghanistan lasciando i taliban al potere dopo averlo ripulito dai terroristi». Ecco, io leggo “pregiudizi” e mi tornano davanti agli occhi le immagini di quelle migliaia di persone che scappavano terrorizzate dal paese, che si attaccavano alle ruote degli aerei. Quelle persone che si staccavano dagli aerei e precipitavano nel vuoto, sono cadute per via di pregiudizi? Penso a un reportage di Internazionale uscito il mese scorso dove si dice che la condizione delle donne è peggiorata drasticamente ed è aumentato il numero di suicidi femminili in tutto il paese e mi chiedo: ma non sarà che le donne afghane stanno esagerando? Alla fine stavano male anche sotto gli americani perché quella afghana è una cultura patriarcale. Ma forse, come dice Fabio Mini, se li lasceremo fare con tranquillità, saranno i taliban a mettere la testa a posto e a epurare le frange più violente al loro interno. Non a caso, dopo averli distrutti nel 2001 per protesta contro l'indifferenza delle Nazioni Unite di fronte alla popolazione che moriva di fame, ora stanno valutando di accettare finanziamenti internazionali per ricostruire i Buddha di Bamiyan, anche se la popolazione continua a morire di fame esattamente come venti anni fa. E lo fanno per farsi riconoscere come leader politici perché vogliono restare al potere, perché “i taliban” non sono “gli afghani” e non è detto che gli interessi degli uni coincidano sempre con quelli degli altri. Così, forse, ha ragione Mini e ci sarà un graduale cambiamento. O forse, lasciando fare il suo corso alla storia, un giorno il popolo afghano sarà vessato a tal punto da far scoppiare una rivoluzione spontanea come sta succedendo in Iran. Del resto, come diceva Manfredi in quel film bellissimo che è Nell’anno del signore, solo sul sangue viaggia la barca della rivoluzione. Ne dovranno morire ancora tanti, insomma, prima di vedere un po’ di luce.