Ieri 25 aprile 2020 credo di aver sentito la mia Bella ciao preferita da molti anni a questa parte, nella versione cantata da Guccini con la voce tremante da vecchio, commovente nella sua purezza un po’ naif e insieme irriducibile. Guccini ne ha modificato il testo per attaccare, come fa da sempre, Berlusconi Salvini e i fasci della Meloni, e così cantando ha fatto incazzare la Meloni, ridando insomma alla canzone un senso politico che, devo dire la verità, mi sembra più divisivo che inclusivo: non il “25 è di tutti”, ma “tu no, tu non puoi, tu sei fuori”. Nella voce di Guccini non è più la canzone della grande festa popolare come spesso la viviamo, ma la viva testimonianza di qualcosa di irrisolto nella nostra identità di popolo. Io me la vivo spesso come un grande dubbio questa cosa, come una contraddizione: ma “se tu no, tu non puoi” mi chiedo, perché queste persone dovrebbero festeggiare, come rimproveriamo loro di non fare, una festa dove non sono gradite? Abbiamo fatto abbastanza per coinvolgerle, oppure no, non le volevamo proprio, perché ci faceva comodo avere un nemico che rafforzasse le nostre convinzioni? Io non lo so, e per dirla come Brecht: “solo i ciechi parlano di soluzioni, ma io ci vedo bene e non ho speranze per nessuno”. So che l’Italia che è venuta fuori dalla guerra non è più la loro, eppure è anche la loro perché un sacco di cose non sono state mai dette né risolte, perché come diceva Pasolini avremmo dovuto chiedere, avremmo dovuto voler sapere di più di quel che ci hanno detto, ma sapere non conveniva a nessuno, perché i puri, i veri puri di questa nazione, coloro che l’hanno fondata e la cui memoria inneggiamo il 25 aprile, sono stati una manciata, un “piatto di grano”, tutti gli altri bene o male da qualche parte sono saliti sul carro dei vincitori e hanno accettato dei compromessi per mantenersi vivi. Ieri però, nonostante la clausura, si respirava una bella atmosfera in questa Italia. Sospetto che per una volta sia stato merito del coronavirus, perché forse, se ci fosse stato il nulla osta, molta gente semplicemente sarebbe andata al mare a godersela la libertà invece di cantarla, ma che importa. Alla fine hanno cantato tutti, così la sera del 25 aprile del 2020 è arrivata la notizia della morte di Kim Jong-un e ho pensato che forse è vero, quando un popolo canta tutto insieme da qualche parte muore un dittatore.
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