lunedì 31 luglio 2017

mostricino

Il mio amore è un mostricino
per metà cuore per metà meschino.
Quando si riconosce si dà del mostro
ma è un mostro carino dunque
con affetto lo chiamiamo mostricino.

Eccolo lì che si mangia le dita
e si finge nel mio sguardo sensibile
ma insensibile nella sua vanità
si aggrappa a un niente e fa piani –
finché non passa la paura –

di futura prorompente felicità
che spazzi via in un lampo tutto il male.
«Dov’è il male?» Se lo chiede se
non riesce più a vedermi – allora mi cerca
finché non si ricorda che mi odia

allora si allontana per non odiarmi troppo –
perché senza di me poi che gli resta?
Un bellissimo nulla. Tutto il male.
La tentazione di non essere più nulla.
O forse di non essere mai stato.

domenica 30 luglio 2017

pranzo di famiglia

Mio padre dice che si è rotto le palle di come vanno le cose in Italia e ci chiede di fargli una pagina Facebook per poter dire la sua senza censure. Ha anche pensato a un nome di battaglia per il suo account: Giuanne Lille u kitemmurt. Quello che in gergo famigliare si dice un picciotto.

natura morta con aglio e pomodori


sabato 29 luglio 2017

farsi male


Ieri notte, dopo un bel documentario su Nina Simone (What Happened, Miss Simone?) e Miles Ahead di Don Cheadle, che avevo già visto e continua a piacermi anche se non è un insulso biopic su Miles come molti lo avrebbero voluto, non contento mi sono visto anche Todo Modo di Elio Petri, un film talmente bello e maledetto che mi chiedo come mai non sono riusciti a farlo diventare una moda come certe cose belle e non per tutti, ma maledette, di quelle che fanno controtendenza e allora bisogna che ti piacciano (Pasolini non per niente docet, visto che il film è uscito nello stesso anno di Salò e come quello parla dell'orrore nascosto dietro il potere). Ecco, stamattina dovevo/volevo lavorare, ma ho visto troppo, mi sono fatto male e mi sento la testa come un flipper e un nodo alla gola che sembra un nodo scorsoio. LA POESIA FA MALE scriveva Balestrini, così ogni tanto è meglio tornare coi piedi per terra. Penso che ora me andrò in posta, mi metto in fila col mio pacchettino, parlo male con le persone delle file in posta, del servizio agli sportelli, delle bollette da pagare, dei figli senza lavoro e della mia cervicale, e mi schiarisco un po' le idee nelle comuni lamentazioni che danno sale ai giorni.

giovedì 27 luglio 2017

due cazzodde

Nel primo mattino due cazzodde che proseguono sul proprio rettilineo, lungo il filo del muretto ma in direzione opposta, si incontrano a un punto. Mi chiedo quale delle due devierà per prima dal proprio percorso per far spazio all’altra o se ne nascerà un qualche contatto. Ma piuttosto che deviare dalla meta la più piccola china il capo sotto l’altra e tira dritto, la più grande la scavalca e proseguono ciascuna per la sua strada senza esitazioni. Mi chiedo quale lezione c’è da carpire in questo incontro fugace e senza cuore fra due cazzodde sole. Ma ci sto ancora pensando e nessuna particolare illuminazione zen mi pare sia giunta all’orizzonte.

martedì 25 luglio 2017

storia di una poesia americana

Mi dirigo verso un sogno assai felice, dove parto per l’America col mio zaino in spalla per cercare un indirizzo dove ha vissuto Julio Cortázar che voleva scrivere di Charlie Parker. Trovo invece il giovane Bob Dylan che si esibisce nei caffè delle Università. Lo avvicino pieno di un’ammirazione che lui ancora non comprende, mi fa uno scarabocchio sul quaderno che dovrebbe essere un autografo e parliamo di equilibrio, che manca a entrambi, e di poesia e di canzone, e di quanta musica c’è sempre in una poesia e di come spesso sia maggiore la musica che sta dentro a una poesia della poesia che c’è in una canzone. Vince la musica, mi dice Bobby, ma mi piacciono entrambe, perché accontentarsi se puoi prendere tutto? Lo conosci Allen Ginsberg? mi chiede, ti assomiglia. Gli dico di sì, e che le sue sono considerazioni interessanti, ma sottili. Eppure i poeti stanno attenti ai particolari, mi dice lui sorridendo. Allora gli chiedo, visto che parliamo di scrittori, se conosce un argentino che sto cercando, Julio Cortázar, sparito mentre scriveva un articolo su Charlie Parker. Sono mesi che non scrive a sua moglie, né la chiama. Si teme si sia infilato in qualche guaio, forse droga, di quella che gira intorno agli ambienti del jazz. Gli rivelo che sono un investigatore privato e che mi hanno assoldato per ritrovarlo. Bobby mi risponde di no, non lo conosce, l’unico scrittore che conosce è Allen Ginsberg, che è ebreo, ma se voglio proverà a chiedere in giro. C’è un tipo, un nero matto figlio di troia ma con le palle che gli fumano per quanto è hip, che suona il sax sotto i ponti e sa tutto di tutti nel mondo del jazz, ed è suo buon amico aggiunge con orgoglio. Va bene, gli dico, grazie per l’aiuto. Poi, mentre ci salutiamo, mi dice che, se sono italiano, vuole venirmi a trovare un giorno. Ma certo gli dico, quando vuoi, mi fa piacere. Ho solo il divano da offrirti, ma è comodo. Ma Bobby mi strizza l’occhio e, pensando all’Italia, mi dice: Lascia stare il divano, piuttosto c’è fica dalle tue parti?

sbagli

Ho letto adesso un post che mi ha fatto riflettere, in cui l'autore notava che una delle cause dei tanti incendi che infestano il Paese, insieme al lavoro certosino dei piromani, è stata lo scioglimento del Corpo Forestale alla fine del 2016. Mi ricordo quando ne parlava Renzi alcuni mesi fa, dicendo che c'erano troppi corpi di polizia in Italia e andavano smaltiti e io gli davo ragione. Adesso mi accorgo che il vecchio corpo preposto alla difesa del territorio boschivo (pur con tutti i suoi limiti) è stato assorbito dai Carabinieri, diluendone le forze e i mezzi già esigui, e che per far fronte ai numerosi incendi, in mancanza di forze, spesso ci si rivolge ad aziende private che ovviamente hanno tutto l'interesse a che gli incendi ci siano, perché si lavora su quelli. Soprattutto in zone dove il lavoro non c'è proprio. Da qualche parte si è sbagliato qualcosa, mi sa, e fra gli altri ho sbagliato anche io, come cittadino, che esultavo di pancia per quelle scelte e non mi interrogavo abbastanza sulle conseguenze.

domenica 23 luglio 2017

lo zingaro


Il tipo biondo nella foto è Johnny lo Zingaro, ferocissimo criminale romano degli anni '80, pluriomicida mai pentito, che secondo la ricostruzione fatta da David Grieco era l'uomo al volante della macchina che schiacciò più volte Pasolini uccidendolo. Johnny lo zingaro, leggevo poco fa, il 30 giugno scorso è evaso dal carcere con una facilità preoccupante: ha preso un taxi che lo ha portanto da Fossano, dov'era detenuto, fino Genova, e da lì è salito su un treno. Questo poco prima che gli venisse eseguito, per ordine della Procura di Roma, a circa 40 dai fatti, l'esame del DNA per dimostrare la sua effettiva presenza sulla scena di quel crimine. Lo Zingaro è scomparso, Pelosi è morto pochi giorni fa di malattia, l'avvocato di Pelosi dice che c'è una dichiarazione scottante scritta da Pelosi che non sa a chi dare (forse alla Procura, avvocato?). Eppure, la cosa che più mi inquieta oggi è rendermi conto che tutte le persone note coinvolte in quell'omicidio erano all'epoca degli adolescenti: Pelosi aveva 17 anni, Johnny quasi 16, i fratelli Borsellino detti Braciola e Bracioletta 15 e 14 anni. Io sono di quelli che crede più all'omicidio politico che a quello a sfondo sessuale, ma forse la verità sta proprio nel mezzo e Pasolini in parte è stato ucciso da Cefis con la complicità dello Stato-mafia e in parte dal sottobosco immorale di ragazzi-cazzi che egli stesso non riconosceva più come umani, come aveva già denunciato nei suoi ultimi lavori (da Salò al botta e risposta con Calvino sui delitti del Circeo) e a cui pure non sapeva rinunciare perché rinunciando a loro avrebbe dichiarato la propria definitiva estraneità alla vita.

sabato 22 luglio 2017

è inaccetabile



di Padre Alex Zanotelli

È inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa) ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga.
È inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur.
È inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni.
È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa.
È inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai.
È inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera.
È inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi.
Èinaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa, soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi.
È inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia , Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni secondo l’ONU.
È inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile.
È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!).
Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi.
Questo crea la paranoia dell’“invasione”, furbescamente alimentata anche da partiti xenofobi.
Questo forza i governi europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con l’Africa Compact , contratti fatti con i governi africani per bloccare i migranti.
Ma i disperati della storia nessuno li fermerà.
Questa non è una questione emergenziale, ma strutturale al sistema economico-finanziario. L’ONU si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa. Ed ora i nostri politici gridano: «Aiutiamoli a casa loro», dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’ENI a Finmeccanica.
E così ci troviamo con un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrum dove sono naufragati decine di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa come patria dei diritti. Davanti a tutto questo non possiamo rimane in silenzio. (I nostri nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?).

venerdì 21 luglio 2017

canicola

Mi pare che della morte di Pino Pelosi non abbia scritto nessun blog che conti, gli stessi blog pieni di grandi pensatori e interpreti del mondo che l’anno passato ci hanno ammorbato con tutto il possibile su Pasolini. Invece di Pelosi, che pure del romanzo Pasolini è un pezzo imprescindibile, nessuno ha detto niente, salvo i giornalisti di cronaca e i giornali che di lui si sono nutriti e in cui si è consumata la sua breve vita di personaggio secondario. Non è la scelta del silenzio, ma pigrizia. Come se più ancora che l’imbarazzo fosse scesa sul pensiero l’ombra annoiata della canicola estiva. Pasolini però su questa morte ci avrebbe scritto eccome, magari un capitolo nelle sue Lettere luterane che mettesse in connessione l’intima tragedia di Pelosi – vittima e non proprio vittima delle circostanze – e lo Stato sociale e giudiziario che quella tragedia ha avvelenato, prima infischiandosene alla carlona, poi tramutandola in una barzelletta sporca e infine prendendola con quel pizzico di serietà necessaria quando ormai non c’era più niente di serio da fare. Pelosi che muore nel giorno della chiusura del processo a Mafia Capitale, nel giorno dell’insulto a Carlo Giuliani da parte di un esponente del Pd: sono segni, avrebbe detto Pasolini, che vanno messi in connessione e interpretati. Io lo so, ma tant’è, la canicola s’è presa anche me. Dicono che ora quel delitto non avrà più soluzione, ma questo silenzio alla fine fa comodo a tutti e chiude in qualche modo una vicenda che, fin dall’inizio, non voleva essere conclusa. È bello così questo caso, come tutto ciò che in Italia è stato toccato dalla cultura della Chiesa. Se c’è mistero allora è sacro, e a noi Pasolini piace un poco santo e un poco peccatore, così facciamo felici tutti, come l’ostia ce n’è sempre un pezzetto buono per chiunque.

mare di taranto

Lo leggo adesso sul blog di Giulio Mozzi, non lo sapevo, non ci ho fatto mai caso, ma Choderlos de Laclos, l'autore di uno dei più bei libri (e film) di sempre, Le relazioni pericolose: "finirà la carriera nell’esercito napoleonico. Il suo ultimo compito, che la morte per dissenteria e malaria gli impedirà di portare a termine, sarà il comando di una fortificazione che ora porta il suo nome, sull’isolotto di San Paolo, davanti al Golfo di Taranto. Alla caduta di Napoleone gli abitanti del luogo, come atto di sfregio nei confronti degli occupatori francesi, distrussero la sua tomba, che lui, non religioso, aveva voluto nella piazza d’armi del forte. I suoi resti molto probabilmente furono buttati in mare." Giace ancora adesso, perduto, sul fondo del vicino Mare di Taranto.

giovedì 20 luglio 2017

virus

Si dice che dal Bene venga il Male e il suo contrario
che si esprimano a vicenda in equilibrio necessario
alla creazione perché l’uno assieme all’altro sono Uno.
Eppure il Virus riproduce il proprio doppio
e sta nascosto fra gli exploit del mondo
pronto a rivelarsi nella fine del sistema.
Io guardo a lui così solerte e discreto
e poi mi chiedo in barba ad ogni Chiesa
se non c’è stato un clamoroso errore:
se Dio non è somma di tre che danno Uno
ma un più concreto doppione di se stesso
infetto al mondo e già pronto a replicarsi
al nostro primo raffreddore.

mercoledì 19 luglio 2017

il miele

Alla fine di quel libro meraviglioso che è Il Miele di Tonino Guerra, due fratelli rimasti ormai soli al mondo e sempre litigati come cane e gatto finiscono per morire nello stesso ospedale, in due letti vicini, ma tenendosi per mano. Non è difficile immaginare che sarà così anche per me e mio fratello, scapoli senza speranza. Eppure, se potessi scegliere, preferirei morire per ultimo, dopo i miei genitori, dopo mio fratello, per proteggerli tutti dalla solitudine della morte a cui ormai sono abituato, vivendomela da anni nelle crisi di panico che di tanto in tanto mi prendono di notte, quando i fantasmi della mia fine bussano agli scuri della finestra per farsi aprire.

lunedì 17 luglio 2017

metafora

Continua voglia di mettersi le mani fra i capelli per strapparseli e gridare: "Questa vita è un disastro, non posso più andare avanti!" ma non trovare mai niente a cui aggrapparsi.

tenerli d’occhio

Mi capita spesso ormai, per motivi di lavoro, o anche semplicemente per alcuni consigli che mi chiedono o scambi di idee, di leggere testi non ancora pubblicati di poeti seri, spesso giovani, alcuni molto bravi altri ancora in cerca di un proprio equilibrio compositivo, ma tutti con una voce forte e inconfondibile. Spesso questi poeti, magari già pubblicati da altre piccole realtà, faticano a trovare un editore, a volte perché la loro proposta non è abbastanza ammiccante da permettere delle vendite adeguate, altre perché caratterialmente non sono propensi a quella dote ormai necessaria a tutti gli scrittori che si rispettino che è l’attitudine alle PR, public relations, cioè la capacità di allisciare il pelo all’editore che si è puntato, al punto che questi non saprà dirti di no. Alcuni non ne sono proprio capaci, te ne accorgi persino dalle mail che ti mandano. Timidi o burberi, questi poeti meritano attenzione. O rischiano di incanalarsi in un percorso laterale e schivo di grandissima qualità ma quasi clandestino, simile a quello di un grande noto a pochi come Walter Cremonte. Ecco perché, d’ora in avanti, ho pensato di fare periodicamente dei post in cui indico nomi e cognomi degli ultimi poeti che ho letto, spesso su manoscritto, e che secondo me meritano attenzione editoriale, indipendentemente dal fatto che un giorno possano o no pubblicare con me. Perché non è tanto importante chi pubblica il libro, ma è importante che si pubblichi un buon libro, invece di tanta paccottiglia. Questi i primi nomi che ho da fare fra quelli che ho letto negli ultimi sei mesi, tutti hanno qualcosa di interessante da dire e tutti andrebbero seriamente tenuti d’occhio: Andrea Piccinelli, Fabio Martello, Gianni Ruscio, Ianus Pravo, Luigi Finucci, Marco Vitale, Maurizio Giudice.

sabato 15 luglio 2017

dopo la letteratura

Probabilmente Pier Vittorio Tondelli non è quel mostro di scrittore che fino ad alcuni anni fa lo si considerava, però Altri Libertini più degli altri resta un libro bellissimo, epocale, e soprattutto intriso di ironia e giovinezza abbinate alla ricerca di una voce oltre l’autore, in cui risuonasse il fremito (e non solo il dramma) del proprio tempo, tutte cose che spesso mancano alla nostra letteratura sempre troppo seria, troppo piena di sé, troppo presa dall’idea di dover dimostrar qualcosa. E infatti il mondo migliore per affrontare quel testo ridandogli un suo posto non è tanto paragonarlo al panorama letterario dell’epoca – che sembra gravitare in un altro universo, a parte forse Arbasino – ma proprio a un tipo di produzione artistica situata in un contesto narrativo parallelo, ma non per questo meno nobile, che ha fra i suoi esponenti di punta Andrea Pazienza, Francesco Clemente, il primo Vasco Rossi e Lucio Dalla post Roversi, ovvero dopo la letteratura.

venerdì 14 luglio 2017

apparizione

Ho appena visto Piero Ciampi su Raiuno. Ormai la Rai per me è a tal punto sinonimo di pattumiera che mi è sembrato quasi una apparizione aliena e per un attimo mi sono bloccato di fronte allo schermo. Piero mi ha detto buonasera col suo viso lungo e il portamento elegante da chansonnier e poi, senza cantare una sola nota, ha lasciato il posto a Massimo Ranieri, facendo tornare tutto alla normalità. Eppure quei pochi attimi sono bastati. Ecco che succede quando piove, l'aria si difresca e la poesia ci assale inaspettata anche attraverso la tivù. Finalmente si respira.

giovedì 13 luglio 2017

grandi speranze

A dieci anni esatti dall'ultima volta, ho appena firmato un contratto con un editore che non sono io per pubblicare un libro che con la poesia non c'entra nulla. Titolo provvisorio del progetto, previsto per il 2018: Grandi speranze.

martedì 11 luglio 2017

la mia quasi moglie


Anche se fa caldo nulla di buono si prospetta per noi in giardino... Dalla casa del vicino suonano i Ricchi e Poveri... Se mi innamoro se mi innamoro se mi innamoro sarà di te!

hai letto?

Hai letto? Hai letto? Hai letto? Hai letto? Hai letto? Hai letto? Hai letto? Hai letto? Hai letto? Hai letto? Hai letto? HAI LETTO?! Mai uno che mi dice una cosa originale, che ne so: Chiudi che sto passando, ti offro una birretta.

di padre in figlio

Come ogni volta che non sto proprio bene, mi lascio andare al bisogno compulsivo di comprar libri per riempire il vuoto con le parole degli altri. Anche ieri, approfittando di un buono, mi sono lasciato andare. Mio padre mi guarda e scuote la testa perplesso. Dici sempre che non c’hai soldi… Dove cazzo li prendi i soldi per comprarti tutti questi libri? Non esco la sera e quello che metto da parte me lo spendo in libri, gli dico. E tu non esci la sera con gli amici per comprarti i libri? Mio padre, che poi è quello che mi ha instillato l’amore per la lettura, sembra ancora meno convinto di prima. Ma hai visto quanti sono, ma quando li leggi tutti questi libri che ti compri? Me li leggo la mattina in bagno, gli rispondo io con la mia solita battuta. Ma mio padre mi conosce e mi frega. Mi immagino che cacate intelligenti che ti fai, bravo complimenti!

venerdì 7 luglio 2017

amoralità

Come al solito, ogni volta che guardo il tg a pranzo, mi viene lo schifo e mi pento. Ecco il caso Bruno Contrada, l’ennesima prova dell’amoralità che scorre nelle vene di questo Stato: e dico apposta amoralità, e non immoralità, perché l’immoralità presuppone una negazione, l’amoralità è il vuoto. Amoralità per cui prima metti un uomo “discutibile” in una certa posizione di potere – anche se quando Contrada asserisce convinto che lui ha soltanto “servito lo Stato” io gli credo: lui serviva lo Stato di Andreotti e di Cossiga, cosa ci si poteva aspettare che facesse? Poi, divenuto scomodo, in nome dello Stato ci si accanisce contro di lui per venticinque anni senza un briciolo di chiarezza giudiziaria, ignorando del tutto qualsiasi precetto di giustizia persino in presenza di gravi problemi di salute – e il mese scorso ci si faceva degli scrupoli per Totò Riina – tanto da meritarsi, lo Stato, sanzioni a più non posso dalla Comunità europea. A cui lo Stato ha risposto facendo orecchio di mercante. Oggi Bruno Contrada viene assolto e lo Stato, nella persona dei suoi cittadini, gli deve a ragione un doppio risarcimento: economico e morale. Appunto. Nello Stato noi dobbiamo credere.

giovedì 6 luglio 2017

limonio

Alla fine ti chiamavo Limonio.
Non più il fiore tumido della mia
adolescenza distratta, ma
scarnificata dalla chemio
qualcosa che si aggrappa
a quanto spazio rimane nel vaso.
Che lotta e si accontenta di un respiro
che nutra il suo scheletro d’erba.
Sarà forse una conquista dell’età
mettere senso al mondo dando
nuovo peso alle cose. Scambiare
la vanità del tuo corpo pieno
con la leggerezza ormai orientale
del tuo corpo vuoto. La chiamavo
conquista dello spirito e offendevo
con la solita mancanza di tatto
che mi avresti perdonato. Solo
i poeti, mi dicevi, non sanno
parlare alle donne. Io sapevo
ma rifiutavo di capire che morivi.
Negavo. Scherzavo. Negavo.
E così tergiversavo sul tuo male
per non dire che ti amavo. Che morendo
mi avresti spezzato il cuore.
Ora ho perso l’occasione di dirti
che il Limonio l’ho sempre preferito
agli altri fiori. È la mia colpa
che ti confesso, pur sapendo
che non si vive di rimpianti.

una facile allegoria

Festival del Libro Possibile di Polignano. Mi trovo ad assistere a due presentazioni una di seguito all’altra: Davide Rondoni, poeta, e Antonio Dikele Distefano, romanziere di successo per teenager. All’inizio dell’incontro con Rondoni in piazza siamo sei-sette persone. Alla fine la piazza è piena, soprattutto di ragazzi venuti per vedere Distefano. Prima di lasciare il palco Rondoni ringrazia l’autore dopo di lui (che non conosce) per avergli “prestato” il suo pubblico, senza il quale avrebbe rischiato di finire come una voce nel deserto. Distefano, di contro, salito sul palco ringrazia l’autore prima di lui (che non conosce) per aver detto cose così belle e intelligenti sull’amore da metterlo nella necessità di appuntarle all’istante sul suo cellulare. In quello scambio di saluti ho visto nitidissimo il mio futuro di scrittore.

domenica 2 luglio 2017

li prende tutti


David Riondino entra in Pietre Vive, mi chiede di vedere i nostri libri e poi esclama:
Li prendo tutti!