domenica 31 marzo 2019

legno

“Vieni a fare la preghiera a Gesù” dice la giovane mamma alla figlia di nove-dieci anni davanti alla chiesetta di campagna. La bambina le risponde pungente: “Come se anche quella non fosse un’altra fregatura!”. Ascoltandola mi viene da ridere e penso: i bambini sono il nostro futuro. Poi entro in chiesa. Un giovane prete dalla pelle nera sta celebrando la messa per una parrocchia composta quasi tutta da anziani dalle facce dure, rosse, conciate come le hanno i nostri contadini e da altri giovani neri, proprio come lui, seduti in prima fila. A loro, nel suo italiano strascicato, il prete racconta la parabola del buon samaritano. “E tu” dice con veemenza dall’altare “che venivi alla messa della 7.30 e ora vieni alla messa delle 10.00 perché hai litigato con un altro parrocchiano e non vuoi più incontrarlo, che razza di cristiano sei, se non sai perdonare?” Si sente dal fondo della chiesta rispondergli una vecchia: “Jè ggiuste! Tiène rascione!”. Più che una messa, mi sembra una riunione di famiglia. Guardo in alto, il Cristo crocefisso sopra l’altare, la sua pelle è bianca, le sue braccia sottili, delicate, per quanto mi sforzi non trovo nulla in comune fra quello e il sacerdote africano, fra quello e tutta questa gente povera qui riunita nel suo nome. Finché non mi accorgo che la pelle del prete ha lo stesso colore del legno con cui è fatta la croce. Allora sì, penso, c’è qualcosa di vero e di sacro, qualcosa di rispettabile che accomuna questi semplici a quella scultura ed è il legno, il legno della croce a cui Cristo sta inchiodato da secoli, proprio come loro.

venerdì 29 marzo 2019

freno

Ogni tanto mi piglia la presunzione di lamentarmi che i poeti non contano più un cazzo al mondo. Poi considero che ci sono i teatranti e allora metto un freno alla lingua. Non che stiano peggio, però ce la giochiamo.

mercoledì 27 marzo 2019

pseudo isgrò

Mi è appena capitato un tipo che per paura che gli potessi rubare il libro, mi ha mandato un manoscritto con dei versi oscurati come in un'opera di Isgrò. Io all'inizio pensavo fosse fatto apposta e, quando ho capito, per scherzo gli ho proposto di pubblicarlo così com'era. Mi ha risposto che il suo libro gli è costato molta fatica e pubblicarlo con le cancellature sarebbe una grave offesa al suo lavoro artistico. Peccato che nessuno possa godere di tanta bellezza, nemmeno l'editore.

sabato 23 marzo 2019

rivendicazioni

Stamattina ripensavo, a freddo, alla vicenda del bus dirottato. Al di là della dinamica che ricalca alla perfezione la sceneggiatura di un film d’azione americano – negli Stati Uniti starebbero già firmando il contratto per la cessione dei diritti sulla storia – l’attentato di Ousseynou Sy dimostra come la visione politica di Salvini e di chi lo segue sia del tutto fuori fuoco e incapace di capire come non solo la storia non si possa fermare, ma sia già andata oltre le sue aspettative. L’uomo, senegalese ma con cittadinanza italiana, squilibrato o meno che sia (come stanno cercando di provare), depresso o meno che sia, non ha agito in nome di rivendicazioni islamiche, quindi in nome di un terrorismo “straniero” che Salvini paventa da sempre ai suoi elettori, ma in quanto emigrato amareggiato e deluso dal “sogno italiano” – in altre parole, a scatenarlo è stata la presa di coscienza che l’Italia non è l’America di inizio ‘900, non porta lavoro né fortuna, cosa che molti nativi italiani sarebbero pronti a giurare con lui –, ma ancora più Ousseynou ha agito (dice) per vendicare i bambini africani morti nel Mediterraneo, estrema follia – questa sì di matrice terroristica, ma più vicina a quella palestinese che islamica – e denuncia dell’inadeguatezza delle politiche protezionistiche adottate dall’Italia e da tutta Europa contro lo sbarco dei migranti. Quella inadeguatezza nel gestire i flussi umani ha generato un tale odio e sentimento di vendetta da provocare una reazione esasperata, che non ha basi ideologiche ma emotive e che può quindi ripetersi in qualsiasi altra persona che ritenga di aver subito una ingiustizia sociale da parte di uno Stato più forte e vessatorio: basta un cedimento, una scintilla di follia. Proprio come succede negli Stati Uniti, che non a caso sdoganano e stemperano tali paure sociali attraverso la spettacolarizzazione cinematografica coi classici buoni e cattivi, ma in cui i buoni sono sempre americani. Questo perché, in simili dinamiche si genera un sentimento di colpa collettivo in cui la spunta chi rinuncia per primo alla propria umanità. Tu, a uno che va fuori di testa e si vendica su dei bambini per vendicare altri bambini morti in mare, cosa dici? Che è un bastardo perché i nostri bambini vengono prima di quelli neri morti in mare? Che è meglio non prendersela coi vivi, perché per i morti non c’è più niente da fare? E se sì, non stai anche tu rinunciando alla tua umanità? Non è già questo il segno di un cinismo senza pari? Ancora, per unire la beffa al danno, proprio il bambino che ha sventato l’attentato, Ramy Shehata (l’eroe del giorno) è figlio a sua volta di immigrati e ora, in virtù di quel gesto, suo padre rivendica per lui una cittadinanza che prima non aveva. Gli italiani, che avrebbero dovuto venire per primi in questa storia, come in ogni storia che accade sul sacro suolo italiano, sono relegati sullo sfondo, semplice coro in una vicenda che ha giù tutto il sapore speziato dell’internazionalità. In entrambe le storie, quella di Ousseynou e quella di Ramy, le rivendicazioni di un luogo a cui appartenere sono il succo (causa scatenante e premio) di una vicenda che un semplice spettatore come l’italiano medio che guarda la storia al Tg non può capire.

venerdì 22 marzo 2019

i refusi

I refusi sono più noiosi dei
Culicidi di notte: ti ronzano allarmati
nelle orecchie ma tu non puoi vederli
né difenderti finché non ti hanno punto
e allora è tardi. Estinguerli è impossibile
e purché stiano fuori dalle balle
si sopportano le prepotenze dei correttori
di bozze. Ma è inutile. L’autore appena
decente li segnala (i refusi)
con la flemma del giustiziere armato
di matita o penna rossa di contrabbando.
Occhio per occhio e dente per dente: l’editore
attende paziente la seconda edizione
per rifarsi eradicando il male alla radice
con un colpo secco di tastiera.
Ma gli impiastri non sembrano efficaci
contro irritazione o arrossamenti
e per ogni svarione eliminato un altro
si presenta improvviso e sono sempre quelli.

giovedì 21 marzo 2019

cinque pensieri sulla giornata mondiale della poesia

Oggi, giornata mondiale della poesia, sono sette anni giusti che se n’è andato Tonino Guerra. 

Oggi, giornata mondiale della poesia, ho deciso che chiunque incontro gli do un bacio, oppure una carezza, o una palpatina, così dopo potrà dire di essere stato toccato dalla poesia. 

Ogni anno, quando arriva la giornata mondiale della poesia, invece di sentirmi festoso e pronto a condividere versi, mi sento sempre un po’ così, come un esemplare che sta scomparendo e va preservato, quasi fossi un panda nella giornata mondiale del panda. 

Oggi, giornata mondiale della poesia, mi chiedo quand’è la giornata mondiale del romanzo. 

Oggi, giornata mondiale della poesia, ho chiuso l’ufficio e sono andato ai giardini a prendere il sole coi vecchietti, per gustarmi un po’ la sensazione della pensione che non vedrò mai. 
I vecchietti mi dicono che, di mio, ho già la stoffa per essere un ottimo poeta pensionato.

martedì 19 marzo 2019

l'editoria al tempo dei social

L'altro giorno su Facebook una mia amica ha condiviso la foto, assai bella, della poesia che apre un mio libro. Per quella foto ho avuto all'incirca duecento condivisioni, quindicimila like, undicimila cuori, duemila commenti che dicevano "è la cosa più bella che ho mai letto", trentamila "lo voglio" e, alla fine dei conti, neppure un ordine di acquisto. Così funziona l'editoria al tempo dei social. Buona festa del papà a tutti quelli per cui un libro è come un figlio che non riesci a mandare via di casa.


bambine

Nelle ultime due settimane, mi pare, protagoniste assolute delle discussioni social sono state due ragazzine, quasi coetanee, ma assai diverse fra loro per cultura, ragioni economiche, e possibilità di esprimere la propria voce: la prima è la moglie dodicenne “acquistata” da Montanelli in Africa, Milena, la seconda è la sedicenne (oggi, ma porta avanti la sua battaglia già da alcuni anni) Greta Thumberg. Per entrambe, mi pare, la categoria di “bambina”, così come la intendiamo in Europa, risulta inadeguata. Per Milena, la reazione a questa mia affermazione potrà essere fraintesa: Montanelli l’ha violentata, si dirà (si dice), dunque la sua innocenza è stata violata. Eppure, quello di Montanelli non fu uno stupro feroce attuato per strada (tipo quello di cui si parla nella Ciociara), fu una precisa compravendita col padre della ragazza, secondo un sistema ancora vigente in molte zone dell’Africa e nei paesi asiatici, dove lo sfruttamento sessuale dei minori è fonte cospicua di guadagno, dove dunque l’età dei minori non solo non è visto come un freno, ma anzi come un vantaggio o una necessità erotica per chi compra. A me pare, e continuo a pensarlo, che quello attuato con Montanelli sia stato un atto di revisionismo storico sul personaggio che ha toccato poco o nulla quello che sta succedendo su quei mercati adesso: è vero, il gesto mi ha ricordato che c’è un problema morale in Italia legato all’idea di “bambina”, ma intanto che stiamo facendo contro chi, dall’Italia, va a trombarsi le bambine in Asia? Ecco che, della storia di Milena, ci pensavo soltanto oggi, mi ha stupito il fatto che fra decine di articoli o di post, nessuno (nessuno, me compreso) si è posto la minima domanda su di lei: Chi era? Cosa le è successo? Cosa le è successo dopo? Come la pensava lei? Qualcuno l’ha mai intervistata? Tutta la storia è stata inquadrata dal punto di vista dell’uomo, persino da parte di chi lo condanna. Eravamo tutti così concentrati a dimostrare la colpevolezza morale o meno di Montanelli, che della vittima di quel commercio – al di là dello stupro, ancora legato a Montanelli – ce n’è fregato veramente poco a tutti. Anche questo, mi pare, è sintomatico che i bambini per noi contano più come categoria astratta in relazione a noi adulti che come persone vere e proprio (escludendo i “nostri figli”, si intende), ed è il motivo per cui un uguale atteggiamento, mi pare, si sta pian piano riversando su Greta. Prima l’ammirazione commossa, dopo l’ironia, il dubbio e infine il disprezzo. Già oggi, mettendo da parte il messaggio etico e ambientalista di venerdì scorso, la domanda generale è: ma è stata o non è stata pilotata? E ancora si dice: quella bambina è un mostro, perché una bambina non può pensare quelle cose. Come se i bambini non potessero avere una coscienza sociale o delle idee in merito alla vita, o del genio per esprimerle se occorre. Ed è la riprova che la categoria di bambino, per noi, è più una etichetta, o peggio una gabbia (ancora una volta una gabbietta morale), e non semplicemente una definizione legata all’età. Pilotata o meno che sia, mi pare che la domanda principale su Greta rimanga: Lei cosa pensa? Le idee e i sentimenti che esprime sono sinceri? E se lo sono, non bastano quelli a darle fiducia? E, ancora, se c’è chi la pilota, voi adulti che sapete e ritenete che, in quanto “bambina”, vada difesa, cosa state facendo per proteggerla? Per opporvi?

lunedì 18 marzo 2019

sogni ad occhi aperti

Stamattina ero così indispettito e frustrato dal mio conto in banca che ho fatto un sogno ad occhi aperti, nel quale decidevo di darmi un altro anno di tempo per vedere se cambiava qualcosa, dal 21 marzo 2019 al 21 marzo 2020 (gli davo persino un nome: l'anno mondiale della poesia), dopodiché mi rimangiavo tutte le cazzate che ho detto per anni, facevo il salto della quaglia (o ritorno coi piedi per terra) e passavo dritto dritto al lato oscuro della forza, ovvero all'editoria a pagamento. Vuoi fare un libro con me? Sono 1000 euro. Non hai 1000 euro da darmi? Ci sono altri editori bravissimi. Semplice, pulito ed efficace. In questo modo pagavo come si deve gli illustratori, pagavo finalmente un ufficio stampa, pagavo persino le bollette e le fatture, e tutti erano felici.

sabato 16 marzo 2019

vita breve di un nichilista felice

Era un individualista, ma un individualista non egoistico. Il mondo gli stava a cuore, eccome, ma come una galassia di fenomeni unici, tutti diversi gli uni dagli altri e sempre in movimento. Non appena subodorava accozzaglie costruite a forza, si ritraeva e, se poteva, fuggiva. Non amava la politica, e a volte fu anche scambiato – errore grave – per un reazionario. 
[…] Si sa, Parise è stato un ammiratore di Darwin. Gli interessava l’origine, quella sua e dell’umanità. Leggendo i suoi libri mischiava la prima con la seconda e forse trovava qualche consolazione. Col tempo – è questa la mia impressione –, dell’illegittimità famigliare gli è importato sempre meno. Si era abituato a considerarsi una persona sola. […] Era solo anche quando amava, anche quando il mondo dei sentimenti amorosi gli si era rivelato, lasciandolo attonito e stremato. 
La sua vera illegittimità era diventata quella letteraria. Ancora oggi è uno scrittore illegittimo. E si può supporre che questa condizione avrà finito per pesargli più dell’altra. Quanti scritti ha lasciato perdere per strada. E quante volte non è riuscito a darsi, mentre scriveva, con tutto se stesso. C’erano momenti che la fiducia in sé, come essere espressivo veniva meno. Si rintanava nel silenzio inoperoso.

Silvio Perrella, Vita breve di un nichilista felice, in appendice a Goffredo Parise, Lontano (Adelphi, 2009).

la cultura, senza morale

Ho letto un articolo prima, sulla storia di Montanelli, che è una boiata immensa. In cui a partire dalla famigerata vicenda della moglie-bambina si fa a pezzi la sua vita per dimostrare che di fondo era una brutta persona. Non importa cosa abbia scritto e come, era tutto fasullo e meritevole di damnatio memoriae. Il pezzo si conclude così: "La cultura, senza morale, non merita alcuna statua." Ma chi determina cosa è morale? A me queste cose fanno paura, ma davvero, questo mischiare le carte in tavola con il piglio dell'oggettività critica che critica non è, ma giudizio morale determinato dagli umori di pancia, dalla febbre del momento. Perché è da queste forme di pensiero che nasce l'odio, e dall'odio quella cosa odiosa che la censura, che per quel che mi riguarda è la prima forma di integralismo, e integralismo fa rima con fascismo, non con militanza. Montanelli comprò la ragazzina, è vero. E Pascoli si faceva entrambe le sorelle (si chiama incesto). Pasolini si inculava i ragazzini. Sandro Penna era come Pasolini. E così Palazzeschi. Marinetti, D'Annunzio, Ungaretti, i futuristi, tutti simpatizzanti o amici di Mussolini. E Piovene era addirittura antisemita. Malaparte partecipò all'omicidio Matteotti. Gadda era antifascista ma pervertito. Saba si trombava le commesse della sua libreria che licenziava ogni pochi mesi per cambiare. Ma questi sono i primi che mi vengono in mente. E mi pare che se andiamo a scavare i fatti di tutti, resta ben poco di chiunque da salvare. Ma il fatto che Picasso (o Woody Allen, o Miles Davis, o Lou Reed) fosse un mostro, un pezzo di merda che distrusse psicologicamente ogni sua amante per renderla succube di sé, rende forse meno bella o valida la sua Guernica? O invece sarebbe meglio bruciare ogni suo quadro perché la sua morale come uomo vacillava?

giovedì 14 marzo 2019

il signore sporco

Ho salvato un lombrico, un innocuo viscido roseo lombrico che si contorceva per strada, lontano dalla sua aiuola dopo le piogge. L’ho preso dal marciapiede e l’ho deposto nella terra prima che venisse calpestato o si seccasse. Mentre lo facevo, è passata una signora col figlio piccolo che mi ha guardato. Così, l’ho sentita dire al figlio piccolo, a bassa voce: “Tu non devi fare come quel signore!”. “Chi è?” ha chiesto il bambino. “Quello è un signore sporco” ha detto la madre. Ecco, volevo raccontarlo soprattutto perché mi piace la definizione che mi è stata data, il signore sporco, come in una prosa della Lamarque. Però, visto che so come finiscono queste storie, con una serie di giudizi morali lanciati contro la madre e le sue fisime, spezzo una lancia a suo favore e chiedo: quanti di voi raccolgono i lombrichi per strada per rimetterli nella terra delle aiuole?

martedì 12 marzo 2019

una causa più alta

Leggendo il (bel) pezzo di Zad El Bacha sul gesto dimostrativo contro il monumento di Montanelli da parte del collettivo femminista NUDM, ho capito le motivazioni profonde del gesto. Eppure, ammetto che vedere imbrattata la statua di uno scrittore, di un uomo che cioè scrive, che racconta il proprio tempo, continua a darmi fastidio e farmi pensare che scegliere proprio quella statua, invece di mettere a fuoco il problema lo abbia come banalizzato e spento. Perché, al di là di tutte le possibili interpretazioni simboliche, quello è e rimane il monumento a Montanelli giornalista e non a Montanelli colonialista. E l’idea che non si possa scindere la propria identità lavorativa da quella umana mi sembra in qualche depauperante. Così, utilizzare quel monumento come pietra dello scandalo per denunciare il trattamento verso le donne africane subito durante il colonialismo, mi pare un po’ come se si volesse annullare un percorso umano più complesso, per riassumere l’intera vita di Montanelli in un solo gesto infamante. Un po’come se si andasse a dimostrare sulla tomba di Céline per denunciare la deportazione degli ebrei francesi. O come se si censurasse l’ultimo film di Woody Allen per riparare ai danni delle molestie sessuali nel mondo cinematografico americano. Ancora si dice: quella messa in atto non è una presa di posizione contro Montanelli in se stesso, ma contro ciò che rappresenta come maschio italiano dell’epoca. Si chiama politica del capro espiatorio. Ne condanni uno per assolvere tutti gli altri. In questo caso quell’uno è il giornalista Montanelli. Uomo di destra, di cultura orgogliosamente borghese, spesso arrogante. Insomma, uno che sta poco simpatico. E Montanelli, in effetti, si comportò da stronzo nella storia di quella bambina, tanto più che, senza mai scusarsi, cercò sempre di giustificarsi. Eppure, a differenza di altri, Montanelli ne ha parlato pubblicamente. Di tutti gli italiani che con lui si vogliono riassumere ma non hanno mai parlato, che vogliamo fare? Dei vostri nonni, dei bisnonni, che ne facciamo? Li lasciamo in pace perché Montanelli paga pegno per tutti? Ecco allora che mi chiedo: non sarebbe stato più giusto, visto che il problema era il contesto, andare a gettare quel secchio di vernice su un qualsiasi monumento dedicato alle guerre coloniali, prenderli tutti insieme e non uno per tutti? Ce ne sono, in Italia, di monumenti collettivi, anche se la memoria storica li ha velocemente oscurati. No, perché Montanelli avrebbe causato più scalpore, proprio in virtù di quella vicenda di cui si è detto e su cui si è montato negli anni un caso mediatico. In altre parole, ancora una volta è vero che è il contesto a fare la differenza, ma il contesto televisivo che ci permea tutti, il contesto populista in cui viviamo e in cui servono persone, con nomi e cognomi, da mettere alla gogna, lo stesso contesto di massa, del più forte contro il più debole, che portò Montanelli (o Malaparte, per dire un altro) in Africa a fare quello che facevano tutti senza opporsi: prendersela con una persona che non può difendersi, in nome di una causa o di una giustizia più alta.

lunedì 11 marzo 2019

spalle larghe

Quando arriva primavera, non so perché (sarà forse colpa dell’ormone in subbuglio) passo le ore al telefono con gli autori che hanno i problemi di cuore. Io sono l’editore, e come dice sempre Tardia (altro mio autore): “Parlare a un editore è come avere lo psicologo, solo che lo psicologo lo paghi”. Io provo a spiegarlo agli autori che, se invece di parlarne con me, le loro paturnie le scrivessero, si sentirebbero assai meglio, che la scrittura in queste cose è meglio di una cura di antibiotici. Ma nulla. Gli autori vogliono sì un editore ma anche un amico con le spalle larghe. Dunque ne parlano a lungo con me e poi mi chiedono: “Tu al posto mio cosa faresti?” Risposta: “Io scriverei un libro, così monetizziamo il tuo dolore”. (Che si sa che le storie d’amore tormentate, ahivoglia a dir di no, piacciono sempre). Ma nulla, nessuno mi segue mai su quella strada.

autoritratto come polifemo


venerdì 8 marzo 2019

viva l'8 marzo

Oggi mi sento la febbre. Quindi, dopo essere passato in posta, in banca, al bar, e avere un po' diffuso il virus influenzale che mi ha colpito, credo che mi metterò a letto contento di aver partecipato a modo mio all'estinzione del pianeta.

martedì 5 marzo 2019

limonio

Oggi è uscito anche il mio ultimo libro di poesie, che ho fatto per il semplice motivo che mi andava. Per questo non sarà promosso né distribuito. Chi lo vuole me lo dice, mi scrive, o va sul sito di Pietre Vive, e glielo fornisco. Ne ho stampate poche copie e all’inizio volevo darlo anche gratis. Poi però mi son detto che sarebbe stato come deprezzarlo. Per cui gli ho dato il prezzo di tutti gli altri: 10 euro, ma di tutto ciò che ne verrà non terrò nulla per me, sarà invece reinvestito per stampare il prossimo libro di Pietre Vive Editore. Che mi pare essere la migliore forma di #crowdfunding possibile: non quella dove dai qualcosa a un autore perché è un amico o ti sta simpatico, ma quella in cui comprando il libro di uno che ti sta simpatico (sperando di star simpatico a molti) aiuti un editore a pubblicare qualcun altro che nemmeno conosci, perché credi nel suo progetto editoriale.


lunedì 4 marzo 2019

comprensione

La mia gatta, osservando me, si è sollevata a un livello superiore di comprensione dei bisogni comuni. Infatti non fa più i suoi bisogni nella volgarissima terra del giardino, ma direttamente nel vaso. Il problema adesso è farle capire la differenza fra il vaso innocuo dei gerani e quello meno innocuo del basilico o del prezzemolo o della salvia.

domenica 3 marzo 2019

lo stress

Ho visto che c'è stata molta affluenza, oggi, per le primarie del PD. Sono contento per chi ci crede, ma ho sempre il dubbio che non sia il risultato di un risorto spirito politico, quanto piuttosto dell'innata passione italiana per il totocalcio: chi vincerà la partita di oggi? C'è stato un momento, lo confesso, in cui avevo pensato di andarci anche io. Poi ieri sera, in Tv, ho visto Giachetti dire: "Noi non abbiamo sbagliato niente" e mi è passata ogni voglia. Il PD faccia quello che vuole e al meglio che può. Io sto da un'altra parte.



sabato 2 marzo 2019

il canto

È tardi. Affronto lietamente il gelo
di fuori. Ho in cuore di una vita il canto,
dove il sangue fu sangue, il pianto pianto.
Italia l’avvertiva appena. Antico
resiste, come quercia, allo sfacelo.

(Umberto Saba, Il canzoniere, Einaudi, 2014)