domenica 31 marzo 2019

legno

“Vieni a fare la preghiera a Gesù” dice la giovane mamma alla figlia di nove-dieci anni davanti alla chiesetta di campagna. La bambina le risponde pungente: “Come se anche quella non fosse un’altra fregatura!”. Ascoltandola mi viene da ridere e penso: i bambini sono il nostro futuro. Poi entro in chiesa. Un giovane prete dalla pelle nera sta celebrando la messa per una parrocchia composta quasi tutta da anziani dalle facce dure, rosse, conciate come le hanno i nostri contadini e da altri giovani neri, proprio come lui, seduti in prima fila. A loro, nel suo italiano strascicato, il prete racconta la parabola del buon samaritano. “E tu” dice con veemenza dall’altare “che venivi alla messa della 7.30 e ora vieni alla messa delle 10.00 perché hai litigato con un altro parrocchiano e non vuoi più incontrarlo, che razza di cristiano sei, se non sai perdonare?” Si sente dal fondo della chiesta rispondergli una vecchia: “Jè ggiuste! Tiène rascione!”. Più che una messa, mi sembra una riunione di famiglia. Guardo in alto, il Cristo crocefisso sopra l’altare, la sua pelle è bianca, le sue braccia sottili, delicate, per quanto mi sforzi non trovo nulla in comune fra quello e il sacerdote africano, fra quello e tutta questa gente povera qui riunita nel suo nome. Finché non mi accorgo che la pelle del prete ha lo stesso colore del legno con cui è fatta la croce. Allora sì, penso, c’è qualcosa di vero e di sacro, qualcosa di rispettabile che accomuna questi semplici a quella scultura ed è il legno, il legno della croce a cui Cristo sta inchiodato da secoli, proprio come loro.

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