Le immagini di Bucha sono state tremende, né mi va di commentarle, ma ce n’è un’altra che mi ha colpito negli ultimi giorni ed è quella di una vecchia ucraina che ho visto in un servizio al Tg, una donna tozza, coi capelli bianchi, le gambe gonfie, il volto duro da contadina, che mi ha ricordato mia nonna. I russi le hanno bombardato la casa e la TV l’ha ripresa in un centro di accoglienza di Leopoli. Quella vecchia è un cadavere che cammina, perché è troppo vecchia sia per andare altrove a rifarsi una vita sia per ricostruirsi la casa. Quella vecchia è finita per sempre, anche se ancora respira, e forse un infarto sarebbe meglio di tutto ciò che la aspetta. In una situazione così io mi sarei già ammazzato. Lei invece, seduta pesantemente su un letto di fortuna, guardava dritta in macchina con lo sguardo duro e la bocca chiusa e piegata in basso. Forse crede in Dio e aspetta un segno, forse non si rassegna. Fatto sta che noi per quella vecchia non potremo fare nulla, tranne continuare a blaterare che Putin o che Zelensky o che la Nato o che l’Europa blablabla e ribadire l’ovvietà che la guerra è brutta, perché nel nostro piano delle cose quella vecchia contadina è l’ultimo dei problemi da affrontare. E la realtà è proprio questa.
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