Di carattere sono sempre stato uno che sa lamentarsi. Ma ultimamente, mi dicono gli amici, lo faccio un po' di più. Il fatto è che più vado e più mi rendo conto che il mio lavoro assomiglia a questo: ci sei tu da una parte del vetro che manovri tutte queste carte scritte da altri, e dall'altra parte dello schermo c'è una fila lunghissima che pretende da te che quelle carte arrivino a qualcuno: molti di loro si lamentano con forza, arroganza o cattiveria per i tempi di attesa, ma tu devi cercare sempre di mantenere la calma. Insomma, ero partito per fare l'editore e sono finito in un ufficio postale. Ragion per cui mi chiedo perché, a suo tempo, non ho fatto il concorso per entrare davvero alle poste. La sola risposta che so darmi è: "Preferirei di no". In ogni caso ho un trucco, che aiuta molto devo dire. Ogni mattina, prima di sedermi al mio posto dietro il vetro, leggo qualcosa di un autore che amo, le cui pagine mi sono arrivate per mezzo di qualcuno più bravo e paziente di me; così, leggendo, in quell'amore mi ricordo perché sono qui. Stamattina ho letto un racconto, L'uomo di Juan Rulfo, una sorta di western di frontiera lungo appena 10 pagine, una spietata caccia all'uomo nel deserto messicano per adempiere a una vendetta inutile. Il racconto è contenuto in La pianura in fiamme (Einaudi) e lo consiglio per ogni lunedì, quando vorresti solo scappare dal tuo ufficio.
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