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venerdì 12 agosto 2022

fregatura

Stamattina pensavo prendi ad esempio una persona semplice, un po' ingenua, come sono io, ci mette 40 anni per capire come va il mondo, e quando lo capisce non gli va più di starci. Pensa che bella fregatura, mi dicevo stamattina.

martedì 29 giugno 2021

pancreas

Certi giorni mi sembra uno scherzo, ma il problema quando dimagrisci troppo e non guadagni abbastanza è che poi ti ritrovi senza più un solo paio di pantaloni (sono tutti troppo larghi) e non sai come cacchio fare il cambio. Allora stringi la cinta e ti accorgi che non bastano i passanti per fermarla. Servono dei nuovi pantaloni insomma, ma prima ho cambiato gli occhiali, così sono tornato a vederci dove prima era tutto offuscato. Infatti ora se cammino mi sento più basso e ho cominciato a pensare a un racconto della Ortese in cui una bimba era più felice quando non ci vedeva ma una volta che ha messo gli occhiali si accorge di quanto è squallido il mondo e si rattrista. Io così triste non sarò mai (mi manca la giusta concentrazione per quello), però ci sono notti che nel sonno mi tocco il costato e visto che non c'è rimasto più niente, non un grammo di carne, mi sento qualcosa di duro e fragile insieme, come se fossi diventato di legno o di creta. Certe notti chissà perché mi sogno un uomo che mi molla un pugno con violenza e io mi frantumo in tanti pezzi.

giovedì 25 marzo 2021

mascherine


Continuo imperterrito a usare la mscherina di stoffa che mi lavo ogni sera e poi riutilizzo il giorno dopo. Alcuni amici mi dicono che importanti studi medici ne contestano l'uso, la maschera in stoffa non serve niente, non è sicura, né per me né per gli altri. Serve almeno quella medica. E alcuni altri, più isterici, mi guardano addirittura come se fossi un untore. Poi, periodicamente, vengono diffusi dai siti ambientalisti video con animali sommersi dalle nostre mascherini monouso, il mare pieno di tutte queste mascherine trasformatesi in monnezza comune, e mi chiedo: se per salvarmi la salute devo contribuire all'inquinamento del pianeta, che altri studi confermano essere fra le cause della diffusione del virus, non è un po' come parlare del serpente che si mangia la coda? Dov'è il vantaggio? Dov'è la via di uscita?


mercoledì 10 febbraio 2021

pensierino delle 4

Sento per caso in TV che qualcuno dice "il vero amore è esserci sempre e comunque". Ecco io, mi accorgo, non ci sono mai stato, mai. Pure quando amavo, anzi, più amavo e meno c'ero, quasi scomparivo, al punto che delle volte, ricomparendo senza preavviso e come se nulla fosse, mi facevo quasi odiare.

lunedì 3 agosto 2020

valere meno di amazon

Ecco un articolo interessante che fa capire come spesso sono visti i piccoli editori dagli autori in cerca di pubblicazione. Lo ha scritto un giornalista inglese che pubblica con una grande casa editrice inglese. Consiglia in primo luogo di non rivolgersi a editori a pagamento, e fin qui va bene. Poi fa un distinguo netto fra grandi editori (che però rifiutano, aggiunge, il 99% delle proposte e solo miracolosamente prenderanno te se non hai una consolidata storia editoriale alle spalle, che non si capisce come ti farai se non puoi andare dai piccoli editori) e i piccoli editori raramente onesti ma sfigati (non lo dice ma lo sottintende) e il più delle volte truffaldini e a pagamento, quasi come se in mezzo non ci fosse una selva oscura di migliaia di realtà diverse, ognuna con la sua storia la sua visione e la sua etica. Infine, e qui casca l'asino, consiglia agli aspiranti autori di insistere infinite volte con i grandi editori (che però rifiutano il 99% delle proposte e quindi preparatevi ad anni e anni di silenzio) prima di arrendersi e tentare l'autopubblicazione, meglio se con Amazon e solo dopo, se proprio siete ridotti alla canna del gas, con un piccolo editore ma onesto (per quanto sfigato), che ovviamente viene declassato all'ultima ruota del carro editoriale (vale meno di Amazon!). Va aggiunto che, come ci informa l'autore, un editore a pagamento inglese chiede a un autore (da esempio) circa 6000 sterline per 1500 copie. In Italia, lo so per esperienza, le cifre sono molto ma molto più "oneste".

domenica 12 aprile 2020

pensierino pasquale da raccordo anulare

C’è chi sostiene che questo virus NON sia una risposta della Natura al sovraffollamento del pianeta. Per questo c’è chi esce e va serenamente a spasso, per dar manforte alla Natura.

giovedì 9 gennaio 2020

il punto

È incredibile come, quando scrivi qualcosa di antipatico o che rode a qualcuno, quel qualcuno la prima cosa che ti dice è: impara a usare la punteggiatura che non si capisce niente! E invece si capisce e bene, solo che ti brucia dove ti ho messo il punto.

lunedì 16 dicembre 2019

motivo

Devo essere onesto. Io discuto sempre di poesia, perché è il settore che più mi interessa, ma ieri parlavo con un mio amico che è uno storico, il quale era abbastanza innervosito dal fatto di non trovare un editore interessato a un suo saggio bellissimo, ma anche lunghissimo e difficilissimo, senza che qualsiasi editore contattato, e mi faceva nomi anche grossi, gli avesse chiesto un contributo economico. Insomma, si dice la poesia, ma anche la saggistica va in quella direzione. La cosa che più mi ha colpito, però, è una frase che mi ha detto quando si è infervorato sulla scelta di mandarli tutti al diavolo. Ovvero: “Ma io ho già scritto il libro!”, nel senso di: ma io il mio lavoro l’ho già fatto. Affermazione a cui uno potrebbe facilmente rispondere: “Sì, ma chi te lo ha chiesto?”. Ma soprattutto, in una affermazione così, e che ho sentito identica da moltissimi scrittori, mi pare racchiusa l’intima presunzione dell’autore che il suo libro sia, indipendentemente dalla richiesta che se ne fa, necessario al mondo. Che poi è il motivo per cui si scrive e pubblica.

qualità

Stamattina pensavo che, in barba a tutti i proclami per cui la poesia è un genere nobile perché OLTRE il mercato, quando si parla di "mercato della poesia" l'unica proposta che viene fuori, anche dagli addetti ai lavori, è quella che si deve pubblicare di meno, perché si pubblica troppo. Quindi, invece di fare un discorso più ampio in cui si cerca di capire come allargare il pubblico dei lettori, quello sì risicatissimo, si fa un discorso all'opposto, mettendo al centro della questione non il lettore o il libro o la qualità della poesia, ma proprio il vituperato mercato. Ci si adegua a quello, insomma, spesso con modalità ferine: il mercato è stretto e quindi scalpito per farmi spazio, azzannando il mio simile. Il punto è che se si parla di qualità "assoluta" della scrittura, andrebbero pubblicati in assoluto, cioè per l'intero Paese, sì e no cinque libri all'anno: il resto è già obsoleto, già detto oppure inutile, rendendo vano non solo il mercato, ma anche tutta la filiera editoriale (dalle tipografie che stampano i libri alle decine di editori, fino alle librerie che li vendono). Si tornerebbe insomma indietro ai primi dell'800 quando, in una visione davvero aristocratica, il potere di scrivere era appannaggio di pochi. Perché la qualità assoluta si ottiene solo negando la democraticità del linguaggio. In tutto questo, è vero, spesso quelli bravi restano fuori dai giri per dar spazio (il poco concesso) a quelli meno bravi ma meglio bravi a vendersi. E infatti, quello che molti poeti dovrebbero chiedersi e non fanno è: "Ma io sono qui e pubblico perché sono bravo o perché mi sto vendendo meglio di un altro? Vendersi bene lo considero un pregio dell'arte oppure una macchia? E se si scoprisse che mi so vendere meglio di come scrivo, io lo farei un passo indietro, rinuciando per sempre al mio privilegio di pubblicare, per dar spazio a un altro, un bravissimo sconosciuto, in nome della qualità assoluta della poesia?"

martedì 12 novembre 2019

seme

Dirò una banalità, ma mi sembra che a volte una scelta di campo sia solo una scusa per scatenare la propria aggressività contro un nemico facilmente individuabile. Ci ho pensato stamattina, quando in un bar mi sono messo a parlare con un ragazzo che stava leggendo un libro di Gandhi. Dai suoi discorsi mi sembra particolarmente schierato. Finché mi dice che per lui i fascisti andrebbero tutti impiccati a testa in giù, come i porci. Quando gli chiedo perché legge Gandhi se crede in metodi di lotta così radicali mi risponde che la non-violenza è un concetto bellissimo, ma i fascisti sono dei porci e quindi con loro non serve, con loro serve solo la violenza senza nessuna pietà, e ci mette dentro un tale fervore che mi sembra di essere già in guerra. Non mi esprimo mai sulle idee degli altri, ma provo a spiegargli che secondo me il suo discorso puzza già di fascismo. Nulla, non capisce, ripete come un mantra: i fascisti sono porci e tutti a testa in giù, i fascisti sono porci e tutti a testa in giù, come i porci. Lì ho lasciato perdere, ma confesso che per alcuni minuti mi sono sconfortato. Ieri ho visto un post in cui si dichiarava in maniera quasi banale che i libri sono importanti perché aiutano a pensare. Ma quando uno sta leggendo Gandhi, dice che lo apprezza, ma poi aggiunge che Gandhi va bene solo per gli amici perché i nemici li appenderebbe tutti a testa in giù, che diavolo ha capito di Gandhi? Cosa sta pensando? Poi mi è venuto in mente quel che mi direbbe il mio amico Pino, che è buddhista, e cioè che per oggi no, ma magari quel ragazzo sta piantando un seme per il futuro e mi sono tranquillizzato. Forse ha ragione lui.

giovedì 12 settembre 2019

cartoline

oggi mentre rimettevo ordine alla mia scrivania ho pensato che sono una persona fortunata perché appartengo a quella generazione che ancora comunicava con la penna. ho il cassetto pieno di lettere infatti, e di cartoline che hanno fatto il giro del mondo solo per potermi dire ho pensato a te.

martedì 16 luglio 2019

raggio di sole (il mio solito pezzo qualunquista sulla poesia)

Finalmente ritornato a casetta mia dalla Romagna posso dire, avendoci rimuginato un po’, che dal mio punto di vista il momento più alto di Tredozio si è avuto domenica mattina, quando una semplice ragazza di cui non so nemmeno il nome e che non ha mai pubblicato un libro, a microfono aperto ha letto una sua poesia in rima baciata nello stile di Gianni Rodari che parlava di una bambina che impara a scrivere e della felicità della sua maestra. Era una poesia semplice, senza pretese che non ci provava nemmeno a essere colta ovvero a spiegare perché si deve necessariamente soffrire per essere poeti – tema a cui ci siamo assuefatti ma che ha rotto un po’ – ma esprimeva attraverso gli occhi di una bimba la gioia fisica e concreta di chi compone la sua prima parola. Ecco – ho pensato in quel momento – questa poesia che è come un raggio di sole ci mette tutti quanti in riga. Da una parte i poeti laureati, pluripubblicati, o che devono assolutamente pubblicare prima di morire troppo giovani, e primeggiare e dimostrare, che si prendono più o meno (ma soprattutto troppo) sul serio, che hanno qualcosa di importante da dire o da non dire ma il loro silenzio ha comunque un peso, e che dicono sempre male, di tutti, che devono esprimersi ed esprimere a ogni costo il loro punto di vista e peggio, devono ESSERCI, ESSERCI, ESSERCI (con discrezione) altrimenti gli prende l'ansia di NON ESSERE. Dall'altra una ragazza che arriva, legge la sua poesia in rima baciata per il solo piacere di condividerla, sorride, saluta e se ne va.

domenica 12 maggio 2019

la grande festa

Sempre più, a ogni anno che ci vado in varie vesti, il Salone del Libro mi sembra simile a un enorme corpo che si nutre di se stesso. Istituzione del Libro, vive divorando gli stessi editori che il Libro fanno, mungendoli di tutto ciò che hanno (soldi, tempo, energie) in vista del grande sogno: pubblicità per una settimana, contatti, vendite necessarie a tamponare in parte le spese ingenti. Un luogo dove tutto ha un costo, persino l’aria che respiri e dove in realtà i libri sono il pretesto per l’evento e non viceversa, proprio come a Sanremo. Tutto inutilmente, visto che alla fine, per usare la metafora kennediana, la festa generale della cultura camuffa gli ingranaggi economici per cui quello che prende il Salone agli editori è sempre qualcosa in più di quello che ricevono gli editori dal Salone, anche quando negano la cruda realtà parlando della necessità di esserci. Necessità, ovviamente, imposta dal sistema culturale per cui o ci sei o non sei. In quest’ottica è quasi singolare che nel 2019 l’unico editore che sia riuscito a strappare al Salone tutto ciò che il Salone promette senza dare sia l’editore fascista scacciato dal Salone stesso e per questo non fagocitato dalla macchina tritacarne in cui la cultura di rigira beata come un maiale nel fango. Altaforte, scacciato dal tempio della cultura in nome di una purezza che non esiste più da un pezzo, e rigettato attraverso il gossip nel mondo là fuori, ne ricava – in scorno agli altri editori – pubblicità, la sua settimana di gloria mediatica e vendite senza spese, il massimo che dal Salone si possa ottenere non perdendo un briciolo della propria identità politico-culturale che poi è stata la vera pietra dello scandalo. E intanto che si gridava alla vittoria (simbolica) della cultura sul fascismo, a Casal Bruciato una famiglia rom veniva minacciata dalla presenza di Casa Pound, e mentre il sindaco Raggi andava a trovarla (quello sì un gesto forte e deciso), Di Maio dichiarava che vengono prima gli italiani. Dunque esattamente, che vittoria contro il fascismo è stata? A me pare che il Salone, come corpo culturale, ancora una volta abbia rifiutato il confronto in nome della festa dietro cui girano i soldi (anche se mi rendo conto che c’erano troppi interessi in gioco per una tale fermezza). Quando, a mio avviso, avrebbero dovuto semplicemente rileggersi il messaggio insito nella parabola del figlio prodigo: non è scacciando tuo figlio/fratello peccatore che risolvi il problema, ma riaccogliendolo in casa e mettendolo di fronte alle proprie responsabilità famigliari.

martedì 29 gennaio 2019

mal costume, mezzo gaudio

Un giorno diranno di me che, mentre qualcuno si dava da fare per cambiare questo Paese in meglio e salvarlo dal disastro annunciato, io me ne stavo a casa a parlar male di tutti, di quelli e degli altri, perché diffidavo di chiunque, soprattutto di me stesso, in perfetto Italian Style.

domenica 11 novembre 2018

per i piccoli della poesia

Oggi riflettevo sul fatto che, almeno per i piccoli autori ed editori della poesia come siamo, (forse) i premi più seri sono quelli piccoli con quota di iscrizione. I premi grossi e gratuiti, infatti, tendono a premiare i soliti nomi che fanno curriculum per ricevere fondi. E questo mi faceva pensare a questa piccola contraddizione: al fatto cioè che, all’opposto, è ormai opinione comune che gli editori più seri in poesia sono quelli piccoli e gratuiti. Quindi che succede? Che molti piccoli autori cercano piccoli editori seri con cui pubblicare gratis per poi iscriversi a piccoli premi seri a pagamento e riceverne le conferme che dai premi grossi e gratuiti così come dalle grandi case editrici a cui ambiscono non riceveranno (forse) mai.

sabato 6 ottobre 2018

la poesia è una terra straniera

Ne parlavo poco fa con un amico, uno che legge un sacco peraltro. Gli dicevo: “possiamo parlarne quanto vogliamo ma credo sia pacifico che le opere letterarie più alte e innovative del ‘900 in Italia sono state dei libri di poesia, sono pochissimi i romanzi – due, tre? – che stanno alla pari con Le occasioni, Gli strumenti umani, Il franco cacciatore oppure Onore del vero, per dire i primi che mi vengono in mente”. “Sarà sicuramente vero, mi risponde, però io non ne ho letto nessuno”. Ed ecco il problema, il motivo per cui ho già perso in partenza la mia battaglia, perché per quanto meraviglioso possa essere il campo in cui mi muovo, è come se fosse una terra straniera: un territorio esplorato, raccontato con accenti meravigliati, ma nella sostanza ceduto da tempo ai barbari. È come parlare latino a scuola, o come venire a vivere qui dal Sudamerica decantando gli scrittori migliori di quel continente in un paese per cui alla fine sono soltanto dei nomi esotici.

venerdì 5 ottobre 2018

io sto con la carfagna (?)

Mi è appena successo di vedere questo video di un bisticcio di un paio di giorni fa fra la Carfagna e Salvini con la prima che, da vicepresidente della Camera, riprende il secondo che fa ironia tendenziosa sul Parlamento (e a proposito, è una cosa lecita?). E mentre lo vedevo mi sono accorto di parteggiare per lei, di stare dalla sua parte contro di lui. In tutto questo ho realizzato di essere entrato ormai nel paradosso politico (o compromesso morale) che per oppormi a una forza assolutamente negativa come per me è Salvini, mi può capitare di schierarmi dalla parte di una forza altrettanto negativa o comunque non positiva come per me è la Carfagna. Non è per niente una bella sensazione.

mercoledì 3 ottobre 2018

incazzarsi

Quando uscì la mia ultima racconta di poesie, due anni fa, in molti mi dissero che non capivano tutta quella rabbia, quella acredine. A me, ogni volta che guardo un tg (ieri era l'arresto di Lucano, oggi l'ergastolo per sei giornalisti in Turchia e Traini che dice che lui non è razzista, sono gli altri a essere negri), a me ogni volta piglia l'identica rabbia di allora, sono dieci anni che mi incazzo e mi faccio il sangue amaro per tutto, senza speranza di migliorare, e non capisco come faccia a non incazzarsi chi si informa anche solo un minimo su come vanno le cose.

martedì 2 ottobre 2018

ambizione

Dovrei essermi abituato ormai, ma ci resto sempre male quando, soprattutto i più giovani che mi contattano, non capiscono perché rifiuto i loro manoscritti consigliandoli di aspettare a pubblicare. Ogni volta ringraziano a denti stretti e qualche volta, delusi, nemmeno rispondono, però finiscono sempre per pubblicare con qualcun altro di lì a poco. E si rifiutano di capire che se non li pubblico, ma perdo tempo a scrivergli, non è per infierire sui loro difetti, ma per dinfenderli da persone che potrebbero approfittarsi di loro facendo leva sulla loro ambizione che, posso dirlo per esperienza, raramente li porterà da qualche parte.

mercoledì 22 agosto 2018

meno mi capisco

Ci si abitua ad ogni stranezza con la consuetudine o col tempo; ma più mi frequento e mi conosco, più la mia difformità mi stupisce, meno mi capisco.

Michel De Montaigne, Essais, Adelphi