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sabato 25 novembre 2023

tempo e spazio dell'opera

Prima stavo leggendo una intervista a Riyoko Ikeda, autrice osannata di quel capolavoro manga che è Lady Oscar. L’autrice a un certo punto dice che, mentre lavorava alla trama del fumetto, che aveva uscite periodiche, e cercava di capire come chiuderlo, e se lasciare o no che Oscar si accoppiasse con qualcuno, il personaggio di André che né Oscar né la Ikeda avevano mai considerato prima, che nella storia era soltanto una spalla, prese piano piano il sopravvento e malgrado le intenzioni della Ikeda crebbe da solo, si prese uno spazio tutto suo, sempre più ampio e profondo nel suo tormentato amore non corrisposto, tanto da farsi tridimensionale e assumere il ruolo di coprotagonista, dando al finale della storia quella dimensione tragica che oggi sembra quasi necessaria, per cui uno si dice “non poteva che finire così”. In realtà non era nemmeno stato immaginato, è successo da sé strada facendo. Ecco, mentre ci pensavo ho capito che questo è ciò che fa la differenza fra un semplice scrittore umano e le AI che scrivono libri o fiction, non la capacità di scrivere delle storie bellissime o costruire un finale perfetto (credo che le AI ne siano o ne saranno perfettamente in grado), ma quel tempo particolare di elaborazione della storia (che secondo me le AI non hanno e non avranno mai come pregio e limite) in cui un personaggio reclama la sua indipendenza rispetto alle intenzioni dell’autore, assume una sua fisionomia che decide da sé, un respiro che nessuno aveva immaginato per lui, entra in quello spazio particolare in cui una scrittura smette di essere prodotto e si fa opera d’arte.

domenica 13 marzo 2022

spazio

Stanotte ho sognato che veniva la polizia a casa dei miei perché avevano fatto una rapina a quelli del piano di sotto. Solo che tra quelli del piano di sotto c’ero anche io. Quando scendevo a vedere cos’era successo, i rapinatori avevano fatto una strage di quindici persone e scavato una galleria lunghissima, più di un chilometro, per arrivare fino in banca. “Gesù, dicevo, guardando sconsolato i danni, non potevate fare direttamente la rapina in banca?”. “Sì, mi rispondevano i ladri, ma poi non sapevamo più come ammazzare le quindici persone che ti occupavano casa.” È finita che li ho dovuti pure ringraziare per avermi fatto spazio.  

sabato 12 marzo 2022

la guerra e la macchina

Ci sono quelli che non vogliono la guerra
E me lo gridano in faccia: Coglione, io non voglio la guerra!
In verità sono stressati. Io vado oltre
E dico loro che non voglio la Macchina.
Tutti che mi gridano: Coglione, la Macchina ci serve!
Ma tu pensa che pace
Se non ci fossero le auto per estendere il dominio
Della corsa. Immagina se ti chiamassero: È la guerra mondiale!
Dobbiamo andare in Russia ma a piedi.
La guerra sarebbe già finita prima ancora di arrivare.
Immagina i Russi che entrano a Kiev senza i loro mezzi corazzati
Senza carri armati – non esistono! – con le suole consumate
Da una marcia di 850 chilometri con lo zaino in spalla
E i carri lasciati indietro coi cavalli, arenati in un pantano.
E prendono una boccata d’aria perché sentono
Che finalmente sono arrivati
E hanno appetito perché 850 chilometri a piedi
Mettono fame. E prendono una boccata d’aria
Perché senza le Macchine l’aria è pulita
Il mondo più chiaro, le strade non hanno cadaveri
Sui bordi. Chi vuol farla più una guerra
A questo punto? Uno
Dopo 850 chilometri è stanco morto.
Cade sull’erba e si addormenta.

mercoledì 1 agosto 2018

nostalgia

C’è un momento assai lirico nello spettacolo di Nick Nicola Difino, che da anni porta avanti un discorso tutto suo in difesa e conoscenza della cultura alimentare. Ieri era ospite al Farm Food di Alberobello e come sempre ha cominciato a parlarci di piante e di cibo, di politica alimentare, stavolta accompagnato da uno xilofono e da una piantina di basilico che, attraverso dei sensori collegati alle sue foglie, risuonava in risposta all’ambiente. Lassù nello spazio, ci dice Nick parlando di astronauti, il corpo di un uomo ha una insopprimibile necessità di ritrovare il contatto con la Terra. Ma l’unico contatto possibile per colmare questa sorta di nostalgia cosmica è quello col cibo. Per un astronauta, il cibo è come il filo di Arianna, le briciole di Pollicino: la traccia di un percorso che, di fronte alla vastità dell’universo e a tutte le domande e le incertezze che una simile sconfinatezza ci pone innanzi, serve a ritrovare la strada di casa, un punto d’equilibrio ancorato ad un sapore, al ricordo di qualcosa che si è lasciato indietro.

domenica 10 dicembre 2017

venerdì 16 giugno 2017

il ragno

Io so una cosa, che spesso lo spazio che ti concedono è direttamente proporzionale a quello che già occupi, che più sei grosso di tuo e più spazio ti danno, senza fiatare. Se invece sei discreto, piccolino, nessuno ti dà spazio, al massimo ti concederanno un buchino del cazzo in cui infilarti. E lì, come un ragno paziente, tesserai la tua tela nell'ombra in attesa dell'occasione giusta per mangiarli.

domenica 28 agosto 2016

hackensack

Fra i tanti disastri degli ultimi giorni mi era del tutto passata inosservata la notizia della morte di Rudy Van Gelder, il 25 agosto. Van Gelder per molti appassionati era IL tecnico del suono, con l’articolo in maiuscolo, avendo registrato alcuni dei capolavori del jazz di metà '900: dai primi dischi di Monk, Miles e Sonny Rollins fino ad A Love Supreme di Coltrane. Lo stesso Monk gli dedicò un pezzo Hackensack, inciso nel 1954, e dedicato alla particolare sala di registrazione utilizzata dal primo Van Gelder, nella cittadina di Hackensack, New Jersey. Poiché l'arte si nutre in entrambe le misure di talento e di leggenda, il successo di Van Gelder, oltre che per le sue capacità, si deve anche alla particolare leggenda costruita dal suo personaggio, e dalla sua particolarità di registrare in casa sua gli artisti che di volta in volta chiedevano il suo apporto. Immaginate di essere poco più di un ragazzo della tranquilla provincia americana di metà anni ’50 e di invitare nella casa dei vostri genitori un gruppo formato da Thelonious Monk, Sonny Rollins e Art Blakey più alcuni altri neri assai poco raccomandabili – i musicisti jazz erano poco più che tossici per l’opinione pubblica – che suonano nel vostro salotto mentre voi li registrate, e avrete l’idea di cosa potessero essere quei giorni. Ne nasceva un suono caldo, pieno, intimo, con un sottile riverbero che lo caricava di elettricità. Magari non era un suono perfetto ma molti lo amavano, e qualcuno anche lo odiava: Mingus ad esempio rifiutò sempre di farsi registrare da lui. Eppure Van Gelder era talmente sicuro di quel suono che, un certo punto, dovendo lasciare la casa dei suoi, si costruì uno studio che era la copia esatta del suo salotto, apposta per mantenerne intatta l’atmosfera e probabilmente il brivido dei primi anni di quell’avventura. Fra l’altro, proprio in virtù di quel suono, nel 1998 chiesero a lui di registrare i pezzi usati come soundtrack di Cowboy Bebop, perché nella fantasia degli autori dell’anime, se c’era un sound jazz che poteva viaggiare fra le stelle, doveva essere il suo. 

martedì 19 gennaio 2016

lenka

Lenka mi confondo è il nome
del cane mandato nello spazio
e del tuo gatto un po’ bagascia
un po’ topastro d’appartamento.
È Laika mi correggi il cane
mandato a morire nello spazio
in nome della scienza. Lenka
è come il nostro amore dorme
in cima alla libreria e vola oltre
la stratosfera quand’è sedotta
dal tuo intelletto (quando non fai
lo scemo). Proprio come fa Honza
in umide poesie per ribadire
che il sesso migliore lo fai con le
parole. La conosci?

lunedì 7 dicembre 2015

punto morto

È sempre così. Quando arrivi a un punto morto della storia e non sai come rimettere a posto le cose, ti inventi una rivoluzione, una guerra, un attentato, e fai pulizia. Chi muore muore, l’importante è liberare spazio. La Francia lo dimostra ogni volta con la solita classe.

lunedì 7 aprile 2014

lo spazio

L’innocenza di una bimba
a pochi metri, uno con un giornaletto in mano.
L’innocenza e la depravazione.
Il giocattolo scivola sull’asfalto
e l’uomo si sofferma sulle sue cose:
nascosti, poco visibili, una coppia che si bacia;
la bambina osserva e vuole diventare più grande
vorrebbe provare anche lei
ma in lei c’è sempre l’innocenza.
Ad un altro angolo due vecchi che s’incavolano,
forse per l’ultima volta,
mentre spadroneggia l’orgoglio e la dignità di un giovane
che non tradisce un suo amico.
La passione spadroneggia:
passione, esperienza, crudeltà, odio;
ma dopo ogni cosa l’amore.

(Pino Simone, poesia inedita)

sabato 18 gennaio 2014

poesia orfana di un nome

                        , io so
e ho perso di te ogni stima.
Come potrò guardarti
e ancora attribuirti
un nome per definirti amica?

                       , io so
e ormai al tuo posto non c’è
che uno spazio bianco
ingombrante e umido
terriccio per i vermi.

                       , io so
ma questo non consola dal dolore.
Neppure la più alta muraglia
vacante di un mattone
è senza breccia.

domenica 15 dicembre 2013

l'astronauta

Nell’iperspazio che ci contiene
schizzano i pensieri come biglie
corrono e giungono carezze
fra le coperte stellari in cui siamo avvolti
come in un cielo caldo e denso
in cui tu manchi perfezione.

Un cuore coraggioso in tuta d’astronauta
è pronto ad affrontare il buio
per averti. Non mi capacito no
di non poterti stringere
e vagare poi nel tempo
cullati dal conforto dal silenzio.

venerdì 27 settembre 2013

una bella giornata

Pierluigi Cappello è un grande poeta, ma soprattutto è una persona rispettabile. Da poco sono usciti per Rizzoli il suo primo romanzo e la raccolta di tutte le sue poesie. Oggi, a Udine gli hanno dato una laurea honoris causa in Scienze della formazione primaria e io mi sento felice. Per una volta, dopo tanto tanto tempo, si riconosce il fatto che con la poesia si possa fare cultura attiva, e ancora di più che l'onestà e l'integrità intellettuale hanno uno spazio, per quanto piccolo, nelle università, sui canali di informazione e persino nel cuore del pubblico. È davvero una bella giornata.