giovedì 30 gennaio 2020

felicità

La giornata è stata dura.
Ma stasera cicorielle, pane
caldo. La felicità è sicura.

il classicone

Quello che ti scrive, quasi con astio, che lui è contro gli editori che ti chiedono soldi perché si è scocciato di farsi “mungere” perché lui, il suo “lavoro”, lo ha già fatto scrivendo il libro. Poi apri il file del manoscritto e al primo rigo del primo paragrafo trovi una è senza accento. Fine.

martedì 28 gennaio 2020

i battitori liberi

Stamattina mi sono svegliato con questa frase in testa, me la disse una volta un agente letterario: 
“I battitori liberi non piacciono a nessuno.”

lunedì 27 gennaio 2020

quella gente là

seduzione

Resto di cacca quando mi dicono che scrivo post troppo lunghi per essere letti. Sono quasi sempre di massimo 1500 battute, la lunghezza di un elzeviro. Se trovate lunghe 1500 battute, allora hanno ragione quelli che non perdono tempo in chiacchere e con un tweet ti scrivono #Dammela oppure #Escile. Che ti seduco a fare se tanto non mi leggi?

ufficio

Di carattere sono sempre stato uno che sa lamentarsi. Ma ultimamente, mi dicono gli amici, lo faccio un po' di più. Il fatto è che più vado e più mi rendo conto che il mio lavoro assomiglia a questo: ci sei tu da una parte del vetro che manovri tutte queste carte scritte da altri, e dall'altra parte dello schermo c'è una fila lunghissima che pretende da te che quelle carte arrivino a qualcuno: molti di loro si lamentano con forza, arroganza o cattiveria per i tempi di attesa, ma tu devi cercare sempre di mantenere la calma. Insomma, ero partito per fare l'editore e sono finito in un ufficio postale. Ragion per cui mi chiedo perché, a suo tempo, non ho fatto il concorso per entrare davvero alle poste. La sola risposta che so darmi è: "Preferirei di no". In ogni caso ho un trucco, che aiuta molto devo dire. Ogni mattina, prima di sedermi al mio posto dietro il vetro, leggo qualcosa di un autore che amo, le cui pagine mi sono arrivate per mezzo di qualcuno più bravo e paziente di me; così, leggendo, in quell'amore mi ricordo perché sono qui. Stamattina ho letto un racconto, L'uomo di Juan Rulfo, una sorta di western di frontiera lungo appena 10 pagine, una spietata caccia all'uomo nel deserto messicano per adempiere a una vendetta inutile. Il racconto è contenuto in La pianura in fiamme (Einaudi) e lo consiglio per ogni lunedì, quando vorresti solo scappare dal tuo ufficio.

domenica 26 gennaio 2020

aneddoto

C'è questo aneddoto che mi ha raccontato una volta un mio amico. Lo riporto a memoria, come l'ho assorbito, per cui spero di non sbagliare qualcosa. Nell'aneddoto il mio amico, che sul lavoro è persona attenta, metodica e precisa, deve presentare un lavoro al professore di cui sta seguendo il corso. Lo fa, credo, con un certo orgoglio. Il prof guarda il lavoro, lo mostra al resto della classe come esempio, poi si volta e gli dice brutalmente davanti a tutti: Ottimo lavoro, ma si ricordi sempre che lei non è un cazzo. Ecco, ripensando a quell'aneddoto, mi viene spesso voglia di rispondere così ad alcune persone, spesso assai più giovani di me, che mi contattano piene di finta umiltà ma consce già dei propri mezzi, rapportandosi non già per creare un rapporto letterario o anche soltanto di confronto umano, ma solo in vista delle lodi sperticate che si aspettanto e della pubblicazione che, secondo loro, è garantita dal loro incredibile talento. E quando questo non succede diventano malevole o vanno in depressione. Credo a volte che a persone così dovrebbe essere imposto di ascoltare ogni mattina, appena svegli, una voce come quella, amica, che ripeta questa sacra verità, necessaria per crescere, soprattutto come artisti, se artisti vogliono diventare: Ottimo lavoro, ma ricordati sempre che non sei un cazzo.

piccolo dialogo notturno

Era il penultimo giorno di permanenza a Bogotà. Eravamo andati con degli amici a fare una gita fuori, a visitare la cattedrale di sale. Era sera, e rimanemmo a cenare in albergo, e dopo cena restammo a chiacchierare in sei, Guadalupe, Vince ed io, e inoltre c’erano Ariel Madrazo, poeta argentino, il poeta venezuelano Alexis Romero e il poeta colombiano Fernando Linero. Ariel Madrazo, pur essendo anziano, aveva ballato il tango il giorno prima per ore e ore con la poetessa messicana Thelma Nava, con movimenti aggraziatissimi. Alexis Romero leggeva le sue poesie inedite preparandole e correggendole continuamente, e sembrava quasi che le scrivesse prima di leggerle; Fernando Linero era uno dei tredici poeti che avevano partecipato alla prima sessione del festival di poesia di Medellin. Non partecipava al festival di Bogotà, ma veniva spesso a trovarci e qualche volta leggeva in pubblico le mie poesie nella traduzione spagnola alternandosi con Stella Ayala. Eravamo andati a fare questa gita con Marcela Salazar Posada, quel giorno, amica di Vince, e il marito psichiatra; al ritorno, in macchina, avevano messo un disco di poesie di Neruda. Eravamo rimasti molto colpiti del fatto che in macchina si pensasse di ascoltare una poesia, invece che un brano di musica; ma nello stesso tempo la recitazione di Neruda ci era parsa molto retorica. Quella sera dissi ad Alexis: ho capito quello che dicevi qualche giorno fa quando affermavi che la poesia latinoamericana deve liberarsi dell’autocommiserazione. 
Sì, disse lui. Credo che la poesia latinoamericana debba liberarsi di Neruda. È un grande poeta, ma bisogna liberarsene, così come voi avete dovuto liberarvi di D’Annunzio. 
Come ci si libera di un padre – dissi io. 
Sì. Tra l’altro, per esempio, proprio come antidoto a questa vena autocommiserativa, io, e anche qualche altro poeta che conosco, troviamo interessante la lettura di un poeta come Magrelli. 

Carlo Bordini, Non è un gioco. Appunti di viaggio sulla poesia in America Latina (Luca Sossella editore, 2008)

sabato 25 gennaio 2020

favola della povertà

Intervistato su come vuole intervenire per abolire la povertà nel Paese, il neoeletto Presidente del Consiglio ha risposto che è sua intenzione agire con fermezza per abolire direttamente i poveri. È un sistema semplice, ma di provata efficacia: si fanno degli accurati controlli trimestrali e a chi è sceso sotto la soglia minima prevista dal Decreto sulla sicurezza e sul decoro urbano, gli vai a suonare a casa. Ecco che il problema della povertà è risolto.

giovedì 23 gennaio 2020

com'è fatto

Appena usciti da scuola, due bambini tornano a casa con lo zaino in spalla. Camminano davanti a me, quando uno dei due si gira verso l'altro e gli chiede: Ma secondo te com'è fatto un gattorgasmo? Ecco da quando lo ha chiesto lui, giuro che me lo sto chiedendo anch'io.

come sapete

Rileggere Leopardi, nonostante l’apparente oscurità, è sempre corroborante. Ogni tanto mi chiedo cosa avrebbe mai pensato se fosse vissuto al tempo dei social, poi mi ricordo che, come diceva Citati, Leopardi era fuori dal tempo e, in effetti, quel che avrebbe detto era già stato scritto – cambiando magari enciclopedie portatili e manuali con Wikipedia e Google e con quell’inetti che già anticipava il ‘900: 
«Mi diceva, pochi giorni sono, un mio amico, uomo di maneggi e di faccende, che anche la mediocrità è divenuta rarissima; quasi tutti sono inetti, quasi tutti insufficienti a quegli uffici o a quegli esercizi a cui necessità o fortuna o elezione gli ha destinati. In ciò mi pare che consista in parte la differenza ch'è da questo agli altri secoli. In tutti gli altri, come in questo, il grande è stato rarissimo; ma negli altri la mediocrità ha tenuto il campo, in questo la nullità. Onde è tale il romore e la confusione, volendo tutti esser tutto, che non si fa nessuna attenzione ai pochi grandi che pure credo che vi sieno; ai quali, nell'immensa moltitudine de’ concorrenti, non è più possibile di aprirsi una via. E così, mentre tutti gl’infimi si credono illustri, l’oscurità e la nullità dell’esito diviene il fato comune e degl’infimi e de’ sommi. Ma viva la statistica! vivano le scienze economiche, morali e politiche, le enciclopedie portatili, i manuali, e le tante belle creazioni del nostro secolo! e viva sempre il secolo decimonono! forse povero di cose, ma ricchissimo e larghissimo di parole: che sempre fu segno ottimo, come sapete.» 
(da Dialogo di Tristano e di un amico, in Operette morali, 1835).

mercoledì 22 gennaio 2020

la morale di questa storia

Un tipo si cancella dalla mailing list di Pietre Vive. Niente di male, ma a questo punto colgo la palla al balzo e mi cancello dalla sua di mailing list, che parla di politica. Lui subito mi scrive: "E che facciamo adesso, le ripicche? Ti facevo più maturo". "Non ho capito – gli rispondo – tu mi cancelli e io invece devo leggermi le cose tue che nemmeno mi interessano?". "Quelle che scrivo io sono cose serie che dovrebbero aprirti gli occhi su come va il Paese. Tu cosa fai? Vendi pentole!". Ecco, certi giorni mi chiedo che cacchio la faccio a fare una mailing list, se poi la deve leggere gente così. Poi mi rilasso e colgo la morale, assai zen, di questa storia. Disse la vacca al mulo: oggi ti puzza il culo; disse il mulo alla vacca: oggi ho fatto la cacca.

lavoraccio

"Tu dici che leggere e selezionare gli autori è un lavoraccio, Antonio, ma credimi che anche spedire a tantissimi editori sperando di trovarne uno che ti risponda e che non provi a fregarti lo è." 
Ti credo, e faccio il tifo per te.

martedì 21 gennaio 2020

una scusa

Lo dico sempre con tanto affetto, ma a me quelli che scrivono che non andranno a vedere Hammamet perché Craxi era un ladro, fanno un po' l'effetto di quello che non va a vedere Shakespeare perché Riccardo III era un pezzo di merda. Almeno trovatevi una scusa, tipo io ad esempio non ci vado perché a me il cinema fa venire sonno.

lunedì 20 gennaio 2020

assaporare

Mi telefona una donna per chiedermi informazioni su come pubblicare con noi. Ha una voce talmente luminosa, talmente leggera, che sembra una risata, una fonte, un gorgoglio. Ne resto affascinato. Parliamo per una ventina di minuti. Vuole propormi un libro. Ma le dico che anche a piacermi la proposta sono pieno, se ne parlerebbe per il prossimo anno. Lei mi risponde: "Antonio no, cerca di capirmi, sono nata nel 1937, per me un anno fa la differenza." Resto di stucco, però non cedo e del libro non se ne fa nulla. Ma prima di salutarci, le dico: "Guarda, non so nulla di te, ma dalla voce devi essere una donna bellissima." Lei ride con un pizzico di civetteria e mi risponde: "Antonio, alla mia età i complimenti galanti sono rari, ma proprio per questo quando arrivano li assapori il doppio".

domenica 19 gennaio 2020

solstizio

Solstitium, album del 1978 in cui Gianni Marchetti, l'altra metà di Piero Ciampi, raccoglie le colonne sonore che gli vennero "scippate" dall'amico per cantarci sopra le proprie canzoni. Ultimo omaggio a un compagno che stava abbandonando la musica, e la vita, e che sarebbe morto due anni dopo, il 19 gennaio di 40 anni fa.

funziona così (più o meno)

Se un libraio denuncia che in un giorno non ha venduto nemmeno un libro, evidenziando il fatto che molte librerie stanno chiudendo, quel libraio diventa un caso nazionale, simbolo di una diffusa crisi della cultura. Ma se un piccolo editore dice che ci sono interi giorni dove non vende niente, gli viene detto che non è un buon imprenditore, dunque la colpa è tutta sua. Però, se il piccolo editore chiede aiuto all’autore, quell’editore è un ladro, perché dovrebbe campare vendendo i libri al pubblico e non all’autore. Proprio quei libri che, il libraio denuncia, non se ne vende nemmeno uno in un giorno. È la prima contraddizione di un sistema.
Ed ecco la seconda: nonostante le vendite zero, si pubblica troppo in Italia. Chi scrive questi libri? Chi li pubblica? Per chi? Non certo per il libraio che chiude.
E se non hai un sito di richiamo alle spalle – che serve a promuovere la tua immagine, ma non a vendere una sola copia in più – allora sei perduto nella massa: magari sei bravo, ma non esisti. Terza contraddizione, quindi: per essere uno scrittore oggi, più ancora che una scrittura, serve un’immagine. E serve un sito, o un amico che scrive su in sito. Uno a cui volere bene anche perché scrive su un sito.
L’ho fatto e lo posso dire: leggere (se lo leggi) e recensire un libro è un lavoraccio, quasi quanto pubblicarlo. Ti arriva un sacco di roba e devi scegliere nel mucchio, e in genere scegli, nella mancanza di tempo, quelli a cui vuoi bene, o che ti stanno simpatici, o che ti impone il direttore responsabile. C'è gente anche bravissima lì fuori che non verrà mai recensita perché: io non ti conosco, io non so chi sei. Eppure, ed è la quarta contraddizione, quando uno dei tanti giornali e/o riviste e/o siti letterari chiede un aiuto economico ai suoi lettori, perché anche i giornali chiudono senza un pubblico pagante, ci sono autori assai etici là fuori che non darebbero mai soldi agli editori, ma aiutano volentieri i siti letterari, ma non per il valore dei contenuti – ché a leggere i contenuti dei siti letterari siamo rimasti in tre, tre somari e tre briganti – quanto perché li hanno già recensiti o potrebbero recensirli; in nome, insomma, della libertà di espressione fuori dalle lobby della stampa, ma avendo ben a cuore gli amici giusti sul sito giusto.
Funziona così anche coi premi letterari, a cui spesso si pagano collettivamente, in tasse di segreteria, più soldi di quelli che effettivamente meriterebbero. Soldi, aggiungo, rubati al povero libraio che non vende. Tanto più che i premi seri – coi bei soldi – li vincono sempre gli stessi nomi, gli stessi editori, l’identica banda. (A tal proposito ricordo perfettamente un autore che mi contattò perché voleva gli pubblicassi un libro in meno di due mesi, appositamente per partecipare a un concorso con premio in denaro di cui conosceva intimamente due giurati).
E infatti, se molti di quelli che scrivono sui siti letterari o lavorano per i premi letterari, comprassero i libri invece di recensire o accumulare quelli che gli regalano gli amici scrittori o che ricevono in omaggio dalle case editrici – e succede anche a me, non sono migliore di altri in questo – per regalare all’autore il brivido di quel briciolo di attenzione, forse il libraio in crisi qualche copia di un libro la venderebbe in un giorno.
Magari, mi si risponderà, i critici non sono tutti uguali, magari non vanno in libreria ma non glieli regalano gli autori i libri, li comprano anche loro, come tutti. Ma allora, se come denuncia il libraio la libreria è vuota, dove li prendono questi libri? Ovviamente su Amazon, approfittando degli sconti. Perché ognuno si fa i conti in tasca, pure quelli che fanno i critici. Poi magari la sera vanno al cinema, a vedere l’ultimo film di denuncia di Ken Loach, e magari dentro di sé applaudono.

la risposta di uno scrittore respinto

La vanità intellettuale che si mischia ai fatti di cuore è sempre stata una bella gatta da pelare, specie se dall’altra parte c’è qualcuno che ti interessa più sul piano artistico che amoroso, ma non sai bene come dirlo o, peggio, confondi tu stesso/a le acque fino al punto che si intorbidano. Successe, ad esempio, alla contessa bolognese Teresa Carniani Malvezzi, colta e bellissima quarantenne, appassionata lettrice e autrice di un poemetto di cui oggi non ricorda più nessuno, di cui si era invaghito nell’estate del 1826 il nostro Giacomino Leopardi, che all’epoca aveva circa dodici anni meno di lei e lavorava per l’editore Stella di Milano. Leopardi, dopo una iniziale profonda complicità – la quale scatenò le gelosie del marito di lei – venne rifiutato con severità: le sue visite la annoiavano, gli disse. La storia venne presto trascinata nel pettegolezzo (con lui che al solito ci faceva la figura del fesso), tanto che la contessa tagliò tutti i ponti, persino epistolari. Il silenzio durò più di sei mesi. Poi, però, la contessa pubblica, nel 1827, il libro a cui stava lavorando e ne invia una copia a Leopardi, al cui giudizio critico tiene moltissimo; ma, per evitare fraintendimenti, gli manda il libro senza un biglietto, né una dedica, nulla, tanto da fargli pensare che l’unica cosa rimasta a lei, di lui, è l’indirizzo. Leopardi allora che fa? Risponde. Risponde, con ironia e garbo, quello che qualsiasi scrittore respinto vorrebbe dire quando gli capitano storie così, ma non sempre trova la giusta nota per farlo, e le scrive, pungendola nell’orgoglio: «…Perciò non vi dirò nulla del vostro libro, dove io ammiro la sobrietà e il buon giudizio della prefazione…» e chiude il biglietto con una modernissima frasetta inglese che a me, personalmente, ha ricordato l’ultima riga dell’ultima lettera che Montale scriverà a Irma Brandeis un secolo più tardi: «Intanto amatemi, come fate certamente, e credetemi your most faithful friend, or servant, or both, or what you like». Ciao.


Nota. Il corsivo utilizzato per evidenziare le frasi dello scritto di Leopardi è opera mia.

sabato 18 gennaio 2020

giallo n.2

Io sono fra coloro che hanno sempre creduto che quello di Pasolini fu un delitto italiano, cioè il risultato di un complotto teso a farlo fuori per quello che diceva e che sapeva. Questo anche perché, nella mia infinita ingenuità morale, ho sempre creduto che fossimo, alla fin fine, per quanto sostanzialmente fascisti nell’intimo, a destra come a sinistra, un paese migliore di come ci raccontiamo. Poi leggi – e negli ultimi tempi ne leggo troppe – tutte queste storie di ragazzini senza sentimento o giovani frustrati che quasi per gioco picchiano a sangue l’omosessuale di turno, seguendo la regola del branco, cioè in tanti contro uno perché a farlo in gruppo è più bello, e comincio a ricredermi. Forse, mi dico, quel delitto Pasolini fu davvero un semplice delitto omosessuale, o diversamente italiano, come hanno sempre sostenuto tanti altri, e sono io ad aver montato una ragione lì dove in realtà non c’è nessuna ragione, ma soltanto l’istinto delle belve; di chi crede cioè sia lecito, o addirittura naturale, far male a qualcuno, ammazzarlo, solo perché non ti piace com'è fatto.

giallo n.1

Quanto mi piacerebbe che Sciascia fosse ancora vivo, soltanto per poter leggere che scriverebbe lui del romanzesco furto con ritrovamento del quadro di Klimt a Piacenza.

venerdì 17 gennaio 2020

buongustai

Delle volte penso a quelli che, quando in rete scoppia la notizia del giorno, se la ridono sotto i baffi e gongolano come avvoltoi per tutto il tempo che ne se parla, nell’attesa spasmodica di poter dire agli altri, il giorno dopo: “Oh, avete rotto il cazzo con tutte le vostre opinioni sul fatto del giorno”. Ecco, quelli sono i veri buongustai, gente dal palato raffinato, per cui il piatto va mangiato sempre freddo, un po’ come la vendetta, per sentirne meglio il sapore sotto i denti.

di rose e di lillà

Quando leggi quel tipo di recensione assurda e vagamente irritante a un libro che non è un romanzo, ma dove il recensore scrive per tutto il tempo: "è scritto benissimo, peccato non sia un romanzo" oppure: "l'autore è bravissimo, peccato non abbia il respiro del romanziere" e scava lì intorno per tutto il tempo, cercando il cadavere del romanzo che non c'è. E a te, leggendola, viene da pensare a Lady Oscar, la scena in cui Andrè si confessa, e con pathos melodrammatico le rivela il succo della questione: "Una rosa non potrà mai essere un lillà"; o volendo fare quelli un pizzico più raffinati: "una rosa è una rosa è una rosa" (cit. Gertrude Stein), ovvero che cazzo c'entrano i lillà, adesso, se stiamo parlando di rose?

mercoledì 15 gennaio 2020

leopardi sui letterati romani

Alla fine del 1828 scrisse […] I letterati romani erano noiosi, sciocchi, insopportabili. Tutti pretendevano di arrivare all’immortalità in carrozza, come i cattivi cristiani in paradiso. Per loro, il sommo della sapienza umana, anzi la sola vera scienza dell’uomo, era l'antiquaria: trovare un pezzo di rame o di sasso che era appartenuto a Marcantonio o a Marcagrippa. Non sapevano né il latino né il greco. Trafficavano la gloria: gloria invidiata, combattuta, levata di bocca l’uno all’altro. Discorrevano eternamente di letteratura come di un vero mestiere, progettando, criticando, promettendo, lodandosi, magnificando persone e scritti miserabili. Parlavano di cose frivolissime col massimo interesse, e di cose somme con la massima freddezza. Filosofia, morale, politica, scienza del cuore umano, eloquenza, poesia – tutto questo, a Roma, era straniero. 

[Pietro Citati, Leopardi, Mondadori, 2016]

lezione

L'anno non è nemmeno cominciato e io già mi sento sopraffatto dai miei stessi farò. Ma come, quando, a scapito di chi? Ecco che per eccesso di fiducia ho preso troppi impegni con persone, amici che adesso mi chiedono: e tu, dove sei? Io semplicemente arranco dietro a un calendario. Chi non impara a dire No poi si ritrova sconclusionato, questa è la prima lezione del 2020.

martedì 14 gennaio 2020

non scherziamo

Un autore mi manda il suo manoscritto in lettura. Io gli scrivo come faccio con tutti: Guarda, non è per cattiveria, ma ci arriva davvero un sacco di roba, per cui rispondiamo solo se siamo interessanti, se entro quattro mesi non ti rispondiamo vuol dire che non ti pubblichiamo. Lui, dopo quattro mesi esatti, mi chiama al telefono e mi fa: Insomma, non scherziamo, si può sapere quando mi rispondi?

domenica 12 gennaio 2020

morte per mano dell’autore

Con Un giorno perfetto per i pescibanana J.D. Salinger crea il personaggio di Seymour Glass, uno degli eroi del ‘900 letterario ma, ancor più, un eroe in assenza, protagonista di una saga famigliare di cui è il fulcro proprio in virtù del vuoto che vi lascia, elemento perturbante, non rimosso, lutto non elaborato, ombra di volta in volta consolatoria o ingombrante proprio in virtù della sua aura superumana. Il reduce Seymour Glass che, per certi versi, è un po’ l’alter ego dello stesso Salinger, muore suicida in questo che apre i Nove racconti, sparandosi un colpo alla testa dopo aver passato una tranquilla giornata al mare. Nella storia vi sono delle allusioni, ma di fatto non vengono spiegate le vere ragioni del gesto e il boato di quello sparo viene amplificato proprio dall’apparente serenità che lo precede. Perché scrivo di questo celebre racconto che non ha affatto bisogno delle mie note? Perché Un giorno perfetto per i pescibanana viene scritto nel 1947, pubblicato nel 1948 e poi raccolto nei Nove racconti nel 1953. All’epoca Salinger è già uno scrittore di fama mondiale, pertanto del volume viene subito approntata una traduzione italiana, pubblicata da Einaudi, a cura di Carlo Fruttero. Ecco che nove anni dopo, nel 1962, esce per Vallecchi la raccolta di racconti In società, opera di uno scrittore assai meno celebre ma altrettanto talentuoso, tormentato e isolato, Tommaso Landolfi. Al suo interno vi è pubblicato un racconto di chiara matrice dostoevskijana, La mattinata dello scrittore, in cui si parla, con evidenti agganci autobiografici, delle ultime vacue ore di vita di uno scrittore di provincia, che prima si arrovella per un verso mancato, poi per una relazione mancata, ma la cui punta massima di disperazione si registra quando si accorge di non trovare più il suo pacchetto di sigarette. Alla fine però succede qualcosa che modifica il quadro. Quasi per caso, per una decisione estemporanea ma allo stesso tempo “semplice e definitiva”, lo scrittore raccoglie la pistola che tiene nel cassetto e si spara. L’atmosfera nebbiosa e vagamente annoiata è la stessa del racconto dell’americano. E anche qui, pur nell’accennarsi dei motivi, manca del tutto un movente al suicidio del proprio alter ego. Per la prima volta Landolfi affronta, dietro lo schermo narrativo, la propria “volontà di morte”, e la critica vi legge un risvolto nichilista consono allo scrittore. Eppure, mi sono sempre chiesto se a far scattare quella particolare molla in Landolfi – magari complice Calvino consulente Einaudi – fossero stati i Pescibanana di Salinger. Se Landolfi, leggendolo, vi si fosse riconosciuto, avrebbe ritrovato in quell’americano “spostato” per i disastri della guerra, l’identico vuoto di sé che anche lui si sentiva dentro, fino al punto da replicarne le pulsioni che già lo animavano, per cercare di liberarsi, almeno in letteratura, del suo male di vivere. Inscenando, quindi, il delitto perfetto: la propria morte per mano dell’autore.

sabato 11 gennaio 2020

hapworth 16, 1924

Oggi ripensavo a Hapworth 16, 1924, l'ultimo racconto mai pubblicato in vita da Salinger, morto il 27 gennaio 2010 (occhio quindi, che fra pochi giorni c'è il decennale). Salinger lo pubblica nel 1965 sul New Yorker. Ventitre anni dopo, nel 1988, Roger Lathbury, un piccolo editore appassionato (in cui mi identifico) gli scrive, ma senza nessuna vera speranza, se può pubblicare il racconto in volume. Invece, contro ogni previsione, Salinger gli risponde di sì, ma lo fa circa otto anni dopo, nel 1996. Una storia all'apparenza a lieto fine, se non fosse che nel gennaio 1997 l'operazione editoriale viene sgamata dalla stampa, quando l'editore registra il copyright sul volume e concede innocentemente una prima intervista in cui si dice entusiasta di quella pubblicazione. Nel giro di pochissimi giorni l'uscita del nuovo libro di Salinger diventa un caso internazionale; a febbraio, senza che il libro sia ancora uscito, viene addirittura pubblicata la prima ferocissima stroncatura del volume a firma di Michiko Kakutani, sul New York Times. Salinger, indispettito, si tira indietro e non pubblica più nulla, ritenendosi tradito dall'editore, il quale fa pubblica ammenda, non si capisce per cosa visto che il lavoro dell'editore è registrare i libri, pubblicizzare la loro uscita e possibilmente venderli. Il vero perdente in questa storia è lui. Il libro, invece, diventa un oggetto di culto, o più semplicemente un titolo di quelli che non leggi ma devi sapere che ci sono, come il Finnegans Wake. Proprio come per il libro di Joyce, sul suo valore circolano le più svariate interpretazioni. Ad oggi la mia preferita è quella pubblicata sul blog 2000 battute: "J.D. Salinger si è preso gioco di tutti noi", ribadendo ancora una volta la superiorità dello scrittore Salinger sul suo pubblico, sul suo editore e persino sull'uomo che per un po' ha abitato.

giovedì 9 gennaio 2020

curriculum

Stavo aggiornando il curriculum per un concorso e mi sono accorto che stringi stringi la mia vita si riduce a una pagina di lavori fatti (che poi restano sempre quelli: scrivere, pubblicare ecc.) e a quattro pagine di pubblicazioni, fra libri, articoli ecc. Una cosa dei poveri, insomma. Mi sono sentito come un romanzo del '900, di quelli brevi, senza trama, senza sviluppo, dove per tutto il tempo ti aspetti che succeda qualcosa e l'unica cosa che succede sono le parole che si accumulano in fondo, come verbali per la difesa, ma da usare sempre dopo.

il punto

È incredibile come, quando scrivi qualcosa di antipatico o che rode a qualcuno, quel qualcuno la prima cosa che ti dice è: impara a usare la punteggiatura che non si capisce niente! E invece si capisce e bene, solo che ti brucia dove ti ho messo il punto.

mercoledì 8 gennaio 2020

il mio pensiero sessista

C'è stato un momento oggi, fra le 10.00 e le 12.00, che mi sono ritrovato in contemporanea 5 autori in chat o al telefono, tutti che mi chiedevano attenzione o con cui dovevo incastrare delle date per delle presentazioni, e un'amica che a sua volta mi doveva parlare di una cosa sua, e il medico che mi doveva dire per un appuntamento, e nel frattempo ero in banca con la direttrice della rivista che pubblichiamo per un finanziamento, e subito dopo sono dovuto scappare in posta a fare le spedizioni del giorno, prima di fare la spesa. C'è stato un momento che mi è successo tutto questo e ho pensato che il telefono è un oggetto infernale, ma ho cercato di fare quello che potevo per dare qualcosa a tutti, e in quel momento mi sono sentito come un funambolo sulla corda. E guardandomi intorno ho pensato che io non so davvero come fanno le donne a destreggiarsi in queste situazioni. Ma poi ho capito che è anche questo, a suo modo, un pensiero sessista, perchè le donne fanno un gran casino anche loro, o vanno nel panico come tutti, però sono più brave a far vedere che hanno tutto sotto controllo, così non vai nel panico anche tu.

lunedì 6 gennaio 2020

cos'è lo zucchero

Ecco che Tolo Tolo, l'ultimo film di Luca Medici, in arte Checco Zalone, che parla esplicitamente di problemi sociali e si richiama a un certo genere cinematografico, quello della commedia italiana dei ’60-‘70 che era spesso e volentieri cinema pieno di sfumature, irriverente o sardonico, ma sempre calato nel contesto, viene apprezzato oltre ogni pronostico, e nonostante sia più serio e schierato dei precedenti («non fa tanto ridere» è stato il commento che ho più sentito in proposito). Questo significa che gli italiani le cose serie, impegnate, che esprimono delle idee, con una storia e un’estetica alle spalle, quelle cose che loro non lo sanno ma sono «cultura» nel senso pieno del termine, quelle cose che rifuggono come la peste se gliele nomini, quando vogliono le capiscono e le apprezzano pure, non è vero che le trovano noiose o difficili o che sono sempre per pochi. Solo che, come Pinocchio con la fata turchina, gliele devi dare con la pallina di zucchero, in modo che non pensino mai che sono medicine che servono a star bene. «Bella cosa se anche lo zucchero fosse una medicina!» risponde Pinocchio alla fata. Insomma, basta non chiamarla «cultura» ma «un film di Checco Zalone» e il gioco è fatto.

il signor k. e la coerenza

Un giorno il signor K. propose a uno dei suoi amici il seguente quesito: – Frequento da poco un tale che abita di fronte a me. Ora non ho più voglia di frequentarlo; mi manca però motivo non solo per continuare la relazione ma anche per troncarla. Adesso ho scoperto che di recente ha acquistato la casetta che finora teneva in affitto, e ha fatto immediatamente abbattere un susino, che gli toglieva la luce davanti alla finestra, benché le susine fossero solo mezze mature. Non potrebbe essere questo un motivo per rompere con lui, almeno esteriormente o almeno interiormente? 
Pochi giorni dopo il signor K. raccontò al suo amico: – Non frequento più quel tale, ora. Pensi un po’! Già da mesi aveva chiesto al suo ex padrone di casa che fosse abbattuto quell’albero perché gli toglieva la luce. Quello però non aveva voluto farlo per non perdere i frutti. E ora che la casa è passata di sua proprietà ha fatto veramente abbattere l’albero ancora carico di frutti acerbi! Ho rotto ogni rapporto con lui a causa della sua condotta incoerente. 

(Bertolt Brecht, Storie del signor Keuner, trad. C.Cases e E. Ganni, Einaudi, 2008)

domenica 5 gennaio 2020

anticorpi

Oggi mi sono svegliato con la consapevolezza che i due migliori scrittori italiani “rivelatisi” negli ultimi anni sono Carlo Bordini, classe 1938, ed Ezio Sinigaglia, classe 1948. Sono diversissimi fra loro, ma entrambi hanno iniziato a scrivere a metà degli anni 70, entrambi sono stati considerati degli outsider perché sono passati per più di trent'anni sotto silenzio, prima di tornare in luce intorno al 2016, con tutto il clamore di chi si accorge per la prima volta di loro e lo stupore: Come è stato possibile? E ho pensato che il talento non è poi così evidente come si crede, non può salvare chi lo possiede né portarlo da solo al successo, e che il destino avventuroso e maledetto che tanti aspiranti scrittori sognano, che io stesso sognavo anni fa, alla fine è anche e soprattutto un viatico doloroso nel dubbio; perché l'indifferenza, e il tempo necessario a scoprirsi, e il dubbio che ne consegue, sono dolorosi. Ma, come diceva Leopardi, solo dal dubbio può nascere la verità, se nasce. E quanto al tempo, vale per tutti la regola della livella di Totò: dove tempo e livella coincidono, per spazzare via, senza troppi complimenti, tutto ciò che non servirà domani. Visto quanto si pubblica oggigiorno, sarà un’epidemia, mi sa. La mia speranza ultima è di avere degli anticorpi abbastanza forti da reggere il confronto con quelli dei due mostri/maestri citati qui sopra.

sabato 4 gennaio 2020

la prossima guerra spiegata da mio padre

«U sè peccè ddè stè a uèrre? Peccè stone i solde. Fascene a uèrre pe pegghiarse i solde! Do, ca sìme tutte murte de féme, ce cazze s’one a pegghiè, késse? Statte bbune.»  

(trad. Lo sai perché sta la guerra? Perché stanno i soldi. Fanno la guerra per prendersi i soldi! Qui, che siamo tutti morti di fame, che cazzo si devono prendere, sta minchia? Statti bene.)

venerdì 3 gennaio 2020

soddisfazioni

Un amico mi ha appena detto che nella classifica dei siti internet più visitati al mondo, al 14° posto ci sono i siti porno. In Italia, però, siamo al terzo posto (in pratica: Google, Facebook, Youporn, e un bel po’ dietro Amazon) contribuendo in maniera importante ma non decisiva alla classifica globale. In compenso siamo primi nella classifica dei più ignoranti in Europa e dodicesimi nel mondo. Anche queste so' soddisfazioni.

giovedì 2 gennaio 2020

una donna

A me in tutta questa storia dello schiaffo del papa alla fedele, dispiace soprattutto per la signora asiatica che lo ha strattonato. Siccome in noi non c'è più fede, guardiamo al lato pratico della faccenda: un uomo anziano malmenato ha fatto bene o no a adirarsi? Però, d'altro canto, si parla anche di una semplice donna di fede che si avvicina a un suo mito, al suo punto di riferimento spirituale e per questo sbaglia, eccede nei modi per troppo entusiasmo e così il giorno dopo si ritrova non solo punita dallo stesso papa (cosa per cui non ci avrà dormito la notte) ma persino additata su tutti i giornali del mondo come la stronza maleducata del 2020, oppure come la straniera incivile da cacciare via da questo paese che invece, si sa, è pieno di signori educatissimi. E ho pensato che magari vorrebbe scusarsi anche lei, proprio come ha fatto lui, ma non ne ha la possibilità perché la verità è che di quel che pensa lei, che non è papa, non gliene frega niente a nessuno.

mercoledì 1 gennaio 2020

piangere

Invecchiare significa, fra le altre cose, confrontarsi coi problemi di salute tuoi e di chi ti sta accanto. In questo senso, la mia e quella di alcuni miei amici è stata una fine d’anno emotivamente difficile. Così, quasi richiamato da esso, ho riletto Questa libertà, l'autobiografia di Pierluigi Cappello. In particolare sull'ultimo capitolo, che parla dell'incidente che lo ha paralizzato a vita, ho pianto allo stesso modo in cui feci per la prima volta cinque anni fa. Ho pianto per due ore, mentre leggevo. Piangere su un libro è il regalo che mi sono fatto per cominciare meglio quest’anno. Perché, per «restare umani», bisogna prima di tutto imparare a sentire – e non soltanto capire – il dolore degli altri. E i libri servono anche a questo.