giovedì 30 agosto 2018

servizio

Stamattina ho visto un servizio al Tg Norba che nel succo parlava di un ragazzo ipovedente di Lecce che sognava di scrivere un libro, ne ha scritto uno tutto in dialetto salentino, si è rivolto a varie case editrici locali che gli hanno chiesto un contributo e alla fine è dovuto andare al nord (come al solito!) per farsi pubblicare il libro seriamente, cioè aggratis. Poche copie che hanno realizzato il suo sogno. Ora, io non so niente di questo ragazzo e del suo libro, né mi voglio esprimere a riguardo, perché ognuno ha diritto e dovere di coltivare i propri sogni. Non so nemmeno a chi si è rivolto. Però ho trovato scorretto il messaggio lanciato dal servizio, per il modo in cui poneva la questione editoriale al sud. È sembrato quasi intendere che tutte le case editrici meridionali non sono in grado di pubblicarti se prima non le paghi, e che per ottenere un po’ di serietà e onestà devi andare necessariamente al nord. Che è un messaggio non solo venato di pregiudizio, ma offensivo per tanti che come me restano al sud e fanno al meglio che possono il proprio lavoro.

martedì 28 agosto 2018

uova

Quel momento epifanico in cui leggi una intervista a Woody Allen e ti accorgi, con grande ingenuità, che quando in "Io ed Annie" parlava di uova stava in realtà parlando per metafore, o come dice lui: freudianamente, se i rapporti uomo-donna, pur nelle loro infinite difficoltà continuano, è perché tutti abbiamo bisogno di ovaie.

lunedì 27 agosto 2018

nuovo editore cercasi

Oggi tocca a uno di quelli che ti chiamano quindici volte – quindici, non scherzo – per avere un appuntamento con te, anche se gli chiarisci che sei in vacanza, perché vuole incontrarti a tutti i costi di persona, ha sentito parlar bene di te e gli serve un editore, anche se ha appena pubblicato un libro con un altro, ma «noi i tempi editoriali li conosciamo bene, mi porto avanti col lavoro» ti dice. Così gliela dai vinta, fai questo errore, lo incontri, e lui la prima cosa che ti dice – non scherzo – quando vede per la prima volta i tuoi libri è: «Mah, pensavo meglio, sono insignificanti, piccoli anche…» e ti mostra con orgoglio i libri che ha fatto col precedente editore, grandi, molto colorati, con una grafica aggressiva come un pugno in faccia. E ti chiede – non scherzo – prima ancora di sapere se può interessarti quello che scrive, ti chiede se gli puoi fare lo stesso formato e la stessa grafica dell’altro, perché quelli gli piacciono. Così, quando finalmente sei tu a chiedere a lui perché è venuto da te, e perché non pubblica col precedente editore, visto che si trovava così bene, ti risponde: «Mi ha cacciato, dice che si era rotto le scatole di me». Ma guarda!

domenica 26 agosto 2018

ancora pensano che...

Oggi mio fratello mi dice: Certe volte scrivi delle poesie che sono delle vere cazzate. Io lo so che scherzi, ma dovresti stare attento a queste cose. Considera che per molti dei tuoi amici tu sei l'unico poeta che hanno mai letto e leggeranno in vita loro. Ancora pensano che i poeti sono tutti come te.

sabato 25 agosto 2018

il soldatino di napoleone

Continuo a ripensare alle parole di un poeta che ho conosciuto pochi giorni fa. Lui scrive poesie di tipo filosofico-intimistico. E quando gli ho detto di essere maggiormente interessato a una poesia che va più sul sociale, mi ha fatto un sorrisino furbo e mi ha detto che quel tipo di poesia, secondo lui, così com’è fatta oggi, è noiosa. Gli ho chiesto perché. E lui mi fa l’esempio di un campo di battaglia napoleonico: la maggior parte della poesia civile, dice, la scrive gente che prende la posizione del soldatino, il quale viene sbattuto forzatamente in mezzo ai combattimenti e si lamenta delle sue sfortune, ma non capisce realmente cosa sta succedendo. L’unico che ha la visione reale e completa della situazione, che può capire e descrivere come vanno le cose non è il soldatino, ma Napoleone, che sta sulla collina al sicuro, controlla che succede col suo cannocchiale, interpreta la situazione e impartisce ordini. Quindi, gli dico io innervosito, mi stai dicendo che prendere le parti del soldatino è inutile? No, dico che per fare una poesia sociale interessante bisogna entrare nella testa di Napoleone, e non nel cuore del soldatino. Perché parlare del cuore del soldatino è facile, è un discorso abusato, ma è pensare come Napoleone che è difficile. È un discorso talmente classista e snob, che sulle prime mi ha dato un fastidio enorme, eppure continuo a ripensarci. C'è qualcosa che mi turba. Perché mi chiedo se in qualcosa non abbia ragione lui, se sono io che non capisco dove va il mondo e sto sbagliando qualcosa. Ma possibile, mi dico, che siamo arrivati a questo punto, che parlare del cuore del soldatino, prendere le sue parti, è considerato non solo inutile e noioso, ma insufficiente a capire come va il mondo? E se anche fosse così, se alla guerra togli il soldatino, se consideri soltanto la visione di Napoleone, a parte Napoleone, mi chiedo, che rimane? Per me rimane soltanto la guerra, come concetto astratto e freddo, non resta più nulla insomma. E tu poeta, che canti?

venerdì 24 agosto 2018

per lorca

Sono alcuni giorni che vedo girare un post in cui c'è la foto di un comunista che alza il pugno prima di venire fucilato. Sopra la foto c'è un testo che ricorda l'anniversario della morte di Federico Garcìa Lorca, e secondo cui Lorca prima di morire avrebbe declamato un ultimo inno alla libertà. Ma non è vero. Lorca era sì un poeta e un drammaturgo che denunciava l'ipocrisia della società spagnola che soffocava il desiderio dei giovani nel sangue marcio della famiglia e della religione, ma non era un soldato. Venne catturato dai franchisti perché “socialista e massone” ma fucilato perché “dedito a pratiche aberranti come l’omosessualità”. E delle sue ultime ore non resta più nulla, nessuna traccia, tutto accuratamente cancellato, persino il luogo in cui fu sepolto. Qualche testimone disse che nelle ultime ore chiese un prete, qualcun altro che, mentre andava a morire, piangeva. Tentativi di infangarne la memoria insinuando che aveva paura, rispondono altri. Ma perché non avrebbe dovuto avere paura? Perché volerlo trasformare a tutti i costi in un eroe senza macchia della rivoluzione, pronto a immolare la propria vita in nome di un sogno di libertà scritto da altri? Sembra quasi, all’inverso, lo stesso trattamento riservatogli da chi lo uccideva perché non si allineava alla moralità del regime franchista. Lorca è un simbolo, è vero. Ma non serve mettergli in bocca inni posticci alla libertà. Basterebbe ricordarlo per ciò che era per evidenziare l’infamia della sua morte: un uomo giovane e sensibile, che non aveva mai fatto male a nessuno, il cui talento venne sprecato perché, amando la vita, aveva voglia di viverla a modo suo.

la differenza

Quelli che fanno i post contro il governo razzista perché sulla carta restiamo umani, poi vedono un nero che chiede l'elemosina per strada e passano dritti, come se nemmeno ci fosse, perché è vero, 50 centesimi in tasca fanno la differenza fra umani.

intimità

Conosco il tuo cuore per dritto e per rovescio, non te lo scordare mai. Il tuo cuore è una giungla, una foresta fitta, un secchio della spazzatura, se proprio vuoi saperlo.  

Carver, Intimità, Da dove sto chiamando, Einaudi

mercoledì 22 agosto 2018

meno mi capisco

Ci si abitua ad ogni stranezza con la consuetudine o col tempo; ma più mi frequento e mi conosco, più la mia difformità mi stupisce, meno mi capisco.

Michel De Montaigne, Essais, Adelphi

sabato 18 agosto 2018

i vermi

Per una serie di motivi tecnici, ho passato gli ultimi due giorni fuori dal mondo, scollegato da qualsiasi notizia, situazione per cui, mi accorgo adesso, non ho ringraziato abbastanza il cielo. Le poche volte che mi è riuscito di connettermi le uniche notizie che mi sono arrivate riguardavano la scomparsa di qualcuno, oppure il modo in cui i funerali delle vittime del ponte di Genova hanno scosso l'opinione pubblica. Morti che, da ciò che ho visto nelle ultime ore, hanno diviso l'opinione pubblica in due grosse fette di share: da una parte chi li ritiene vittime di Stato (quale stato in particolare e dove stia andando, è tutto da capire), dall'altra chi, fra parentesi calcistiche, tifoserie varie e selfie con gli amici, ribadisce in maniera assai pratica che se la faccenda è seria, è anche vero che i morti, proprio come gli ospiti, dopo tre giorni puzzano. Il Paese diviso, sommerso di cadaveri, in ogni caso non si ferma, ed esprimere la propria opinione – la mia opinione compresa, ora che so e non posso astenermi dal dirla – è più importante che fermarsi per far silenzio. Perché esprimersi è esserci, in qualche modo. E anche lì dove i morti giacciono, i vermi brulicano sulle carcasse, si nutrono di loro e riaffermano le leggi della vita che da sempre non conosce dignità, ma preme nella carne per esistere.

alcune immagini da monte sant'angelo, ascoltando claudio lolli


 


 

da ieri

Da ieri continuo a pensare alla morte di Claudio Lolli, disperso qui a Monte Sant'Angelo dove sto con una connessione che traballa, ma ogni volta che prendo la linea e mi aspetto di vedere l'Internet sommerso di cordoglio trovo quasi un silenzio innaturale. E ripenso a una sua canzone di qualche tempo fa, Il ponte, in Extranei, a cui faceva da pendant un'altra canzone, Il muto, e mi chiedo cosa avrebbe detto lui del ponte caduto a Genova e penso che abbiamo perso una voce importante oltre che bella, una voce che andava dritta al punto con lucidità, umanità e poesia, una voce finalmente politica, ma sono tre giorni che piangiamo Aretha Franklin e forse non ce ne siamo accorti.

giovedì 16 agosto 2018

scene di ordinaria follia famigliare a san rocco

Stamattina mi decido a dare un cambio significativo alla mia vita. Per cui faccio come le donne, prendo le forbici e taglio barba e baffi. Mia madre quando mi vede si rifiuta di farmi entrare in casa: “Sempre le cose estreme devi fare tu! Già eri brutto con la barba lunga, ma ora, senza barba, sei inguardabile!” Mio padre invece mi fa entrare da dietro tutto contento, accogliendomi come un figliol prodigo: “Che bello che sei, tutto bianco! Finalmente ti vedo a cristiano!” A rendere completa la sua gioia, mia madre, da tradizione, sta cucinando coniglio al sugo. Ma io quello non lo mangio mica. “Fa nulla – mi risponde mio padre – lo mangio io per anche per te!”

mercoledì 15 agosto 2018

sogno di ferragosto

Pomeriggio di ferragosto, uno prende sonno sul divano e sogna i vecchi amici morti. Ogni volta è la stessa storia, continua a sentirsi in colpa per essere sopravvissuto. Ma loro gli rispondono: Non preoccuparti, Antonio, il tempo è galantuomo. Poi si sveglia e sente che c'è chi si lamenta perché piove e non capisce più nessuno.

la tua aristocrazia

Quei libri di poesia che li leggi, li rileggi, li infili in libreria, li riprendi, non ti lasciano mai andare...

[…] A me, questo tuo chiamarti fuori e sempre essere oltre
tutte le sorti comuni, mi ha sempre urtato,
soprattutto perché una caterva
di buoni a nulla, contenti di sé, che si credono
i giusti, che sanno tutto loro, che sistemano il mondo a ciance e prosecchini,
ti venivano dietro come pagliacci
con la faccenda dei capannoni, i palù, il paesaggio (naturalmente!),
con le frasi intelligenti (le tue) per i cin cin,
e nessun rischio per loro, finito il bla bla bla.
Ma tu stavi a casa tua, andavi a piedi […]
mangiavi formaggio, radicchio, non compravi una giacca
da trent’anni – non gettavi un centimetro
quadro di carta (“Per fare appunti” – dicevi).
E invece chi ti dava ragione
e nel tuo nome ancora ciarla senza requie
brucia una foresta per far festa
come una volta in mezzo a un campo,
e dice “Questo inverno ho fatto lo Yemen,
adesso mi interessa il Ciad”.
A me pare che ‘sta easy ecologia, questo easy diffamare
tutto un Paese di miserie malsofferte
è fraintendere la tua aristocrazia […]
Dovevi lasciar dettato in testamento: “Non è certo
quel capannone, quel cavalcavia, che mi soffocano,
ho parlato aperto e schietto (in allegoria!): quello che dicono i miei versi
è che non ci sarà più posto, non più tempo, non più terra
per una parola che abbia radici”.
Questo dovevi dire ben chiaro a loro, dovevi dirlo
ancora più chiaro a me.

Gian Mario Villalta, Tra mi e ti, in Telepatia, Lietocolle

inseguire la propria storia

Ad anni di distanza dalla sua scoperta, continuo a trovare affascinante la vicenda editoriale di Beppe Fenoglio. Che oggi viene considerato uno dei maggiori scrittori italiani del ‘900, ma all’epoca veniva sottovalutato dai suoi contemporanei, persino da molti esponenti del settore editoriale, con gravi ripercussioni sulla sua autostima. Più di tutto trovo avvincente la vicenda del romanzo sulla Guerra. Fenoglio sentiva di avere le capacità e l’ambizione di diventare il cantore assoluto della Resistenza, colui che avrebbe messo un punto definitivo a quella storia. Con questo spirito cominciò a scrivere la vita del partigiano Johnny, di cui realizzò due diverse versioni, prima di abbandonare frettolosamente il progetto. Di quel libro epico, fluviale («troppo lungo!» gli disse Garzanti) venne pubblicata solo la prima parte riveduta, col titolo Primavera di bellezza. Intanto Fenoglio era stato catturato dall’intuizione di un nuovo romanzo assai più snello e per certi versi meno introspettivo, il cui protagonista diventava Milton, personaggio assai più duro, pratico, e meno snob di Johnny. Anche questo libro, proprio come Il partigiano Johnny, sarebbe stato pubblicato dopo la morte di Fenoglio, col titolo L’imboscata. Perché Fenoglio scrive il romanzo e ne parla entusiasticamente a Garzanti per una prossima pubblicazione, ma all’ultimo minuto, prima di concluderlo, ha una nuova intuizione: molla tutto, tranne Milton, e cambia completamente storia, trasformandola in un inseguimento amoroso, folle, inserito all’interno della Guerra. Inseguimento a cui Calvino non farà fatica ad attribuire una matrice ariostesca. Riscritto in tre versioni, il romanzo vedrà la luce dopo la morte di Fenoglio, col titolo Una questione privata. Eppure la vicenda di Milton costretto, dal suo bisogno di sapere, a inseguire l’ombra di Fulvia, è un po’ anche la vicenda dello stesso Fenoglio, che inseguiva la sua storia, la storia a cui sentiva di dover dare una voce, metterle un punto per poi passare ad altro, e che invece, per amore, rifiutava di farsi prendere e concludere.

martedì 14 agosto 2018

complicità

Prima pagina venti notizie, 
ventuno ingiustizie e lo Stato che fa, 
si costerna, s'indigna, s'impegna, 
poi getta la spugna con gran dignità. 

Circa ogni cinque-sei mesi in Italia viene fuori una qualche tragedia che fa incazzare tutti. Si cerca un capro espiatorio, si va al processo che dura alcuni anni, non si ha nemmeno il coraggio di far fuori il capro espiatorio, poi tutto torna come prima, perché in fondo la cattiva gestione della cosa pubblica è un male necessario all'interesse spicciolo di molti. Aspetto la prossima campagna in cui tutti indosseremo una qualche maglietta colorata per dimostrare con un selfie che il cambiamento è possibile. Ma i cambiamenti non si fanno coi selfie, si fanno rispettando le leggi, denunciando le scorrettezze, mandando in galera chi sbaglia. Multando persino l'ultimo stronzo che getta una cicca per terra. Attuando cioè uno Stato di diritto che in Italia semplicemente manca nella complicità di troppi, perché non concepiamo che qualcuno ci imponga delle regole.

lunedì 13 agosto 2018

si vede

Si vede che la maggior parte dei miei contatti sono nel mondo editoriale perché in questi giorni di ferragosto c'è un vuoto pauroso di poesie, proclami e cazzate pseudo-intellettuali.

sabato 11 agosto 2018

grande fratello

Quei momenti di panico e inibizione in cui ti sovvengono le parole del mio amico Walter Trento: "Antonio ma tu lo sai che su Instagram c'è la funzione per cui si vede quando metti il like alle donne coi culi e le cosce di fuori?" Non vedo il problema, mi piacciono le donne e allora... "Antonio, statte attinte a dove metti il like!" Il Grande Fratello proprio.

venerdì 10 agosto 2018

poetica

Ogni mattina mi sveglio e faccio tanta di quella cacca poetica che credo il mio successo sarà immediato. Poi torno alla realtà e mi rendo conto che non tutte le cacche sono uguali, qualcuna è più uguale delle altre e dunque, mio caro autore di successo, ti chiedo, la tua cacca poetica di che colore è?

giovedì 9 agosto 2018

seguace

Poco fa, passando accanto alla biblioteca, incontro un lattatore che sta allattando i muri sotto il sole a picco di mezzoggiorno. Mi ferma e mi dice: "Tu non lo sai ma ho un tuo ricordo indelebile in testa". Quale? "Un giorno mi sei passato vicino come oggi e io per salutare ti ho detto: 'Come va?' Tu mi hai risposto: 'Si sopravvive', ma me lo hai detto con un tono che non mi è più passato di mente. Come va? Si sopravvive. Lo dico anche io adesso."

a dir ti amo

Io questa storia della catena libresca in cui bisogna far vedere la copertina dei libri della nostra vita senza spiegare i motivi della scelta non la capisco. Non rivela il nostro gusto estetico – visto che molte copertine di libri sono invero brutte o anonime. Non aiuta la diffusione della lettura, perché non spiega cosa può darci quel determinato libro o cosa ci ha sconvolto al punto da cambiare il nostro punto di vista sul mondo. Non rivela nemmeno noi come amanti, perché la lettura, almeno per chi legge, è un’attività di grande trasporto passionale e non si accontenta della copertina, vuole tutto. Io vedo queste foto di libri, ma senza l’impegno di un pensiero o di una citazione che le accompagni, e mi sento come la Rossana del Cyrano di Rostand, quando Cristiano le si dichiarava: “Ma io t’amo, t’amo”. E lei di contro, sbadigliando: “Ma a dir ti amo sono bravi tutti. Ricama con quelle parole, ricama!”

mercoledì 8 agosto 2018

taranto, san cataldo, cripta


onor del vero

È da ieri sera che, da più persone, torna questo discorso (cito a onor del vero Gianfranco Cavaliere, Celestina Marino e Franco Basile) il quale è stato sintetizzato benissimo da De Michele Vittorio che stamattina mi dice: “Questo è un paese pieno di talenti. Il problema è che non si mettono in gioco. Per pigrizia? No, non per pigrizia. Più per timore dell’opinione degli altri. Io però la penso così: Non ti piace cosa ho fatto? Ce cazze me ne fotte a mèje ca nan te pièsce! Ij à so fatte!”. E arrivederci.

il culto di san rocco a locorotondo


martedì 7 agosto 2018

presentare a casa

Ho da poco presentato il mio nuovo libro a Locorotondo. Per vari motivi, la presentazione di oggi è stata per me quella emotivamente più difficile, per cui sono contento che sia andata bene e che ci siamo divertiti. A tal proposito mi sento in dovere di ringraziare tutti, sia quelli che c’erano che quelli che non c’erano. Perché uno scrittore vive sempre in questo pazzo equilibrio, per cui gli è necessario chiunque, sia quelli che c’erano per ricordargli che ha degli amici che gli vogliono bene, sia quelli che non c’erano per ricordargli che la scrittura nasce sempre da una mancanza o da una perdita.

occhiali-regali

Oggi 7 agosto compleanno di mia madre, la quale mi dice di voler fare lei un regalo a me: due tergicristalli per gli occhiali, perché ho le lenti talmente zozze (dice) che le fa impressione pure guardarmi negli occhi.

pomodori

Oggi Salvini a Foggia parlerà di caporalato. Voglio proprio sentire che dice. Mi raccomando chi ci sarà di fargli vedere cosa sono i pomodori.

lunedì 6 agosto 2018

variazioni sopra un tema di PPP

L’egoismo dei poeti non cessa un solo istante di ferirci:
è qui che brucia in ogni nostro scazzo quotidiano,
angoscia anche nella fiducia che ci dà vita,
nell'impeto verso questa parola muta che innalzi,
sull’altro fronte umano, l’irriducibile speranza del futuro.

struggimento

Con una donna ieri a cena,
femmina rara, sterco-rara
appunto, mentre si
scaccolava sul piatto
accumulando le palline d’oro
ai bordi. “Cristo che fai?”
le dico con disappunto. E lei:
“Mi struggo per te, tonto!”

domenica 5 agosto 2018

scribo ergo sum

Mi hanno detto una cosa illuminante: “Ti leggo tutti i giorni sui social, mi piace moltissimo ciò che scrivi, ma perché dovrei comprare i tuoi libri? Già ti leggo qui (gratis) e ti apprezzo. Uno scrittore è uno scrittore perché scrive e si fa leggere, mica perché vende più o meno libri. Quello è mercato, ma l’arte è un’altra cosa!” Cosa siano l’arte e il mercato ci sto ancora pensando. Però so anche che, se smettessi di scrivere sui social, non è che all’improvviso venderei più libri, semplicemente smetterei di esistere. E dunque, che tipo di scrittore (se scrittore) sono? Uno scrittore di paglia?

sabato 4 agosto 2018

squilibrio

Ieri sera, a cena, mi hanno fatto un giochino psicologico per determinare le cose a cui do priorità nella mia vita: è venuto fuori che al primo posto metto lavoro e carriera e all'ultimo me stesso. Sparpagliati in mezzo, nel calderone, famiglia, relazioni e quasi da ultimo denaro (io vengo dopo il denaro, per dire). Pare che su dieci persone sedute al tavolo, io sia stato l'unico a rispondere così ed ero quasi contento, si vede che sono modesto. Macché, mi hanno detto, la parte che riguarda te stesso dovrebbe stare al centro, dare equilibrio al tutto. Sei solo squilibrato.

giovedì 2 agosto 2018

filosofia di bianciardi

“Non c’è solidarietà, solo omertà, cricca, mafia, società d’affari. E forse è sempre andata così… Perciò mi son fatto uno strato di pelo sullo stomaco, una memoria di ferro e marco. Per ogni gomitata che prendo, tengo in serbo un calcio nelle palle, e al momento buono lo do.”

mercoledì 1 agosto 2018

lupini

Un amico mi dice che “La nostra voce non si spezza” gli ha ricordato nello spirito “Vita dei campi” di Verga: stessa brevità e compattezza quasi monotematica, stesso gusto per i ritratti di sconfitti filtrati attraverso l’affetto e la pietà piuttosto che il cinismo, stessa fondamentale visione pessimistica e quasi immobile della vita. Cambia nel tono, ché io sono più ironico e mi prendo meno sul serio, perché mi manca una vera coscienza di classe. La mia voce si sente chiara e originale. Per il resto “Storia di cani” è una sintesi assai riuscita di “Rosso malpelo” e “Storia dell’asino di San Giuseppe”. Ora speriamo di riuscire a dare all’umanità un nuovo “I Malavoglia”. Io lo ringrazio e mi porto avanti con lavoro: per cominciare faccio scorta di lupini.

nostalgia

C’è un momento assai lirico nello spettacolo di Nick Nicola Difino, che da anni porta avanti un discorso tutto suo in difesa e conoscenza della cultura alimentare. Ieri era ospite al Farm Food di Alberobello e come sempre ha cominciato a parlarci di piante e di cibo, di politica alimentare, stavolta accompagnato da uno xilofono e da una piantina di basilico che, attraverso dei sensori collegati alle sue foglie, risuonava in risposta all’ambiente. Lassù nello spazio, ci dice Nick parlando di astronauti, il corpo di un uomo ha una insopprimibile necessità di ritrovare il contatto con la Terra. Ma l’unico contatto possibile per colmare questa sorta di nostalgia cosmica è quello col cibo. Per un astronauta, il cibo è come il filo di Arianna, le briciole di Pollicino: la traccia di un percorso che, di fronte alla vastità dell’universo e a tutte le domande e le incertezze che una simile sconfinatezza ci pone innanzi, serve a ritrovare la strada di casa, un punto d’equilibrio ancorato ad un sapore, al ricordo di qualcosa che si è lasciato indietro.