sabato 30 giugno 2018

muro

Mi sono appena ricordato della volta in cui, moltissimi anni fa, una prof universitaria leggendo dei miei versi disse: "Io questo qui non lo capisco quando parla in italiano, figurarsi quando scrive in versi". Le stavo davanti ma era come se parlasse al muro, e ascoltandola mi sono quasi vergognato di me stesso. È stato il momento in cui ho deciso che con l'università avevo chiuso.

giovedì 28 giugno 2018

minestra

Oggi, durante un bellissimo incontro con Antonio Scaburri, alla domanda se si sentisse un artista lui ha risposto con molta ironia: “No, io mi sento più un artigiano, anche perché un artista è uno che gli basta un piatto di minestra, nel senso che crede così fortemente in ciò che fa che gli basta un piatto di minestra per mettersi al lavoro. Io, per il mio lavoro, mi faccio pagare molto bene…” 
In quel momento mi sono sentito molto artista.

la ballerina russa

Una ballerina russa che aveva settant’anni e insegnava danza nelle scuole, un giorno fu seguita da un giovanotto colpito dalla sua figura alta e slanciata. 
Allora corse fino a casa per non farsi raggiungere e si chiuse ansimante nell’appartamento. La giovane figlia le chiese che cosa le era successo. 
“Una cosa straordinaria”, rispose la vecchia madre. “Un ragazzo mi ha seguito e io non volevo che mi vedesse in faccia per non deluderlo con la mia età. Guarda dalla finestra se è ancora giù sul marciapiedi.” 
La figlia andò alla finestra e vide sulla strada un vecchio che guardava in su. 

Tonino Guerra, Il polverone, Maggioli

la morte del bonsai

Com’è aspro e dentellato di vita il campo di là dalla pioggia.

Io resto qui chiuso in casa o mi spingo se posso in veranda
riparando che resta dalle malversazioni del tempo e afflitto
dopo un addio dalla consunzione delle foglie.

All’improvviso risuona oltre il cancello un nome. Mi affaccio
su di un’ombra che chiude il suo ombrello fra le mani.
Mi aspetta senza reclamarmi. La intride la pioggia e morde
i suoi capelli accesi in quest’inverno fuoriporta l’ultimo
riparo al mio avvenire rinsecchito in una stanza.

Le divora il corpo l’acqua e fa sostanza del dolore.
Che più rinserra nella carne incerta e più mi crepa dentro
il vaso. È urna o arca questo vaso? Muore.

mercoledì 27 giugno 2018

salvarci dall'oscurità

Hope of deliverance. Canzone dei miei 16 anni. We live in hope of deliverance from the darkness that surrounds us. Viviamo nella speranza di salvarci dall'oscurità che ci assedia. Rendermi conto di come non sia cambiato assolutamente nulla da allora, stasera mi fa sentire un pochino più giovane. 

il ciliegio in fiore

Un contadino da quando era morta la moglie si era affezionato a un ciliegio. Lo andava a guardare tutte le mattine e gli toccava il tronco con una mano. Ci fu un tempo che il ciliegio si ammalò e fu proprio in quel mese che il contadino stette a letto con una bronchite piena di catarro. Poi il contadino si alzò e tornò a toccare e a parlare col ciliegio che in breve tempo mise mille foglie sui rami. 
Un giorno il contadino era al mercato a comprare una falce e sentì un irresistibile desiderio di tornare ai suoi campi. Gli sembrava che il ciliegio avesse bisogno di lui. Lo trovò che era tutto fiorito e pareva gli sorridesse. 
Il contadino siede sotto l’albero con le spalle appoggiate al tronco e d’improvviso gli piovono sul corpo tutti i petali del ciliegio in fiore. 

Tonino Guerra, Il polverone, Maggioli

il cimitero

Stamattina pensavo che con tutti i curricula che mi arrivano in cerca di lavoro ci ho fatto un bel cimitero in una cartella sul mio desktop. Nella cartella tutti quei profili in pdf stanno piantati come lapidi mute. Io mi aggiro fra le lapidi ben ordinate come un becchino, ogni tanto ne apro uno, ne leggo il nome, le date, la storia riassunta in poche righe essenziali (ha fatto questo, voleva diventare questo, ma poi è stato lì e anche lì, senza concludere nulla). Talvolta ne guardo la foto seria o che timidamente sorride all'obiettivo cercando di arrivare dall'altra parte, e penso che sarebbe stato bello incontrarsi, stabilire un contatto, parlare di libri, di scrittura, traduzioni, di ciò che ci piace. Invece non ho soldi per assumere nessuno, né per dare false illusioni a chi, colpito da una morte precoce da lavoro culturale, mi scrive dalla propria solitudine, nella vana speranza di salvarsi.

martedì 26 giugno 2018

il servizio civile

Ho letto questa notizia di Salvini che vuole reintrodurre la leva obbligatoria di sei-otto mesi per i ragazzi, distinguibile fra servizio militare e servizio civile, e per una volta mi sono trovato quasi d'accordo con lui. Credo che sia educativa molto più dell'alternanza scuola-lavoro. Poi, certo, Salvini preferisce il servizio militare che rafforza lo spirito di corpo. Ma io credo che i più giovani vadano piuttosto educati alla sensibilità sociale, che è un'altra cosa. Per quella serve il servizio civile, magari impegnandoli in lavori socialmente utili, costretti a toccare con mano chi sta peggio.

lunedì 25 giugno 2018

autoritratto con ruggine


ristagna

Nell’ultimo anno e mezzo sono passato come un flipper dal non avere letteralmente più nulla in tasca al dover maneggiare con disinvoltura decine di migliaia di euro al chiedere due fidi in banca per far fronte ai fornitori. Uno sbattimento senza fine per restare in piedi e in cui l’unica soddisfazione (forse) consiste nel poter dire che ho fatto belle cose. Pensare che all’inizio volevo solo pubblicarmi i libri di poesia per non pagare gli altri. Poi stamattina, uscendo dalla banca, mi dicono: “Beato te, che l’editoria è un settore che ristagna e vivi sereno fra i tuoi libri”.

di nostalgici

Probabilmente è vero, dire che quello di Salvini è fascismo è una banalizzazione che non tiene conto né di cosa sta succedendo nel mondo, né dei bisogni reali della gente. Ma soltanto quattro anni fa Salvini veniva fischiato durante un comizio in piazza nel mio paesino orgogliosamente meridionale e ieri, in quella stessa piazza, è comparso il primo stand pro Salvini premier. Ne prendo atto, e sono quasi certo – perché la memoria è sempre troppo corta quando non conviene averla lunga – che presto in molti saranno pronti a saltare sul carro del vincitore e a esultare per il nuovo capo. Eppure quelli che ho visto ieri allo stand pro Salvini sono gli stessi che pochi anni fa tenevano il busto del Duce sulle loro scrivanie. Sono persone con una storia umana e politica un po’ più lunga di quella di Salvini e molto più radicata alla propria terra. Guardandoli mi sono chiesto se non siano loro a non aver capito cosa sta succedendo, se non sia l’intero paese a non aver capito che Salvini con un certo “glorioso” passato non c’entra più nulla, se non in chiave puramente formale o di facciata, e per il semplice fatto che il potere deforma le facce sempre allo stesso modo. Non per nulla «tutti quelli che fanno questo gioco / c'hanno certe facce che a vederli fanno schifo / che siano untuosi berlusconiani o grigi compagni del PD», come cantava Gaber appena l’altro ieri, senza distinzioni e senza appello.

domenica 24 giugno 2018

morto come me

Oggi pomeriggio mi sono appisolato e ho sognato di essere arrivato qui e di essere morto. C'era qualcuno con me, forse Malaparte stesso, che senza guardarmi mai in faccia mi informava della cosa. Sei morto, mi diceva, ma non ti preoccupare, non ti lasci niente alle spalle, e comunque nessuno si ricorderà di te. Davvero, chiedevo sconvolto, non lascerò proprio nulla? Sì, ma non è un problema, tanto moriranno tutti e nessuno lascerà niente allo stesso tuo modo. Nessuno verrà risparmiato.


compleanno

Il 24 giugno è insieme l’onomastico e il compleanno di mio padre che oggi compie 72 anni. Gli ho chiesto, vista l’esperienza, di dare un consiglio ai tanto follower che lo seguono attraverso la mia bacheca, e mio padre, considerando il tempo di questi giorni, saggiamente ci dice questo: 

A ce lasse pène i cappe 
bèlle cazze ngule angappe!

la notte di san giovanni

Ieri sera, bello carico di vino, leggevo Ungaretti in un jazzilo e ricordavo a chi mi ascoltava che il grande poeta nostrano era in realtà un immigrato egiziano arrivato qui per mare. La gente annuiva commossa e anche io per la commozione mi sono fatto un secondo piatto di pasta.

sabato 23 giugno 2018

gli oltranzisti del romanzo

Mio padre è un oltranzista della pasta al sugo. È uno di quelli cioè che si è fossilizzato sullo stesso piatto per cui se non mangia quello non si sente sazio. Gli puoi fare un risotto semplice o una zuppa francese, un secondo elaborato a base di pesce, un piatto freddo, il sushi, una ricetta orientale piena di aromi oppure qualcosa di vegetariano, con verdure fresche di campo, lui ti dirà sempre: “sì, però…”, sì però voglio la pasta al sugo, e tu non puoi farci nulla, come dice lui “non comando io, ma il mio stomaco, solo la pasta al sugo lo sazia”, anche se magari è una ricetta trita e ritrita, il resto della scienza culinaria per lui è un contorno crudo di lattuga, ravanelli e finocchio. Ecco, oggi pensavo che la quasi totalità dei lettori di libri sta più o meno allo stesso livello infantile dello stomaco di mio padre. Ci sono piatti meravigliosi là fuori, talvolta assai elaborati, ma per gli oltranzisti del romanzo qualsiasi cosa tu scrivi che non sia la pasta al sugo, è soltanto un contorno di verdure crude senza alcuna dignità di portata.

due

Ogni anno, quando arriva questo periodo (zona rossa di inviti), mi stupisco sempre che ci sia ancora gente che si sposi. Tutti possono sbagliare, è vero. E c'è persino chi, anche sbagliando, non impara. Pensa, mi diceva Paolo ieri sera, che c'è pure chi si sposa due volte.

mercoledì 20 giugno 2018

oggi hanno riesumato bassani...

Oggi hanno riesumato Bassani.
Domani i miei amici come cani
ancora scaveranno il fosso
gratteranno la tua carne all’osso, Poesia.
I tuoi pochi grammi di zita
soffiati ai vermi alle loro dita maldestre
da scrittori affacciati alle finestre
sognando qualcosa che passa e non li prende.

leggere qualcosa di buono

Leggevo ieri sera la biografia di Curzio Malaparte in cui lo stesso descrive come decisiva per la sua formazione umana e di conseguenza artistica l'esperienza nei Garibaldini durante la Prima guerra. Malaparte ne parla con gli stessi toni, le identiche parole accese e l'animo in rivolta che poi useranno scrittori più giovani di lui per la Resistenza. "Serve davvero una guerra, e che tipo di guerra, serve per forza un nemico", mi sono detto/chiesto in dormiveglia, "per fare uno scrittore?" E quale grande scrittore ci porterà Salvini? Che detta così sembra una battuta, ma intanto vedo di nuovo, pian piano, rinserrarsi le fila di una Sinistra che se c'è, ormai ho capito, c'è soltanto come negativo. La Sinistra, che non è buona nemmeno come nemico, di sicuro grandi scrittori non ce ne porterà. Per leggere qualcosa di buono confido più in Salvini.

martedì 19 giugno 2018

pericolosissima

Statte attinte, mi dice mio padre, che la donna fra i 40 e i 50 è pericolosissima. Prima no. Ma dopo, appena ti distrai, sei preso al laccio. 
Vabbè, faccio io, basta scendere di età e stai tranquillo. 
Uagnò, ma ti sei visto? E secondo te una sotto i 40 proprio a te si viene a prendere?

lunedì 18 giugno 2018

una cosa inutile ma buona

Nella mia famiglia sono stato abituato a pensare che avere cultura è importante, ma alla fine dei conti non è nulla di che, non ti rende speciale. Una persona speciale è una persona onesta: uno che pensa agli altri prima che a se stesso, uno che non si tira indietro anche se c'è da fare una cosa sgradevole e soprattutto uno che non lascia mai indietro nessuno. Così sono cresciuto cercando di essere abbastanza onesto da meritarmi l'approvazione dei miei genitori, ma sempre sentendomi una persona inutile, visto che tutto quello che ho saputo fare nella vita è stato accumulare cultura. Più ne accumulavo e meno mi sentivo importante, anzi quasi mi vergognavo di me stesso e della mia inutilità. Per questo motivo ci ho messo trent'anni per pubblicare il mio primo libro di poesie, e quaranta per il primo libro in prosa, cioè il primo che avrebbero potuto leggere un po’ tutti. Non era snobismo, come mi hanno detto, ma timidezza. Ho sempre fatto le cose con lentezza, per la paura che qualcuno un giorno avrebbe svelato agli altri il bluff che in fondo sono sempre stato: uno che dava l’idea di essere sicuro di sé, ma che invece andava avanti alla cieca, sperando in un po’ di fortuna. Pensavo dunque che il mio libro di racconti sarebbe passato un po’ nell’ombra, e proprio per questo mi sento grato dei messaggi che pian piano mi arrivano da persone che lo hanno letto e che in quel libro ci hanno trovato qualcosa di buono. A loro sono grato per l’affetto. Ma oggi, poco fa, mi ha chiamato la madre di una persona di cui parlo nel libro, e mi ha detto che rileggendo di suo figlio lo ha ritrovato vivo davanti a sé, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, le sue bugie e le sue stronzate, e mi ha ringraziato di essere stato onesto con lui, di non averlo lasciato indietro, mi ha ringraziato per quell’alito di vita che ho donato, ancora una volta, a una persona ormai perduta. E io, che avevo una gran paura del suo giudizio, mi sono sentito utile come raramente mi capita, per aver fatto qualcosa di totalmente inutile com’è appunto scrivere un racconto. Hai fatto una bella cosa, mi ha detto lei, una cosa che resterà. E io mi sono messo a piangere al telefono, come un fesso.

antipatia e fascismo

Leggo la biografia di Curzio Malaparte scritta da Maurizio Serra per un editore francese. Serra pone un interrogativo interessante: perché la letteratura nostrana, così pronta a definirsi antifascista, perdona (o meglio rimuove) il fatto che, ad esempio, un autore come Céline fosse dichiaratamente antisemita indicandolo piuttosto come un genio a cui tutto si perdona, mentre a Malaparte, che fu di sicuro uno scrittore di talento, non riesce a perdonare il fatto di essere stato, più ancora che fascista, paraculo e voltagabbana (attititudine molto italiana) e per questo lo mette alla gogna indicandolo come fascista? Certo è che leggendola, la biografia, Malaparte ne viene fuori come una persona non molto simpatica, e forse è questo il problema: che l'italiano medio si vede paraculo e voltagabbana ma comunque simpatico (Alberto Sordi docet), mentre se sei antipatico allora sei fascista.

domenica 17 giugno 2018

il sague amaro

C’è chi fa il sangue amaro.
Io mi strappo il sesso piuttosto che sbavarti dietro per un buco.
C’è chi fa il sangue amaro.
Io mi strappo la lingua piuttosto che leccarti il culo per un bravo.
C’è chi fa il sangue amaro.
Io mi strappo la mano piuttosto che scrivere per pochi, poco interessati, come sei tu, buco di culo.
C’è chi, come Magrelli, si fa il sangue amaro.
Io sono troppo orgoglioso e piuttosto che darla vinta a qualcuno
M’infilo in una tagliola e dico che se c’è una ferita non è a causa tua.

venerdì 15 giugno 2018

ieri ho incontrato mia madre

Ieri ho incontrato mia madre, singolo e brano di chiusura del terzo disco di Gino Paoli, è una delle più drammatiche interpretazione del suo primo periodo. Di lì a poco, infatti, Paoli si sparerà un colpo al cuore. Offre un bello spaccato della cultura musicale dell’epoca. Da una parte è accompagnato da un’orchestra diretta da Ennio Morricone: quella degli arrangiamenti orchestrali è una pratica desueta nell’odierna musica pop italiana – perché sono cambiati i gusti del pubblico ma anche per via dei costi elevati – eppure, facendosi l’orecchio, di una ricchezza e di una raffinatezza rari. Dall’altra soffre di un pesante intervento della censura: il titolo originale della canzone era infatti Ieri ho incontrato mia moglie e parlava, senza troppi fronzoli, della delicata situazione con Anna Fabbri quando Paoli si innamorò della giovanissima Stefania Sandrelli. Non ammettendo concetti come corna, separazione, e peggio ancora storie con avvenenti minorenni (com’era appunto la Sandrelli), la casa discografica propose a Paoli di modificare il testo, e come al solito fu la Mamma a salvare capra e cavoli, caricandosi sulle spalle il peso della buona, asessuata ma tanto pruriginosa, famiglia italiana. In quella nuova veste, Paoli portò la canzone a Sanremo nel 1964, dove tutti capirono tutto senza capirci un bel niente, dunque piazzandosi quarto.

la mia prima volta

Poco fa un ragazzetto vicino alla posta ha scartato un pacchetto di sigarette nuovo nuovo, ha appallottolato la protezione in plastica, se ne è liberato gettandola senza esitazioni per terra, e quando gli ho fatto notare che sarebbe meglio non farle certe cose, mi ha risposto così: "Fascista!" La prima volta in vita mia che me lo dicono.

martedì 12 giugno 2018

intervista

Ho appena letto una intervista a Tiziano Scarpa sul suo ultimo libro di poesie, Le nuvole e i soldi (Einaudi) in cui si ha la netta sensazione che intervistatore e intervistato vadano in due direzioni diverse. Per questo motivo non la linko, però mi hanno molto colpito due cose dette da Scarpa: la prima in cui asserisce che è più difficile trovare autori che si siano dedicati esclusivamente alla prosa o esclusivamente alla poesia che non il contrario (autori dedicatisi a entrambi i generi) come invece ci siamo abituati a credere; la seconda che gli piacciano alcuni classici come il Liber Catulliano o le Farfalle di Gozzano, che vanno oltre i luoghi comuni legati ai loro autori e alla semplice occasionalità amorosa. Opere che adoro anche io, e infatti cito qui un frammento finale delle Farfalle di Gozzano che mi sembra più riuscito e utile da leggere dell’intervista stessa: 

Nessuno s’ebbe più palese il dono 
d’elaborare la materia sorda 
in un’essenza non mortale: anelito 
di tutto ciò che vive sulla Terra 
fluido strano ch’ebbe nome Spirito, 
Pensiero, Intelligenza, Anima, fluido 
dai mille nomi e dall’essenza unica. 
Tutto di noi gli è dato in sacrificio: 
la ricchezza del sangue, l’equilibrio 
degli organi, la forza delle membra, 
l’agilità dei muscoli, la bella 
bestialità, l’istinto della vita. 

(Guido Gozzano, Le farfalle)

lunedì 11 giugno 2018

le americanate

È da ieri che sulla mia bacheca di Youtube ritorna prepotente questa canzone perfettamente in linea (secondo me) con il Salvini pensiero, e per di più una (bella) americanata che non dispiacerebbe a Trump. Potendo quindi prendere due piccioni con un sola fava, la consiglio vivamente ai loro sostenitori per cantarla tutti insieme durante i comizi o anche dopo, al pub per una birra fra amici.

Addio straniero, è stato bello 
Spero che troverai il tuo paradiso 
Ho cercato di vederla dal tuo punto di vista 
E spero che i tuoi sogni un giorno diventeranno realtà 
Addio straniero, ci incontreremo ancora 
Senza dispiacere, senza vergogna, senza dolore...

domenica 10 giugno 2018

antifascismo e barbarie

Sarò io che, da buon luterano, mi fisso sempre per le cose inutili, ma tutte le volte che leggo i commenti indignati in cui si dice: “Siamo nei guai perché ora al governo ci sono finiti (fra gli altri) dei fascisti”, ecco io penso sempre a quelle leggende metropolitane che si raccontano da anni: storie di ordinaria follia in cui protagonisti sono dei ragazzini che a scuola picchiano i compagni e gli insegnanti per gioco, uomini che ammazzano le donne perché sono donne e i gay perché sono gay, poi tornano a casa dalla loro famiglia cattolica e rifiutano ai gender lo status di umani, poliziotti che non picchiano per contenere il disordine dei cortei ma per spaccare le teste del primo che capita, uomini di buoni propositi che “aiutiamoli a casa loro”, uomini più pratici che mettiamoli a raccogliere i pomodori per svenderli a prezzo ribassato alla civilissima Europa, uomini meno retti ma bravi che non piantano ortaggi ma discariche abusive, gente che porta in processione l’icona di Totò Riina perché Riina era una brava persona. Penso a tutte queste cose che in Italia non esistono, non sono mai successe, e mi viene da pensare che se esistessero davvero allora saremmo veramente nei guai perché significherebbe che i fascisti erano fra di noi già da molto prima di quelli che stanno al governo e invece di fermarli per tempo li abbiamo coperti, difesi, perdonati e forse anche un po' ammirati, insomma invece di sputare loro in faccia e allontanarli per lo schifo che ci fanno, stando almeno a quanto leggo ogni giorno sui social, saremmo stati loro complici, i loro amici più fidati, avremmo riso e condiviso il nostro pane con loro, dicendo ogni volta non è così grave, non è così grave, fino ad annientare i sensi e non sentire più niente, fino a ridurre ogni cosa a un brusio delle coscienze, e a ridurre il nostro dichiarato antifascismo a un fatto di semplice facciata, antipatia, e non a un moto del cuore, a quel senso d’ingiustizia che ti spinge a non accettare più nessun compromesso e a dire: se questo paese è fascista allora io voglio cambiarlo, a cominciare da me stesso che ci vivo. Ma questo, dicevo, in Italia non è mai successo.

lo scannacavallo

Non riuscendo a deglutire quel disgusto
che in certe domeniche di vita gli si conficca in gola
avvelenando il bello che rimane
se ne va bestemmiando fra i denti ma senza più cortesia
chi legge i suoi lamenti di poeta e dice
(non capendo il dramma di una spina in gola)
ma che bello è l’essere poeti e quanta grazia
quanta leggerezza esprimi quanto amore.

passeggiando sulla magnolia


sabato 9 giugno 2018

il nome giusto

Sergio Garufi è una presenza borgesiana nel mondo letterario italiano, troppo intelligente per essere semplicemente ignorato ma troppo schivo per diventare realmente popolare, persino con un promoter come Jovanotti che ha speso bellissime parole per il suo secondo libro. Se ne sta, insomma, “da lato”, in una sua nicchia particolare in cui si esprime per lo più attraverso il suo blog letterario, La vie en beige, che a mio modesto parere è il più intelligente, libero e illuminante che ci sia oggi in rete, uno dei pochi su cui torno per ricostruire le tracce sparse di un viaggio sentimentale che presto o tardi lo porterà (ne sono convito) a scrivere il suo capolavoro. Questo che invece linko non è il capolavoro di Sergio, ma è il suo esordio letterario, Il nome giusto, pubblicato dopo una rocambolesca fuga a Roma, dopo aver mollato a quarant’anni un’intera vita e una professione, insomma rinunciando a tutto e ripartendo da capo. Ci vuole un bel coraggio per inseguire fino a questo punto i propri sogni. Non è il suo capolavoro, dicevo, ma come in tutte le opere prime ci ha messo dentro l’intero suo mondo: i libri, gli amori irrealizzati in cui ci realizziamo noi, dopo, dando un senso ai finali. Ed è un libro, in effetti, di finali, di cose che finiscono per poi ricominciare. Adesso IBS lo dà col 50% di sconto e io, che l’ho amato molto, non potevo restarmene zitto.

venerdì 8 giugno 2018

la maieutica di prodi

Ho appena visto il video, pubblicato da Repubblica, di una intervista di un paio di giorni fa a Romano Prodi, il quale parlando del governo Renzi, definito dagli intervistatori di Sinistra, risponde sarcasticamente: “Ah sì?” prima di nascondere la mano e dire che non vuole occuparsi di politica interna. Mi ha ricordato Matteo Renzi stesso che, alcuni anni fa, parlando di Stefano Fassina che gli faceva opposizione interna, ironizzava: “Chi?” Sembrano semplici stoccatine fra compagni di banco, ma quando le sento mi viene sempre da pensare che la Sinistra è messa più o meno come un romanzo di Pessoa, con così tante identità che delle volte non si riconosce e quando le chiedi di darti delle certezze su cos’è oggi la Sinistra (cioè di definirsi una buona volta) invece di rispondere procede per punti interrogativi e negazioni, finché non ti arrendi all’evidenza che non ci sono risposte, in effetti, soltanto dubbi morali su questioni irrisolte. In compenso, su quello che sono gli altri la Sinistra ci vede benissimo e non ha dubbi. Parlando dell’attuale Governo, infatti, Prodi lo definisce senza esitazioni di Destra. Quando gli chiedono se è convinto della cosa, lui, maieuticamente, risponde alla domanda con un’altra domanda: “Perché, cosa lo chiami tu, di Centro?”

la presunzione culturale

Ogni mattina, al risveglio, leggo poche pagine di un libro. Stamattina tocca a “Il lavoro culturale” di Luciano Bianciardi. A pagina 65 scrive: «Come forse lei sa, c’è oggi in Italia la crisi del libro». Era l’anno 1957. Vedi la presunzione, mi dico. Noi pensavamo di esserci entrati a testa alta nella crisi. Invece stava lì molto prima di noi e non ne siamo mai usciti, nemmeno cinque minuti, per vedere che aria tirava fuori.

giovedì 7 giugno 2018

fidel

Mio fratello mi dice: Oggi ho visto una intervista a Fidel Castro e ho pensato per tutto il tempo a te. Per le idee politiche?, gli chiedo. No, perché gli hanno domandato perché un uomo importante come lui non curava quello schifo di barba e lui ha risposto di trovarla una perdita di tempo. Uguali.

mercoledì 6 giugno 2018

cani figliati

Allora, questa la devo raccontare. Un paio di giorni fa è scoppiata una piccola polemica sul diritto d’autore sulla bacheca del nostro sindaco, che ha pubblicato una foto molto bella del nostro paese senza citarne l’autore, il quale ha chiesto gli venisse giustamente accreditata. Il sindaco, da signore qual è, si è scusato e ha corretto immediatamente l’immagine. Subito dopo sono partiti i commenti di quelli secondo cui condividere una foto senza citare l’autore non è peccato perché alla fine il nostro paesaggio l’hanno fatto la natura e i bravi contadini di un tempo, e se lo fotografi tu o tua sorella col cellulare non cambia assolutamente nulla perché il paese sarà bello uguale. Sono cose che a chi ama la fotografia fanno rizzare i peli sulle braccia, ma tant’è, questo è il modo in cui molti la interpretano, un hobby per principianti. Fra gli altri mi ha colpito il commento di una ragazzo, Mattia. Il quale, ritenendo una esagerazione la presa di posizione del fotografo, gli scrive (copio incollo, visto che per lui non c’è alcun male nel farlo): “il bulletto?! Ma ti senti come scrivi?! Peggio come ragioni.. Ho sottolineato che non è un’accusa bensì un pensiero.. perché sei stato a mio avviso molto duro...... aaaaah MENO MALE CHE FAI FOTO..... che se fossi poeta non oso immaginare!” E a me questa cosa del poeta mi ha mandato in sollucheri, perché probabilmente Mattia non lo sa e voleva creare un paradosso ironico, ma i poeti sono pericolosi per davvero, vendicativi, attaccabrighe, soprattutto sulla carta, ingrati, egoisti, stronzi fino al midollo e queruli come cani figliati. Sono le persone peggiori che potreste mai incontrare sulla vostra strada. Lo aveva capito bene Roberto Bolaño che desiderava ardentemente esserlo, a modo suo ci ha provato, e alla fine ci ha scritto sopra un libro di quasi 700 pagine, senza peraltro riuscire a sviscerarne il mistero.

domenica 3 giugno 2018

misteriosa

Le muse, proprio come gli amori, non te le scegli. Però capita in genere che ci siano più amori che muse nella vita di un uomo. Così nella mia vita ho perso la testa per un sacco di donne, ma di muse vere e proprie ne ho avute solamente due. Alla prima ho dedicato due libri di poesie, entrambi pubblicati. Per la seconda (nella foto, anno 2011) ho scritto invece un libro di poesie, due racconti e un romanzo, nessuno dei quali è mai stato pubblicato. La musa talvolta, proprio come nella foto, resta misteriosa, in primo luogo per chi ne scrive.

sabato 2 giugno 2018

festa della repubblica (e si vede)

Dopo la sollevazione nazionale sul caso Mattarella, registriamo al 2 giugno come il primo assoluto atto di questo nuovo Governo che avrebbe dovuto essere perlomeno di rottura, sia l’aver preso l’amante di uno dei suoi due leader per metterla a lavorare in Rai, canale di Stato per cui si pagano le tasse. Il tutto alla luce del sole, con la sfacciataggine e l’arroganza di chi ha il potere in mano. Ci voleva dunque la Lega per ribadire questa sostanziale verità che si fa biglietto da visita del nuovo corso politico italiano: se vuoi un lavoro figo devi darla al Capo! Ancora peggio, l’assoluta naturalezza con cui tutti hanno preso la notizia, fra scrollatine di spalle e qualche battutina sconcia, dopo mesi di scassamento di coglioni delle femministe per cui tutto è un attentato ai diritti della donna meno darla al capo per un lavoro, non ci lascia presagire nulla di buono per quello che verrà, ma non dall’alto quanto piuttosto dal basso, dai soliti assuefatti al potere, a tal punto da non vedere più, non indignarsi per i micro attentati alla democrazia che si ripetono ogni giorno intorno a noi: quelli dove c’è una persona che ha una posizione privilegiata rispetto alla tua non perché sia più brava ma perché va a letto col Capo. Cosa c’è di democratico in tutto questo? Cosa c’è di nuovo? Tutto è cambiato perché non cambi nulla, come diceva qualcuno in un celebre libro, che non cito perché oggi citare i libri è diventato impopolare e demodé.