Ho molto sperato in questa seconda metà dell’anno, e spero ancora in un colpo di fortuna nell’ultimo mese (ormai, in silenzio, mi sono ridotto a sperare nella fortuna, perché so già che dall’impegno non verrà un bel niente), ma per come si sono messe le cose questo sarà il mio primo anno da editore che chiuderò più povero di come l’ho cominciato. Non ho problemi ad ammetterlo e non sono nemmeno troppo depresso, in realtà; un po’ è stata sfiga, un po’ stanchezza di rincorrere le persone, un po’ me la sono cercata: potevo pubblicare 30 libri e ne ho pubblicati solamente 3. Però, se dopo sette anni di lavoro, basta un solo anno in negativo per mettermi in difficoltà, allora comincio a chiedermi che cosa ho costruito finora, e come, e per chi. Non si può capire, senza viverla, quanto sia tossica e stressante la mancanza di empatia di molti autori, la loro ipersensibilità senza sconti, la loro incapacità di confrontarsi col momento storico, il loro bisogno di rifugiarsi nella scrittura che poi esplode in un assedio senza tregua: Allora mi hai letto? Quando mi pubblichi? Ce la facciamo per Natale? Ma più di tutto mi infastidisce l’ipocrisia di chi ostenta un successo che non c’è, di chi applaude deliziato anche se magari non ha contribuito minimamente a quel successo, il leccaculismo di chi non compra mai un libro, ma continua a ripetere che tutto va bene anche se va male, che tutto è splendido e meraviglioso, che noi (noi) dobbiamo andare avanti a testa alta e sorridere, sorridere sempre, perché noi (noi) sì che stiamo facendo arte, Letteratura. Noi splendidi e con le pezze al culo. La storia della letteratura è piena di morti di fame che piangono miseria per arrivare a fine mese o che, come Dostoevskij, si prostituiscono editorialmente per pagare i debiti. E tutta questa miseria, credo, non ha una briciola di nobiltà, onestamente non mi fa nemmeno ridere.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
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domenica 22 novembre 2020
domenica 16 giugno 2019
trauma
A pranzo con amici di famiglia, mi chiedono cos’è oggi in Italia – dove la poesia notoriamente non vende e l’editoria di genere è quasi tutta a pagamento – un editore di poesia onesto. Io onestamente rispondo che è uno che, senza realmente guadagnarci, lavora per pagare i libri agli altri. Mi guardano straniti, non capiscono. C’è in questa mia scelta, suggeriscono, una vena autolesionista assai forte, probabile espressione di un qualche trauma infantile. Ma mio padre non ci sta: “Kuss jè cugghjone i mu a colpe jè a megghje?”. Direi che per oggi siamo apposto.
sabato 3 febbraio 2018
mi ricorderanno
Un giorno mi ricorderanno così. Aveva tantissimi difetti, era donnaiolo, fanfarone, paraculo, ma almeno era una persona onesta: infatti, gli si leggeva tutto in faccia.
lunedì 17 agosto 2015
disonore
Mi dicono che non c'è Destra né Sinistra, che sono due sigle vuote. Io penso che succede non perché non ci sono mai state, come molti ormai credono o vogliono far credere. Penso che succede perché la Destra ha definitivamente prevalso sulla Sinistra, inglobandola e perciò riducendo entrambe le sigle a un significato solo. Ma penso anche che la Destra, oltre alla Sinistra (al suo meglio e al suo peggio), ha inglobato e corrotto la parte sana della Destra stessa, annullando qualsiasi equilibrio fra bene e male. In questo senso non è il PD che ha preso il peggio della DC o di FI, come già in varie occasioni si è osservato, ma è la DC che aveva già corrotto in partenza tutte le forze della Sinistra poi confluite nel PD. O, per andare alla radice stessa del problema, fra la Destra sana di De Gasperi (di cui tanti hanno detto bene) e quella corrotta di Andreotti (di cui tutti hanno sempre detto male) ha vinto nei cuori, nei modi, nella cultura, nel cinismo interessato e nell'arguzia fine a stessa o che serve a mascherare il vuoto, la Destra di Andreotti, poi confluita, imbarbarendosi, in quella di Berlusconi. E questo va detto a disonore di tutti gli italiani.
venerdì 27 settembre 2013
una bella giornata
Pierluigi Cappello è un grande poeta, ma soprattutto è una persona rispettabile. Da poco sono usciti per Rizzoli il suo primo romanzo e la raccolta di tutte le sue poesie. Oggi, a Udine gli hanno dato una laurea honoris causa in Scienze della formazione primaria e io mi sento felice. Per una volta, dopo tanto tanto tempo, si riconosce il fatto che con la poesia si possa fare cultura attiva, e ancora di più che l'onestà e l'integrità intellettuale hanno uno spazio, per quanto piccolo, nelle università, sui canali di informazione e persino nel cuore del pubblico. È davvero una bella giornata.
mercoledì 25 novembre 2009
chi non conosce joe d'amato?

Lo so che è una fesseria, ma mi è successo l’altra sera e ve lo voglio raccontare. Ero a una riunione fra le associazioni giovanili del paese, per studiarci la programmazione di alcune iniziative invernali. Stavamo tutti lì intorno a un tavolo, circa una ventina di persone, ad ascoltare un tipo di cui non ricordo il nome, portato da Livianna, uno di quei geniacci pure simpatici ma che si gasano per le cose più astruse e folli, e ‘sto tizio stava presentando una particolare rassegna cinematografica che aveva intenzione di proporci per un cineforum, legata alla scoperta dell’arte attraverso il cinema. E lui elencava una serie di film a cui aveva pensato che possono definirsi impegnativi per un esperto, figurarsi per dei profani! Roba tipo L’arca Russa di Sokurov, un film di una pesantezza allucinante che il tizio diceva avergli cambiato la vita in meglio e ho detto tutto. Altri che mi ricordo sono Bella di notte, un documentario su Villa Borghese visitata ovviamente di notte ma con una torcia elettrica, e poi i più abbordabili, e anche gli unici che ho visto: Sogni di Kurosawa con l’episodio di Van Gogh, La ricotta di Pasolini e l’ultimo di Antonioni sul Mosè di Michelangelo.
Insomma io non ero convinto, gli altri neppure ma per motivi diversi. E infatti a un certo punto Marco, il portavoce del gruppo, ha preso la parola e si è messo a discutere dell’opportunità o meno di presentare dei film che in pochi avrebbero realmente potuto apprezzare ma soprattutto discutere (sapete com’è per la gente di sinistra, se non c’è il forum costruttivo dopo allora il cine prima è stato un fallimento) e persino Luca, che è un vero esperto ma anche diplomatico come pochi, ha sollevato il sopracciglio perplesso. Insomma Marco ha detto che avrebbe preferito qualcosa di meno elitario, qualcosa di più popolare ma fatto con gusto, in modo da evitarsi le solite seghe mentali e parlare. Il povero ragazzo senza nome veniva scaricato e infatti, per il nervoso, la gamba gli si agitava così freneticamente che avrebbe potuto schizzargli via in qualsiasi momento. Io, che me ne stavo nell’angolo, mi dividevo con difficoltà fra l’interessantissimo discorso e le gambe di Vanessa, che quella sera portava la gonna (chiamiamola pure contemplazione della bellezza). Sull’espressione “seghe mentali” però mi sono illuminato. Così, il più seriamente possibile, ho preso la parola e ho detto la mia: “Scusate ma se volete qualcosa che sia da una parte un po’ di nicchia e dall’altra abbordabile per tutti, ma perché non facciamo una bella rassegna dedicata a Joe D’Amato!”
Martin in fondo alla stanza è scoppiato a ridere. Tutti gli altri sono rimasti ammutoliti e con le espressioni che andavano dalla perplessità del tipo “l’ho già sentito ma non ricordo bene dove” all’interrogativo puro. È durato tutto pochi secondi ma si potevano sentire come in un film di Sergio Leone la balle di polvere rotolare per la stanza al suono dello scacciapensieri. A quel punto Luca, l’unico altro che aveva capito, mi ha detto, quasi sbuffando: “Spiegali chi è Joe D’Amato, perché non lo sanno…” “Ma davvero non sapete chi è Joe D’Amato?” ho insistito io incredulo. Nuove espressioni di diniego. “Ma miseriaccia!” m’infuoco. “È il Martin Scorsese del cinema porno!” Lo sguardo delle ragazze si è fatto gelido, gli altri hanno taciuto. “Perdonatelo, ma certe volte se n’esce con queste idee, voi non gli date corda…” ha detto Rob ridendo, sfottendomi. A quel punto mi sono ammutolito anch’io, un po’ contrariato. Anche perché ai nostri cineforum se vengono dieci persone è un miracolo, e secondo me con Joe D’amato avremmo davvero spaccato il mondo. Invece non mi hanno preso sul serio. Pure il tipo dei film impossibili se n’è andato deluso quanto me quella sera, e almeno di questo ero contento. Meglio evitarsi altre seghe mentali.
Solo più tardi, all’arrivo di Vito, tutto si è mostrato per quello che è, un grosso imbroglio. Quando si è seduto e ha chiesto di cosa avessimo discusso nelle ultime due ore, io gli ho chiesto, a bruciapelo: “Vito, ma tu lo conosci Joe D’Amato?” “Cazzo se lo conosco!” fa Vito: “Dei pornazzi fantastici! Ma pure gli splatter non sono male!” A quel punto Annalisa, la ragazza di Vito, ha cominciato “Ma bravo! Ma bravo!” poi si è alzata ed è andata fuori a fumare seguita dalle altre ragazze. Vito ha chiesto entusiasta: “Ma perché, volete fare un cineforum sui suoi film?” E io: “No, non si può, qui non li conosce nessuno!” E Marco, guardando fisso lo schermo col viso inespressivo: “Beh io sì, li conosco.” E Rob, accanto a me: “Pure io in effetti. Cioè, per sentito dire…”
A quel punto, tirando fuori la voce in modo da abbracciarli tutti quanti con poche semplici paroline, ho detto: “Brutti stronzi che non siete altro!” e me ne sono andato fuori anch’io.
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