sabato 23 marzo 2019

rivendicazioni

Stamattina ripensavo, a freddo, alla vicenda del bus dirottato. Al di là della dinamica che ricalca alla perfezione la sceneggiatura di un film d’azione americano – negli Stati Uniti starebbero già firmando il contratto per la cessione dei diritti sulla storia – l’attentato di Ousseynou Sy dimostra come la visione politica di Salvini e di chi lo segue sia del tutto fuori fuoco e incapace di capire come non solo la storia non si possa fermare, ma sia già andata oltre le sue aspettative. L’uomo, senegalese ma con cittadinanza italiana, squilibrato o meno che sia (come stanno cercando di provare), depresso o meno che sia, non ha agito in nome di rivendicazioni islamiche, quindi in nome di un terrorismo “straniero” che Salvini paventa da sempre ai suoi elettori, ma in quanto emigrato amareggiato e deluso dal “sogno italiano” – in altre parole, a scatenarlo è stata la presa di coscienza che l’Italia non è l’America di inizio ‘900, non porta lavoro né fortuna, cosa che molti nativi italiani sarebbero pronti a giurare con lui –, ma ancora più Ousseynou ha agito (dice) per vendicare i bambini africani morti nel Mediterraneo, estrema follia – questa sì di matrice terroristica, ma più vicina a quella palestinese che islamica – e denuncia dell’inadeguatezza delle politiche protezionistiche adottate dall’Italia e da tutta Europa contro lo sbarco dei migranti. Quella inadeguatezza nel gestire i flussi umani ha generato un tale odio e sentimento di vendetta da provocare una reazione esasperata, che non ha basi ideologiche ma emotive e che può quindi ripetersi in qualsiasi altra persona che ritenga di aver subito una ingiustizia sociale da parte di uno Stato più forte e vessatorio: basta un cedimento, una scintilla di follia. Proprio come succede negli Stati Uniti, che non a caso sdoganano e stemperano tali paure sociali attraverso la spettacolarizzazione cinematografica coi classici buoni e cattivi, ma in cui i buoni sono sempre americani. Questo perché, in simili dinamiche si genera un sentimento di colpa collettivo in cui la spunta chi rinuncia per primo alla propria umanità. Tu, a uno che va fuori di testa e si vendica su dei bambini per vendicare altri bambini morti in mare, cosa dici? Che è un bastardo perché i nostri bambini vengono prima di quelli neri morti in mare? Che è meglio non prendersela coi vivi, perché per i morti non c’è più niente da fare? E se sì, non stai anche tu rinunciando alla tua umanità? Non è già questo il segno di un cinismo senza pari? Ancora, per unire la beffa al danno, proprio il bambino che ha sventato l’attentato, Ramy Shehata (l’eroe del giorno) è figlio a sua volta di immigrati e ora, in virtù di quel gesto, suo padre rivendica per lui una cittadinanza che prima non aveva. Gli italiani, che avrebbero dovuto venire per primi in questa storia, come in ogni storia che accade sul sacro suolo italiano, sono relegati sullo sfondo, semplice coro in una vicenda che ha giù tutto il sapore speziato dell’internazionalità. In entrambe le storie, quella di Ousseynou e quella di Ramy, le rivendicazioni di un luogo a cui appartenere sono il succo (causa scatenante e premio) di una vicenda che un semplice spettatore come l’italiano medio che guarda la storia al Tg non può capire.

1 commento:

Tita ha detto...

"Al di là della dinamica che ricalca alla perfezione la sceneggiatura di un film d’azione americano"

Già.

https://youtu.be/lA8GktHs-3k