martedì 28 aprile 2020

registro

Da stamattina ho registrato:
Uno scoiattolo arrivato lungo il muro
dagli albero di cedro in fondo al campo
ha preso possesso del ciliegio dietro casa.
Una lucertola mi è entrata in salotto
infilandosi nell’angolo e sfuggendo
scaltra al gatto che educato
mi fa doni da ospite e si accuccia
a ronfare sul letto. Una ghiandaia
planando sul giardino
si tuffa arruffando la cresta
nell’acqua verdastra della pila di pietra
sotto il salice. Irina mi chiama
mi dice con la voce stranita
cerca di venire vienimi a trovare
se muoio non ho altro da lasciare
che otto gatti e questo non fa bene
a nessuno. Intanto prendo appunti vedi
per progetti futuri, corrispondenze
o dialoghi che prima o poi ritorneranno.
Affetto il cavolo che ha, di Irina,
lo stesso colore degli Iris.
Mi scrive Ezio dal suo buio
dove non arriva la scrittura lenitiva
non arriva alcun messaggio né dai vivi
né dai morti. Lo registro qui con gli altri.
La Primavera a scatti mi manda
il suo messaggio: Ci ho riflettuto a lungo
e sai sono felice. Ci rivedremo in autunno
promette e dopo la vacanza
constateremo la morte di ogni editoria.
Che importa? Il sole splende, il mondo
procede senza libri. La poesia è dovunque.

lunedì 27 aprile 2020

le scuse

Sono incazzato nero. Per una volta che avevo una buona scusa per tenermi a distanza dal prossimo, non uscire più la sera o dare buca con classe ad amici e amanti (scusa, ma sai c’è la pandemia) insomma starmene per i fatti miei senza ogni volta cercare nuove causali, adesso arriva Conte e mi reintroduce questa cosa dei parenti stretti. Tradotto: l’invasione delle zie che vengono a trovarmi così hanno una scusa per uscir di casa. La scusa adesso sono diventato io.

domenica 26 aprile 2020

quando un popolo canta

Ieri 25 aprile 2020 credo di aver sentito la mia Bella ciao preferita da molti anni a questa parte, nella versione cantata da Guccini con la voce tremante da vecchio, commovente nella sua purezza un po’ naif e insieme irriducibile. Guccini ne ha modificato il testo per attaccare, come fa da sempre, Berlusconi Salvini e i fasci della Meloni, e così cantando ha fatto incazzare la Meloni, ridando insomma alla canzone un senso politico che, devo dire la verità, mi sembra più divisivo che inclusivo: non il “25 è di tutti”, ma “tu no, tu non puoi, tu sei fuori”. Nella voce di Guccini non è più la canzone della grande festa popolare come spesso la viviamo, ma la viva testimonianza di qualcosa di irrisolto nella nostra identità di popolo. Io me la vivo spesso come un grande dubbio questa cosa, come una contraddizione: ma “se tu no, tu non puoi” mi chiedo, perché queste persone dovrebbero festeggiare, come rimproveriamo loro di non fare, una festa dove non sono gradite? Abbiamo fatto abbastanza per coinvolgerle, oppure no, non le volevamo proprio, perché ci faceva comodo avere un nemico che rafforzasse le nostre convinzioni? Io non lo so, e per dirla come Brecht: “solo i ciechi parlano di soluzioni, ma io ci vedo bene e non ho speranze per nessuno”. So che l’Italia che è venuta fuori dalla guerra non è più la loro, eppure è anche la loro perché un sacco di cose non sono state mai dette né risolte, perché come diceva Pasolini avremmo dovuto chiedere, avremmo dovuto voler sapere di più di quel che ci hanno detto, ma sapere non conveniva a nessuno, perché i puri, i veri puri di questa nazione, coloro che l’hanno fondata e la cui memoria inneggiamo il 25 aprile, sono stati una manciata, un “piatto di grano”, tutti gli altri bene o male da qualche parte sono saliti sul carro dei vincitori e hanno accettato dei compromessi per mantenersi vivi. Ieri però, nonostante la clausura, si respirava una bella atmosfera in questa Italia. Sospetto che per una volta sia stato merito del coronavirus, perché forse, se ci fosse stato il nulla osta, molta gente semplicemente sarebbe andata al mare a godersela la libertà invece di cantarla, ma che importa. Alla fine hanno cantato tutti, così la sera del 25 aprile del 2020 è arrivata la notizia della morte di Kim Jong-un e ho pensato che forse è vero, quando un popolo canta tutto insieme da qualche parte muore un dittatore.

giovedì 23 aprile 2020

talento

Oggi leggendo la recensione all’ultimo libro di Richard Powers (Il sussurro del mondo) che ha passato sei mesi da solo con gli alberi di una foresta per scriverlo e con cui ha vinto il Pulitzer, ho pensato che il mondo è pieno di aneddoti di gente che faceva il programmatore informatico oppure il factotum o l’autista di autobus e un bel giorno scrive un libro di successo e si scopre che in realtà era uno scrittore; ma mai del contrario, di uno che magari per vent’anni prova a scrivere un libro e poi si scopre che in realtà il suo vero talento era quello di fare il postino oppure il gelataio. E mai che nessuno dica: Sono contento, perché come romanziere era pessimo, ma il suo gelato mi ha salvato la vita più di una volta quando ero depresso.

martedì 21 aprile 2020

l'erba di cristo

L'erba cattiva non la vuole manco Cristo, mi dice la signora in fila davanti a me, da un'ora, in posta. Siamo noi l'erba cattiva?, le chiedo. Perché, chi ti pensi di essere, Cristo?

sabato 18 aprile 2020

Topografia della solitudine, audiolibro

Il mio audiolibro preferito fra quelli che abbiamo prodotto con Pietre Vive Editore, Topografia della solitudine di Sergio Pasquandrea, letto da David Riondino, con musiche di Michele Marzulli. Qui si può ascoltare tutto.

la scuola secondo feltri

Ieri sera ho sentito Vittorio Feltri dire in tv che dovrebbero riaprire le scuole perché, secondo lui, queste "creature" come potrebbero mischiarsi mai il virus? e, anche a mischarselo, cosa rischiano loro? non ne avrebbero certo un danno, quindi meglio riaprire e basta. Mio fratello, che a scuola ci lavora, quando gliel'ho detto mi ha risposto che probabilmente Feltri non ha dei figli, o forse non ha più visto una scuola da quando l'ha finita lui, 50 anni fa, perché altrimenti lo saprebbe da sé che le scuole sono fra i focolai più pericolosi per la diffusione di qualsiasi virus, dal covid al semplice raffreddore. Basta un bambino infetto in una classe di 25 bambini e tu esponi al pericolo 25 famiglie oltre al personale della scuola... Quindi non si tratta di riaprire e basta, ma di capire come. E Barbara Palombelli, che seguo sempre con tanto affetto, rincarava la dose: se non riapriamo le scuole, le brave apine operaie a chi lasceranno i loro figli quando dovranno tornare a morire nelle fabbriche? Perché i figli sono importanti, ma lavorare di più.

sogni agitati

Ho sul comodino da alcune settimane questo libro che ha scritto una mia amica, Amanda Bonaconsa, una raccolta di micro-racconti chiamata Alieni allo specchio (ed. Tre Civette, 2019). Stamattina ne ho letto uno che mi ha fatto ridere un sacco. Nel racconto un professore come tanti, di quelli che prova a darsi da fare in una scuola disastrata, viene scelto a sua insaputa, ovvero con la complicità del preside, come cavia di una ditta giapponese che costruisce robot umanoidi, a cui serve qualcuno su cui testare un nuovo prototipo chiamato “Studentessa tentatrice”. La studentessa, una piccola Lolita dallo sguardo torbido, lo seduce inviandogli delle appassionate poesie d’amore. Lui prima le oppone la ragione, poi si lascia andare al sentimento, infine viene salvato dal caso, poco prima di capitolare ai propri istinti e farla sua sulla cattedra, quando la studentessa robot viene ammazzata proprio da una poesia, un haiku giapponese sulla fine della primavera – ovvero, azzardo, sull’entrata nell’età adulta – che le provoca un “malfunzionamento” interno, mandandole in corto il sistema. Chiusa con morale del racconto, così come appuntato dal suo protagonista: “Un incaricato della ditta venne a ritirare il prototipo. La poesia mi aveva salvato, ma faccio sogni agitati da allora”.

venerdì 17 aprile 2020

volesse il cielo

Una decina di giorni fa mi hanno chiesto, per una intervista collettiva, come vedevo la situazione futura dell'editoria di Poesia, e io ho risposto la verità (ovvero quello che mi sentivo) e cioè che la vedo NERISSIMA, perché credo che le vendite, già minime di loro, coleranno definitivamente a picco. Invece, non so come, sono un paio di giorni che mi ordinano libri, ma tanti, e l'unica rottura è ottimizzare le spedizioni con le ordinanze di sicurezza in corso. Certo, sarà il tempo a dirci se è il segnale di qualcosa di imprevisto o solo un fuoco di paglia. Ma intanto faccio tutti gli scongiuri del caso. Volesse il cielo che, ancora una volta nella vita, mi sono sbagliato su tutto e non andrà come ho detto io, ma esattamente dalla parte opposta.

giovedì 16 aprile 2020

domanda 2

Continuo a non capire come si possa ancora lanciare dei concorsi letterari in cui, indifferenti a quanto sta succedendo nel mondo, è richiesto non solo l'invio delle copie cartacee, con tutta la trafila del caso per le spedizioni in sicurezza, ma addirittura (mi è capitato per un concorso) è richiesto tassativamente che il pacco coi libri arrivi, pena l'esclusione, entro una tot data. Cosa che normalmente potrei anche capire, ma dico, vi rendete conto che le poste sono rallentate oltremisura o no? Non era meglio un semplice, asettico, rapido pdf? Che fra l'altro non mi costa nulla e non incide sulle mie finanze in bilico? Ovvero, lo smart working vale proprio per tutti meno che per i giurati di un premio di poesia? Bah.

mercoledì 15 aprile 2020

domanda

Sono giorni che mi chiedo una cosa. Se digitalizzano la scuola come mi pare ormai di capire si vuol fare in tempi anche relativamente rapidi, tutti quei ragazzi disabili che ci andavano soprattutto per un inserimento sociale e avevano bisogno di un insegnante di sostegno che fine faranno? Molti di loro mica potranno seguire le lezioni a distanza da casa... Io non lo so come verrà affrontata la cosa, ma temo che per loro ci sarà una violenta retrocessione all'oblio a cui erano condannati nemmeno troppi anni fa.

domenica 12 aprile 2020

sabato 11 aprile 2020

dare soddisfazione al popolo

Da ciò che ho visto, ieri di un discorso durato circa venti minuti, quasi un intero Paese ha capito soltanto una cosa: Conte ha asfaltato Salvini e Meloni con stile. Che è in sostanza ribadire la mentalità da stadio su cui si basa la nostra società. Da una parte ci sono i buoni e dall'altra i cattivi nel cui sangue si estirpa il male e viene così lavata la colpa di tutti. Non importa se domani mi metterò a insultare anche Conte all'occorrenza, importa che in questo momento ci siano uno che vince e uno che perde, meglio se quello che perde mi sta pure sul cazzo. Dare soddisfazione al popolo, si sono sempre risolti così i problemi dal basso, ne scriveva persino Cicerone: quando la situazione si fa critica metti due gladiatori nell'arena e tutto si aggiusterà per i romani, almeno fino a domani. Che poi non c'è da preoccuparsi: da martedì riaprono le librerie, luoghi di una tale purezza utopica che non sono frequentati né da Salvini né dai suoi avversari. Il Paese, incredibile a dirsi, ripartirà da lì.

venerdì 10 aprile 2020

agitarsi

Forse più che la retorica del "mondo che conoscevamo che sta per finire per sempre", comincio a non sopportare più la retorica finto-gioiosa del "facciamo vedere a tutti che comunque ci siamo, che reagiamo". Così, chi prima agitava le braccia, ora le agita il doppio. Vedi tutti queste girandole colorate che frullano in balia del vento e si credono mulini pronti a produrre chili di farina. Eppure a me tutto questo agitarsi mette ansia. Sembra quasi che ci si neghi la possibilità di fermarsi a osservare da che parte soffia, il vento, come se quello fosse il vero male. Non è che agitarsi in sé sia sbagliato, significa che si è perso l'equilibrio e si cerca di riconquistarlo in qualche modo. Però ho visto anche un sacco di film d'avventura in cui a un certo punto qualcuno diceva che chi si agita troppo affonda prima.

mercoledì 8 aprile 2020

nuovi equilibri

Parlavo adesso al telefono con un amico di tutto ciò che non si potrà fare questa estate, e mi è venuto da pensare che, se non trovano il vaccino, non si potrà andare al mare. Forse è la volta buona che le spiagge riprendono un po' di fiato dalla presenza dell'uomo e si depurano, ritrovano un loro equilibrio ecologico, un po' come è successo a quei due panda nello zoo che hanno fatto finalmente l'amore dopo dieci anni. Noi ora ci commuoviamo della cosa o ne sorridiamo come se non ci riguardasse da vicino, ma nello zoo ce li hanno messi altri uomini, mica dio, mica gli alieni. E poi pensavo ancora che qualche mese fa ho scritto un post nervoso su come si perdevano i frutti di un albero di cachi che nessuno voleva più raccogliere, e invece se continua tutto questo bisognerà stare attenti che i frutti non vengano a rubarteli.

martedì 7 aprile 2020

la parola e la bestia


Qui è dove Giovanni Turi mi ha chiesto di scrivere per Vita da editor alcune mie considerazioni in merito a questo periodo e come poterlo raccontare, e io mi sono ricordato che da qualche parte, in un'altra vita, ero laureato in sociologia dell'arte. Dovrei ringraziarlo io solo per questo. Invece mi ha ringraziato lui. Siccome è un pezzo molto lungo spero che qualcuno lo leggerà, così Giovanni non si pente. E proprio perché è lungo è stato diviso in due parti, qui c'è la prima parte (che va da Bob Dylan a Carlo Bordini) e giovedì esce la seconda parte (che da Bordini arriva a Papa Francesco e spiega anche il titolo)... In mezzo ovviamente ci sta dell'altro.

Qui invece la seconda parte.

standard

Stanotte ho sognato di farmi una lunga chiacchierata con Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Loro stavano in un letto matrimoniale accanto al mio, ammantato da una trapunta gialla. La Mondaini mi consigliava di ascoltare un bellissimo standard chiamato So Close to the Future, che io non conoscevo (ne mi pare esista, o mi sbaglio?). Quando le chiedevo come fa, mi rispondeva: Suona come Sammy Davis Jr.

lunedì 6 aprile 2020

la metà che dà il latte

Non ho mai letto un libro della Murgia, ma non ho mai ascoltato un disco intero di Battiato (non ci sono mai riuscito, a parte Fleur, quello sì veramente bello). Fondamentalmente non mi interessa nessuno dei due, e menomale perché se la Murgia avesse toccato uno dei cantanti che mi piacciono mi sarei inalberato anch’io. Però ieri ho notato questa cosa, e la dico, e cioè che esattamente un anno fa, aprile 2019, in molti condividevano i suoi post contro Salvini (“Salvini, tu non sai cos’è il lavoro!”) gridando: “La Murgia lo sa!”, mentre ieri gli stessi la condividevano per schernirla: “La Murgia, come al solito, fa la saputella e parla a sproposito!”. Siamo passati, a un anno giusto di distanza, da un polo all’altro in base all’obbiettivo che ci tocca. E a me pare che la Murgia, insomma, stia messa nell’opinione pubblica come la Diane Keaton di Amore e Guerra, “per metà santa e per metà vacca”, a seconda della metà che serve. Ma sempre meglio, come diceva Woody Allen, la metà che dà il latte.

domenica 5 aprile 2020

il re nudo (tre tempi)

Michela Murgia in dialogo video con Chiara Valerio sul concetto di dipendenza fra testo e musica a partire dai libretti di Mozart scritti da Da Ponte, dice di Battiato (preso come esempio) che quello dei suoi testi è intellettualismo fine a se stesso, cioè non dice nulla, non va da nessuna parte nel significato, mette insieme tante belle citazioni ma poi finisce lì. Il significante, aggiunge la Valerio, sta nel suono applicato alle parole, come del resto succede nella maggior parte delle canzoni; Battiato ci mette in più il ritmo, il ballo: il suo è intellettualismo "ballabile". Non è necessario comprendere tutto.
Per la Murgia, però, questo è un demerito: un testo dovrebbe comunque significare, non può ridursi tutto a pura suggestione sonora, perché così diventa un "grande inganno", semplice edonismo, spesso inutile. Battiato non è così inutile (anche se la Murgia ammette di non arrivarci), ma credo che nelle sue intenzioni la scrittrice stesse provando ad accennare a qualcosa di assai più profondo sul senso e sul ruolo di un autore oggi, che non è riuscita a esprimere come avrebbe voluto. 
Infatti, poco dopo Ray Banhoff (giornalisa musicale) scrive un pezzo indignato su Rolling Stone in cui risponde alla Murgia: "Basta con questo approccio letterale da marxisti anni 70", basta con quest'idea che debba esserci per forza un significato. "Dobbiamo smettere di rompere le palle alla gente e farla sentire in colpa e ignorante", che scritto così è come ammettere che i testi di Battiato, anche se danno l'idea di significare qualcosa, mi fanno sentire non-ignorante proprio perché in fondo al cuore io so che non significano nulla, l'importante è che mi facciano "sognare" (dice proprio "sognare" rincarandone il carattere edonistico). A questo punto non so cosa sia più offensivo per Battiato, se l'opinione della Murgia o la difesa di Rolling Stone. 
Intanto, avverte il giornalista, si stanno organizzando i primi gruppi di fan pronti all'insulto verso la Murgia. Vincenzo Ostuni, che non ha voglia di vedersi il video Murgia+Valerio ma vuole capire cosa è successo, chiede sulla sua bacheca il riassunto della polemica, ovvero sintetizzare il dibattito critico in poche battute (alla Battiato, insomma). Qualcuno glielo spiega: "Battiato dice minchiate". Un follower commenta: "Oh, finalmente qualcuno lo ha detto". Il re dunque è nudo!

sabato 4 aprile 2020

mentre tu sei in gattabuia

Scott Walker reinterpreta e omaggia, in questo pezzo, Pasolini. Il testo si basa infatti su "Uno dei tanti epiloghi" bellissima (bellissima) poesia d'amore scritta come addio a Ninetto Davoli e contenuta in "Trasumanar e organizzar". "Dio mio," scrive Pasolini "mentre tu sei in gattabuia, prendo con paura / l’aereo per un luogo lontano. Della nostra vita sono insaziabile, / perché una cosa unica al mondo non può essere mai esaurita."

bisogni

Straordinario come il corpo sopperisca ai suoi bisogni. Sono giorni che sogno ogni notte di fare lunghissime passeggiate. Mi sveglio addirittura coi dolori alle gambe, come se avessi camminato tanto. 
O è quello, oppure sono sonnambulo...

venerdì 3 aprile 2020

insensibilità

"Amore è quando ti attecchisce un gelso in fronte". Continuo a ripensare da giorni a questo verso di Lino Angiuli. Quando l'ho letto per la prima volta mi è sembrato così leggero, luminoso, da essere quasi alieno a quanto si legge oggi. Un verso che viene quasi da un altro tempo. Lo rende diverso la gioia vitale che ne trasuda, una gioia nuda, che è priva di pudore, senza mascherine. L'altro giorno un amico che ama la poesia mi diceva che sta leggendo poesia che ferisce, che entra nella carne, toglie il fiato. E credo questo sia il sentimento generale che prevale oggi in chi legge e scrive poesia. Siamo a tal punto dentro il nostro tempo, talmente assuefatti alle sue brutture, alle sue deformazioni drammatiche, televisive, che non solo la felicità, il semplice riso, ci paiono quasi fuori posto, ma ormai per sentire che "c'è" la poesia ci serve che sia cruda, scabra, caricata a pallettoni di dolore. Sale sulle ferite. Una poesia semplicemente gioiosa non ci è concessa, non ce la perdoniamo, e non perché non riusciamo più a innamorarci, a gioire (e per gioire non si intende "accontentarsi delle povere cose" che è già una proiezione in negativo, ma godere del tutto che c'è in quanto mi piace, mi fa stare bene, che è una proiezione salutare della vita); ma soltanto perché la nostra pelle è così spessa, il nostro cuore a tal punto anestetizzato che non la sentiremmo sincera, la poesia, non la sentiremmo profonda se muovesse solo al riso, restasse fuori, vibrante nell'aria, se non si spingesse un po' più a fondo, ancora più a fondo nella carne, fino a farci sanguinare, fino a ricordarci attraverso il dolore che siamo vivi, creature di masochistico splendore. Il che non è un demerito della poesia, credo, ma una perdita del poeta.

mercoledì 1 aprile 2020

onore

Lo dicevo prima a un amico che mi parlava di alcuni testi prodotti a caldo, in queste settimane, da alcuni autori, più o meno amati, ma che comunque hanno una voce, una visibilità. Siamo ancora emotivamente coinvolti, è vero, ma per quello che ne penso io, la cosa più bella, alta e vicina a una poesia uscita in e su questo periodo è la canzone di Bob Dylan, il che però non fa onore ai nostri poeti, molti dei quali gli rinfacciavano il Nobel come immeritato. Il dissenso si dimostra coi fatti, non con le recriminazioni.

basta che funzioni

Tutte le belle donne credevano
che ogni mia poesia d’amore
fosse scritta per loro.
Io invece mi vergogno di sapere
di averle sempre scritte
soltanto
per amor del mio lavoro...

(Orhan Veli Kanik)