sabato 30 settembre 2023

monicelli "proibito"


Negli ultimi giorni mi sono rivisto i film del primo Monicelli, quando ancora stava cercando suo stile che troverà intorno ai quarant’anni, a partire dalla metà degli anni ’50 (anche se molti indicano come punto di partenza il 1958 con I soliti ignoti che è il suo primo indiscusso capolavoro). Fino ad allora Monicelli ha fatto una lunghissima gavetta, prima come sceneggiatore e poi come regista in coppia con Steno negli anni in cui i due furono spesso “a servizio” di Totò, lavorando con lui ad alcuni dei suoi film più interessanti, il migliore dei quali resta Guardie e ladri del 1951. Fra questi due titoli ce ne sono molti altri, alcuni parecchio simpatici – Padri e figli, del 1957, è il mio preferito –, ma della maggior parte dei casi è difficile dire “questo è di Monicelli”, proprio perché manca loro quel certo sguardo, quel modo di raccontare le storie “in puntasecca” che è proprio del Monicelli maturo. Di questi vari tentativi alla ricerca di una propria voce d’autore e di uno spazio autonomo nell’industria cinematografica, la nota forse più curiosa, la più notevole (e ironica) per uno dei padri della Commedia all’italiana, sta nell’accorgersi dei moltissimi ammiccamenti formali a un certo cinema di marca spudoratamente hollywoodiana. Abbiamo così Le infedeli (1953) che attinge a piene mani al noir (in salsa melò) che aveva caratterizzato il mercato americano nel decennio precedente, Donatella (1956) che è praticamente un film “alla Hepburn” (a metà fra Vacanze romane e Sabrina) ma calato anche nella parlata nella borgata romana, ma soprattutto Proibito (1954), che al di là del titolo bruttissimo (anche considerato che il protagonista della pellicola è un prete), è un vero e proprio western ambientato in Sardegna – innovativo soprattutto perché utilizza come colonna sonora la Sinfona n.4 di Brahms insieme a canti etnici sardi (qualcosa di simile farà anche Pasolini di lì a pochi anni nel "Vangelo secondo Matteo") – con una delle più belle scene di duello a cavallo mai girate in Italia, addirittura una decina di anni prima che scoppiasse il fenomeno degli “spaghetti western” con la trilogia di Sergio Leone.

venerdì 29 settembre 2023

se

Scocciato dall’ennesimo autore che mi scrive chiedendomi “se” pubblichiamo poesie, decido di mentire e rispondo che ci piacerebbe, ma come casa editrice non siamo interessati al genere. Mi risponde che capisce perfettamente il nostro discorso dal punto di vista economico, ma trova che sia una cosa importante riportare la poesia nelle librerie e quindi mi esorta a ripensarci, perché servono più fiducia e coraggio da parte di noi editori.

poeta in guerra

È da poco uscita per La Vita Felice una nuova e ad oggi unica antologia italiana di poesie del regista tedesco Heiner Müller, nella traduzione di Anna Maria Carpi su testi scelti da Durs Grünbein, titolo: NON SCRIVERAI PIÙ A MANO. Ho “incontrato” quest’autore splendido una quindicina di anni fa (aprile 2009), proprio attraverso le sue poesie, per merito del regista teatrale Carlo Formigoni che mi donò una raccolta ormai introvabile, “L’invenzione del silenzio” edita dalla compianta Ubulibri nella traduzione di Graziella Galvani e Peter Kammerer, che raccoglieva materiali dei suoi ultimi anni di vita, fra la fine degli anni ’80 e la metà dei ’90 del ‘900, nel quale Müller col suo stile livido, spezzato, privo di punteggiatura e inframmezzato di citazioni (fra colte e prosaiche), sempre pregno di un umorismo nero di chi guardava in faccia l’angelo della morte, sovrapponeva la tragedia storica della fine della Germania dell’est e dell’intero comunismo, con la sua personale tragedia di un tumore diagnosticato che lo avrebbe portato alla morte. Era la fine di due mondi – “due miserie” avrebbe detto Gaber – in un corpo solo. C’è un testo bellissimo, all’interno dell’antologia della Vita Felice (che recupera e ritraduce anche molti dei testi del volume Ubulibri), in cui Müller scrive che Tacito a un certo punto dei sui Annales si scusa perché, vivendo egli durante un lungo periodo di pace, la narrazione rischia di farsi a tratti noiosa: con me, aggiunge Müller, questo rischio non si corre. Non a caso la sua autobiografia, (edita in Italia da Zandonai a cura di Valentina Di Rosa, ma anch’essa ormai introvabile), costruita rimontando insieme una serie di interviste che creano quasi l’effetto di un ritratto estorto sotto interrogatorio, si intitola “Guerra senza battaglia”. La parola “guerra” è quella che più torna nella sua vita e nella sua opera. Nato alle soglie della seconda guerra mondiale, un’infanzia orribile vissuta nella fame più nera della Germania sconfitta e assediata dai russi, aveva assistito prima alla costruzione del muro di Berlino, scegliendo di vivere dalla parte est in uno stato di guerra fredda perenne, combattendo non uno ma ben due nemici – da una parte l’occidente consumistico, dall’altro la dittatura comunista che lo usava come ambasciatore culturale all’estero e intanto lo contrastava, censurava e puniva in patria. Aveva visto il suo maestro-rivale Brecht finire i suoi anni come un leone triste chiuso in una gabbia dorata, aveva visto sua moglie depressa che sceglieva di suicidarsi piuttosto che essere infelice in quel mondo. E in tutto questo aveva scelto, per non impazzire, di fare teatro. Un teatro che, nella maggior parte dei casi, recupera i classici in una operazione molto simile a quella che in Italia farà Pasolini: riscrivere, rivisitare il mito, che sembrava allora così lontano dal presente, quasi una forma di “passatismo”, per parlare proprio del presente attraverso il suo archetipo. Andare alla radice. In Italia sono editi alcuni suoi testi teatrali, con preziosissimi commenti sul suo teatro: il bellissimo “Filottete” (Il Melangolo) scritto dopo un durissimo scontro proprio coi vertici della DDR, quando Müller venne processato e condannato a fare pubblica ammenda per i contenuti “antisovietici” di un suo spettacolo in seguito alla delazione di alcuni compagni, “Anatomia Tito Fall of Rome” (L’orma) e più di recente una raccolta dei dei suoi testi teatrali a cura di Milena Massalongo, edita da Cue Press, una bellissima casa editrice specializzata in teatro e cinema che ha raccolto l’eredità di Ubulibri. Resta pressante la domanda, perché Müller scelse di rimanere lì, di farsi ancora più male, di non “evadere” verso l’ovest dove avrebbe avuto maggiore fortuna, libertà e successo? Forse perché, come scrive Cesare Garboli in un suo studio su Molière, “il male e l’intelligenza coincidono”, e soltanto nel male si affina (spietatamente) l’intelligenza. In essa la realtà viene messa alla prova e ciò che resiste all’intelligenza, aggiunge Lacan, è la verità. 

mercoledì 27 settembre 2023

mal comune, mezzo gaudio

 Incontro alla fermata del bus due simpatiche quanto sprovvedute signore sui 70 anni che da Lecce hanno deciso di farsi una passeggiata a Locorotondo. Sprovvedute perché invece di pagare un taxi, hanno pensato bene di risparmiare i loro soldi e prendere il treno, senza rendersi conto che dalla stazione di Fasano alla Valle d’Itria i collegamenti sono pessimi. Infatti, dalla stazione bisogna prendere il bus cittadino che porta in centro a Fasano e arrivati lì c’è un solo pullman della Sud Est (alle 10.00) che sale verso Locorotondo, ma se perdi quello sei bloccato a Fasano per il resto della mattinata. Le due simpatiche signore però vengono prese “a cavallo” da Luca Liconso che era andato a comprare i fiori. Quindi si ritrovano a settant’anni a fare il loro ingresso in Valle d’Itria facendo l’autostop sul furgoncino delle onoranze funebri. Insomma, una di quelle avventure che si può raccontare ai nipoti… Salvo che subito dopo la loro avventura viene di nuovo ostacolata perché si rendono conto che, non essendoci collegamenti adeguati fra paese e stazione nemmeno al rientro, devono necessariamente riprendere il pullman per Fasano delle 12.20 (che è l’unico fino alle 16.30) se no non sanno come arrivare il tempo per prendere il regionale per Lecce del pomeriggio. Fanno dunque un giro di una mezzoretta in paese e poi tornano di corsa alla fermata, dove le incontro. Una delle due mi dice che Locorotondo è bellissima ma continua a chiedermi: Perché? Perché un paese bello come questo non è collegato a nessuna stazione? – L’altra, più sardonica, mi dice: Io credevo che solo in Salento stessimo messi così male, e invece oggi sono contenta di scoprire che non siamo i soli! – Come si dice: mal comune, mezzo gaudio.

fase

Farsi venire (a 46 anni suonati) il mal di pancia per aver mangiato troppi biscotti... è vero che a una certa età si torna bambini, ma credevo di cominciarla un po' più tardi questa fase...

lunedì 25 settembre 2023

choderlos de laclos

 
Uno degli autori che in assoluto preferisco, Choderlos de Laclos viene principalmente ricordato per il suo capolavoro “anticonvenzionale, immorale e distruttivo”, Le relazioni pericolose (1782), riuscendo nella non facile impresa di scrivere un solo romanzo talmente riuscito da diventare un classico e una delle opere simbolo della propria epoca. Al di là di quello, però, tutta la vita dell’autore è un grumo irrisolvibile di contraddizioni e avvicendamenti affascinanti: nato alle soglie della rivoluzione francese, nel 1741, da famiglia altoborghese, sceglie di dedicarsi alla carriera militare che prosegue per il resto della vita con pigrizia encomiabile e nessuna ambizione a far carriera. Da lì entra prima a servizio del duca d’Orleans, poi si avvicina a Danton, attraverso i quali si adopera attivamente per spodestare la famiglia reale. Dopo la rivoluzione rientra nei ranghi del potere sotto Napoleone che lo incarica come comandante di riserva di andare prima sul Reno e poi a Taranto, dove muore di malaria nel 1803 rifiutando in punto di morte i sacramenti, ragion per cui i tarantini ne distruggono la tomba e gettano i suoi resti in mare. Come autore ha scritto pochissimo, il suddetto romanzo epistolare che lo ha reso celebre (anche attraverso le sue diverse trasposizioni cinematografiche), qualche studio e un’operetta teatrale, e un trattato del 1783, L’educazione delle donne, che quando uscì creò un vero e proprio scandalo – paragonabile soltanto a quello suscitato dal personaggio dell’indipendentissima e spietata Marchesa de Merteuil, vera e propria antesignana di tutte le dark lady a venire –, perché vi asseriva che le donne sono uguali agli uomini in tutto e per tutto, e meritavano quindi di avere l’identico diritto all’istruzione e alla carriera. Ciò detto da un uomo che non aveva alcuna inclinazione né al lavoro né alla carriera e forse avrebbe preferito essere una donna.

mahleriana

Oggi Atelier – per vivace insistenza di Massimo D'Arcangelo – pubblica una scelta di poesie che ho scritto per mio padre, malato di SLA, durante l’estate prima della sua morte. Mahleriana, come titolo della suite, dall’adagietto della Sinfonia n.5 di Gustav Mahler, che ascoltavo mentre scrivevo il secondo testo (il più larkiniano) ma mi sembrava avere attinenza anche con le altre.

 

domenica 24 settembre 2023

le lettere

 
Una delle immagini più sublimi della letteratura erotica di tutti i tempi. Il visconte di Valmont si insinua nel letto della giovane Cécile e mentre la istruisce all'arte del sesso, le detta le lettere d'amore che poi lei spedirà al suo Danceny. L'idea del triangolo epistolare delle Relazione pericolose verrà poi ripreso in chiave grottesca da Rostand nel Cyrano, ma quanto è intensa l'immagine di quegli incontri notturni in cui carta e corpo (della Musa) si confondono sotto la penna (dell'artista). Qui sono riprodotti in una incisione della prima edizione del libro, del 1782, e poi nella versione cinematografica del 1988, regia di Stephen Frears con John Malkovich che dopo questa interpretazione dà il suo volto a ogni libertino di sempre. 
 

 

giovedì 21 settembre 2023

luce

La luce del futuro non cessa un solo istante di ferirci…

(Pasolini, 1957)

Ma come tarda la luce a ferirmi.
(Sereni, 1965)

sabato 16 settembre 2023

lumachina

Il medico mi spiegò fin dall’inizio com’era tutto collegato, per quanto imprevedibile nei suoi tempi di sviluppo. Esploso il male, come primo effetto s’è rattrappita la voce, ridotta a un guaito di bestiola inerme, poi si è chiusa la gola e con essa la voglia di nutrirsi, dopo ha cominciato a sbavare per casa lasciandoci lunghe scie di bava che non riusciva più a contenere o tenersi in bocca, secondo me con lo scopo segreto di non perdersi mentre si trascinava in giro nel labirinto delle sue sofferenze e noi ne seguivamo le tracce.
Io imparavo con lui tutto un dizionario nuovo per me, ma necessario, che comprendeva termini medici e scadenze improrogabili, i controlli del lunedì in ospedale, le molte tappe da affrontare per arrivare a una fine lenta e dignitosa, la varia gamma dei suoi stati d’animo o dolori, che si esprimevano in pianti muti ormai ma per diversi motivi, certuni stupidi, quasi tutti relativi alla sua frustrazione e impotenza.
Gli mancava la forza nelle mani, non riusciva nemmeno ad avvitare il barattolo dei biscotti, o abbottonarsi i polsini. Il collo gli cedeva senza molla. Annaspava sulle gambe spente e piano piano, pensai, mentre cercava di respirare, si stava ripiegando su se stesso simile a una foglia autunnale che ridisegni un cerchio. Ma era in fondo più simile a una lumachina che trasmigri da una casa all’altra portandosi dietro le sue cose.
Io lo accompagnavo per le stanze sorreggendolo per le mani, con la paura che cadesse e ogni sera gli massaggiavo gli arti esangui strofinandoli fra i palmi caldi per dargli sollievo dal primo gelo della morte, così come aveva fatto lui a suo tempo con mio nonno.
Ecco come mio padre mi passava il testimone, depositandosi fra le mie mani. Ero il padre ormai per questo vecchio, ben sapendo come a un certo punto avrei dovuto lasciarlo andare solo, da buon figlio che rimane e seppellisce il padre e fa della sua vita una casa sola.

venerdì 15 settembre 2023

due scene di comune assurdità alla veglia di mio padre

Per la veglia, hanno appena composto il corpo di mio padre nella bara al centro della stanza. Già da un paio d’ore hanno cominciato ad arrivare i parenti e i primi amici. Mamma sta seduta accanto alla bara, io entro ed esco dalla stanza perché non riesco a guardarlo. Entra un uomo di mezza età, alto, imponente, si avvicina alla bara, guarda a lungo mio padre, poi va da mia madre e senza salutare le chiede a bruciapelo, con tono inquisitorio: Quando è successo? – Stanotte, mentre dormiva. – Siamo sicuri? – Certo. – E dov’è morto? – Qui in casa, nel suo letto. – Com’è morto? – Ha avuto un blocco respiratorio. – Il tipo la fissa come per metterla alla prova, tanto che per un attimo mi chiedo se non sia un poliziotto. Si piazza al centro della stanza, allunga la mano verso il corpo di mio padre come se fosse un Giulio Cesare a teatro, e attacca un’orazione a voce alta e ferma: – Guardate, questi sono gli effetti di una politica assassina e criminale che ci sta uccidendo tutti, uno per uno, nessuno escluso, che ci vuole tutti morti. Per fortuna stiamo cominciando ad alzare la voce, era ora! Per fortuna stiamo cominciando a ribellarci e lottare. Io e mia moglie siamo fieramente No Vax e lo diciamo a testa alta. Noi non ci faremo schiacciare la testa! – Poi si gira, batte il pugno sulla cassa per salutarlo e dice: – Giovanni, sarai vendicato! – Si gira e, senza salutare, senza nemmeno farci le condoglianze, se ne va. Solo allora mia madre ha il coraggio di chiedermi: Scusa, ma quello chi è? – Il giorno dopo viene a trovarci un altro amico. Entra, saluta tutti dandoci le condoglianze, stringendoci forte le mani. Finché non arriva una nostra parente che lo guarda terrorizzata dalla porta, mi richiama con forza agitando la mano: Antonio, ma chi lo ha fatto entrare quello? – Perché? – Sua moglie ha il covid, è chiusa in casa col covid da ieri! Sta malissimo! E quel pazzo se ne va in giro così! – Per fortuna le finestre solo ben spalancate, ma non appena il tipo saluta ed esce dalla stanza, compare dal nulla una bottiglietta di amuchina che viene fatta girare fra i presenti perché tutti si disinfettino con cura le mani. Una mia vicina, che è persona buona ma eccessiva, mi chiede se non è il caso di passare con l’amuchina anche le mani del morto.

mercoledì 13 settembre 2023

queste cose

La marea di gente che da ieri mi racconta storie che non conoscevo sulla tua vita e quanti mi dicono: Come era orgoglioso di te, quanto parlava bene di te, quanto ti voleva bene. Mi avessi mai detto una sola volta ti voglio bene. Perché queste cose le devo venire a sapere sempre dagli altri?

sabato 9 settembre 2023

nella sfortuna

Leggevo poco fa il post di una ragazza lombarda, con padre affetto da SLA, che diceva di sentirsi abbandonata da tutti, dalla famiglia, dagli amici, dallo Stato, dalla ASL territoriale, non riesce nemmeno a trovare un badante qualificato per accudirlo a letto, “siamo soli completamente soli” diceva… Ogni giorno ne leggo tanti di sfoghi così. E fa un certo effetto leggerlo per un pugliese, perché siamo così abituati a pensare – con preconcetto tipico di ogni meridionale – che al nord stanno bene o certamente assai meglio di noi e i problemi sono tutti nostri, che spesso non ci rendiamo conto che su non stanno affatto così tanto bene, siamo soltanto noi al sud che stiamo messi ancora peggio di loro. Non c’è più un su e un giù, insomma, c’è soltanto una gara a chi sta peggio, ed è sconfortante. Così, o ti affidi a un servizio medico a pagamento che discrimina fortemente chi non ha mezzi, oppure sei fottuto. Io posso dire che in più di un anno che affronto questa malattia con mio padre, l’unico luogo in cui ho visto una vera eccellenza è stata una clinica privata di Milano che per una visita mi è costata metà di quanto guadagno in un mese (e loro fanno 700 visite al giorno!). Per il resto nel servizio pubblico sono tutti gentili, anche preparati, ma mancano proprio le forze, manca il personale, o i mezzi, una volta in un ospedale del Salento mancavano persino le stampanti, ce n’era una soltanto per l’intero ospedale, e quindi per fare una fotocopia di un documento che serviva, abbiamo dovuto metterci in fila e aspettare 45 minuti il nostro turno. Ma ancora peggio, in più di un anno che giro per ospedali non ho ancora incontrato uno psicologo che abbia affrontato determinati problemi relativi al fine vita con mio padre, ed è scandaloso, perché mi hanno costretto a dover affrontare l’argomento con lui in prima persona. In questo mi sono sentito molto solo, ma per il resto posso solo dire quanto è bella e forte la rete famigliare che si è creata intorno a noi, fra famigliari e amici, nessuno quando abbiamo avuto bisogno ci ha voltato le spalle. E almeno in questo, nella nostra comune sfortuna, leggendo il post della ragazza lombarda mi sono sentito un pochino più fortunato di lei.


fiducia

È molto bello questo clima di fiducia reciproca che si respira quotidianamente nell’ambiente editoriale. Parli con un libraio al telefono e ti dice che le recensioni su siti e giornali non servono a vendere i libri, infatti lui non ne ha venduto uno. Parli con un amico che scrive sui siti e ti dice di lasciar perdere le librerie, che non servono a nulla se confrontate al potere di vendita di Amazon. Vorresti parlare con quelli di Amazon, che un giorno sì e uno no ti causano un problema se sei un venditore, ma ogni volta è come infilarsi nel castello kafkiano. Così parli con uno scrittore amareggiato, che ti dice che gli editori non servono più a nulla nel mondo a venire e se deve fare tutto l’autore per promuoversi è sempre meglio pubblicare con Amazon e sperare in un colpo di culo come Vannacci. Ieri, per chiudere il cerchio, parlavo con una ragazza che si è innamorata di alcune poesie di una mia autrice che ha letto, appunto, su un sito. Le ha amate al punto da screenshottarle per tenerle sul telefono, ma mi chiede se posso fargliene leggere altre. – Se ti piacciono tanto, perché non compri il libro? – Eh, ma due poesie non fanno mica una poetessa, e se poi il libro è una sòla? – Mi chiede allora il PDF del libro per avere conferme, e già che c’è mi manda in cambio il suo per una valutazione “sincera”.

venerdì 8 settembre 2023

integratori

Per due mesi aspetti che ti arrivi in farmacia ospedaliera, a Putignano, un integratore alimentare parecchio costoso, prescritto in ospedale perché necessario a tuo padre per nutrirsi giornalmente e a cui avresti diritto per legge. Intanto che aspetti che arrivi, perché come ti dicono in farmacia ospedaliera “la ditta non ce lo sta inviando, ma stiamo reclamando”, sopperisci comprandone a tue spese un altro (20 euro a confezione) che la farmacia non può darti perché “non c’è stato l’appalto”. Dopo due mesi, stufo di spendere così tanti soldi, chiami tu direttamente la ditta che lo fabbrica per capire che succede, e parlando con un impiegato scopri che il tale medicinale non è più in produzione da mesi. Ma questo non lo sapeva né il dietologo della ASL di Brindisi che te lo ha prescritto, né la farmacia della ASL di Bari che gestisce suddetti “appalti” sui medicinali di tutta la provincia, né la farmacia ospedaliera di Putignano che lo ha ordinato, né chi, da lì, dice di aver fatto il reclamo alla ditta. In mezza Regione, insomma, non lo sapeva nessuno, e va bene, ma vorrei sapere allora, visto che io con una chiamata di dieci minuti ho scoperto che non esisteva più, loro chi hanno chiamato negli ultimi due mesi? Quando gliel’ho detto sono cascati dalle nuvole. Si sono quasi offesi. E adesso ricomincia la trafila per farsi assegnare un altro integratore.

giovedì 7 settembre 2023

guaricci alla greca

Opere di Enzo Guaricci nella chiesa della Madonna della Greca a Locorotondo in una mostra curata da Roberto Lacarbonara per il festival Esseri Urbani.

logo

Ragazza mi fa notare come il logo di Pietre Vive sia eccessivamente "patriarcale". – Madonna, e io che mi ero ispirato ai fauni danzanti di Matisse... – La citazione colta non attacca, né basta a nascondere la colpa. – E cosa potrei fare allora per correggere il tiro? – Ad esempio io gli taglierei il pisello!

la festa dell'arancio

 

mercoledì 6 settembre 2023

tiro al piccione

Oggi è scomparso il grande Giuliano Montaldo, uno dei pochi registi italiani che sono riusciti a imporsi nel mercato statunitense, anzi forse a un certo punto più famoso negli USA che in Italia, probabilmente a causa delle sue scelte politiche, che spesso creavano degli scontri fra militanza e libertà di espressione. Ha esordito nel 1961 con Tiro al piccione, un film sugli ultimi giorni della guerra visti attraverso gli occhi di un aderente alla Repubblica di Salò, il primo film che parla apertamente, con un taglio umano, di quegli italiani (la cui memoria veniva prima accuratamente censurata) e per questo creò uno scandalo indescrivibile che quasi gli stroncò la carriera, ma fu solo il primo di molti. Sono seguite poi una serie di opere di diverso carattere, fra commerciale (per sbarcare il lunario, anche come attore) e fortemente impegnato, ma con un respiro sempre epico: fra gli altri, soprattutto negli anni ’70, il bellissimo Gott Mit Uns, L'Agnese va a morire e ovviamente Sacco e Vanzetti, il suo capolavoro, per cui lo ricordiamo ancora oggi e lo ricorderemo sempre.

sabato 2 settembre 2023

che sarebbe successo...

Ieri leggevo un libro di Angelo Panarese, Risorgimento tradito (Capone) in cui, con taglio fortemente gramsciano, si parla del fallimento sia economico che culturale (nella formazione di uno spirito nazionale) dei Savoia nella gestione del regno italiano dopo l’unità (fallimento che avrebbe portato al fascismo), e mentre leggevo mi sono chiesto – a parità di condizioni economiche fra Nord e Sud prima dell’unità, a parità di monarchie zoppicanti che li governavano, a parità di interessi economici internazionali sull'Italia dell’epoca – che sarebbe mai successo se Garibaldi coi suoi mille volontari quel lontano giorno del 5 maggio 1860, gridando “Viva l’Italia”, invece di partire da Quarto nei pressi di Genova, si fosse imbarcato a Napoli risalendo lungo lo stivale invece di fare rotta a sud.