domenica 28 aprile 2013

il bersaglio

La cattura di Preiti
Stasera, sulla sua pagina Facebook, parlando della sparatoria di oggi davanti a Palazzo Chigi, il Presidente della Camera Laura Boldrini scrive questo:

La situazione della famiglia del brigadiere Giuseppe Giangrande mi ha molto colpito e commosso. La figlia è una ragazza giovanissima, poco più che ventenne, che ha perso la madre due mesi fa. Oggi suo padre è stato ferito senza motivo ed è in gravissime condizioni. Per la famiglia Giangrande queste sono ore di ansia e di angoscia. Dovremmo stare loro il più vicino possibile, fargli sentire che non sono soli. Noi, come istituzione, ci siamo. Mi auguro che si possa dare un segnale forte, che quando succede qualcosa ad un servitore dello Stato, lo Stato c'è.
Prima di andare all'ospedale Umberto I, dove è stato operato il brigadiere Giangrande, sono stata all'ospedale San Giovanni, dove è ricoverato il carabiniere Francesco Negri, con il quale ho potuto parlare. Per fortuna, nel suo caso, la situazione è sotto controllo. E' un ragazzo giovane e forte, orgoglioso di fare il suo lavoro e motivato a riprendere al più presto servizio.


Contesto due cose alla Boldrini. Primo, lo Stato dovrebbe esserci SEMPRE, per qualsiasi cittadino, e non solo per chi lo serve. Sarebbe quello, davvero, il “segnale forte”, che aspettiamo da tempo.
Secondo, e lo dico con tutto il rispetto per i feriti e per il dolore delle loro famiglie, se Luigi Preiti oggi ha sparato lo ha fatto non “senza motivo”, come dice la Boldrini, lo ha fatto per un motivo e uno solo, perché lo Stato non c'è, non c'è più per lui né per tanti altri, lo Stato lo ha abbandonato. E questo genera rabbia e la rabbia cieca vendetta, la più pericolosa, la più facilmente ripetibile. Dal suo punto di vista quell'uomo ha solo sbagliato il bersaglio.

se in una notte…

C’è un proverbio orientale che dice: “Se in una notte nera, su una pietra nera, c’è una formica nera, Dio la vede e la ama.”
Piacque tanto a Marta, che se lo trascrisse su un taccuino.
Marta lavora in una grande fabbrica di scarpe del Nord. Ogni tanto viene a Molfetta per trovare sua madre che vive in un cronicario e il fratello più piccolo rinchiuso nel supercarcere di Trani. Un giorno mi disse che non ce la faceva più. Non per i soldi. Di quelli, anzi, gliene avanzavano. Ma per la qualità della vita che il destino le aveva imposto.
Costretta a bullonare tomaie tutto il giorno, lei che si era diplomata al liceo artistico col massimo dei voti, si sentiva solo una scheda perforata. Un numero di matricola.
Una donna senza volto, meno valida della busta paga che riceveva il 27 di ogni mese. Non aveva neppure trent’anni, ma le pareva di essere più vecchia di sua madre.
Anche sua madre, del resto, era una cifra. Un cartellino collocato sulla carrozzella, sospinta nell’incrocio di altre cinquanta carrozzelle dell’ospizio.

(Don Tonino Bello)

mercoledì 24 aprile 2013

dignità

Sbaglia chi pensa al 25 aprile come una festa legata a fatti storici passati, lontani nel tempo e nello spazio e quindi inutili, a Resistenza e Liberazione come termini desueti. Si dirà che la Resistenza è morta con chi l’ha fatta e della Liberazione oggi non si vede più nemmeno l’ombra, se non per quei pochi che se la sono comprata. Ma per me il 25 aprile è e rimane legato soprattutto all’idea di Dignità, e quella non ha tempo, anzi all’opposto, peggio vanno le cose e più è necessaria.

martedì 23 aprile 2013

il lavoro uccide la libido...

Il lavoro uccide la libido è risaputo
eccola la mandria di asessuati
trasportati al chilo per l’ufficio
freddi alla vita ma irritabili
si turano il naso per gli odori
di carne inscatolata
eccoli i padroni – del mondo –
venuti a conquistarlo per morirci
replicanti senza figli
replicabili allo sputo
e pieni di paura del domani.

mercoledì 17 aprile 2013

come ogni anno

Lui dice d’essere stato un motore fuoriserie una volta e non il trabiccolo ch’è ora, e trema e vibra e sbuffa e gli sale e gli scende la voce mentre mi racconta la sua vita avventurosa, finché non gli rimbocco le coperte.
Lei ha piantato per lui un albero di susine sotto il balcone, da cogliere quando ti affacci. Me lo mostra con orgoglio, spiegandomi per l’ennesima volta le proprietà benefiche dei suoi frutti.
Poi d’estate, come ogni anno, i loro nipoti più piccoli e i bisnipoti giocheranno a rincorrersi e lanciarsi i frutti caduti come in guerra, e se lui potesse vederli si lamenterebbe dello spreco pieno di amarezza.

lunedì 15 aprile 2013

questa casa popolata di cadaveri...

Questa casa popolata di cadaveri
dorme un sonno lungo e spezzato
quando si risvegliano
di rado i loro problemi migliorano
gli occhi annebbiati di sonno
non mettono a fuoco i problemi
non cambiano mai visione
tutte le certezze sognate
si affievoliscono piano come fa
la notte nel mattino
non reclamano vendetta né salute.

domenica 14 aprile 2013

la crisi

Mi manca tanto Tonino Guerra, e quel suo modo semplice, ma profondo, di spiegarti le cose con la poesia, offrendoti allo stesso tempo un attimo di consolazione e di fratellanza. Se fosse qui oggi probabilmente scriverebbe una cosa così, che non ti risolve i problemi, ma almeno ci ridi un po’ su:

La crisi è una roba sdentata
che ti rosica dentro talvolta
e tu invece non puoi masticarla
anche quando i denti ce li hai.

sabato 13 aprile 2013

migrazioni

Tornano i grillai da queste parti
riprendono possesso della chiesa
la parte alta che tocca il cielo
ricacciano i palombi sulla terra, col pollame.

venerdì 12 aprile 2013

strage

A un certo punto, non si è mai capito perché, i piccioni bianchi che Nunzio allevava per dar colore ai matrimoni, smisero di tornare a casa. Decisero di comune accordo di restare a vivere nella piccola piazza della chiesa e di nutrirsi di quanto rimaneva sul sagrato dopo ogni cerimonia. Forse, qualcuno si azzardò a dire per sfotterlo, il riso bianco dei matrimoni era migliore del mangime da quattro soldi di Nunzio, ormai disperato per la perdita.
All’inizio passeggiavano lentamente, guardandosi intorno con curiosità, coi loro pancioni candidi per la piazza, e presto, quasi fosse Venezia, divennero i soggetti preferiti dei turisti armati di fotocamera, addirittura impararono a mettersi in posa in cambio di un pezzetto di pane.
A forza di pane e di riso, ingrassarono al punto di smettere di volare e zampettavano come galline, ancora tondi e buffi, avanti e indietro per quella che ormai era diventata la loro aia, andando a rifugiarsi negli angoli per dormire, sotto i balconi, dove nidificarono al suolo.
Nacquero così nuovi uccelli che, seguendo l’esempio dei genitori, non impararono mai a volare. Erano troppi per la piazza, la quale presto venne ricoperta di escrementi, piccole macchie nere bianche o gialline che crepitavano sotto i piedi quando passavi. Persino le loro belle piume, adesso che si trascinavano al suolo, erano lorde di cacca.
L’odore era insopportabile, soprattutto d’estate. E quando, a causa della sporcizia, i matrimoni finirono, vedevi gli uccelli muoversi per la piazza come impazziti dalla fame, muovendo il collo a scatti e picchiando il becco contro il pavimento vuoto, se non di escrementi, consumandolo a forza di beccate, ma incapaci di migrare.
I loro vicini umani, ormai stanchi e al limite della sopportazione, quando capirono che né Nunzio né il parroco né quelli del Comune sapevano come risolvere il problema, decisero di fare da sé. Pagarono l’accalappiacani per radunare nella piazza, una mattina, tutti i randagi da portare al canile, e li scatenarono su di loro per farne strage.
Dopo la mattanza, quando i cani furono allontanati, ai pochi uccelli superstiti, che ancora scappavano intorno terrorizzati, senza più voce, senza più vie di fuga, le piume intrise di sangue sulle zampette tremanti e inciampavano sui cadaveri dei loro compagni mutilati dai morsi, venne spezzato il collo. Quando Nunzio, impotente, da lontano vide la scena, i suoi occhi si inumidirono, ma riuscì solo a dire: che peccato.

giovedì 11 aprile 2013

la notte nella foresta

lieviteranno

                                           per Daniela Andreis

le cose piccole intorno
e tracceranno utili mappe
alla salvezza, stelline
del primo mattino, di carta

quando sfiancante pare alzarsi
e dirsi è nuovo il giorno
e tutto ciò che sei
tutto quanto ti rimane di te

sta chiuso in un bicchiere
nel nontiscordardimé
alla finestra, o mette radici

nelle tue impronte digitali
lasciate fin da ieri a danzare
sulla superficie delle cose.

mercoledì 10 aprile 2013

time after the world

Non che lo adori, ma in linea di massima trovo che sia ingiusto chi dice che Miles elettrico, quello degli anni’70 e ‘80, non avesse più nulla da dire. Per quanto alcune derive pop, soprattutto negli anni ’80, lascino perplessi, ci sono molte belle cose nel repertorio dell’ultimo Miles, soprattutto nei dischi dal vivo. In particolare, oggi ho ascoltato una raccolta di pezzi live che ripercorre i suoi ultimi tre anni di vita (dal 1988 al 1991): si intitola Live Around the World ed è stupenda, con un suono brillante e molto funky ma assolutamente Miles, quella sottile vena di amarezza e ostinazione che caratterizza i suoi lavori migliori, che ammalia senza possibilità di replica. Dura un’ora e dieci questo disco, e non si sente proprio. In assoluto, per me, la cosa più bella della seconda parte della sua carriera.

io, ritratto da michele giacovelli

martedì 9 aprile 2013

nulla m'importa e tutto...

Nulla m’importa e tutto
nulla la parola che più sento
nelle ossa nel centro esatto
dello stomaco un vuoto
e sempre l’affanno del da farsi.

presenze

Era così tanto tempo che non ascoltavo Laura Nyro che sinceramente mi ero pure scordato fosse mai esistita. È strano come alcune presenze entrino ed escano dalla tua vita così, con tale discrezione da non fare rumore, da sentirne appena i passi per la stanza, un momento sono importantissime e il momento dopo no, ciao e buonanotte. Poi viene l'insonnia, e poi una sera l'aria si fa calda, qualcosa è fuoriposto, il bicchiere si rovescia senza motivo e bagna il tavolo. E un disco salta fuori dal nulla, e anche se proprio non ti va, se non te ne frega nulla, non puoi fare a meno di ascoltarlo tutto. Il volume è basso, la voce lontana, ma c'è, ha bisogno di farsi sentire, di cantare ancora una volta per te. Son tempi strani quelli in cui un fantasma viene a cercarti per diventare, per una notte, il tuo migliore amico. Ti cerca e tu ci sei, che altro puoi fare? Tutti, in fondo, siamo soli. Tutti, talvolta, soffriamo di insonnia. Bisogna darsi una mano. Farsi compagnia, quando si può.

domenica 7 aprile 2013

non credevo...

Non credevo c’è ancora jazz per le strade e poesia
che parlano d’amore, dicono si muove
infischiandosi meravigliosamente di tutto
nel tuo fermacapelli o nella curva dell’occhiale
nel modo in cui ti muovi leggera per il mondo ballerina.

idea per un romanzo da scrivere

TITOLO PROVVISORIO: TRASH

TRAMA: Maria, che lavora in un call center erotico, e suo fratello Giuseppe, falegname, hanno una relazione incestuosa. Giuseppe, superdotato, è diventato famoso per aver girato un porno casalingo dal titolo “Arriva l’uccello dello Spirito Santo” ed è impegnato da tempo nel suo sequel annunciato “Sempre uccello è!”, che vorrebbe alzare il tiro, proponendo un film lungo ventiquattro ore, con una sorta di gang bang femminile (cento donne) contro di lui, unico maschio intento a soddisfarle nella più grande orgia cinematografica di tutti i tempi.
Giuseppe affitta una casa in cui comincia le riprese. Purtroppo per Giuseppe, a causa di un “blocco creativo”, non riesce ad avere l’erezione “necessaria” a completare il film nella lunga scena finale (una vera e propria maratona sessuale di sei ore, da girare tutta in presa diretta e senza stacchi) e rischia seriamente di ritrovarsi nei guai, a causa dei debiti che nel frattempo ha contratto con Erode, uno strozzino pedofilo per farsi finanziare le riprese.
Quando oramai non ha più soldi nemmeno per pagare un cameraman, Giuseppe, che deve terminare a tutti i costi il film, chiede a Gabriele, postino appassionato di poesia, di aiutarlo nella realizzazione delle riprese. Coprotagonista della scena che chiuderà degnamente il capolavoro di Giuseppe è proprio Maria. I tre si chiudono per settimane nella casa affittata da Giuseppe, in una sorta di piccola orgia senza fine, aspettando il momento giusto per completare l’opera, momento che forse non arriverà mai.
All’inizio Gabriele, guardone timidissimo, aiuta Giuseppe perché crede di essere innamorato di lui, ammaliato dalle dimensioni del suo sesso, poi però si lascia irretire in una relazione estrema con entrambi i fratelli, si innamora anche di Maria, che ne intuisce la natura più fragile e lo coinvolge in giochi sadomaso in cui Gabriele diventa il suo schiavo-giocattolo.
La tragedia scatta quando proprio Gabriele resta incinta. Di chi sarà il bambino? Lo strozzino Erode, se Giuseppe non ritroverà la concentrazione necessaria a terminare il suo film, lo vuole per sé, per farne ciò che vuole, e promette di cancellare ogni debito in cambio della creatura, che però si rifiuta di nascere.

NOTE: La scrittura dovrà essere quanto più asciutta, asettica possibile.

canto

I canarini, imitatori perfetti, hanno grande disposizione per la musica e il signor Forgavi se ne sta lieto fra cinquanta di queste bestiole, pressoché prive di peso e un po’ simili a marionette mosse da nascosti congegni. Sono uccellini che, per diventare artisti del canto, al sesto mese vengono separati dalla mamma e collocati ciascuno in una gabbia, lontano dal cielo imprevedibile. Loro maestro è il canarino padre, che deve sfoggiare i suoi trilli con calma e ripetere più volte i motivi; le lezioni si svolgono nell’oscurità, perché gli allievi non si distraggano. Forse questo santuario sonoro è, a ben considerare, un acquartieramento di umiliati, tuttavia ai nostri occhi ha una serenità soprannaturale. Il repertorio dei piccoli cantori (che richiedono minime provviste di esistenza) può comprendere parecchie strofe e non è monotono: gli alunni replicano i cinguettii paterni uno dopo l’altro, in fedeltà, e questo loro sforzo riesce simpatico. Dopo due mesi, quando hanno imparato a memoria varie melodie, il signor Forgavi li abitua poco a poco a esibirsi alla luce. Sovrano di tanti loquaci animali, lui non sa niente degli altri mondi che sputano sangue, però non fa un grande male. Alla fine del corso è solito spronare i canarini perché intonino le loro arie anche in presenza di persone estranee.

(Tiziano Rossi)

venerdì 5 aprile 2013

la primavera ha i tuoi occhi...

La primavera ha i tuoi occhi
e indossa le tue calze portafortuna
e il tuo cappotto da tre lire
e nella borsa ha una pistola
per rapinare il tempo dei minuti
preziosi quando ci stringiamo
o passeggiamo verso la stazione
e parliamo come viene di noi
quando te ne vai lo vedi
trema l’aria negli alberi nei vetri.

la lezione di onida


Dai commenti politici che sento, mi pare di aver capito che la lezione fondamentale sia questa: “Fingere, fingere sempre, dovunque e comunque, con chiunque, persino con se stessi, persino in bagno.”

mercoledì 3 aprile 2013

ti lascio morire così, senza ripicca...

Ti lascio morire così, senza ripicca.
Sparisci adesso senza voltarti e porta via
i miei libri, tutte le cose a cui – mi dici –
resto attaccato vilmente, mentre tu – si vede –
non sei attaccata a niente, ti lasci
tutto alle spalle con una bugia.

meow

lunedì 1 aprile 2013

la vita di mia madre

è dovere e lamentela senza pace
pure guardandola ho capito
cos’è la devozione un giorno
in cui nutriva il corpo martoriato di mio nonno
contorto e annodato dalla malattia
che verso lei spingeva il becco.
Mia madre lo nutriva con premura
di mele cotte e d’acqua
pastiglie sminuzzate da inghiottire
col suo cucchiaio da brava madre.
Mio nonno la fissava ormai senza più voce
con occhi annacquati nel rimpianto
e nella sofferenza
nel suo amore che mi stringeva in gola
e mia madre gli chiedeva “è buona?”
con dolcezza asciugandogli il mento.