sabato 30 aprile 2022

inquinamento automobilistico

Condivido QUI c'è un articolo che dice, senza se e senza ma, che l'uso delle automobili, anche se molti sostengono il contrario, è fortemente inquinante sia a livello locale che globale, inficia gli spazi urbani ed è anche, spesso, socialmente discriminante.
Una delle sfide che aspetta la società futura è la riconversione verso una mobilità sostenibili e un maggiore utilizzo dei mezzi pubblici la cui rete andrà completamente ripensata così come le città.

venerdì 29 aprile 2022

filosofia del rifiuto

Agire come Bartleby lo scrivano. Preferire sempre di no. Non rispondere a inchieste, rifiutare interviste, non firmare manifesti, perché tutto viene utilizzato contro di te, in una società che è chiaramente contro la libertà dell’individuo e favorisce però il malgoverno, la malavita, la mafia, la camorra, la partitocrazia, che ostacola la ricerca scientifica, la cultura, una sana vita universitaria, dominata dalla Burocrazia, dalla polizia, dalla ricerca della menzogna, dalla tribù, dagli stregoni della tribù, dagli arruffoni, dai meridionali scalatori, dai settentrionali discesisti, dai centrali centripeti, dalla Chiesa, dai servi, dai miserabili, dagli avidi di potere a qualsiasi livello, dai convertiti, dagli invertiti, dai reduci, dai mutilati, dagli elettrici, dai gasisti, dagli studenti bocciati, dai pornografi, poligrafi, truffatori, mistificatori, autori ed editori. Rifiutarsi, ma senza specificare la ragione del tuo rifiuto, perché anche questa verrebbe distorta, annessa, utilizzata. Rispondere: no. Non cedere alle lusinghe della televisione. Non farti crescere i capelli, perché questo segno esterno ti classifica e la tua azione può essere neutralizzata in base a questo segno. Non cantare, perché le tue canzoni piacciono e vengono annesse. Non preferire l’amore alla guerra, perché anche l’amore è un invito alla lotta. Non preferire niente. Non adunarti con quelli che la pensano come te, migliaia di no isolati sono più efficaci di milioni di no in gruppo. Ogni gruppo può essere colpito, annesso, utilizzato, strumentalizzato. Alle urne metti la tua scheda bianca sulla quale avrai scritto: No. Sarà il modo segreto di contarci. Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì. I quali si chiederanno che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo.

 
(Ennio Flaiano, Diario degli errori, Adelphi)

stupri di guerra

Linko QUI un articolo che parla di stupri di guerra. Parte dagli stupri commessi in Ucraina negli ultimi due mesi e si allarga a quelli di tutti i conflitti del mondo; perché se è vero che le guerre sono tutte schifosamente uguali, è anche vero che la violenza degli uomini lasciati liberi di dare sfogo ai propri istinti ne è la costante. E hai voglia a prendersela coi potenti di turno, qui c’è solo un uomo che ammattisce per l’odore del sangue e quasi mai viene punito. L’unica cosa che cambia, di volta in volta, sono le vittime prese da sole, col loro personale vissuto che verrà messo alla prova da questo orrore. Ecco il vero punto del discrimine, secondo me, di ogni possibile discussione, mettendo da parte gli alti ideali o il realismo politico. Ma tu a una giovane donna disarmata a cui un soldato punta una pistola alla testa, le mette il cazzo in bocca e poi la stupra più volte perché è uno sfigato a cui quella ragazza ricorda una compagna che sognava di farsi a scuola, a quella donna cosa le dici, dopo: di mettere da parte la rabbia e il dolore perché dobbiamo evitare una escalation, che a qualcuno doveva toccare ed è stata sfortunata sulla tombola della vita, che è tutta colpa della Nato che ha provocato la Russia sul confine, che Putin è un macellaio, che è meglio vivere sotto dittatura che essere morti? Io non lo so cosa le direi perché qualsiasi risposta data da una posizione diversa dalla sua, ovvero in ginocchio con una pistola alla testa e un cazzo spinto in bocca, mi suonerebbe falsa. Una delle pochissime cose buone che sta emergendo con questa guerra, spiega l’articolo, è che proprio per la sua particolarità geopolitica, così prossima all’Europa, si sta forzando la mano perché gli stupri di guerra diventino da anonimi dei crimini punibili sfruttando le nuove tecnologie per la raccolta delle prove. Ci voleva l’Ucraina, insomma, per arrivare a questa forma di giustizia.

nel dubbio

Autore che nella notte mi manda 18 email con proposta di pubblicazione. Sempre la stessa, finita nello spam. Nell'ultima email spiega che aveva problemi con la posta elettronica e nel dubbio che non mi arrivasse ha provato a rinviarla "un paio di volte".

cognomi

 Mia madre in famiglia è la più entusiasta per questa storia dei cognomi perché così può continuare il ceppo famigliare di mio nonno che avendo avuto tre figlie verrebbe a estinguersi con loro. Se potesse lo adotterebbe subito, anche per me. Ma se ho già quattro nomi, le dico. Dove lo metto un quinto? Dove c'è posto per quattro, c'è posto anche per cinque, mi dice mia madre convinta.

giovedì 28 aprile 2022

per ivano ferrari

Muore Ivano Ferrari e proprio come per Mario Benedetti, mi accorgo, se lo dicono in pochi, la notizia viene ignorata dalla stampa, è ancora inedita persino in rete, e se la passano sui social gli adepti della poesia come se gli altri potessero capire. Come lo hanno saputo, da chi, non si sa. Va così coi poeti, la parola arriva all'improvviso ed è un atto di fede nella morte, non corroborato da certezze.


sull'uso del cretino

So che ieri qualcuno ha storto il naso per quella mia battuta del “se pubblichi dopo i 40 sei cretino”, ma a parte che a De André ho sempre preferito Jannacci per cui sinceramente credo che dentro ognuno di noi ci sia nascosto un cretino a prescindere, ribadisco che è una sensazione mia quella, mica un obbligo morale per gli altri. Credo però che un poco mi abbia rovinato il lavoro editoriale, perché un autore che pubblica vede lo schifo del sistema con un piede dentro e uno fuori, un editore che pubblica sé e gli altri conosce lo schifo con tutti e due i piedi dentro e lo moltiplica per ogni singolo autore che incontra. Così non solo l’editoria non dà (più) ricchezza morale, ma impoverisce emotivamente e si deve lottare per restare sani. Se avessi dato retta a mio padre invece – me lo rimprovero sempre – avrei studiato architettura e oggi avrei un bel posto tranquillo al Comune, all’Ufficio tecnico, dove per altro c’è già impiegato un Antonio Lillo che ha preso evidentemente il mio posto. Non a caso ogni tanto qualcuno si sbaglia e mi chiama per chiedermi delucidazioni su come va questo o quel lavoro pubblico, e io per non deluderli rispondo come posso.

mercoledì 27 aprile 2022

bertinotti e la pace

Mi è piaciuto molto Bertinotti che dice in Tv, da pacifista, che oggi un pacifista non può fermarsi a dire “Io voglio la pace” (alla John Lennon) per cambiare il mondo, che non serve a nulla dire di volere la pace, ma un pacifista deve essere concreto, mettersi “tra” le parti, guardare alle ragioni dell’una ma anche dell’altra e fare proposte politiche concrete per entrambe, non semplicemente additare chi è più malvagio fra i due perché pace e giustizia non sempre coincidono, ma chi vuole essere un reale portatore di dialogo deve a sua volta fare un passo indietro e ascoltare tutti. Mi è piaciuto molto, ma continuo a chiedermi a quali forze politiche potrebbe mai appellarsi oggi un pacifista per far valere tali ragioni, che così com’è è lasciato da solo alle sue lamentazioni, ma del resto la fine della politica è un lungo processo al ribasso a cui hanno partecipati un po’ tutti, quindi persino la solitudine di ogni pacifista non è una congiura di pochi, ma una catastrofe collettiva annunciata da anni di vuoto o di rifiuto.

mal di maggio

Fra pochi giorni esce, per Samuele Editore, il mio ultimo libro di versi. Mi piace molto che il libro si chiami Mal di maggio ed esca a maggio (il mal di maggio, per la cronaca, è una malattia che ammazza le api). Sarà ultimo anche nel senso che credo sarà l’ultimo che faccio a mio nome e se esce, devo dire, è solo per l’interessamento e la spinta di Alessandro Canzian. Non so se sia una particolare fase che vivono tutti a un certo punto, oppure il delicato periodo storico, o entrambi, ma è una cosa che ho riscontrato anche in altri autori miei contemporanei, una generale stanchezza, una sorta di resa per cui riadatti a te, parafrasando, quello che diceva De André dei poeti (citando Croce): se dopo i 40 pubblichi ancora poesie o sei uno arrivato (o ti credi arrivato) come Magrelli o De Angelis, o sei uno che vende come Arminio, oppure sei un cretino. E io purtroppo mi sento posizionato al terzo posto sul podio.

lunedì 25 aprile 2022

maturazione

Non so se sia dovuto al coflitto in corso, e quindi a una maggiore riflessione sulla violenza della guerra, ma credo che sia il primo anno da che sono sui social che al 25 aprile non ho ancora visto nessuno (fra i miei conoscenti almeno) che ha pubblicato la foto del cadavere di Mussolini esposto a piazzale Loreto con qualche battuta sprezzante sotto. Invece sono aumentati i papaveri rossi. Non doverla vedere, devo dire, mi ha migliorato la giornata.

la scelta verde

Siccome sono una persona semplice mi piace la cucina povera, sivoni, cicorielle, legumi... Eppure, il saggio insegna, se persegui per giorni in una dieta a base di verdure, per quanto queste ti piacciano, vi saranno spiacevoli effetti collaterali che se ti pigliano il giorno della liberazione daranno al tutto un tragico valore simbolico e fantozziano...

liberazione

Ogni anno si dice che ci sono delle polemiche divisive intorno al 25 aprile, ma il fatto pensavo oggi è che non è divisivo il 25 aprile, sono semplicemente divisi gli italiani, e non per colpa dei politici come sostengono alcuni, ma semplicemente perché quello italiano è un popolo da stadio, che per natura ama le discussioni, la retorica come forma d'arte. Così a forza di parlare gli italiani si dividono ancora di più (quello italiano è un popolo fratricida, scriveva Saba, che chiede al padre il permesso di ammazzare il fratello) e il 25 aprile non è mai finito, c'è ancora chi spera, con le parole o coi fatti, di liberare l'Italia da qualcuno o qualcosa. Così c'è ancora tanto da fare, da lottare, per liberarci, per liberare. "Io lo so cosa ci vorrebbe per questo paese" diceva Monicelli con un ghigno avvelenato sul volto. Ma Monicelli è invecchiato e morto con quella parola non pronunciata. Io spero sempre che verremo liberati, alla fine, per opera dello Spirito santo.

domenica 24 aprile 2022

la storia di un poeta figo

Una delle mie migliori amiche mi dice: Quando mi presenti un poeta figo? Io le rispondo: Più figo di me? Lei: Dai non scherzare. Voglio uno figo come Francesco Tomada, quando mi presenti Francesco Tomada? Io: Non sei mica la prima che me lo chiede. Lei: Veramente? Chissà che ha che piace tanto alle donne. Io: Ah boh, chissà. Ti piace come scrive? Lei: Non ho mai letto un suo libro. Io: E allora comprati un libro! Lei: Nooo! E se poi resto delusa?

Morale di questa storia: alcuni poeti acchiappano a prescindere. A tutti gli altri resta l'illusione che con la scrittura prima o poi cambierà qualcosa.

compagnia

La gatta che viene a chiamarti sulla porta e non la smette finché non esci, ma continua ad agitarsi finché non ti siedi davanti a lei, sulle scale, e solo allora corre a rifugiarsi dietro i vasi e l’annaffiatoio ed è contenta così, senza contatto, ma con te che riempi lo spazio bianco sulle scale.

sabato 23 aprile 2022

felicità

Stamattina, ripensando a quella frase infelice ma tutto sommato sensata di Orsini, che si può essere felici anche sotto dittatura, ho ricordato mio nonno cresciuto nel fascismo, e anche lui è stato un uomo felice. Mio nonno era un contadino del sud, quindi era fascista e realista (cioè credeva al re e al duce) e una volta che gli chiesi del duce mi disse che da soldato, prima di finire prigioniero in Grecia (dove andò da conquistatore e finì conquistato), lo aveva anche incontrato (“un bell’uomo!” me lo descrisse). Mio nonno era un contadino senza diritti, a tratti disprezzato da mio padre e mio zio perché lavorava come una bestia da soma dall’alba al tramonto, senza mai ribellarsi al padrone, e se alzava la voce era solo per prendersela con mia nonna. E quando è morto, dopo una vita di lavoro, aveva una pensione vergognosa, eppure mio nonno è stato un uomo felice, davvero, perché la vita nei campi gli piaceva e credeva in Dio e in una vita dopo la morte in cui rifarsi. Non solo, mio nonno viveva in un paese talmente felice che qui al referendum votarono monarchia, ma la base politica del nostro borgo resta tuttora fascista. E solo quei tre o quattro infelici, ovvero socialisti e antifascisti, non se la passavano bene. Era un paese talmente felice il nostro che persino Bianciardi quando venne a viverci per qualche mese ne restò disgustato. Perché la verità è questa, si è felici solo a patto di ingoiare le cose, se appena appena ti si fermano in gola allora sei già condannato all’infelicità. E la colpa è tutta tua che non le accetti. Quindi, ripensando a Orsini, a chi comunque gli dà ragione e si lamenta con lui, mi verrebbe da chiedere: Ma perché dite che Orsini ha ragione e poi fate l’opposto di ciò che dice? Perché vi lamentate? Non siete forse vivi? Non respirate l’aria intorno? Non ridete di tanto in tanto? Non avete quel minimo di libertà che vi basta a essere felici? Che altro volete? Non vi basta la convinzione che in fondo avete ragione ma sarà la storia a fare giustizia per voi? Non è meglio restare in silenzio a guardare e stare sereni? Pensate che poteva andarvi peggio, potevate nascere nel paese di mio nonno, che a malapena sapeva leggere e di quelli come me, che scrivono, diffidava.

venerdì 22 aprile 2022

vento

Ieri sera c'era un tale vento qui intorno che non ho nemmeno sentito l'ambulanza. Oggi mia madre di ritorno dalla parrucchiera mi informa che l'ambulanza era qui per la mia vicina anziana che stanotte è morta per complicazioni da Covid. Dopo più di due anni, e con tutta la mia nonchalance a riguardo, continuo a stupirmi sia della potenza mediatica delle parrucchiere, sia di quanto mi faccia ancora impressione parlare di Covid.

giovedì 21 aprile 2022

giallo

Autore che mi chiede una prova di copertina con tre diverse sfumature del giallo dei campi di grano. Mi sono sentito come George Martin quando gli chiesero di far suonare una canzone come un'arancia sbucciata.

mercoledì 20 aprile 2022

stupidità

Stasera pensavo alla stupidità di chi vuole conquistare una città a tutti i costi e nel frattempo, per conquistarla, la rade al suolo. Poi una volta che l'ha conquistata si accorge che ricostruirla gli costa più fatica che averla conquistata e forse, nell'ottica di avere una città, si faceva prima a costruirne una nuova.

touché

Ieri credo, non ricordo su che testata, Nicola Lagioia diceva una cosa molto intelligente in un articolo che pure parlava d’altro, l’orribile guerra e come la viviamo/vediamo. Diceva, come chiusa del pezzo, che oggi in Italia abbiamo una lunga schiera di candidati a nuovi Pasolini ma nemmeno un Calvino. Touché. Ho questa sensazione che Calvino sia un po’ passato di moda, anche se un paio di libri suoi (Palomar su tutti) sono sempre bellissimi, ma nemmeno Pasolini è così letto come sembra. Più che altro, con lui, è forte la tentazione del j’accuse, con quella punta di masochismo privo di vera ironia che agli italiani – in fondo tutti cattoliconi fin nel midollo – piace così tanto. Ecco che stamattina, come cura per tutto questo, mi è capitato fra le mani il più elegante e perfido Flaiano, spesso rassegnato ma per questo mai violento, anche nei suoi momenti di massima infelicità. Flaiano puoi leggerlo in bagno senza perdere il filo del discorso e permette sempre di cavarsela con una battuta che per brevità puoi rivenderti su twitter. Meno Pasolini e più Flaiano, dunque? Ne verremo certamente migliorati. Questa, ad esempio, l’ho letta poco fa: “Ma è in questa solitudine prossima al delitto che nascono i pittori e i poeti della domenica” (da Diario degli errori).

martedì 19 aprile 2022

il traduttore

Mi chiama un tipo con un forte accento romagnolo e mi fa: Scusi, dott. Antonio, ma voi le pubblicate le poesie? – Sì, certo. – E chiedete i soldi o li date? – In che senso? – Dottore, io qua ci ho 40 poesie fresche fresche, che mi dice, le vuole? – Ma appena pescate o di giornata? – Dottore, questa non l’ho mica capita, le vuole o no? – Guardi, ora sono pieno di lavoro, c’è da aspettare… – Ma se ne mando due come assaggino e poi decide? Le va bene? – Va bene. – E se le piacciono firmiamo e mi paga? – Va bene. – Dottore, ma le serve anche un traduttore, per caso? – Perché, sei traduttore? Da che lingue? – Inglese, tedesco, francese, spagnolo, portoghese e russo. So pure un po’ di greco e di latino. A lei che lingua le serve? Ce le ho tutte! – Apposto, se ho bisogno allora so chi devo chiamare. – E mi paga? – Dipende dal lavoro che fai. Hai già tradotto con altri editori? – Dottore, se lei mi paga le traduco pure i libri degli altri editori, se vuole! – Apposto. – Affare fatto?

le canzoni sono traditrici

sabato 16 aprile 2022

fastidio

Zio Benito, cugino di mio nonno che al tempo del referendum, da bravo meridionale, votò per la monarchia e oggi, come dice lui, è buono solo a pisciarsi nel pannolone, mi ha dato un bacio secco e mi ha detto nel suo dialetto stretto raschiato alla gola che il mio problema è che leggo troppi libri e i libri ti riempiono d’acqua i coglioni. Devi leggere di meno e fottere di più, devi muoverti di più, non devi essere coglione nella vita, non devi farti fottere dagli altri. Impara! Lui ad esempio quelli lì, ucraini e russi, li scannerebbe tutti, così la finirebbero una volta per sempre di darci fastidio.

triplo sogno

Stanotte ho fatto un triplo sogno a catena, nel senso che c’erano tre diversi sogni che si inanellavano l’uno nell’altro. Ho sognato, nel primo, quattro animali selvatici che correvano sotto casa, nel mio orto. Erano animali fuori misura, tutti erbivori ma invadenti, aggressivi: due di specie sconosciute, uno assomigliava a uno struzzo rosa e l’altro che gli correva dietro era più un rinoceronte con qualcosa di antico, infatti lo chiamavo mammut; poi c’era un cigno gigantesco che stava in un angolo e allungava il collo e se la prendeva con le foglie di un albero; e un grande cavallo nero che si spingeva fin sotto il portico spaventando i miei gatti che correvano a nascondersi in casa. Assediato da questi animali fuggivo anch’io per scoprire, nel secondo sogno, che la guerra – una guerra sanguinosa ma di stampo ancora medievale, combattuta con lo fionde e le mazze, tutti che si gridavano addosso come pazzi – era arrivata nella villetta vicino alla stazione e insanguinava le strade del mio paese. Mi rifugiavo allora, nel terzo sogno, in una casa sconosciuta (anche se sapevo che era sempre casa mia) solo per finire rinchiuso in una stanza nascosta in alto, in un soppalco, da un avvocato-poeta di diaboliche fattezze cinesi, quasi un Charlie Chan ma con l’accento di Foggia, il qualche con la scusa di nascondermi dagli aggressori mi rinchiudeva lì, in quella stanzetta buia, soltanto per avermi a sua disposizione e leggere le sue orribili poesie senza capo né coda.


venerdì 15 aprile 2022

scrittore postumo

Leggendo Il Libro di Johnny di Beppe Fenoglio, volume a cura di Gabriele Pedullà che racchiude l’originale versione unitaria di Primavera di Bellezza del 1959 e del postumo Partigiano Johnny del 1968, viene fuori come la nostra Resistenza viene innescata da un’assenza. Nel paese c’erano già dei fenomeni di opposizione al regime ma questi erano per lo più ininfluenti, emarginati e disorganizzati e da soli non sarebbero bastati a far scaturire la scintilla della rivolta. Tutto è descritto con grande intensità alla fine della prima parte di quel libro, quando il paese cade in confusione per l’arresto di Mussolini, lo sbarco degli Alleati e il conseguente ritiro dei tedeschi non più “amici”. L’esercito italiano letteralmente si squaglia per l’improvvisa fuga del re dalla capitale, il quale re abbandona la popolazione al suo destino con deportazioni in massa e stragi da parte dei tedeschi, con gli americani che risalgono la penisola da liberatori e da conquistatori insieme, le città bombardate. Nel disordine creato dall’assenza dello Stato scoppia la guerra civile nel nostro paese con una parte degli italiani che si sente tradita e segue Mussolini nella repubblica di Salò e un’altra parte che si sente altrettanto tradita e crea una prima forma di resistenza mettendo insieme, da sud a nord, volontari di diversa estrazione sociale e fede politica. Altra parola centrale di questa storia, dunque, è “tradimento”. Ancora mi accorgo, leggendolo, di come la guerra civile fu da entrambe le parti un movimento giovanile. Un quarantenne era già visto con sospetto, come portatore di qualcosa di corrotto dalla passata stagione politica. Furono i giovani a vergognarsi di chi erano e a cercare di creare un nuovo ordine italiano, spinti dalla delusione e dalla rabbia. Chi scegliendo la via delle montagne (come il Johnny o il Milton di Fenoglio), chi sbandando percorso a destra (come il Marco di Tiro al piccione di Montaldo). Chi persino restando per sempre nel dubbio amletico di dove stare (come il Corrado della Casa in collina di Pavese) e finendo per non sentirsi più parte di niente. Qualcuno collaborò come poteva, ma la maggior parte dei cittadini avviliti da anni di menzogne e privazioni, non ebbe dubbi sul da farsi: si chiuse in casa aspettando che facessero gli altri anche per loro, per capire quali bandiere sventolare dai balconi dopo la fine dei combattimenti, cercando di sopravvivere come potevano, perché restare vivi era, in fondo, la cosa più importante. Anche così le istanze di quei gruppi di giovani vennero tradite una seconda volta, perché alla fine della guerra non ci fu nessun vero rinnovamento italiano, ma soltanto un più moderato, per quanto necessario, cambio di pelle (La pelle, di Malaparte, altro titolo fondamentale di quegli anni). Noi il 25 aprile ricordiamo il sacrificio di alcuni di quei ragazzi, e deprechiamo quello dei loro avversari, ma nella sostanza condividiamo l’identica materia degli altri, dei più vecchi trasformisti per necessità, quelli che camparono più a lungo*. “L’Italia ripudia la guerra” ricordava giustamente il segretario dell’ANPI. Ma io ho pensato al povero Fenoglio a cui gli editori rispondevano che coi quei suoi “cartonacci” sulla Resistenza, ad appena dieci anni dalla fine della guerra, aveva già rotto i maroni. Era una storia vecchia quella, a cui nessuno voleva più pensare, e infatti Fenoglio rimane uno scrittore postumo.


*Non è per forza un male, ma ogni tanto me lo sento dentro anch’io un vuoto, la mancanza di quella follia ostinata che qualcuno chiama ideale (un ideale per cui anche potrei morire) e che fa la differenza fra chi partecipa alla storia e chi la guarda passare. Io ad oggi non ho fatto altro che guardare e parlare, parlare e scrivere, sperando di non eccedere in retorica, e tutto questo non mi fa sentire migliore degli altri, soltanto un pochino più gretto. Resto umano, come diceva qualcuno, ci provo, ma sento che ormai restare umani non basta.

domenica 10 aprile 2022

guerra e pace

Visto che è il giorno delle palme e che sono un fervente dylaniato, ne approfitto di per dire che non ho mai capito perché in questo periodo chi propugna la pace canti così spesso Masters of War di Bob Dylan che non è certo una canzone di pace. Cioè Dylan non dice “Padroni della guerra, veniamo a patti diplomatici” ma dice “Padroni della guerra, io spero che schiattate in corpo e crepiate molto, molto male”. Sul come debbano morire non lo dice, ma con la sua buona educazione ebraica probabilmente sta invocando il Dio crudele, vendicativo e spietato del Vecchio Testamento (quello che disse ad Abramo “ammazzami un figlio”). Insomma, non ci sta nulla di male ad augurare la morte agli altri – e nei nostri dialetti ci sono parecchie espressioni colorire per augurartelo, con varie sfumature di colore che vanno dalla colite al colera – però non mi sembra la canzone più adatta a manifestare un pensiero di pace. Io proverei piuttosto con l’Inno alla gioia di Beethoven: “Abbracciatevi, moltitudini! Questo mio bacio vada al mondo intero!”. Mi rendo conto che è un pochino più difficile da cantare, soprattutto se non hai il coro a supportarti, ma del resto è risaputo che chi vuole la pace nel mondo deve impegnarsi il doppio.

venerdì 8 aprile 2022

seghè

Oggi leggevo un sondaggio secondo cui un terzo degli italiani si dichiara “né con la Russia né con l’Ucraina”, sostanzialmente assume la posizione di Ponzio Pilato in attesa di sgozzare l’agnello per Pasqua. Fra gli altri, la maggioranza, peraltro inascoltata dalla classe politica, è contraria sia ad armare gli ucraini sia alle sanzioni economiche, ma richiede che a risolvere la questione sia la diplomazia. In quale modo, visto che non puoi opporti ai russi con la forza, né ricattarli sul piano economico, secondo me non lo sanno bene manco loro; anche se qualcuno considera che concedendo ai russi ciò che vogliono la smetteranno di rompere i coglioni, un po’ come si fa coi bambini un po’ troppo viziati (anche i bambini viziati possono essere felici). Ma cosa vogliono i russi? Qui le risposte si sprecano. Ovviamente la Nato fuori dalle balle, poi tutta l’Ucraina da denazificare nel giro di un paio di generazioni e già che ci sono anche la Versilia per farci le vacanze. Un mio amico che vive lì mi fa: Va bene. Sai che cambia, tanto qui ci vengono solo i milanesi, o russi o milanesi quando parlano non si capisce niente uguale. Basta che la finiscano.

pizza

In questi giorni mi sto vedendo la filmografia di Charlie Chaplin, lunghissima, perché in vita sua il nostro supertramp ha girato circa 80 film di cui solo 10 lungometraggi e il resto suddiviso fra corti e mediometraggi, quasi tutti muti. La cosa che più mi fa sorridere di tutto questo è accorgermi di come molti oggi condividano il famoso discorso sulla pace dal suo primo film parlato (Il grande dittatore, del 1940) non sapendo che prima di quello – o meglio, per arrivare a quello – Chaplin abbia girato circa 70 film in cui Charlot, irascibile e manesco come pochi, si è azzuffato con chiunque gli capitasse a tiro. Pugni, calci, morsi, bastonate, più simile a Will Smith che a Mahatma Gandhi. Non solo: Chaplin già allora veniva accusato dalla critica di essere troppo violento nei suoi film “per famiglia” ma lui della critica se ne infischiava. Mi ha fatto sorridere proprio perché molti di coloro che hanno condiviso commossi il suo discorso sulla pace sono gli stessi che poi hanno colpevolizzato Smith per il significato del suo schiaffo. E mi è venuto da pensare che in fondo, molto simili a Charlot, i più grandi pacifisti sono fondamentalmente degli ex-attaccabrighe con un sorriso disarmante per il quale li perdoni sempre, dopo che ti hanno menato una pizza più o meno metaforica in faccia.

(L’immagine viene dal film The Bank, del 1915).

lunedì 4 aprile 2022

una vecchia

Le immagini di Bucha sono state tremende, né mi va di commentarle, ma ce n’è un’altra che mi ha colpito negli ultimi giorni ed è quella di una vecchia ucraina che ho visto in un servizio al Tg, una donna tozza, coi capelli bianchi, le gambe gonfie, il volto duro da contadina, che mi ha ricordato mia nonna. I russi le hanno bombardato la casa e la TV l’ha ripresa in un centro di accoglienza di Leopoli. Quella vecchia è un cadavere che cammina, perché è troppo vecchia sia per andare altrove a rifarsi una vita sia per ricostruirsi la casa. Quella vecchia è finita per sempre, anche se ancora respira, e forse un infarto sarebbe meglio di tutto ciò che la aspetta. In una situazione così io mi sarei già ammazzato. Lei invece, seduta pesantemente su un letto di fortuna, guardava dritta in macchina con lo sguardo duro e la bocca chiusa e piegata in basso. Forse crede in Dio e aspetta un segno, forse non si rassegna. Fatto sta che noi per quella vecchia non potremo fare nulla, tranne continuare a blaterare che Putin o che Zelensky o che la Nato o che l’Europa blablabla e ribadire l’ovvietà che la guerra è brutta, perché nel nostro piano delle cose quella vecchia contadina è l’ultimo dei problemi da affrontare. E la realtà è proprio questa.

domenica 3 aprile 2022

qualcuno doveva cantare

Stanotte ho sognato mio nonno che cantava Bella ciao in piazza e non si ricordava le parole. C'era una piccola folla che applaudiva ma non cantava con lui. E più lui sbagliava più loro applaudivano per incoraggiarlo. Io cercavo di portarmelo via perché sapevo che se lo avessero trovato a cantarla lo avrebbero arrestato ma quando mi avvicinavo gli altri mi gridavano contro e mi spingevano lontano perché lo volevano lì. Qualcuno doveva cantare la canzone, mi dicevano, ed era meglio che lo facesse lui che era vecchio e non aveva niente da perdere. E io non avevo abbastanza forza per difenderlo e mi mordevo le mani pieno di rabbia e lì guardavo uno per uno per ricordarmi le loro facce vuote.