sabato 31 ottobre 2015

anniversari

Parlando di quarantennali interessanti quest'anno cade, anzi cadeva proprio ieri (l'ho appena letto, anche se andrebbe tenuto conto del fuso orario) quello dell'inizio dei concerti della Rolling Thunder Revue che viene considerato, da molti suoi fan, il più bel tour mai realizzato da Bob Dylan. Così, per un poeta che muore, ce n'è uno che canta... 

la differenza

Mio caro amico che mi scrivi in privato che col post di ieri su Pasolini ho esagerato, e che tutti hanno diritto di pubblicare tutto per campare e il mio è, evidentemente, l'attegiamento snob dei poverelli, di chi, ultima ruota del carro editoriale, se la tira perché non può gareggiare sul mercato, io da qui ti rispondo che sarò anche l'ultimo degli ultimi, ma la differenza fra noi due è evidente, quella che passa fra un architetto che sogna cattedrali e un palazzinaro che aspetta condoni. E scusa se è poco.

venerdì 30 ottobre 2015

avvoltoi

Arriva inesorabile il quarantennale della morte di Pasolini. Lo senti, lo vedi, in tv o sulle bacheche di tanti (anche la mia), lo vedi in libreria fra le nuove uscite. Di tutto propongono, meno che la ristampa della sua prima e fondamentale raccolta di poesie, La meglio gioventù (o La nuova gioventù come la ripubblicò poco prima di morire, deviandone il senso). Di tutto propongono, persino delle cose di indubbio pessimo gusto, spesso morbose, specchietti per le allodole, o gli avvoltoi affamati, a cui non interessa chi era Pasolini, ma solo com’è morto, da chi lo ha preso in culo e se c’entra la Cia, tutto il gossip possibile, tutto ciò che un Editore (per me) dovrebbe evitarsi, dovrebbe EVITARE agli altri, perlomeno per una questione di eleganza, di facciata. Invece vedo cose che mi lasciano perplesso e persino infastidito. E amando Pasolini, amandolo davvero, rispondo come posso, con la poesia, non mia, ma più alta di Giorgio Caproni. 

Caro Pier Paolo. 
Il bene che ci volevamo 
– lo sai – era puro. 
E puro è il mio dolore. 
Non voglio pubblicizzarlo. 
Non voglio, per farmi bello, 
fregiarmi della tua morte 
come d’un fiore all’occhiello.

martedì 27 ottobre 2015

anna e la sua rosa

Non so per quale particolare meccanismo succedono queste cose, ma stamattina, all'improvviso, mi sono ricordato di una ragazza di cui ero un sacco preso al liceo. Si chiamava Anna, e visto che lei era lesbica e io, invece, ero il classico nerd, forse per questo stavamo sempre insieme, al punto che molti pensavano fossimo parenti, fratelli o cugini, certamente due sfigati. Noi ci giocavamo anche molto su questa storia. Lei vestiva come un uomo, giubbotto di pelle, jeans e capelli corti dietro col ciuffo alla Elvis, io, occhiali scuri, indossavo perennemente un cardigan nero e avevo in testa una sorta di pagliaio biondo stile Beatles, che oggi a sentirlo uno non ci crederebbe. Lei era una pittrice bravissima, appassionata di olio e di Caravaggio, io preferivo gli acrilici, i futuristi, Picasso e Paul Klee. Anna era innamorata, al punto da cascare per terra priva di forze, per la forza schiacciante di tanto amore, di una ragazza di nome Rosa, capelli lunghi da zingara e sguardo nero e intenso, che all'epoca tentennava fra lei e un altro ragazzo. Il classico triangolo, o quadrangolo, o vai a capire tu cos’era di preciso. Fatto sta che le sue paturnie Anna le raccontava a me, ore e ore di paturnie amorose per Rosa, sdoganate a Piazza Castello a Taranto, a un ragazzetto brufoloso che voleva solo baciarla e si accontentava di una fratellanza nella diversità per sentirsi meno solo. In terza liceo Anna era il mio centro, il mio faro, la mia migliore amica e la mia complice, poi, non so per quale particolare meccanismo succedono queste cose, l'ho persa di vista con l'università e stamattina all'improvviso, in un lampo di sole, dopo anni di dimenticanza mi sono chiesto: "Chissà che fine ha fatto, Anna?" L'ho anche cercata su Fb ma nulla, non c'è. Scomparsa col mio pagliaio e con quel bacio, l’unico, che mi è riuscito di strapparle, nemmeno per pietà, ma solo per fare ingelosire Rosa che ci guardava da lontano, non disse niente, ma poi se la rubò.

martedì 20 ottobre 2015

la carezza

Vorrei scrivere poesie d’amore
per ogni ragazza o ragazzo dei call center
quando gli presti cinque minuti
e parlando capite, attraverso le più stupide domande
che siete poveri in due, e in due da soli
e per questo compagni contro ogni possibile opzione
parola o lingua, incomprensione
inutili indagini di mercato, dopo
tu gli dici buon lavoro e quello o quella
ti risponde grazie, con una voce
come se gli avessi appena fatto una carezza.

lunedì 19 ottobre 2015

passaggio con memoria


il peso inutile delle parole

Mi accorgo adesso che di tutta questa storia del processo a Erri De Luca, erano sbagliate le premesse, fin nell'hashtag #‎iostoconerri. Ma perché? Erri De Luca è processato per le sue parole, e finora l'unico a usare la definizione più giusta, parola contraria, è stato proprio lui. Noi pensavamo al personaggio, allo scrittore o all'eroe. Erri De Luca si chiede se questo è il primo processo di una nuova Italia o l'ultimo processo di una vecchia Italia. Gli rispondo io, che comunque vada, è il solito processo di una vecchia Italia in cui noi, difensori del giusto, che tanto vituperiamo i giudici, siamo come loro, uguali a loro. I giudici lo condannano perché quelle parole le ha pronunciate un VIP, una persona importante, che dunque ha un peso diverso dal nostro. Noi, che lo difendiamo, lo difendiamo per gli stessi identici motivi, non per il principio che la parola è sacra, ma perché a pronunciarla è stato proprio De Luca col suo peso. L'dentico processo, a un'altra persona, a Pinco Pallino che sia, così come non avrebbe sortito lo stesso effetto per i giudici, non lo avrebbe sortito nemmeno per noi. In tutto questo De Luca, comunque vada, vince, ma la parola contraria perde, al di là di ogni sua possibile manifestazione, perché il suo peso contrario è proporzionale alla nostra omologazione.

Ore 13.00
Assolto perché il fatto non sussiste.
Pensa te, quanto tempo abbiamo perso, dietro a un fatto che "non sussiste".

sabato 17 ottobre 2015

incontro di sabato pomeriggio

Malinconia, per aver rivisto un mio vecchio compagno di liceo dopo vent'anni. L'ho guardato e la prima cosa che ho pensato è stata: "Minchia com'è invecchiato!" Poi ho passato il resto dell'incontro con la paura che lui pensasse lo stesso di me, all'opposto. Invece ci siamo salutati e mi ha detto: "Ma lo sai che invecchiando sei migliorato?". E ho cominciato a pensare al cesso che, da ragazzo, dovevo essere, prima di migliorarmi come il vino. 

 

ambizioni

Fra due giorni si decide di Erri De Luca. E, per quanto siamo tutti un po' tuttologi sul potere, non è un processo da sottovalutare, almeno per chi ambisca a dire la sua senza censure. Intanto, stamattina, rileggevo La parola contraria e ho pensato che, comunque vada, lui sarà contento. Se lo assolvono ha vinto la sua (giusta) battaglia e se lo arrestano potrà includersi fra i martiri della resistenza. Ci sono scrittori che si accontentano di stare seduti a casa a mettere insieme parole, costruirci storie, e altri che hanno bisogno di intervenire sulla storia, cercare lo scontro per fare della parola azione. Erri De Luca, come scrittore, almeno per i miei gusti, ha girato troppo intorno alle parole (soprattutto nei romanzi, che spesso utilizzano la stile della prosa poetica e baroccheggiante che tanto piace agli italiani a cui la poesia, a parole, fa venire il mal di testa). Ma in La parola contraria De Luca ammette come ha sempre ambito a annoverarsi in quest'ultima categoria, da Orwell a Pasolini. Lui in questo processo vince perché non solo è dalla parte (giusta) degli sconfitti, dà voce agli esclusi dalle logiche disumane del potere, ma anche, al livello più alto della pura ambizione artistica, perché dà un senso alla propria scrittura e alla propria storia proprio attraverso gli esclusi.

il nome

Di faccia alla totale quasi-indifferenza
di editori e critici, scrittori, persino blogger
mi prende il dubbio, a volte, se è solo una questione
di potere editoriale, che non ho e quindi non sono
o se sono meno bravo di quanto mi credo
e allora sono un altro e non mi riconosco. Delle volte così
mi sento più un Amleto che un Cervantes, io
che di Amleto non ho niente. Qualcosa non mi torna
né si torna più indietro, nemmeno a volerlo. Mi dissi Lillo, e il nome non agì...

giovedì 15 ottobre 2015

tre poeti

Tre poeti, uno per uno nella notte.
Il primo mi confida che compone
per avermi letto, ma senza mai capire dove
andassimo. Il secondo mi domanda della nebbia
in cui vaghiamo dal mattino e presto, aggiunge,
darò luce anche a te nella mia storia. Il terzo condivide la paura
di una vita senza un grammo di certezza e il dubbio
chi di noi si salverà domani? (Lasciata agli sportelli
ogni speranza di collocamento, oltre i cancelli
delle fabbriche o la scuola).

domenica 11 ottobre 2015

manuali

Io credo che chi traduce un testo letterario abbia a che fare con una materia per la quale non ci sono manuali, perché il traduttore a me sembra che deve essere anche lui in balia della propria impotenza, come dice Agamben, accettarla, accoglierla, fare come il poeta, coltivare la propria disperazione e avere una specie di fede insensata in un evento improbabile, perché è vero che noi siam dei meccanici, in un certo senso, ma siam dei meccanici che parlano di macchine «la cui storia, dentro di noi, non si spegnerà mai; e sarà la storia della nostra libertà», come dice Manganelli, e mi viene in mente una poesia del 1933 di Osip Mandel’štam che dice, più o meno: «I tartari, gli uzbechi, i samoiedi, e tutto il popolo ucraino, e i tedeschi del Volga, perfino, aspettano i loro traduttori. E forse, in questo momento, un giapponese, mi sta traducendo in turco, e mi fruga l’anima». Ecco, secondo me uno che traduce, si prende prima di tutto quella responsabilità lì, di frugare l’anima, e non ci sono manuali per l’uso dell’anima, o se ci sono io non li conosco.

[Paolo Nori, dal suo blog]

siti su pasolini: il privilegio dello stile


Segnalo una bellissima e assai lucida intervista a Walter Siti su Pasolini e sulla sua eredità culturale, politica e letteraria. L'intervista è a cura di Giacomo Giossi e pubblicata sul blog Gli Stati Generali.
"Mi colpisce molto l’articolo di qualche giorno fa di Roberto Saviano in risposta alle accuse di plagio. Una sacrosanta difesa, però nell’ansia di difendersi Saviano dice una cosa che nessuno scrittore dell’età di Pasolini avrebbe mai detto, ossia dice che c’è un solo modo per raccontare i fatti il che è una cosa palesemente falsa. Saviano fa una distinzione tra fatti e interpretazione che classicamente è giornalistica, ma non letteraria. Qualunque letterato dell’epoca di Pasolini sa che tutto è interpretazione, anche una rappresentazione neutra è già di per sé tinta di emozioni. Insomma l’importanza che lo stile aveva per quella letteratura adesso è sottovalutato e subordinato ad un panorama linguistico internazionale. La posizione di Saviano è internazionale, mentre il privilegio dello stile è nazionale."

L'intera intervista può essere letta QUI.

come potrei essere così sciocco? (in umore notturno e mattiniero piovoso)


sabato 10 ottobre 2015

però so cantare

Nuovo spot con Bob Dylan, alle prese con Watson, intelligenza artificiale sviluppata da IBM.
Watson: «Ho letto tutti i testi delle tue canzoni.»
Bob Dylan: «Davvero li hai letti?» 
Watson: «Posso leggere 800 milioni di pagine al secondo.» 
Bob Dylan: «Sei veloce!» 
Watson: «La mia analisi mostra che i tuoi temi principali sono il tempo che passa e l’amore che se ne va.» 
Bob Dylan: «Beh, sì, mi sembra vero.» 
Watson: «Non conosco l’amore.» 
Bob Dylan: «Potremmo scrivere una canzone insieme.» 
Watson: «Però so cantare.» 
Bob Dylan: «Puoi cantare?» 
Watson: «Du bi bop, bi bop du.»

 

venerdì 9 ottobre 2015

icona

Fenomenale. Se cerchi Antonio Lillo su Google Immagini la prima foto che viene fuori (con tutte quelle di cui ho disseminato il web) è quella in cui sono nudo sulla tazza del cesso. Ma nemmeno Frank Zappa! Un giorno, quando sarò morto, sarà quella la mia icona, sono quasi certo. Sulla tazza scriveteci Europa.

lo sguardo dell'altro


il sindaco

Mi telefona il sindaco. Ha letto il mio libro. Mi dice che sono bravo ma pigro. "Come un gatto e di più..." Probabilmente ha ragione lui.

sudamerica

Mi ha appena scritto un avvocato sudamericano che mi ha trovato tramite Fb. Pare che io abbia lo stesso cognome del suo defunto cliente (morto in un incidente stradale con moglie e unica figlia), e mi chiede se sono disposto a dichiarare che sono un lontano parente rimasto in vita del fu cliente, per andare in sudamerica a reclamare la mia parte di eredità, che ovviamente ci divideremmo in due, io e l'avvocato, che mi aiuterebbe a disbrigare tutte le pratiche legali necessarie al riconoscimento... Che faccio? Vado?

di risvegli, ritratti, patate e coincidenze

Stamattina, appena sveglio, ho letto il commovente ritratto che Sergio Pasquandrea fa di Louis Armstrong nel suo libro Volevo essere Bill Evans (Fara 2014), raccolta di brevi testi sul jazz. Così mi è venuto da pensare a Woody Allen che in quell'altro commovente autoritratto che è Manhattan inseriva questo pezzo fra i motivi per cui vale la pena di vivere: Potato Head blues, uno dei primi capolavori di Armstrong, inciso nel 1927 dai suoi Hot Seven e che si avvale nell'intro di un favoloso interplay col clarinettista Johnny Dodds appena entrato nel gruppo, per poi dare spazio a 0.40 a uno dei più belli assoli registrati da Armstrong, senz'altro il più gioioso. Alcune di quelle piccole cose, insomma, per cui vale la pena di svegliarsi, e che mi andava di condividere con voi.
Ora che ci penso, questo post va dedicato anche a Marco Bertoli, che è in parte ispiratore del libro di Sergio e che proprio ieri pubblicava a sua volta un pezzo omaggio a Louis. Quando si parla di coinvidenze letterarie.

giovedì 8 ottobre 2015

anna lisa

dov'era aspra campagna e poi...

Dov’era aspra campagna e poi
ci hanno colato il cemento a farne
un ampio spiazzo senza fantasia
con in fondo una ferita ancora aperta
per piantarci un albero o forse un’aiuola
pareva tutto concluso.
Invece, se lo guardi dall’alto, non è.
Ci trovi le tracce di vita insospettabile:
i passetti sporchi di sabbia del gatto
notturno e l’ombra della cazzodda
che si muove, grigia anch’essa
e perciò mimetizzata.

mercoledì 7 ottobre 2015

7 ottobre


7 ottobre giornata epica, campale, da ricordare.
1) Per cominciare mi hanno chiamato dal Comune (!!!). Mi ha chiamato il nostro sindaco, per comprarsi il mio ultimo libro. Onore al merito del sindaco!
2) Poi un grande artista italiano (non anticipo il nome) ha accettato di fare la copertina del mio prossimo libro. Per cui ho il libro, ho la copertina, mi manca giusto un editore!
3) Nel pomeriggio sono stato coinvolto in un grande & bel progetto (di cui non so se posso dare ancora i particolari e per ora non li do) sull'amico Pasolini e che si terrà a fine novembre nel nord della Puglia e poi vi dico meglio.
4) Sergio Pasquandrea mi informa che la frangia indipendente della cultura perugina presto presenterà alcune mie poesie in una serata a tema sui poeti italiani ancora vivi e non posso che ringraziarli!
5) A fine mese sono a Montichiari per presentare finalmente il libro di Maria Nardelli e subito dopo a Noventa per ri-presentare Teo Custodero.
6) Per finire un mio amico ha vinto la sua lotta contro il cancro, e anche se questa è la notizia che, personalmente, mi riguarda di meno è quella che mi dà più gioia. C'è sempre speranza, nonostante fuori piova e piova. Non bisogna arrendersi mai.
O, come diceva Lyndon Johnson (immortalato da DFW nell suo racconto più bello): "Sempre tentare, sempre vincere!"

venerdì 2 ottobre 2015

il tic

Delle volte, a pensare che ho passato gli ultimi 5 anni a scrivere 3 libri uno più bello dell'altro, ma tutti quanti di poesia e per questo pochissimi li metteranno alla pari di un romanzo, persino del romanzo più scadente, certe volte se ci penso mi viene di pensarmi uno scrittore diversamente abile, e comincio per una sorta di tic a zoppicare vistosamente, a trascinarmi in giro, come se il mio stesso corpo, allarmato, non volesse seguirmi per la strada che ho preso.

una poesia di alfonso guida

Io non ho un pensiero politico. Sono privo di opinioni.
La Destra che è in tutti noi (così Pasolini), un po’ di sinistra, un po’ cristiano, cattolico, anarchico.
Nostalgia dell’umanità.
Linciaggio non finito delle opere d’arte del tempo.
Io non amo gli stucchi, io amo le crepe.
E se una persona ha ferite riconosco e mi sento meno solo.
Non credo nei partiti, come Kafka, tanto meno nelle coalizioni.
Nessun profondo sentire alto accomuna i fantasmi che si aggirano tra le stanze del potere. E c’è chi ne vuole.
Sto lontano da ogni trono e da ogni poltrona.
Ho un letto, a volte con un corpo non mio.
E un ragazzo poche sere fa mi ha sussurrato andando via nel buio: “ciao, infinito”.
Io vivo di queste umiltà. E se ne parlo non è per superbia.
La giornata è afosa.
Un libro di metrica arancione, il caprifoglio secco di giugno nel quaderno.

[inedita]