sabato 30 settembre 2017

pornopoesia

AAA. Cercasi ragazza bella presenza tette grosse e/o sguardo ammiccante “te la do non te la do” per campagna pubblicitaria vendita libri di poesia sui social. Cercasi altresì, per uso non esclusivo pubblico femminile, uomo con tartaruga barba lunga ma curata e pacco a sorpresa usato sicuro. Astenersi perditempo e/o carini senza essere gnocchi. Perché la poesia da sola ancora non basta, ma il porno mascherato da poesia vende sempre bene.

giovedì 28 settembre 2017

un'altra storia

Stasera presentiamo La maledizione dei Palmisano, romanzo scritto da Rafel Nadal e ambientato a Locorotondo fra le due guerre mondiali. A qualcuno è piaciuto molto e a qualcuno meno. Io per me posso dire, e faccio qui mea culpa, che il romanzo mi ha aperto gli occhi su fatti che non conoscevo. Ad esempio, ho sempre considerato la Resistenza un fenomeno prettamente norditaliano, per scoprire attraverso questo libro che il primo nucleo di una Resistenza al nazifascismo non è stato nelle Langhe, ma a Matera, e poi a Bari – col re che intanto se ne stava rintanato a Brindisi. Ho scoperto anche che uno dei bombardamenti più feroci della guerra è stato proprio quello di Bari, con interi quartieri rasi al suolo, migliaia di morti anche a causa di errori ed omertà degli americani. “Non lo sapevi?” mi chiederà qualcuno scandalizzato. Io no, non lo sapevo, questa è una storia che non mi è stata mai raccontata. A me hanno sempre detto, fin da bambino, persino nei libri di scuola, che noi eravamo i monarchici, i cafoni senza orgoglio salvati dagli americani. Questo mi è stato raccontato, rubando a me e a molti della mia generazione, l’orgoglio di appartenere a una storia più dignitosa. I danni che ora vediamo, questa disaffezione diffusa per lo Stato italiano che così viva si sente al Sud, è anche frutto di quella storia negataci. Che c’entro io con questa Italia, ci si chiede. “Noi abbiamo offerto carne da cannone alle due guerre, ma l’epica è finita tutta a nord” dice Nadal. Io non lo sapevo, ora lo so. E mi sento meglio. Resta da chiarire chi ha scritto quella storia e perché ci è stata raccontata, a quale scopo.

mercoledì 27 settembre 2017

gli statisti di domani

Stavo leggendo un articolo sul blog di Claudio Giunta, a firma di Mariangela Caprara, in cui si lamentava il fatto che la scuola italiana, dopo le ultime riforme (Moratti, Gelmini and friends) sta creando una nuova generazione di analfabeti funzionali in materie fondamentali come la storia e la geografia. Ragazzi che se gli chiedi, ad esempio, qual è la capitale della Spagna non te lo sanno dire. E continuava sostenendo che questo creerà ancora più squilibri sociali fra figli di ricchi e di poveri, perché a parità di ignoranti i ricchi avranno almeno i mezzi per poter recuperare. Eppure, per quello che ne penso io per esperienza, quello che perdi da ragazzo non lo riacquisti più, se non a costo di grandi sacrifici. E dubito che una qualsiasi ricchezza possa anche comprarti la voglia di studiare se non l’hai mai avuta. Ma non è tanto una questione di squilibri sociali, che alla fine ci sono sempre stati. Quello che più mi terrorizza in questa storia è il fatto che molti di quei ricchi un giorno, proprio in virtù di questa maggiore possibilità di mezzi, ricopriranno dei posti di potere e di responsabilità. Decideranno per tutti, ma senza aver studiato. Roba che quelli che abbiamo ora, a confronto, sembreranno degli statisti. Ed è tutto dire.

i pochi meridionali ormai scriventi...

I pochi meridionali ormai scriventi
e mai inclusi in antologie in atlanti
degli altri poeti mai inculati – i mai
mafiosamente pervertiti
dall’editoria che conta a far carriera –
io non li ghettizzo io li salvo
se li spingo al suicidio come topi
li convinco che è meglio andare
dentro i lager oppure col veleno
che convivere col nulla che ora sono
con la propria insufficienza di gramigna.
Io li affogo nello scarico dell’Ilva
nello Ionio che non sanno più d’avere.
È meglio non esserci mai stati –
dico loro con orgoglio – che esserci
da stronzi o da merdacce
nuovi fantocci col pedigree da italiani
e la calata ormai annacquata dalla tele
ma fuori da ogni storia o redazione
che li tratti da pari e non da casi umani
e ridotti al cicaleccio vanesio degli ultimi.
Eccoli raschiati al suolo come sputi
il loro mondo al sapore di finocchio
o di cannella e scopiazzato alle scorregge
milanesi dei neo orfici – che nulla
mi diranno mai di me non conoscendosi
e del mio cuore crudo di cicoria
ma impongono lo stesso il loro credo
a questo scrivere che s’odia in loro
nel loro affetto spudorato e fuori moda
di coloniali. Tutti amici i poeti e fuori luogo.
Tutti uguali.
Ma i poeti del Sud sono finiti – lo sento
ad ogni passo nella eco. O già emigrati
stanchi ed invecchiati dalla vita
dalla loro stessa emigrazione
aspettano la fine nel silenzio
che gli corteggia il buco.

martedì 26 settembre 2017

diventare scrittori

Bussano alla porta del mio ufficio. È una ragazzina con due amiche. Lei, un po’ intimidita ma con lo sguardo di chi ha deciso, mi fa: “Voglio dedicare la mia vita alla scrittura. Dammi dei consigli, cosa devo fare per diventare una scrittrice?” Io la guardo, vedo che ha deciso, e le rispondo: “Siediti, che sarà una cosa lunga…” “Quanto tempo serve, che fra poco abbiamo il treno?” mi chiede la sua amica. “Se ti impegni, più o meno vent’anni, ma ci possiamo lavorare…”. Lei si siede.

morire venti volte

Oggi ho capito una cosa. Che se avessi dato retta a tutti i consigli di quelli che mi vogliono bene (o che mi dicono così), sarei morto almeno venti volte. Ma con affetto. Invece ho seguito l'unico consiglio utile che mi ha dato mio nonno: Tu digli sempre di sì, prendili per il culo, ma fai di testa tua. Se sbagli hai un motivo in più per crescere.

anche ieri è andato...

Anche ieri è andato spento per l’ennesima emicrania
che m’ha bloccato – quanto tempo? – a letto ad una
cecità forzata e quanto ancora – avvinto dall’ipocondria
mi chiederò se questo è dunque stress accumulato
o già si annidano i segni prematuri della morte – in me
una larva che si scava una tana tumorale nel cervello.
E non c’è limite alle mie paure non al mio risentimento
per tutta la mia vita che mi sfugge senza più controllo.

lunedì 25 settembre 2017

il meccanico

Quando mi parlano delle decine di persone che scrivono e pubblicano libri, molte delle quali non li leggono e anzi se ne fanno quasi un vanto perché, dicono, la lettura non è obbligatoriamente necessaria alla scrittura, io faccio sempre l'esempio del meccanico. Magari è un genio, ma tu daresti mai da aggiustare la tua auto a un meccanico che non ha la patente e che non ha mai guidato?

sabato 23 settembre 2017

la fattoria degli animali

Oggi mio fratello, a pranzo, mi rimbrotta: Se davvero volevi far soldi allora non dovevi far libri, che non servono a nessuno, ma aprirti qualcosa come una rosticceria con annessa palestra e/o centro estetico. L'uomo medio non vuole migliorarsi, sono chiacchiere, ma ingozzarsi come un porco e poi schiattare di esercizi per farsi passare i sensi di colpa e per dar sfogo alla propria vanità di maiale. Qualcuno magari pensa alla salute, gli dico. Uno che pensa alla salute non fuma e non beve, mi risponde. La maggior parte dei palestrati che conosco fuma, beve alcolici e mangia schifezze. La salute non c'entra. E io che non fumo e non vado in palestra? gli chiedo. Tu sei un altro tipo di maiale, mi risponde.

mercoledì 20 settembre 2017

partner

Devo dire, da fan quale sono, che se anche è vero che Eric Clapton funziona meglio come spalla e le sue cose migliori le ha realizzate quando si è affiancato ai giusti partner – in primis ai Cream e poi ai Derek and the Dominos – è anche vero che, almeno in un caso, ha fatto più bene Clapton a JJ Cale di quanto il soporifero JJ Cale abbia mai fatto a Clapton, cocaina dopo mezzanotte permettendo.

lavare l'auto

Guardalo come lucida la carrozzeria
come piano l’accarezza col getto blando
della pompa. Il cielo plumbeo
si riflette in quell’oscurità della lamiera
come lo sognava da giorni – nei suoi
piani stretti fra le grinze intorno
agli occhi – quando il figlio del vicino
ha fitto LAVAMI nella patina di polvere
del parabrezza offuscato dall’incuria
della sua «nuova occupazione».
Lo osservo dall’altra parte della strada
nel negozio dov’era commesso e adesso
ascolto il chiacchiericcio alla cassa
della donna che tartaglia il disappunto
per questo tempo che s’oscura in ogni cosa
e farà cenere persino del suo posto scavato
in quella nicchia. Lo osserva anche lei
curiosa e mi chiede – tu che leggi saprai
fin quando può brillare una felicità
senza tempo e a quale grado di sereno
possa giungere un uomo se minuto
si affida a una pompa per lustrare
il suo futuro e gli affanni. Ora spande
odore d’umido lungo la strada con quel viso
soddisfatto – le grinze attorno agli occhi
distese per un lavoro ben fatto –
e fiero di sé anche se già il cielo sta
per riversarsi in pioggia e annullare
quello della pompa richiudendolo nel proprio
scorrere senza rimorso.

bianco

E dopo giorni intensi di lavoro al pc cominciare a sognare di notte lo schermo bianco di un computer, oppure scritto, ma senza più riuscire a decifrare le parole. Non resta niente, né il sogno né il messaggio. Risvegliarsi spossati. L'orrore! [cit.]

martedì 19 settembre 2017

che fine faranno i poeti che non vendono?

Che fine faranno i poeti che non vendono?
In quale pensione o mondezzaio finiranno
i timidi e i complessi i burberi gli stronzi
e tutti quelli che non scrivono scopando.
Quelli che non vivono altrimenti che nei versi
le cui vite sono marce o tarlate dalla noia
di un umido squallore senza luce. I costipati
i flatulenti e quelli che non parlano di sé.
Non pestano la merda di nessuno. Nomi insulsi
che già quando li senti sai già sono minori.
I poco illuminati dalla fede o dal dubbio.
Quelli da una stretta di mano e via – nel buio.

sabato 16 settembre 2017

quelli come te

Sarà la stanchezza ma mi è appena tornata in mente una cosa che mi ha detto una volta mio nonno. "Tanto quelli come te cascano sempre in piedi" mi ha detto. E io allora gli ho chiesto: "Quelli come me sarebbero gli artisti?" E lui mi ha risposto: "No, gli ottimisti."

venerdì 15 settembre 2017

la mia arte si riduce a ben poco...

La mia arte si riduce a ben poco
se nella pugna quotidiana col tempo
vince il quotidiano sull’eterno.
Ecco la fotocamera giace abbandonata
in fondo al tavolo ormai spenta
da mesi – vince Instagram su tutto
il suo tormento che impone un selfie al giorno
ancora un altro a dimostrare l’esistenza
del suo autore. E di versi di bei versi studiati
bei versi profumati di vita e di pensiero
non resta che un appunto senza cuore
o ancora meglio il post del giorno
senza a capo né coda ma spigliato
tutto sentimento e/o risentimento
che comunichi al mondo il momentaneo
stordimento del poeta a simular l’eterno
dubbio: che ci faccio qui?
Ecco dunque che la pugna facilmente
si traduce in pugnetta e tu non sai discernere
se è tutta un’ironia sagace una battuta
che annulli in un sol colpo Dio e il tormento (di cui sopra)
oppure il segno di un tempo più volgare
di cui sei elemento secondario ma vivace
o incapace a dir qualcosa che valga
ancor la pena di trascrivere.

giovedì 14 settembre 2017

quelli che ne escono peggio

Nelle ultime due settimane quattro ragazzini di colore (di cui tre immigrati di seconda generazione) violentano una ragazza polacca e un trans a Rimini; due carabinieri violentano due ventenni americane a Firenze; un ragazzino con problemi sociali uccide la fidanzatina nel Salento e ne occulta il corpo con l'aiuto del padre; sempre a Firenze una ragazzina rom viene liberata dopo essere stata segregata in casa per quattro anni dal padre che l'aveva venduta a un francese. Poi ci si chiede dov'è il male, e qualcuno tenta con maggiore o minore convinzione di prendersela con gli immigrati, ma a me pare che quelli che ne escono peggio sono gli adolescenti, vittime o aggressori che siano, quasi tutti cresciuti in ambienti suburbani o provinciali, in un paese (l'Italia) che, guarda caso, è al primo posto nella lista dello sfruttamento sessuale minorile.

domenica 10 settembre 2017

l'occasione

Da ciò che leggo, mi pare che ancora una volta si stia perdendo l’occasione di parlare di cos’è uno stupro, cioè un atto di prepotenza, di potere, un sopruso a danno di un più debole (senza limiti di genere e di età), per continuare a fare le solite dietrologie socio-politiche. Ancora una volta, cioè, si parla non delle vittime di suddetto potere, se non come pretesto, né dei meccanismi che le rendono prede, ma di chi quel potere ha esercitato e solo per decidere chi sono i “veri” cattivi: se i giovani neri immigrati o i carabinieri armati di pistola, in questa sorta di romanzetto criminale che appassiona tutti, senza commuovere realmente nessuno.

giovedì 7 settembre 2017

la strada da fare

Ma se, non dico per contare qualcosa, ma proprio per esserci, esistere, sentirsi riconoscere come realtà che c’è, che fa, l’unica cosa che conta è ancora il rapporto personale, la partita di calcetto, l’amicizia e il rampantismo più del valore personale, e dunque l’esserci lì dove le cose vengono decise dall’alto, nei centri di potere e di scambio, allora mi chiedo, quale futuro potrà mai esserci a Sud, o per il Sud, se l’unico spazio concesso a un autore, a un editore, a un artista qualsiasi, al di là delle briciole concesse sui blog o nelle collettive o nei concertini più o meno riusciti, è quello che porta all’emigrazione, verso Roma o Milano, verso Berlino, Londra, l’Europa? Il Sud non valorizza, è vero, ma se anche valorizzasse, a chi importerebbe, visto che il Sud non conta nulla nei piani decisionali dell’industria culturale? Si fa grande retorica sul restare al Sud e sulla ripresa che prima o poi arriverà, ma mi sembra che siano tutte chiacchiere, che la strada da fare per la parità dei diritti invece di accorciarsi si allunghi sempre più, si faccia sempre più difficoltosa, fino a chiedermi se valga davvero la pena di lottare, o se non sia meglio lasciarsi semplicemente morire, come già fanno in tanti.

mercoledì 6 settembre 2017

l’eroe ar caffè

È stato ar fronte, sì, ma cór penziero:
però te dà le spiegazioni esatte
de le battaje che nun ha mai fatte,
come ce fusse stato per davero.
Avressi da vedé come combatte
ne le trincee d’Aragno! Che gueriero!
Tre sere fa, pe’ prenne er Montenero,
ha rovesciato er cuccomo del latte!
Cór su’ sistema de combattimento
trova ch’è tutto facile: va a Pola,
entra a Trieste e bombarda Trento.
Spiana li monti, sfonna, spara, ammazza…
– Pe me, – barbotta – c’è una strada sola… –
E intigne li biscotti ne la tazza.

Trilussa

martedì 5 settembre 2017

ci vuole la rabbia

La verità, ci disse Laura mentre la primavera greca, ai bordi della strada, faceva di tutto per mostrarci le sue bellezze e i suoi sogni di oblio, «la verità è che si invecchia sempre male, e se qualcuno vi dice il contrario mente, ma io a mentire non ce la faccio, non ho la vergogna di ammetterlo, possono avere un’aria più o meno decorosa, ma all’interno le persone della mia età sono tutte come me, i nonni felici sono solo alla tv». Mentre guidavo, questa stupefacente visione dell’umanità si impadronì della mia mente ammirata: ebbene sì, non ci sarebbe stato che da invecchiare per sentirla crescere dentro, la propria Pazza personale. Si poteva fare del moto, mangiare poco, smettere di fumare, trovarsi una persona con cui passare il resto della vita. Oppure no: semplicemente, fare come Laura. Far coincidere l’esterno con l’interno. E adesso tocca a voi, aggiunse: avete i vostri dieci, i vostri quindici anni di fronte. «Siete giovani, siete paraculi, potete farcela. Ma per farcela davvero, ci vuole la rabbia. Pier Paolo a un certo punto lo aveva capito, la rabbia è più importante del talento, il talento lo può avere qualunque borghesuccio, la rabbia no, la rabbia è un dono raro, bisogna coltivarlo, è come avere il cazzo grosso, o la testa fina, o tutti e due – che è sempre meglio, dico bene?» 

Emanuele Trevi, Qualcosa di scritto, Ponte alla Grazie

domenica 3 settembre 2017

questi benedetti amori infelici

E dunque questi benedetti amori infelici non sono che una tautologia, poiché tutti gli amori, non potendo conseguire il loro scopo nemmeno a prezzo della tortura e dell'omicidio, sono infelici. Ciò che possiamo augurarci, semmai, è di incontrare (senza nemmeno essercele meritate) persone che, invece di proprietà impossibili da esercitare, rappresentino, per noi, delle avventure

Emanuele Trevi, Qualcosa di scritto, Ponte alle Grazie

sabato 2 settembre 2017

potere e verità

Due immagini che si sovrappongono stamattina. La prima viene da Tecnica del colpo di Stato di Curzio Malaparte, dove Malaparte scrive che se prendessimo per buone le oleografie che si fanno a posteriori del Duce non si capirebbe come una simile macchietta abbia potuto prendere il potere in Italia a inizio ‘900. Avendolo conosciuto e seguito per un lungo periodo, Malaparte ci dice come il giovane Mussolini fosse in realtà un uomo nuovo (e assai ammirato) nel panorama europeo dell’epoca, moderno, spietato, opportunista e ben conscio dei meccanismi del potere, un uomo realmente pericoloso, insomma. E ciò che, fin dall’inizio, condannò il fascismo aggiunge Malaparte, furono le scorie di cultura cattolica inoculate dalla Chiesa e rimaste ad avvelenare quanto di nuovo Mussolini aveva portato nella politica italiana e per certi versi, per contagio, tedesca. La seconda viene da Qualcosa di scritto di Emanuele Trevi che sto leggendo in questi giorni, dove Trevi scrive che fin dall’inizio tutti sapevano, avevano capito che Pasolini non poteva essere stato ucciso dal solo Pelosi. Bastava avere un po’ di sale in zucca per arrivarci. E allora perché negarono? Perché, al di là di qualsiasi teoria del complotto, gli ambienti giudiziari e politici negarono persino l’evidenza, quando era tutto così ovvio? Perché il potere, risponde Trevi, si esplica anche in questo modo, sul piano più alto della verità, dicendo che la verità è quella anche quando magari è esattamente il suo contrario. Perché il vero potere è l’affermazione di quella verità sopra tutte le altre, finché a furia di ripeterlo tu finirai per cedere e farti venire un dubbio. E anche questa storia del potere come possesso della verità, pensavo leggendo Trevi, è una bella scoria inoculata dalla Chiesa.

venerdì 1 settembre 2017

rivelazione, seconda edizione


A breve stamperemo la seconda edizione del mio Rivelazione, con 30 nuove storie aggiunte e nuove illustrazioni di Raffaele Fiorella.

trasformare la letteratura in narrativa

...Non è un caso, naturalmente, il fatto che Carver, più di ogni altra influenza letteraria e umana, subì quella del suo editor, il famigerato Gordon Lish. Lish, un bell’uomo dei lineamenti affilati da uccello da preda, è il capostipite di una nuova specie di tecnocrati della scrittura sparsi nei quattro angoli del mondo, ossessionati dall’efficacia, dal funzionare come supremo dovere del prodotto letterario. Il confronto tra ciò che Carver scriveva di testa sua e ciò che ne faceva Lish è una delle più terrificanti e distruttive testimonianze offerte dalla storia letteraria. Sarebbe superficiale sostenere che l’editor renda «vendibile» il materiale su cui lavora. Può anche accadere, ma non tutto ciò su cui l’editor mette le mani diventa oro. La sua vocazione segreta è incomparabilmente più metafisica, più luciferina di ogni ingenua brama commerciale. Ciò che l’editor intende fare, è trasformare tutta intera la letteratura in narrativa. […] E dunque: inizia un’epoca in cui l’eccellenza letteraria coincide sempre più con l’abilità a intrattenere. Lo scrittore: colui che, sorvegliato dal suo editor, che è la presenza umana più importante della sua vita, inventa delle trame. Ciò significa che l’emozione fondamentale che si cerca di suscitare nel lettore è quella del riconoscimento. Come è vero, come mi assomiglia tutto questo! È proprio così! Ma perché questo delicato e incerto prodigio psicologico abbia realmente luogo, lo scrittore deve pagare il suo dazio. Deve, a costo del sacrificio di notevoli aspetti della sua vita del suo carattere, assomigliare il più possibile ai suoi lettori. Essere fatto, come si suol dire, della stessa pasta. Reciproco sostegno, e reciproca corruzione (solo il simile corrompe il simile). L’editor: colui che senza sosta lavora allo scopo di rendere omogenei lo scrittore e il suo lettore. Ed ecco esattamente definita la rivoluzione copernicana che rende praticamente illeggibile, nel 1992 [ad appena 17 anni dalla morte del suo autore], quel mostro emerso dal passato che è Petrolio. Il presupposto della scrittura di Pasolini, infatti, e quasi si potrebbe dire di tutto il suo metodo fondamentale [e del sistema culturale in cui si è formato], è esattamente il fatto che lui, P.P.P., non assomiglia a nessun altro. 

da Emanuele Trevi, Qualcosa di scritto, Ponte alla Grazie