lunedì 13 dicembre 2010

madonnina del 2000



A Pierpaolo Miccolis, che era con me mentre la scattavo. E a Pier Paolo Pasolini che ha ritratto gli stessi volti qualche anno fa. Non è cambiato nulla, vero?

mercoledì 8 dicembre 2010

la vita secondo john



Caro John,
non essere duro con te stesso.
Concediti una pausa.
La vita non è stata pensata per essere una corsa.
La gara è finita, hai vinto.


Cavolo trent’anni, non mi ricordavo che fosse passato tanto. La morte di John Lennon ha quasi la mia età. C’è da averne paura. Voglio dire che per certi versi è spaventoso pensare di avere tanta morte in comune con una persona o almeno, volendola quantificare, più morte che vita. C’è di buono che almeno, e non è cosa da poco, per tre anni io e John Lennon abbiamo condiviso la stessa aria strana di questo mondo, magari (anche se allora non ne ero cosciente) una notte ci siamo visti la stessa luna, e poi magari abbiamo condiviso gli stessi piccoli comuni desideri, il bisogno di un abbraccio caldo, o di un gelato al limon o di starcene così, stesi al sole pigramente. In fondo che ne sappiamo di cosa condividiamo con gli altri? John Lennon avrebbe detto, guardandoti con serietà dietro i suoi occhialetti da nonna, che siamo semplicemente uomini e gli uomini fanno quello che possono e i desideri del cuore sono cose elementari, e belli proprio per questo.
Tre anni di vita contro trenta di morte. E ancora non ho smesso di scoprirlo. In vita ho comprato più o meno tutto di lui, i dischi e qualche libro. Ho visto i film. Sono passato attraverso le mie fasi più folli insieme a lui e di volta in volta c’è stato questo o quel periodo artistico della sua opera che ho preferito. Quand’ero ragazzino adoravo il Lennon psichedelico, poi è venuto quello pre-punk a cavallo fra la fine dei Beatles e i primi anni da solista. E il Lennon di Rubber Soul è ancora il mio preferito di sempre. Ogni tanto, da poco, vengono fuori i suoi ultimi demo che tracciano il profilo inedito di un uomo più maturo e pacato del simpatico guascone che tutti conoscono. Demo che ti fanno sempre un certo effetto, come sbirciare nel bagno di un altro, e chiedere che ne sarebbe stato di lui come autore, e come si sarebbe evoluta la sua musica se non fosse stato ucciso.
Cercando di rispondere a questa domanda, negli ultimi giorni, come hanno già fatto in passato molti fan fissati, mi sono messo ad ascoltare i suoi figli, sperando di poter trovare in loro e nella loro somiglianza fisica con lui, una risposta. Julian, mi spiace dirlo, mi dà sempre l’idea del figlio un po’ sfigato, che non è mai riuscito a superare il trauma per il suo abbandono. Non è colpa sua, anche John, da uomo, ha sbagliato e sbagliato alla grande. Però proprio non si riesce ad ascoltarlo. Mentre Sean è bravo, proprio bravo, anche se mette sempre un po’ a disagio guardarlo, sembra un ibrido fra John e Yoko, davvero il figlio di un amore unico e senza confini. Ecco, l’altra sera guardavo un video di Sean e non ho trovato nessuna particolare risposta ma ero lì che lo ascoltavo e mi dicevo, beh cazzo, John è morto ma la vita va avanti, e la vita spesso è semplicemente un figlio che canta le sue canzoni, anche se sa chi sei stato e che inevitabilmente lo influenzi. Fa quello che fa con l’unico scopo di dire che c’è, anche grazie a te, ma soprattutto nonostante te.



Carne morta, non sai che sei carne morta?
Ti sei appena messo con la squadra sbagliata.
Meglio non cercare di addormentarsi adesso.
Faresti meglio a correre fuori di qui.
Io chiudo gli occhi e conto fino a dieci.
Poi vengo a cercarti.

mercoledì 1 dicembre 2010

a un suicida amato

Com’è cambiato il tempo
da quando sei scomparso
ho avuto brividi per tutto il giorno
e ancora ci preannunciano piovasco.

Siamo qui e non mi capacito
che tu te ne sia andato, e non ho niente
a ripararci in tanto strepito
che questo quasi pioggia, quasi pianto.

Tu m’hai lasciato povero
persino del mio ombrello. E non ho altro.