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mercoledì 11 settembre 2024

la colpa

Un anno fa, nella notte fra 11 e 12 settembre, moriva mio padre. Io mi ricordo tutto di quella notte, ogni attimo, perché c’ero, ero lì al suo capezzale. E mi rattristo sinceramente per mio fratello che non poteva esserci e soffre di non esserci stato. Come mi diceva l’altra sera una mia amica psicoterapeuta assistere alla morte di una persona cara, per quanto sia terribile come esperienza, aiuta moltissimo nell’elaborazione del lutto, rende più naturale il distacco. Per questo, ogni volta che penso a mio padre, a me dispiace soprattutto per chi non c’era alla morte di un suo caro, per chi per un motivo o per l’altro non poteva esserci, e non sa cosa sia successo, che cosa hanno pensato o detto negli ultimi istanti, e se ti cercavano con gli occhi. Penso che questo vuoto sia terribile da portarsi dietro, ancora più che vederli morire, e anche per questo penso, o meglio ancora sento, perché è più un sentire che una ragione la mia, che se pure sia stato necessario, se pure non si poteva fare altrimenti, quello che abbiamo fatto durante la pandemia, quello strappo parossistico e disumano fra chi moriva e chi restava, i loro corpi occultati, i funerali a porte chiuse di stampo militare, è una colpa talmente pesante, qualcosa di talmente spietato che anche se veniva fatta con delle motivazioni precise non ce la dovremmo semplicemente perdonare e poi passare ad altro. Andrebbe elaborata meglio.

domenica 28 luglio 2024

padre e figlio

È da ieri che leggo dei post di genitori che, dopo l’intercettazione della chiacchierata fra Turetta e suo padre, rimproverano al padre di avere avuto un atteggiamento troppo cristiano, improntato alla parabola del figliol prodigo, e troppo poco romano, alla Muzio Scevola come diceva mio padre, chi sbaglia paga, occhio per occhio e dente per dente. Infatti, se le nostre carceri fanno schifo è anche perché sottesa vi è l’idea che chi sta in galera deve patire a più non posso per le proprie colpe. Insomma, Turetta padre, che a me sinceramente fa più pena che rabbia, non doveva fare il padre che prova a rincuorare un figlio di cui conosce la colpa e con cui dovrà fare i conti per il resto della vita nella sua scelta di non abbandonarlo, ma doveva essere il padre severo dell’Antico Testamento che va lì per ricordargli le sue colpe, maledicendolo, rinnegandolo e possibilmente passandogli la corda per impiccarsi in cella, dove probabilmente passerà il resto della sua vita. Sono due condannati, padre e figlio, a cui offriamo zero carità cristiana e massima vendetta possibile, proprio noi che parliamo così male del giustizialismo americano da cui ci diciamo estranei. “Io se avessi un figlio così mi ucciderei” commentavano alcuni, e altri “io mi chiuderei in casa per la vergogna”. Scegliendo la via più facile, quella che torna sempre a noi stessi e all’onta per la nostra immagine sociale come genitori e non guarda mai in faccia all’altro, al figlio, per quanto colpevole o riprovevole egli sia. Mi verrebbe da dire, da non genitore, che è facile fare i genitori così: scegliendo di prendere il meglio e lavandosi le mani del resto. E sotto sotto convinti che quel “se avessi…” non si possa mai concretizzare per noi, perché mostri sono sempre i figli degli altri. Ci vuole coraggio per essere un padre come quello di Turetta che invece di nascondersi in casa per la vergogna non lascia da solo il proprio figlio. Io non ce la farei, probabilmente, ma non perché sono migliore, solo perché sono più debole, al punto da non averne nemmeno voluti di figli, come scelta. Eppure, su un piano assai più basso, continuo a chiedermi perché tutti questi genitori così severi verso i loro figli non li vedi mai a scuola, anzi, se c’è da picchiare qualcuno è proprio l’insegnante che si permette di abbassare un voto.

mercoledì 24 luglio 2024

colpa loro!

Ascoltando al Tg le parole di Delmastro pensavo a com'è breve il passo da "Aiutiamoli a casa loro" a "Rimandiamoli a casa loro". In ogni caso è sempre colpa loro, mai della nostra gestione vergognosa di quelle strutture. Tanto che Delmastro ha la faccia tosta di venirci a dire che se non venivano qui "loro" nelle carceri si stava proprio bene, c'era tanto spazio arieggiato e si poteva pure assumere nuovo personale. Ma che possiamo farci se ci sono "loro" che vengono qui a rubarci il lavoro, il futuro, persino in carcere? Nulla, quando se ne andranno "loro", allora tutto si aggiusterà da sé. Sarà, io di persone che sono state in carcere, ma non da oggi, da anni, ne ho conosciute un bel po', e non me ne ricordo una sola che mi abbia detto: Antò, ma come si stava bene in carcere, soprattutto d'estate era così bello che guarda, io non volevo più uscire! E penso che ci vuole talento per riuscire con una sola frase a sputare in faccia a così tante persone in difficoltà. Caro Delmastro, chapeau.

giovedì 23 novembre 2023

il potere e la colpa

Il patriarcato, il maschilismo, il machismo, e tutto quel complesso meccanismo per cui siamo cresciuti in una società dove alcuni uomini hanno più vantaggi rispetto ad alcune donne esiste eccome, coi debiti distinguo, perché ogni vantaggio è sempre mediato dalla possibilità sociale ed economica di chi lo esercita: una donna ricca ha sempre più vantaggi di un uomo povero, una donna nata a Milano ne ha più di un uomo nato in Calabria, una donna nata in una famiglia colta ha molti più vantaggi di un uomo con la terza media, una donna che lavora come manager in un’azienda ne ha di più di un uomo che lavora in fabbrica, una madre coinvolta in una separazione ha sempre qualche vantaggio in più del padre. Ma nella maggior parte dei casi quel vantaggio esiste e chi lo nega sa di sminuire la realtà. Certo la realtà sta cambiando, ai tempi dei miei nonni, visto che parlano tutti del patriarcato dei nonni, mia nonna avrebbe trovato aberrante che una donna si rivoltasse contro il “proprio” uomo. Era la sua cultura quella, una cultura profondamente rurale, contadina e cristiana, e noi ora possiamo dire che era una cultura sbagliata e che mia nonna era una vittima, o una complice, del patriarcato perché non capiva come stavano i macrosistemi sociali ed economici che muovono il mondo, ma non possiamo dire che mia nonna e la sua cultura non vadano rispettati, altrimenti facciamo come gli americani che vanno ad invadere gli altri paesi per esportare il loro modello di democrazia. Del resto, come diceva il mio amico Nannino il brasiliano, noi siamo tutti “americanizzati”, anche chi adesso odia l’America. Noi la pensiamo diversamente dai nostri nonni, in tutto, e io stesso sono pieno di colpe per come ho gestito male molte relazioni, ma è un fatto mio, relativo al mio vissuto e non certo a quello degli altri, e il primo responsabile dei miei errori sono io stesso. Ancora, dati alla mano, anche se la percezione è diversa, l’Italia è uno dei paesi con meno femminicidi nel mondo. Vai in un qualsiasi paese dell’est Europa (Lettonia in testa, dove i dati vengono quasi decuplicati), o vai in medio oriente (Afghanistan, Iran, ecc.), o in Africa (dove in alcune zone si pratica ancora l’infibulazione), fai un confronto con quei paesi e allora ti accorgi che nemmeno le donne sono tutte uguali, parlando di potere, che alcune donne per il solo fatto di essere nate in determinati paesi hanno più vantaggi di altre, e per il solo fatto di vivere qui, di sfruttare economicamente questo potere, sono, volenti o no, colpevoli verso di loro. E servirebbe una presa di coscienza globale, lì dove non riusciamo a metterci d’accordo nemmeno su problemi relativi alla sopravvivenza della specie, come i problemi ambientali, che ci sono allo stesso modo, e chi lo nega sminuisce, ancora una volta, la realtà. Una donna può anche dirmi, adesso, che faccio del benaltrismo, che non si sta parlando di cosa succede in Medioriente o al clima, che si vuole un cambiamento, o meglio ancora una presa di coscienza qui e ora, ma chiedere una presa di coscienza istantanea, un cambiamento culturale in mezza giornata è già il frutto di una visione della vita che è tutta occidentale, consumistica, dove non c’è tempo da perdere, dove basta cliccare un tasto sul telefono per ottenere ciò che vuoi in 24/48 ore da qualsiasi angolo del mondo. Altro che educazione, che invece è un processo che richiede anni! Ci neghiamo il tempo di imparare, di crescere come si deve, poi pretendiamo che tutti imparino ad ascoltare se stessi da un giorno all’altro. Come fare meditazione zen coi corsi scaricati da YouTube. Ma processi come questo, in cui un sistema sociale, culturale, viene sostituito da un altro, sono lunghi, durano decenni, secoli a volte (vedi la Chiesa che sono due secoli che sta morendo e ancora resiste), ci superano, e il fatto che siamo qui a parlarne non significa che stiamo eroicamente attivando l’inizio di un movimento nuovo, significa solo che molto tempo fa questo cambiamento ha cominciato ad attecchire grazie al lavoro di altri e adesso noi che ci siamo dentro, anche inconsapevolmente, partecipiamo al flusso del cambiamento, ne godiamo in parte i risultati, perché fossimo nati altrove ci avrebbero probabilmente messi in prigione, o impiccati in piazza. E anche per questo dobbiamo dare a tutti il tempo di arrivarci con le proprie gambe, perché se no facciamo come gli americani in Afghanistan, che quando sono andati via è stato come tornare indietro di vent’anni. Io almeno, da “americanizzato”, mi sento molto in colpa per l’Afghanistan, come se fosse anche colpa mia. Ecco, questo direbbe lo storico che c’è in me, se facessi ancora lo storico, o meglio se avessi avuto maggiori vantaggi per potermi infilare in qualche università a leccar culi dei magnifici rettori. Cosa di cui non avevo proprio voglia e non ho fatto.

giovedì 24 settembre 2020

agli occhi di quelli che verranno

Noi, che a distanza di sicurezza
ci commuoviamo nei cinema
di fronte ai film hollywoodiani
che si dolgono ogni anno per la sorte
crudele degli schiavi e il dolore
che a gennaio ci stringe nel cordoglio civile
per non dimenticare. Noi
che facciamo mai abbastanza ma indossiamo
ad ogni funerale abito bianco
e guanti immacolati, noi che discutiamo
ore e ore intorno a un niente di cifre
per non dire che son vite
che hanno un nome.
Noi, così spietati nel vaglio della storia
degli altri: noi in quest’ora nudi
agli occhi di quelli che verranno
siamo uguali, né migliori né peggiori
di chi ci ha preceduti. E siamo noi i nazisti
siamo i turchi, siamo noi i negrieri
e i Cortés imbellettati, siamo ebrei
sganciati in Palestina, siamo noi
i più bravi a dirci altrove. Non importa
se ci reputiamo innocenti o sani
se ci dichiariamo impotenti, contrari
per il solo fatto d’essere vissuti in mezzo agli altri
e non aver gridato con più forza
non siamo noi più alti di chi allora
messi al vaglio della storia
non seppero convincere i giurati.
Diremo come loro: Non sapevo, non volevo.
O negheremo che fosse tutto vero.
Io non potevo immaginare: la menzogna suprema.
Nessuno mai, di quelli
che tanto ci assomiglia nel futuro
ci crederà innocenti o degni di perdono.
Agli occhi di quelli che verranno
non saremo assolti
quando ad occhi chiusi invocheremo
la loro comprensione.

venerdì 21 giugno 2019

il processo

Nel sogno mi chiedo come sono finito qui. In quest’aula affollata dove al meglio che vada sono solo di fronte alla Legge. “Amore ne ha?” mi chiede severo, impettito, designandomi imputato in questa farsa. “Amore per chi?” sono sorpreso, o faccio forse lo gnorri. “Ma scelga! Ma scelga!” mi attacca, spalancando le braccia sulla folla che sta alle mie spalle e che non vedo. “Si scelga una vittima anche lei perdio, come tutti, e la smetta con questo atteggiamento disfattista dove ride chi è già pronto alla rinuncia. Si scelga dunque una benedetta persona e riversi su lei la sua fiducia, si fidi si fidi una buona volta e vedrà come poi riprenderà colore sulle guance, e gusto ad amare e ad essere amato, senza nel sogno poi sentirsi quest’ansia di accoppare o di essere accoppato”.

lunedì 29 aprile 2019

cittadinanza

Continuo a ripensare, con dolore, al pensionato ucciso in un paese qui vicino. A Di Maio che dice che la sicurezza dei nostri concittadini deve venire prima di tutto. E al fatto che quei ragazzini annoiati, imbecilli o delinquenti che fossero, erano nostri concittadini anche loro, e che per qualcuno è più facile puntare il dito contro il nemico quando viene dal mare rispetto a quando ce l'hai già dentro casa. Che forse quei ragazzi, adesso che nel cuore non sono più nostri concittadini, perché non li riconosciamo come tali, sono pur sempre figli di nostri concittadini, e quindi, a sentire la Meloni, per induzione, dovremmo togliere la cittadinanza anche ai genitori, così come ai loro insegnanti che li hanno educati male e tutti quelli che sapevano e tacevano come si fa da sempre in provincia in questi casi. Tutti fuori dall'Italia, insomma. E mi chiedo se quei ragazzi, prima di perdere la loro cittadinanza, erano cattivi dentro o lo sono diventati dopo. E se erano cattivi dentro, perchè li abbiamo presi a bordo invece di lasciarli affondare? E se lo sono diventati, con chi ce la prendiamo adesso che non li possiamo ributtare in acqua?

sabato 25 febbraio 2017

una cosa orribile

Oggi ho fatto una cosa orribile. Mi sono distratto un attimo e ho comprato tre libri. Così, senza nemmeno pensare alle conseguenze. Adesso il portafogli piange di là in maniera quasi straziante, e io non so più come consolarlo. Ho provato anche ad avvicinarmi per chiedergli scusa, ma lui mi ha girato le spalle offeso e ormai è sul piede di guerra. Sono veramente una brutta persona. Mi sento in colpa. Credo che questa nostra storia non avrà futuro.

martedì 13 dicembre 2016

porci senza ali

Da astensionista quale sono stato (saggiamente) per anni, per una volta che sono andato a votare – il fatidico NO che mi è costato mille dubbi – adesso mi ritrovo che mi sento dire che quasi quasi è colpa mia se è andata come è andata e ci siamo impantanati nella melma (cit. Serra). Io vi dico che secondo me non ci siamo impantanati nella cacca adesso per questo, ma nella cacca ci stavamo già da un pezzo e come andava andava, andava sempre male. E comunque, spiegatemi, che politica è: o ti mangi questa minestra o ti butti dalla finestra? Adesso però la colpa è mia se c’è un governo di cacca (Gentiloni) che ha modificato un governo di cacca (Renzi) che ha fatto le scarpe a un governo di cacca (Bersani, poi Letta) che ha ereditato un governo di cacca (Monti) che si è radicalmente sostituito ad altra cacca (Berlusconi) che si diceva l’unica alternativa alla cacca di Prodi. In mezzo ci sono così tanti stronzi galleggianti che il mare puzza e non si riesce a farli affondare manco con le bombe a mano – il primo che mi viene in mente è Angelino Alfano, che in altri contesti sarebbe paragonato a un gerarca, a un colluso oppure a un criminale di guerra. Né il rinnovamento è possibile con questo sistema che ho avvallato col mio NO di stampo reazionario, perché il rinnovamento non può essere dettato dallo scegliere le persone giuste al posto giusto, mai, ma soltanto dal rispettare i meccanismi previsti dalla vecchia costituzione che ho difeso anche se non sono grillino (cit. Viola) e dovrei quasi vergognarmene.
In tutto questo vi dico che non solo ho avuto la conferma della bontà delle mie scelte, e se non mi fanno cambiare idea in maniera radicale, non potendo votare una sinistra che sia credibile, non ci vado più a votare, mai più – tanto, comunque vada, fra finestra, minestra avvelenata o minestra riscaldata si muore uguale e male. Ma vi dico che visto che il sistema politico è una cacca, secondo me non dovrebbe andarci nessuno a votare, in massa, perché se ci vai allora lo avvalli un sistema così, sei complice dei maiali che ci sguazzano. E mi sono anche stancato di questa stronzata di cambiare le cose dall’interno. Non funziona, non funzionerà mai, a meno che non si sia disposti a cacciare certa gente con la forza (cit. Monicelli). Ma visto che per quello ci vuole coraggio e attributi (o fame) che molti non hanno mai avuto, preferisco mille volte la resistenza silenziosa di un Gandhi, la non collaborazione, la disobbedienza civile (lascio l’inciviltà ad altri). Ci vuole più tempo, ma ci si guadagna in dignità. Perché qua mi pare che l’unica cosa che ci siamo scordati tutti, a furia di sguazzare nella cacca, è la dignità delle proprie scelte. Un porco che non vola è solamente un porco (cit. Miyazaki), e io sto da quella parte. Per cui se alle prossime elezioni vai a votare, amico mio che leggi, sappi che per me l'Italia va di cacca anche per colpa tua, che sogni di avere le ali ma non fai nulla di buono per fartele spuntare, oppure peggio le ali non le hai mai avute nemmeno nella testa, perché c'è un sistema di cacca e tu ogni volta ci sguazzi, insoddisfatto, col tuo voto di porco.

domenica 28 aprile 2013

il bersaglio

La cattura di Preiti
Stasera, sulla sua pagina Facebook, parlando della sparatoria di oggi davanti a Palazzo Chigi, il Presidente della Camera Laura Boldrini scrive questo:

La situazione della famiglia del brigadiere Giuseppe Giangrande mi ha molto colpito e commosso. La figlia è una ragazza giovanissima, poco più che ventenne, che ha perso la madre due mesi fa. Oggi suo padre è stato ferito senza motivo ed è in gravissime condizioni. Per la famiglia Giangrande queste sono ore di ansia e di angoscia. Dovremmo stare loro il più vicino possibile, fargli sentire che non sono soli. Noi, come istituzione, ci siamo. Mi auguro che si possa dare un segnale forte, che quando succede qualcosa ad un servitore dello Stato, lo Stato c'è.
Prima di andare all'ospedale Umberto I, dove è stato operato il brigadiere Giangrande, sono stata all'ospedale San Giovanni, dove è ricoverato il carabiniere Francesco Negri, con il quale ho potuto parlare. Per fortuna, nel suo caso, la situazione è sotto controllo. E' un ragazzo giovane e forte, orgoglioso di fare il suo lavoro e motivato a riprendere al più presto servizio.


Contesto due cose alla Boldrini. Primo, lo Stato dovrebbe esserci SEMPRE, per qualsiasi cittadino, e non solo per chi lo serve. Sarebbe quello, davvero, il “segnale forte”, che aspettiamo da tempo.
Secondo, e lo dico con tutto il rispetto per i feriti e per il dolore delle loro famiglie, se Luigi Preiti oggi ha sparato lo ha fatto non “senza motivo”, come dice la Boldrini, lo ha fatto per un motivo e uno solo, perché lo Stato non c'è, non c'è più per lui né per tanti altri, lo Stato lo ha abbandonato. E questo genera rabbia e la rabbia cieca vendetta, la più pericolosa, la più facilmente ripetibile. Dal suo punto di vista quell'uomo ha solo sbagliato il bersaglio.