Era un individualista, ma un individualista non egoistico. Il mondo gli stava a cuore, eccome, ma come una galassia di fenomeni unici, tutti diversi gli uni dagli altri e sempre in movimento. Non appena subodorava accozzaglie costruite a forza, si ritraeva e, se poteva, fuggiva. Non amava la politica, e a volte fu anche scambiato – errore grave – per un reazionario.
[…] Si sa, Parise è stato un ammiratore di Darwin. Gli interessava l’origine, quella sua e dell’umanità. Leggendo i suoi libri mischiava la prima con la seconda e forse trovava qualche consolazione. Col tempo – è questa la mia impressione –, dell’illegittimità famigliare gli è importato sempre meno. Si era abituato a considerarsi una persona sola. […] Era solo anche quando amava, anche quando il mondo dei sentimenti amorosi gli si era rivelato, lasciandolo attonito e stremato.
La sua vera illegittimità era diventata quella letteraria. Ancora oggi è uno scrittore illegittimo. E si può supporre che questa condizione avrà finito per pesargli più dell’altra. Quanti scritti ha lasciato perdere per strada. E quante volte non è riuscito a darsi, mentre scriveva, con tutto se stesso. C’erano momenti che la fiducia in sé, come essere espressivo veniva meno. Si rintanava nel silenzio inoperoso.
Silvio Perrella, Vita breve di un nichilista felice, in appendice a Goffredo Parise, Lontano (Adelphi, 2009).
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