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lunedì 3 luglio 2023

su eap e saggistica

 Mi sono sempre chiesto una cosa. Si parla di editoria a pagamento, io ogni tanto sento qualche amico che scrive saggi che mi dice – a meno che non mi stia clamorosamente mentendo – “ho proposto quel mio saggio o raccolta o sottogenere a quel marchio, e si parla qui anche di grossi marchi nazionali, marchi che detengono il mercato, e quelli mi hanno chiesto 3-4000 euro perché è un saggio, però loro sono un marchio prestigioso e poi hanno il distributore nazionale e mi fanno arrivare il libro pure in Amazzonia se vogliono. Venderlo poi, come si sa, è un’altra cosa, ma intanto, se pago, ci arriva”. Ecco la domanda è: quando il contributo economico te lo chiede il marchio editoriale prestigioso con tanto di distributore nazionale – che pare sia l'unica cosa che conti in certi discorsi: arrivare dovunque, anche solo per non vendere nemmeno una copia, fallire meglio insomma, come diceva Beckett – quella è da considerarsi editoria a pagamento oppure no? Me lo chiedevo perché a volte questi miei amici mi regalano i loro saggi e alcuni sono talmente noiosi che io nemmeno impegnandomi al massimo riesco a finirli (o capirli), e mi chiedo come possano vendere anche solo una copia al di fuori della ristretta cerchia di appassionati, considerando anche il prezzo di copertina che in alcuni casi è veramente alto. E infatti – a meno che tu non sia Carlo Rovelli che parla degli affascinanti buchi neri, ma quello che scrive della riproduzione delle limacce o degli affreschi della cappelletta dispersa nell’oscuro paesino montano del centro Italia o quello che fa la monografia dell’oscuro poeta minore che non si è nemmeno suicidato, scriveva e basta dopo il lavoro – il libro il più delle volte lo pagano loro. Quella è EAP, o sarebbe meglio evitare di scrivere libri "per pochi", che non vendono copie concentrandosi unicamente sull'origine dei buchi neri e altri argomenti più romanticamente allettanti per una ricerca di mercato? Poi certo, ci sono anche quelli che usano gli studenti universitari iscritti al loro corso come porcellino-salvadanaio costringendoli a comprare il libro e quindi affidando loro la nobile missione di combattere l’editoria a pagamento che sfrutta gli autori, sfruttando invece gli studenti (che tanto sono già sfruttati, quindi sono abituati). I quali, per unire la beffa al danno, poi sul libro dovranno anche dare l’esame: quando si dice che del salvadanaio non si butta via nulla.

giovedì 26 novembre 2020

semplificare

Ragazzi che mi scrivono che gli ultimi libri che ho pubblicato sono scritti in maniera difficile. Facilissimi non sono, è vero, nel senso che come qualsiasi libro richiedono attenzione. Il punto è che a dirlo sono dei laureati, in alcuni casi dei giovani professionisti. Io non ci voglio credere che un laureato se la fa addosso per dei libriccini in versi da 80 pagine, preferisco pensare che sia solo pigrizia; e ho capito che sono densi, ma se davvero vi perdete d'animo per quelli qualcosa nella vostra istruzione non ha funzionato. Ancora una cosa: anche io attribuisco un valore alla comunicabilità dell'opera, però credo anche che ogni opera ha un suo proprio linguaggio, che alcune ti richiedono uno sforzo in più o addirittura di lottare corpo a corpo con loro. A volte è frustrante, specie quando perdi (a me capita di continuo), ma fa parte della regola del gioco. Ma lamentarsi e presumere che tutto si possa semplificare o abbassare a comando, a un tono medio caldo e confortevole che non richiede alcuno sforzo, alcuna immersione sia pure una immersione nel dizionario, significa ammettere che per noi la Letteratura non ha senso, che basta limitarsi alla sinossi per sapere come va a finire la storia. Io questo, da gente che mi parla di libri e di scrittura, non lo accetto. Tanto varrebbe limitarsi alle fiction Rai.

sabato 20 giugno 2020

il danno

Ogni anno c'è qualche ragazzo/a che mi fa leggere la sua tesi di laurea per dei consigli, e ogni volta mi viene da mettermi le mani fra i capelli. Non parlo nemmeno della grammatica spicciola, ché io vengo dal liceo artistico e sono pieno di lacune, ma proprio della maniera barbara in cui viene violentata la logica di certi discorsi, l'indifferenza a fare bene le cose, l'incapacità di mettere insieme due concetti, di comprendere certi meccanismi, anche semplici, o più semplicemente di appassionarsi a un discorso e provare a dire qualcosa magari di imperfetto ma che non sia la solita pappina riscaldata. Nulla di nulla. Da giorni di discute del destino della scuola, ma la verità, mi viene da pensare a volte, è che la scuola che è sottostimata da una parte (nel senso che si fa di tutto per non investirci risorse) è anche sopravvalutata dall'altra, nel senso che molti non dovrebbero nemmeno arrivarci all'università, ma nemmeno alle superiori, dovrebbero impedirglielo, dovrebbero farla finita coi libri e trovarsi una lavoro dignitoso, perché non c'è nulla di male a non essere laureati, il problema è essere laureati senza meritarselo e poi piangere miseria se non si trova lavoro, o peggio ancora, non trovando lavoro fare il concorso per entrare nella scuola, magari passarlo anche, visto come stanno andando le cose, e aggiungere il danno alla beffa.

sabato 30 giugno 2018

muro

Mi sono appena ricordato della volta in cui, moltissimi anni fa, una prof universitaria leggendo dei miei versi disse: "Io questo qui non lo capisco quando parla in italiano, figurarsi quando scrive in versi". Le stavo davanti ma era come se parlasse al muro, e ascoltandola mi sono quasi vergognato di me stesso. È stato il momento in cui ho deciso che con l'università avevo chiuso.

sabato 7 aprile 2018

aiuta o no?

Martedì 10 aprile io e l'editrice Giorgia Antonelli siamo stati invitati da un gruppo studentesco a tenere una lezione all’Università che aprirà una serie di incontri sull'editoria. Tema della nostra lezione sarà: MA L’EDITORIA AIUTA O NO LA RICRESCITA DEI CAPELLI? Io e Giorgia siamo stati scelti come esemplari contrastanti su cui dibattere questa teoria. Ecco, mi hanno detto che hanno prenotato per assistere alla cosa più di 80 studenti. Pare che l’Italia dei libri sia piena di calvi che non si arrendono.

venerdì 19 settembre 2014

il poeta è un emarginato

In Italia il poeta è un emarginato vero e proprio e non conta nulla: basta osservare di passata che non esistono cattedre universitarie di poesia e nessun poeta è invitato come poeta in residence nelle nostre Università dove addirittura il poeta professore è ancora ignorato come poeta (e, anzi, la sua presenza crea un certo imbarazzo) e dove, da secoli, non esistono più nemmeno i poeti laureati. [...] Se, invece, i poeti ricevessero le attenzioni, le cure e il mandato sociale che ricevono altrove, forse avremmo anche un pubblico di lettori più maturi. [...] Per esempio, in Italia non sarebbe possibile avere per una elezione politica un Inaugural poet. Invece Obama (e prima di lui altri tre presidenti) ha invitato al suo giuramento Elizabeth Alexander a leggere una poesia da lei composta per l’occasione. E, si badi bene, si tratta di una poetessa che è anche professoressa di ‘African American Studies and English Literature’ alla Yale University. La partecipazione di un poeta a un evento storico di quel livello ha di fatto ribadito, almeno in America, che il poeta ha ancora un mandato sociale ben preciso e riconosciuto. (Alessandro Polcri) 

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venerdì 27 settembre 2013

una bella giornata

Pierluigi Cappello è un grande poeta, ma soprattutto è una persona rispettabile. Da poco sono usciti per Rizzoli il suo primo romanzo e la raccolta di tutte le sue poesie. Oggi, a Udine gli hanno dato una laurea honoris causa in Scienze della formazione primaria e io mi sento felice. Per una volta, dopo tanto tanto tempo, si riconosce il fatto che con la poesia si possa fare cultura attiva, e ancora di più che l'onestà e l'integrità intellettuale hanno uno spazio, per quanto piccolo, nelle università, sui canali di informazione e persino nel cuore del pubblico. È davvero una bella giornata.