mercoledì 31 maggio 2017

fucili

La domanda delle domande che le anime più innocenti mi fanno di continuo: Ma tu quando lo trovi il tempo per leggere? Rispondo senza scompormi: In genere sul vaso. Sono innocenti e insistono: Eh, ma quanto tempo ci stai sul vaso, per leggere? Non sanno, poverini, che siamo come fucili, armi in dotazione alla Parola, già carichi e pronti a dar battaglia. Più leggo e più produco, gli dico. Applaudono entusiasti.

pastiche

Come ogni volta che mi capita di ritrovarmi davanti a una poesia da 100 poesie d’amore a Ladyhawke di Michele Mari, mi sale la sensazione che non è vero che il pubblico non vuole la poesia, ma che piuttosto il pubblico vuole il pastiche, cioè la poesia già frullata così risparmia tempo e fatica mandibolare. Una operazione che in qualche modo ha a che fare coi passerotti nei nidi che aspettando che la mamma rimescoli nel becco il vermino del giorno, o all’opposto coi pazienti di un reparto di geriatria in attesa costipata della loro mela cotta. Tutta salute insomma. 

Verrà la gnagna e avrà i tuoi occhi 
questa gnagna che ci accompagna 
bollente e bianconera. Er poeta 
se la magna, poi se fa subito sera.

martedì 30 maggio 2017

come mi sento vecchio

Mi chiama ieri la figlia di una mia amica per chiedermi informazioni su un vecchio cantante che ha sentito da una sua amica e visto che io ascolto musica molto vecchia di sicuro lo conosco. Le dico: Va bene, come si chiama? E lei: Elvis... Elvis Presley? dico io. No, più vecchio. Come più vecchio? Sì, fa jazz. Elvis che fa jazz? Mi canticchia il pezzo che le piace. She. Elvis Costello! dico io. Quello, sì. Ma Elvis Costello è un cantante punk. Come punk? (dubita di me o del punk?) Vabbe' fa nulla, tanto è morto. Ma no che non è morto, avrà 60 anni. Ma sei sicuro?, cantava una cosa jazz. Ma che c'entra? Vabbé dai, fa nulla, però mi piace quel pezzo. Sta nella colonna sonora di un film con Julia Roberts. Ah, capito! Poi ti passo il link e qualcos'altro, ok? Va bene, grazie, le cose più belle per favore. Niente punk! Va bene (si vede che dubitava del punk). Le linko alcuni pezzi un po' più commerciali dell'ultimo Costello più altri da un disco che a me piaceva alla sua età, a fine anni '90. Il disco, bellissimo, è suonato da un quartetto d'archi e i testi sono composti da lettere d'amore e d'odio: The Juliet Letters. Secondo me le piace. La risento poco fa. Allora, ti è piaciuto Elvis Costello? Veramente no, l'ho trovato noioso. Come noioso? Sì, pesante. Basta, io mi arrendo. Come mi sento vecchio adesso, nessuno lo può capire.

la tentazione della disciplina

La poesia non sarà salvata dal suo pubblico. Posto che valga la pena di salvarla, neanche fosse Venezia sotto l'acqua alta, lo sarà da quei pochi che partiranno in spedizione notturna per andarla a godere in segreto, come si gode qualunque cosa che ci è davvero preziosa. Le scuole di scrittura creativa stanno purtroppo facendo uno splendido lavoro. Incoraggiano ogni minima scintilla di talento che incontrano per via, non ammettono anime perdute, sono peggio dell'Esercito della Salvezza. Non insegnano la cosa più importante: che scriviamo ciò di cui ci vogliamo liberare, ma leggiamo solo ciò che ci dà piacere. Non ci sono sensi di colpa che tengano, siamo come i ragazzi in visita al museo. Ci possono somministrare tutte le lezioni che vogliono, ma noi sappiamo che non c'è storia più grande della nostra, di noi che non abbiamo storia. L'insegnante si sgola, cerca di convincere i suoi studenti che la poesia è come uno sport che l'adolescente deve praticare se vuole crescere sano. Ma la poesia non fa crescere sani. La poesia fa impazzire. È come il vento d'alta montagna o la notte artica che dura sei mesi. Non è una cura e non è una malattia: è la tentazione di una malattia, la più incurabile di tutte, quella che ha nome disciplina. 

[Alessandro Carrera, I poeti sono impossibili, Luca Sossella 2016]

sabato 27 maggio 2017

menzogna

Stamattina, coi miei soliti tempi rallentati, ho finalmente capito cosa è successo a Flavio Insinna, e mi è venuto da ridere perché il suo mi è sembrato il classico linguaggio di chi fa teatro. Chiunque abbia visto cosa succede dietro le quinte lo sa, bisogna avere le spalle larghe. Se la gente non ci è abituata o si scandalizza per così poco è perché ha creduto alla menzogna diffusa che chiunque può fare spettacolo, che comunque vada sarà un successo, e semplicemente non è vero.

venerdì 26 maggio 2017

comandamento

Ma occuparsi di poesia non significa solo scriverla e pubblicarla. Significa comprarla, leggerla, studiarla, discuterla, insegnarla e impararla. Il comandamento di chi scrive poesie dovrebbe essere: “Ama la poesia del prossimo tuo come la tua stessa”. Abbine cura, tienila cara, considera la pubblicazione di un bel libro come una tua vittoria personale; cerca di ritessere, per quanto ti è possibile, quel lavoro comune senza il quale una lingua non ha futuro; combatti, per quanto sta nelle tue forze, l’oblio che altrimenti coprirà sia gli inediti tuoi che gli editi altrui. Puoi farlo oltre allo scrivere poesie o invece di scrivere poesie, e in entrambi i casi sarai altrettanto utile alla causa della poesia. 

[Alessandro Carrera, I poeti sono impossibili, Luca Sossella 2016]

la fine

Poco fa ho sentito dire al Tg: "i sette paesi più industrializzati del mondo" e mi sono ricordato che quando eravamo piccoli, a scuola, ce li immaginavamo superpotenti e splendidi, quasi accecanti, paesi proiettati nel futuro, mentre oggi, se te li presentano così, ti viene quasi il brivido fantascientifico dei paesaggi post apocalittici. Se la fine del mondo è vicina, di sicuro comincia da lì. Da Taormina.

il boia

Stamattina, complice l’incontro che ho avuto con lei alcuni giorni fa, mi sono riletto Madre d’Inverno, l’ultima raccolta di Vivian Lamarque, adorabile anche come persona. E devo dire che il mio giudizio non è cambiato di molto. È un libro carino. Punto. Ben scritto, ma non all’altezza di Teresino, né del Signore d’oro. Il che non significa nulla, per lei. Non è che ogni volta uno scrittore deve per forza tirar fuori il capolavoro. C’è anche l’esigenza, per crescere, di scrivere libri come questo, molto personali. Il problema in effetti non è della Lamarque, che ha fatto il suo lavoro con la solita onestà, ma di chi la osanna. Di chi la premia ai concorsi o ne scrive panegirici sui social senza aggiungere un “ma”. Ogni volta che su una testata o a un concorso premi un libro così ignorando l’opera di un altro, magari di un giovane che ha scritto un libro migliore – folgorante proprio come fu Teresino all’epoca – condannandolo a un oblio più o meno lungo, tu ammazzi la cultura con la tua ascia da boia incappucciato, caro critico scrittore o giornalista. E se non lo sapevi, ora te l'ho detto.

giovedì 25 maggio 2017

verso l'infinito e oltre

giustificazione alle mie lamentazioni di editore povero

Se sono povero e lo dico a voce alta
non è che mi lamenti disperato. Non piango
in vista del suicidio. Ma ne rido a modo mio
per stemperare il senso di ingiustizia.
L’italiano medio invoca il mio successo editoriale
e non ammette la sconfitta del mio conto
che non va di pari passo alla poesia.
E non capisce il senso della mia lamentazione.
Poiché il male di uno – in questo caso – è collettivo
in ogni mio: “Sono poverino!”
(povertà che vivo a testa alta
perché nel mio lavoro metto tutto
a volte prima degli affetti e faccio libri
non guerre non palazzi e se il popolo non legge sono cazzi
solamente suoi) in ogni mio: “Sono poverino!”
non c’è nascosto un: “Ah, me miserino!”
ma un più maturo: “Noi popolo di stronzi!” riassuntivo.
Ché la miseria è comune e non fa sconti.

lunedì 22 maggio 2017

nomi che contano

enigma

Sgranavano come fili di perle
le note incise nella tua schiena
ed emerse dalla notte nella stanza
per riavvolgere il tempo sulla pelle.

Le contavo una per una e poi
perdevo il conto se mi agitavo
nel tuo sguardo che più mi ricercava
e più (nella sua luce di miope)

mi rispecchiava a fondo.
Perduto nell’enigma del tuo sì.

martedì 16 maggio 2017

orfeo

Ci sono donne d’istinto e piene di salute che pigliano nel branco i più dotati e scelgono soltanto bei cavalli di razza per lunghi accoppiamenti al sole. Altre si sentono dentro l’inferno, allora t’inseguono persino nel ricordo: «La tua voce, la tua voce io non me la scordo, ancora me la sogno, la tua voce che mi chiama». Perché nella voce dicono hai come una nota di luce, la traccia di un passaggio, ed è la scia di Orfeo che è sceso giù a salvarle.

status

Ma che bello quando mi scrivono a metà mattina per dirmi: proprio bello quel racconto porco che mi hai mandato. Capita sempre meno di frequente, soprattutto con gli addetti ai lavori. E quando capita poi, mannaggia, sono felice. Mi rovina lo status di poeta malinconico e ficodindia che non so quando né dove mi sono cucito addosso.

lunedì 15 maggio 2017

la poesia al tempo dei social

Il tuo culo i suoi baffi.
Le citazioni rubate ai poeti.
Ogni singola foto scattata
e aspirata nel filtro.
Ogni nostra dichiarazione di guerra.
L’ironia dei perdenti.
La mancanza di tutto la mancanza
di affetto. Quell’amore del dire
ogni giorno ciò che non sai dire nei versi.
L’amore nascosto fra le piaghe
della voce che squilla
per farsi sentire più alta
nel coro dei viventi.
Io non la rifiuto l’accolgo
come fosse di un fratello.
Ma quanto la odio quella voce
in cui ristagna
il verso dell’agnello?

domenica 14 maggio 2017

la parola «screato»

Oggi la meraviglia mi viene da mia nonna che parlando di una pianta di gerani mi dice che solo un fiore ha cimato, ma il resto della pianta è gelata, è «scriata», anzi meglio in dialetto: «jè scriéte». Credevo fosse una espressione tutta nostra, nata dalla fatica della terra: scriato, o screato, chi è venuto meno alla propria creazione. Invece controllo e ne trovo traccia nel Vocabolario della Crusca fin dalla sua prima edizione nel 1612. Screato, aggettivo non derivato da alcun verbo attivo: non si può screare qualcosa, si può soltanto essere o non essere screati da natura o destino. Varie le sfumature del suo significato. Screato: venuto meno, venuto a stento, di poca carne, lì dove l’idea non si è ancora fatta corpo in una donna e resta tutta concentrata come un seme nella costola sterile di Adamo.

ciliegie

Ieri ho mangiato le prime ciliegie dell'anno. Tradizione vuole che il sogno che fai dopo averle mangiate si avveri. Quindi vai a dormire carico di aspettative per gli imminenti presagi. Bene. Vado a dormire e cosa sogno stanotte? Sogno Vasco Rossi che mi chiama per commissionarmi il testo per un canzone con cui tornerà a Sanremo. Ci incontriamo, mi dice: "Bravo. Splendida. Vedrai che vinciamo noi!". Poi mi dice che ha un altro appuntamento urgente e se ne va senza pagarmi. Manco un autografo mi ha fatto. Passo il resto del sogno provando a chiamarlo io, ma una voce metallica mi risponde: "Il suo cliente non è al momento raggiungibile." Ciliegie guaste o vitaccia infame?

sabato 13 maggio 2017

cosa conta di più

Ho ripescato un articolo assai bello, datato 1999, di Alessandro Baricco sul confronto fra i testi orginali di Raymond Carver e quelli editati da Gordon Lish. Ne risulta che Carver era un grande scrittore, ma quello che noi consideriamo il suo stile assoluto e seminale era in realtà il frutto del suo lavoro a quattro mani con Lish. Diversamente Carver sarebbe stato oggi solo un ottimo scrittore come tanti e forse noi oggi nemmeno sapremmo chi è, non avendo influenzato col suo stile praticamente nessuno. Ecco, mi chiedo, cosa conta di più, l'opera come traccia del suo autore o l'opera in sé, al di là del suo autore, come traccia della propria epoca? 

non arrossire

Ultimamente, per arrotondare quei due soldi che faccio, correggo testi scritti da altri. Certe volte sono piccole correzioni, altre sono storie scritte così male che mi metto e riscrivo tutto da capo, si fa prima. Mi sembra così di essere entrato in una assurda strategia al massacro, per cui io non riesco a pubblicare le mie stesse storie, ma c'è gente che pubblica le sue scritte da me e quando dicono loro che sono belle, arrossiscono compiaciuti dal proprio talento.

venerdì 12 maggio 2017

dubbio

Pare che il Giro d'Italia oggi pomeriggio sia passato dal nostro grato paesino che però non è stato nominato dalla Rai, cosa che sta facendo incazzare molti perché se una cosa non la nomini allora non esiste, e pare anche che non abbiano fatto manco una ripresa dall'alto dello stesso paese, peraltro bellissimo, dall'alto. A questo punto però mi sorge un dubbio atroce. Ma i quattro elicotteri che hanno sorvolato per tutto il pomeriggio casa mia, se non era per il giro, cosa stavano cercando?

mercoledì 10 maggio 2017

il libertino

Fra le altre cose, ieri mi è capitata questa. Ero a Bari, seduto sul pullman di città diretto in centro, quando un signore attempato, col baffetto grigio alla Tonino Guerra che qui tanto ci piace, mi si è seduto davanti. Sedendosi si è appoggiato al mio ginocchio con la mano e mi ha tastato la coscia. Ho pensato che avesse un po' di difficoltà a muoversi e non ci ho fatto caso. Poi però si è seduto e ha infilato con lentezza la gambetta magra fra le mie e ha cominciato pian piano a strusciarla contro la mia. Mi faceva piedino. E mentre lo faceva gli vibrava il baffo compiaciuto. Io all'inizio ero incredulo, poi gli ho fissato il baffo grigio, l'occhio annacquato che si rallegrava e mi è venuto da ridere con lui, così l'ho lasciato fare per il breve tragitto che ci separava dalla stazione. Insomma ho fatto l'uomo di mondo col culo degli altri, come si dice in gergo. E per un attimo mi sono sentito pure figo, un vero poeta disinibito. Almeno finché non sono sceso dall'autobus e per caso mi sono guardato la patta dei pantaloni e mi sono accorto di avere la cerniera spalancata. Insomma, pensavo di piacere per me stesso, invece è finita che lanciavo segnali involontari da maniaco. Ed ecco la lezione del giorno: mai fare il libertino senza prima essersi accertati di avere le mutande pulite.

giovedì 4 maggio 2017

una cosa preoccupante di cui mi sto accorgendo

Se clicchi il titolo di un libro su Google la maggior parte dei siti che vengono fuori, perlomeno sulla prima pagina, sono soltanto piattaforme di vendita. Non un blog, non un sito che ne parli, che parli del libro, che lo citi, che lo recensisca o lo confuti. Dei libri più famosi capita alla seconda di trovar qualcosa, perlopiù siti istituzionali dei soliti noti che si scambiano favori. Dei meno famosi non capita nulla, mai. Ed è una cosa brutta. Perché sembra quasi che i libri siano lì solo per vendere (e non vendono). Però i libri sono soprattutto veicolo di pensiero. Se nessuno ne parla, se persino il più sfigato dei blogger non si prende la briga di scrivere due righe su di un libro che ha letto per dire la “sua”, come invece fa sul calcio, sul sessomatto o sulla politika, quel libro un poco ha fallito. E non lo dico per presunzione di autore, lo dico perché dieci anni fa, quando avevo solo il blog e non Facebook, c'erano molte più recensioni di libri in giro. E questo qualcosa significa.

martedì 2 maggio 2017

al salone, al salone

Per la seconda e forse ultima volta saremo al prossimo Salone. Saremo piccolini e in disparte ma saremo, come vermi nella mela. Il programma, ho visto, è pieno di poesia, compresi incontri su Bob Dylan, compreso Paolo Nori, e Francesco Piccolo che legge i poeti contemporanei, e Milo de Angelis e Rondoni e Franco Arminio. Quindi consiglio di andare a cercarla la poesia, perché se la cerchi la trovi, bisogna insistere e prima o poi qualcuno te la dà. In mezzo alla poesia ci saremo anche noi di Pietre Vive Editore, ma in incognito, con quell'atteggiamento di chi dice: ma mi si nota di più se me ne sto nell'angolo in disparte o se vado a vedere la Ciabatti, con grazia pop di chi non se la tira con la storia che la poesia è superiore? Ma superiore a chi, a che cosa? E dove? Ecco, se vedete uno scemo con la barba che ride in mezzo a una massa di scemi che discettano di quanto sono fighi i poeti contemporanei estinti, quello sono io. Oppure è Guido Catalano, uno dei due.

miagolio

Vista dall'esterno, la creatività è oggetto di fascino o di invidia; vista dall'interno, è un esercizio continuo di incertezza e una terribile scuola di insicurezza. In entrambi i casi, un miagolio o qualche altro suono incoerente è la risposta più adeguata ogniqualvolta si invochi la nozione di creatività.

[Iosif Brodskij, Profilo di Clio, Adelphi 2003]

lunedì 1 maggio 2017

storia del mio nuovo lavoro

Eravamo in cinque. Io, due gatti e un ragno appeso al filo
all’ombra dell’iris violazzurro al centro del giardino. C’era il sole.
È tempo di rimettersi al lavoro – disse il gatto mite ma deciso
allungando la sua zampa di padrone verso il dito che ingrassava
pigramente nella scia del ragno arrampicato verso il fiore.
Il primo rotolava scoprendosi la pancia con languore. L’altro
si faceva avanti a capo chino, timido gattino ma geloso
e già pronto alla battaglia per rubargli le attenzioni. Non solo:
attendevano il mio grazie per quella inaspettata occasione di lavoro
tranquillo e ben pagato. Mi attendeva infatti sul tappeto
un sorcio sanguinante e già sventrato – Lo metto da parte
per stasera. Il ragno ripiegava nell’azzurro le sue angosce di fratello.
Io cominciavo così il mio lavoro novello il primo maggio del 2017.
Il lavoro più inutile e dolce della storia e non per questo
meno necessario ai nostri affetti: essere grattino ai nostri gatti.