Stamattina, appena sveglio, ho letto il commovente ritratto che Sergio Pasquandrea fa di Louis Armstrong nel suo libro Volevo essere Bill Evans (Fara 2014), raccolta di brevi testi sul jazz. Così mi è venuto da pensare a Woody Allen che in quell'altro commovente autoritratto che è Manhattan inseriva questo pezzo fra i motivi per cui vale la pena di vivere: Potato Head blues, uno dei primi capolavori di Armstrong, inciso nel 1927 dai suoi Hot Seven e che si avvale nell'intro di un favoloso interplay col clarinettista Johnny Dodds appena entrato nel gruppo, per poi dare spazio a 0.40 a uno dei più belli assoli registrati da Armstrong, senz'altro il più gioioso. Alcune di quelle piccole cose, insomma, per cui vale la pena di svegliarsi, e che mi andava di condividere con voi.
Ora che ci penso, questo post va dedicato anche a Marco Bertoli, che è in parte ispiratore del libro di Sergio e che proprio ieri pubblicava a sua volta un pezzo omaggio a Louis. Quando si parla di coinvidenze letterarie.
3 commenti:
Grazie a te e naturalmente a Sergio, il cui libro ho apprezzato anch'io.
giusto ieri mi sono riascoltata potato blues dopo un sacco di tempo, che coincidenza!
si vede che armstrong era nell'aria...
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