martedì 31 gennaio 2023

i più pericolosi

L'esperienza insegna che i più pericolosi sono gli autori che ti dicono: Tranquillo, non ho nessuna fretta. Nel senso che se ritardi non ti faranno scenate ma la lentezza è pur sempre l'attitudine del cecchino. Quando si fanno sentire è per ricordarti che hai un puntino rosso in fronte.

lunedì 30 gennaio 2023

vergogna

Ieri ho visto un’intervista a Carlo Verdone in cui raccontava di quando, mentre studiava cinema con Rossellini, un tipo in classe che voleva fare il cinema di lotta e non sopportava più le lezioni molto tecniche di Rossellini sull’uso degli obiettivi, si alzò in piedi e scorreggiò in classe, in faccia a Rossellini. Il pubblico che ascolta Verdone ride, ma non è un aneddoto divertente, è un aneddoto fascista. Ascoltandolo, mi è venuto da ripensare al raduno "poetico" di Castelporziano del 1979, indicato oggi da molti critici come punto di svolta in cui la poesia perse la sua aura di intangibile nobiltà per venire divorata dalla cultura massmediatica e neo-consumistica del pubblico, che impose di poter decretare cosa è o non è poesia arrivando a contestare e sabotando gli stessi poeti come se fossero l’espressione da abbattere di chissà quale potere o egemonia culturale. Lì dove la vera egemonia culturale era già televisiva e non ancora contestata. Ieri, riguardando quelle immagini, mi chiedevo chissà che fine hanno fatto il tipo del peto a Rossellini, o la ragazza Cioè, o il tipo che mostra fiero l’uccello a Dario Bellezza, o quello che dal palco di Castelporziano annuncia l’arrivo del minestrone e poi, visto che ha il microfono in mano, si sfoga: “Io son venuto qua perché c’era Patti Smith e non l’ho trovata, e vengo qua e trovo i poeti che mi dicono le poesie, ma io della poesia non me ne fr… Andate a fanculo tutti! M’avete rotto il cazzo! Smettetela! Finitela! Stronzi! Non capite un cazzo voi!”. Chissà se ogni tanto si rivedono, ripensano a se stessi in quegli anni, e col senno di poi si vergognano un poco di sé.

domenica 29 gennaio 2023

convinzione

Gentile editore, sono talmente convinto della validità e bellezza della mia opera che non solo, leggendola, non sprecherà il suo tempo prezioso, ma dopo averla letta mi ringrazierà pure.

sogni agitati

Non so perché ma di recente sto facendo dei sogni a tal punto agitati che mi risveglio più stanco della sera prima, qualche volta col capogiro e con la sensazione di aver corso sempre, anche se fondamentale nella vita ormai mi muovo assai poco. Insomma, come una sorta di legge del contrappasso, mi faccio di notte tutti i chilometri che non faccio di giorno, ma non sembra un bisogno inespresso, mi pare più una punizione. Poi la gente mi chiede come va e io rispondo: Vado stanco. Per forza.

sabato 28 gennaio 2023

la situazione meteorologica a locorotondo

Salgo ad alte e incontro in piazza deserta Gigi che mi dice due volte con quel certo tono nella voce e quella luce nello sguardo del fotografo che già pregusta le uscite a piedi per far foto ai campi raggelati (che finiranno sulle copertine delle nostre riviste): "Forse nevica, forse nevica". Me lo ripeto in testa anch'io, e intanto sento un freddo cane nelle ossa e il cielo è grigio, non promette niente di buono, tanto che passa di corsa Giuseppe Satalino e ci allerta additando i nuvoloni: "Arretrateve!". Come lo dice, fiocchettano sopra le nostre teste due (ma proprio due) fiocchetti sottilissimi di neve. Questo è il segnale, infatti decidiamo di tornarcene a casa. Saluto Gigi davanti al Comune, scendo il corso di altri cinquanta metri e arrivato al semaforo di via Alberobello già il cielo si è schiarito, non faccio in tempo ad arrivare a casa che viene fuori il sole. Me ne stupisco al punto che su via Alberobello un ciclista quasi mi mette sotto e mi grida inviperito: "Guarda la strada, trimone, invece di fissare il cielo!"

venerdì 27 gennaio 2023

fare una passeggiata

Gentilissimo editore, sono un vecchio appassionato di poesia dialettale e vivo a Bari. Sto cercando il libro del dr. Giovanni Laera e mi chiedevo se ne aveste qualche copia ancora che verrei a ritirare di persona dalla vostra sede a Locorotondo. Non avendo l’auto, verrei martedì prossimo col pullman delle 14.10 e vi chiederei se ci siete e se potete accogliermi per un’oretta circa (dalle 15.35 alle 16.40) così parliamo un po’ di libri mentre aspetto per il pullman del rientro. – Caro signore, se conferma che viene noi ci siamo, ma non c’è bisogno di venire fino a Locorotondo, il libro del dr. Laera è disponibile nelle librerie di Bari. Anzi, se va da Millelibri, in via dei Mille, molto probabilmente lo può incontrare di persona, perché ci va spesso. – La ringrazio di cuore, se non vi disturbo troppo preferirei venire a Locorotondo, sa, io sono pensionato e ho i pomeriggi sempre così vuoti che pensavo di approfittarne per fare una passeggiata.

sogno dei leoni di pietra

Stanotte ho sognato di scendere giù per una lunga scalinata in pietra antica. Tutti i miei amici mi camminavano davanti, molto eleganti e compiti, e anche se non ne avevo le prove sapevo che stavamo tutti procedendo verso il funerale di qualcuno. Avrei voluto chiedere e informarmi, ma nessuno mi guardava in faccia o apriva bocca. Persino quando provavo a fermarli uno per mostrare una cosa che avevo scoperto, ogni tanto un gradino della scalinata invece di sporgere in avanti rientrava indietro creando una sorta di dislivello che impediva al piede di appoggiarsi, insomma si poteva scendere con agio ma non risalire senza difficoltà. Provavo a spiegarlo agli altri, ma nessuno sembrava interessato. A quel punto, scocciato dal silenzio, decidevo di averne abbastanza e di tornare indietro anche da solo, ma per farlo, lì dove il dislivello dei gradoni mi impediva di poggiare il piede, ero costretto ad arrampicarmi alla bocca spalancata degli enormi leoni in pietra muschiosa che decoravano il bordo della scalinata; aggrappandomi a quella prendevo lo slancio per saltare verso il gradino più in alto. E mi accorgevo, mentre risalivo, che se scendendo eravamo in tanti per quanto nessuno rivolgesse la parola al suo vicino, a risalire ero io soltanto e non potevo che parlare con me stesso. In qualsiasi direzione andassi, mi sentivo comunque molto solo.

giovedì 26 gennaio 2023

disgusto

Mi salva dal disgusto del mondo editoriale il ragazzo dell'officina che mi chiede di correggere una sua poesia d'amore per darla a chi gli piace, e quasi vergognandosi quando gli segnalo un errore mi dice: Mi scusi, io non ne capisco molto di poesia, però questa cosa che sento dovevo proprio scriverla.

mercoledì 25 gennaio 2023

pessimismo

Io ho una visione talmente pessimistica della vita che quando, ad esempio, chiamo mio fratello e non risponde la prima cosa a cui penso è un qualche incidente d’auto o una rapina finita male. Applico insomma la mentalità del genitore apprensivo. Il problema vero però non è nemmeno questo, ma dopo, quando mio fratello puntualmente mi richiama e io ogni volta gli chiedo: Ah, ma sei ancora vivo?

martedì 24 gennaio 2023

vite da film

 
Non c’è nulla da fare, e lo dico con invidia, alcuni di noi hanno un destino scritto in più, che si addiziona a quello di una vita comune con tutti i suoi semplici bisogni, qualcosa nel proprio DNA che va oltre la vita stessa e si fa cinema nel modo in cui ogni elemento si incastra romanzescamente con gli altri. Prendi ad esempio Ramón Mercader, zio di Christian De Sica. Lo definisco così perché ieri ho visto un’intervista in cui De Sica passa con disinvoltura dal parlare di “Sapore di mare” a questo suo zio assassino. “Ho uno zio assassino” dice proprio lui, ma con l’aria di chi se la sta tirando un po’, e sotto il video i commenti del pubblico: “Ma quale assassino, era un eroe!”. Ce ne vuole per definire eroe uno che sfonda a tradimento il cranio di un altro uomo con una picozza da ghiaccio, ma il punto è che quest’altro uomo era Lev Trockij, eroe e traditore della rivoluzione russa. E questo proietta direttamente Ramón Mercader in un contesto che non si sa più se definire drammone storico, poema rivoluzionario, spy fiction o semplicemente splatter (non dimentichiamo, infatti, la picozza che sfonda il cranio del povero Lev fra sangue e rimasugli di cervello). Il quale Lev viene ucciso a Città del Messico, rifugiato in casa di Diego Rivera e Frida Khalo di cui fu amante, con una decisa sterzata verso il genere sentimentale con quella tinta in più data dalla bio d’artista. Ma Ramón Mercader, agente segreto sovietico, feroce assassino di Trockij, era anche il fratello della diva Maria Mercader, moglie paziente di Vittorio De Sica (fra i padri del neorealismo italiano) e madre appunto di Christian De Sica (re dei cinepanettoni). E dopo l’omicidio venne inseguito, ferito alla testa (in un rapporto speculare con la sua vittima) e catturato dalle autorità messicane, incarcerato per vent’anni, inscenando un vero e proprio dramma carcerario. Ce ne sono a decine di motivi per farne un film, uno di quelli talmente carichi di roba che ti fa dubitare possa essere realistico; invece, strano a dirsi, se sulla vita di Trockij di film se ne sono fatti, a cominciare dal molto bello “L’assassinio di Trotsky” di Joseph Losey, la filmografia su Mercader è ingiustamente scarsa, pur con tutti gli infiniti tagli (dal noir alla fantascienza!) che si potrebbe dare alla vicenda. Ad esempio, e anche questo elemento mi mancava, l’altro fratello di Ramón rivelò che Mercader era morto per un tumore che gli era venuto attraverso un orologio regalatogli da amici russi (ma dietro cui si celava l’identità dello stesso Stalin) al cui interno era stato inserito un frammento di materiale radioattivo che gli avvelenò il corpo. E se non è grande cinema questo, io non lo so.


lunedì 23 gennaio 2023

qualcosa del genere

Non continuate a rompervi la testa
le poesie non le legge più nessuno
se sono buone o brutte fa lo stesso
 
(Nicanor Parra, L'ultimo spegne la luce, 2017).

domenica 22 gennaio 2023

genitori e figli

Genitori adorabilissimi e di pura ascendenza toscana mi scrivono per propormi l'opera del figlio adolescente ma di talento che ha scritto una serie di canti in perfette terzine dantesche (ho controllato: la metrica è ineccepibile). Loro sono bravi e dolci, ma è già la seconda proposta di pastiche dantesco che ricevo quest'anno, ovvero nei primi venti giorni del 2023. Si vede che l'anniversario del 2021 ha fatto il suo porco effetto. Chissà quante ricerche del tempo perduto mi arriveranno fra qualche mese...

sabato 21 gennaio 2023

bidella in treno

Io non lo so se la bidella che viaggia in treno è scema come ormai la definiscono, però mi dà l'idea di una persona che è stata strumentalizzata a dovere. Leggevo un pezzo poco fa, su HuffPost, in cui si diceva che la sua vicenda in tre/quattro giorni ha avuto una visibilità superiore a quella del festival di Sanremo, quindi i giornali che l'hanno pubblicata ci hanno guadagnato in pubblicità di sicuro. Quando ci si chiede: perché lo hanno fatto? Facile: perché conoscono i loro polli. Dice anche il pezzo che questo genere di notizie minerà la fiducia dei lettori nella credibilità dell'informazione, ma io non credo che questo minerà il fatto che se ti piace questa merda andrai a cercarne dell'altra pur sapendo cos'è: anche il maiale sa che il fango è fango e ci si rotola apposta proprio perché è fango. Invece non sono così sicuro che la bidella sia stata abbastanza tutelata o informata su cosa rischiava dando il consenso alla notizia con tanto di fotografia. Magari ha peccato di ingenuità, magari è stata lusingata. O semplicemente ha esagerato i fatti senza pensarci troppo. L'avranno pagata? Non credo. Adesso è sommersa dagli insulti peggio che se avesse truffato lo Stato, e io mi chiedo come reagirà di fronte a questa ondata. Ogni tanto se ne vede qualcuna di storie così, c'è chi di fronte a queste cose fa spallucce e aspetta che la tempesta passi spostandosi verso un altro obiettivo. C'è pure chi accusa i colpi e va in depressione. C'è chi perde il lavoro. Qualcuno si è anche ucciso di fronte all'odio mediatico. Io ci penserei dieci volte prima di lanciare una pietra addosso a una persona. Magari sì, l'ha sparata grossa (con l'aiuto di qualcuno che le ha messo in mano un microfono), ma noi chi siamo per giudicarla come se stessimo su un gradino più alto? Cosa sappiamo di lei a parte quello che ci suggerisce qualcun altro?

venerdì 20 gennaio 2023

consolazione

Stanotte nessun sogno a visitarmi, ma uno dei tanti attacchi di panico che mi hanno tenuto sveglio a lungo. Nell’attesa che arrivasse il giorno – visto che ieri si parlava di poesia meridionale – ho preso in mano un libro di Grazia Stella Elia, credo l’ultimo da lei pubblicato (I paràule di tatarànne, ed. FaLvision, 2021), scritto nel dialetto di Trinitapoli, e mi ha particolarmente commosso fra le altre una poesia, talmente lieve e semplice nel contenuto che non può che esistere nella sua lingua, la lingua è tutta la sua sostanza, proprio come i sogni. Questo il senso dei versi: “Non mi dice il cuore di andare a coricarmi, stasera, come se mio padre dovesse dirmi qualcosa. Lo sento avvicinarsi, farsi accanto alla mia sedia, incoraggiarmi, dirmi di andare avanti anche con questa pena che mi brucia in petto. – Figlia mia – mi dice con quella voce calma che aveva sempre – fatti forza nei pochi anni che ti restano, e fai le tue preghiere, prega Cristo e la Madonna, non perdere la fede”. La Elia l’ha scritta, come dicevo, nel dialetto di Trinitapoli, che è appunto la lingua dei “tatarànne”, degli antenati, e che resta sempre più una lingua per pochi perché, come scrive lei stessa in nota, nessuno che non la parli saprebbe rendere «il vero suono di una lingua nata per essere detta». Io, in questo, mi sento fortunato, da pugliese, di potermici almeno avvicinare. Scrive la Elia in introduzione: «La lingua primaria (il dialetto) è, a tutti gli effetti, educazione sentimentale. È destino delle parole “camminare”, fare strada, allontanarsi e talvolta non ritornare. La loro perdita ci rende più poveri». Il loro ritrovarle, però, il loro improvviso riapparire, anche per poche ore, com’è successo a me stanotte, fanno di noi il figliol prodigo che ritorna alla casa dei padri, e in qualche modo ci consola.

giovedì 19 gennaio 2023

mazzate

Amica che mi chiama dicendomi che mi deve caricare di mazzate. – E perché? – Perché ho provato a mandarti un manoscritto pure io, ma per fare le cose giuste ed imparziali non ci ho messo il mio nome, te l'ho fatto mandare da un amico. – E io? – E tu manco hai risposto! Sono tre mesi che aspettiamo!

poesia e meridione

Confesso che sono molto curioso intorno a questo libro (Un doppio limpido zero, poesie scelte di Raffaele Carrieri, a cura di Stefano Modeo). Curioso per due motivi: da un punto di vista editoriale, perché vorrei capire come andrà sul mercato, considerando che Carrieri è sì a suo modo un “classico” ma pur sempre un classico minore, o di nicchia se si preferisce, uno che magari lo hai sentito nominare ma non ce l’hai presente come ad esempio un Montale. Lo stesso Modeo mi pare che lo scrisse da qualche parte: mi chiedo quanti lettori ha oggi Carrieri, e me lo chiedo anch’io sinceramente (ma questo va tutto a merito della collana). E proprio per questo sono curioso, come lettore, perché per quanto detto sopra io stesso lo conosco poco come autore; quel poco che so, lo so perché me lo hanno proposto in passato come poeta “meridionale” ma confesso che non sono mai riuscito a considerarlo propriamente tale. Per me un poeta “meridionale” è Toma, che non è mai andato via dalla sua Maglie, o Pietro Gatti di Ceglie, o Scotellaro, o Lino Angiuli tanto per dirne uno ancora vivo. E non lo dico con intento critico, ma quanto c’è di meridionale – mi chiedo – in un poeta che è sì nato a Taranto, ma ha partecipato giovanissimo all’impresa di Fiume con D’Annunzio, poi ha viaggiato per nave nel Mediterraneo, poi è stato in Francia, poi a Milano, per morire a Camaiore in Toscana. Mi sembra sempre un po’ una forzatura per poeti così irrequieti nell’animo dirgli “meridionali”, come un limitarli, un rivendicare per loro un’appartenenza a un qualche luogo che non hanno. Che poi non è nemmeno giusto per chi resta. Mi ricordo ancora una volta che fecero un sito in cui suddividevano i poeti per appartenenza geografica e tutti i meridionali indicati lo erano per ragioni anagrafiche, erano sì nati qui ma vivevano a Roma o Milano o altrove da più di vent’anni. Insomma, c’erano tutti i meridionali del mondo, meno quelli che facevano la spesa in un qualche paesino del Salento o del Gargano, o sul porto di Taranto o di Monopoli, o a Bari vecchia, e chi li conosceva, allora, quelli che vivevano al Sud? L’unica, mi sono detto, per avere un po’ di attenzione è continuare a scrivere, morire, e poi scontare trenta o quarant’anni di silenzio prima che qualcuno della generazione successiva, come appunto Modeo, ci prendesse a cuore e ricordasse che c’eravamo stati anche noi, ci dicesse bravi.


roma

— Perchè sta a Roma lei, signor Meis? — Mi strinsi ne le spalle e gli risposi: — Perchè mi piace di starci... — Eppure è una città triste, — osservò egli, scotendo il capo. — Molti si meravigliano che nessuna impresa vi riesca, che nessuna idea viva vi attecchisca. Ma questi tali si meravigliano perchè non vogliono riconoscere che Roma è morta. — Morta anche Roma? — esclamai, costernato. — Da gran tempo, signor Meis! Ed è vano, creda, ogni sforzo per farla rivivere. Chiusa nel sogno del suo maestoso passato, non ne vuol più sapere di questa vita meschina che si ostina a formicolarle intorno. Quando una città ha avuto una vita come quella di Roma, con caratteri così spiccati e particolari, non può diventare una città moderna, cioè una città come un’altra. Roma giace là, col suo gran cuore frantumato, a le spalle del Campidoglio. Son forse di Roma queste nuove case? Guardi, signor Meis. Mia figlia Adriana mi ha detto dell’acquasantiera, che stava in camera sua, si ricorda? Adriana gliela tolse dalla camera, quell’acquasantiera; ma, l’altro giorno, le cadde di mano e si ruppe: ne rimase soltanto la conchetta, e questa, ora, è in camera mia, su la mia scrivania, adibita all’uso che lei per primo, distrattamente, ne aveva fatto. Ebbene, signor Meis, il destino di Roma è l’identico. I papi ne avevano fatto — a modo loro, s’intende — un’acquasantiera; noi italiani ne abbiamo fatto, a modo nostro, un portacenere. D’ogni paese siamo venuti qua a scuotervi la cenere del nostro sigaro, che è poi il simbolo della frivolezza di questa miserrima vita nostra e dell’amaro e velenoso piacere che essa ci dà. 
 
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal, 1904

 

la gatta

La gatta stamattina mi ha fregato la sedia e da lì non si è più mossa.


 

mercoledì 18 gennaio 2023

la poesia di ghezzi

Dare l’amore dentro le immagini stesse
Anche se il corpo è disperato
Cerca, non trova, poi finalmente vede
Quindi sa che l’amore c’è ancora. E poi
E poi la necessità sarebbe fermarsi
Non andare su questo fiume
Che ha un ritmo lento, terribile
Della vita quotidiana che però
È già diversa dalla vita quotidiana.
È un film assolutamente
Realistico, e nello stesso tempo
Squarciato continuamente
Da questi tatuaggi che ha su se stesso
Sulla pelle apparentemente così
Normale.
 
Enrico Ghezzi
(parlando de L’Atalante di Jean Vigo).

 

il post della tettona

Due ottave dal lunghissimo Lamento di Melchiorre di Carlo Porta, qui tradotto da Patrizia Valduga (ed. Einaudi, 2018). Leggendole mi sono chiesto, ma è solo una mia suggestione, se non fossero presenti anche a Guccini mentre scriveva la parte centrale della sua Avvelenata, con un ironico rovesciamento di genere, in cui Guccini prende il posto della Tettona, la donna di facili costumi che fa tanto soffrire il povero Melchiorre, mentre si auto-infligge gli insulti più truci e tragicomici che si chiudono in quel riferimento al bagno sempre occupato che è presente in entrambi i testi ("nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento" canta Guccini).



 

martedì 17 gennaio 2023

notte d’amore con l’editore

Ciao – mi scrive uno l’altro giorno – dopo il nostro incontro a PLPL (dove non sono stato), ti scrivo per farmi spedire quei libri a tematica LGBTQ che mi avevi promesso. Pensavo fosse un errore, poi oggi un altro mi scrive: Ciao, dopo il nostro incontro al Book Pride (dove non sono stato), ti mando quel manoscritto a tematica LGBTQ che mi avevi spinto a scrivere. Qui qualcosa non va. O c’è un editore gay che ha un nome molto simile al mio, oppure c’è qualcuno che va in giro per l’Italia promettendo libri e pubblicazioni in cambio di una notte d’amore con l’editore, e poi lascia a me il conto da pagare in albergo.

lunedì 16 gennaio 2023

messaggi dagli amici

Poco fa leggevo il post di una autrice giustamente contenta per i messaggi creativi e pieni di affetto che le scrivono i suoi amici. Tutto questo mi ha fatto pensare ai messaggi che i miei amici scrivono a me. Cose come: "Ciao Lillo, come stai?" che hanno una certa formalità ma sono pur sempre una dimostrazione di affetto. In verità, a un certo punto me lo hanno scritto così tante persone diverse "Ciao Lillo, come stai?", tutte nello stesso momento, che ho cominciato a immaginare (stavo leggendo Philip K. Dick) che ci fosse in giro un nuovo virus per cui sospettavo che se avessi risposto con un semplice ed educato "Bene, grazie" avrei innescato una sorta di codice attraverso cui mi avrebbero rubato i dati dal telefono. Così ho cominciato a rispondere: "Qui tutto va male" e quando lo scrivevo i miei amici si preoccupavano davvero.

sabato 14 gennaio 2023

il lupo

Mi arriva una email da uno strano indirizzo, tutte cifre e lettere, tanto che all’inizio credo sia spam. Mi dice che è un giovane autore che vuole restare anonimo e di non farmi impressionare dello pseudonimo che ha scelto per il suo libro. Apro il file, c’è scritto: Lucifero. Primo verso della raccolta: Sono tornato dall’inferno per darti la morte. Riconosco immediatamente lo stile. – Gli chiedo: Ma che sei Pietro Pietraviva? (Pietro Pietraviva è uno stalker ossessionato dal culto di Satana che mi ha dato la morte alcuni anni fa). – Lui mi risponde: Bravo, come hai fatto a riconoscermi? – Il lupo perde il pelo ma non il vizio.

tenore

Una volta, molto scioccamente, mi venne di dire ad alcuni miei autori che stanno in centroitalia che secondo me vivevano a un tenore di vita più alto della media. Loro mi guardarono stupiti e mi dissero No non ci pare. Ripensandoci, mi sono reso conto della mia ingenuità, o meglio ho capito che il loro tenore di vita è nella media, mentre è quello nostro di meridionali che è più basso solo che vivendoci dentro non me ne accorgo. L'ho capito davvero alcune settimane fa mentre parlavo con un mio amico settentrionale che ne capisce di auto e mi ha detto che noi al sud guidiamo quasi tutti modelli un "pochino" più vecchi superati e inquinanti degli altri. E io mentre lo diceva ho pensato a quando andavo a studiare a Lecce e prendevo un trenino regionale arancione con le tende di tela grezza che era uscito vivo dagli scarti degli anni 50 e pensavo esattamente questo, che non ci si poteva fare niente, che era quasi naturale che fosse così perché quello era il Salento.

paisà 1860

L’altra sera, nella mia fissa di rivedermi tutta la filmografia di Rossellini, ho rivisto anche “Viva l’Italia”, del 1960, che è un film dedicato all’impresa dei Mille, ed è soprattutto l’ultimo lavoro di sceneggiatura firmato da Rossellini con Sergio Amidei. Il film che si può visionare adesso in streaming rispetto all’originale è stato accorciato di circa mezz’ora, alterandone pesantemente il ritmo, specie nella seconda parte (a mancare, guarda caso, sono un’intera scena con un acceso litigio fra Garibaldi e Mazzini, che avevano visioni ben diverse sul futuro dell’Italia, oltre a varie scene che descrivono gli intrighi di palazzo Savoia, più varie scene di costume tese a rendere il contesto sociale del meridione in rivolta). Ma a parte questo il film è molto accurato, specie nelle scene di battaglia. La cosa più interessante però, a posteriori, è stata scoprire come sia Rossellini che Amidei avrebbero voluto intitolarlo “Paisà 1860”, perché inquadravano l’impresa garibaldina in parallelo alla liberazione angloamericana del paese, ovvero come un fenomeno di “liberazione” operato da forze armate completamente estranee alla realtà sociale e politica del paese che andavano a liberare. Perché il regno borbonico dell’epoca era semplicemente un altro mondo rispetto a quello sabaudo. Dopo il film, per curiosità, ho rivisto anche alcune altre trasmissioni a tema, una di Piero Angela, le varie lezioni di Barbero (così non passo per neoborbonico) che è dichiaratamente un appassionato di Garibaldi ma spesso e volentieri sottace su errori, pressappochisimi o ingenuità del nostro, come se quelli non contassero mai nulla sulla bilancia della storia. Sarà. Ma resto convinto di questo: si può certo discutere sulla figura di Garibaldi, così come sulla buona o cattiva gestione dei Borboni al Sud, ma tolte queste due cose, una volta che si è stabilito, come credo sia stato fatto da tutti (persino da Barbero), che i Sabaudi arrivarono qui non da liberatori o da fratelli, ma da colonialisti, pessimi per altro nella gestione dello Stato, tanto da apparecchiargli il fascismo nemmeno cinquant’anni dopo, di preciso cosa ci resta da salvare del Risorgimento italiano? Gli ideali delusi? Tanto altro, lo so già, a cominciare dalle opere d’arte, da Verdi fino a Verga. Ma tolte quelle, sinceramente, se buttassero a mare tutte le statue e le targhe di Vittorio Emanuele o di Cavour nelle nostre piazze io mi sentirei più contento che non a vedere imbrattata quella di Montanelli.

venerdì 13 gennaio 2023

divani

Hai la perfetta percezione della bolla in cui vivi quando vai al mercato a comprare carote e pomodori e al fruttivendolo citi Magrelli e quello scoppia a ridere e poi ti chiede: Ma Magrelli quello dei divani?

giovedì 12 gennaio 2023

ruote

Mio fratello mi chiama da Milano per dirmi che è in ritardo al lavoro perché un uomo è finito (si è gettato?) sotto il treno. Mi dice che ha sentito il corpo stritolarsi sotto le ruote. Ho pensato a un corpo, tu credi che sia così minuscolo da farsi setacciare senza suono sotto una massa di quintali di acciaio e passeggeri che pensano a ben altro nel primo mattino di Milano, invece no resiste, si oppone persino nella sua fine, scuote le rotaie, scombussola tutto per farsi macinare fra le ruote. Le sue ossa frantumate risvegliano nelle proprie ossa persino gli assonnati spinti al lavoro.

mercoledì 11 gennaio 2023

la verità nascosta nel romanzo

Una volta, durante una discussione sul romanzo italiano, Carlo Bordini mi disse che per lui il più importante romanzo del ‘900 e certamente il suo preferito era “Il fu Mattia Pascal”, seguito a ruota dal “Gattopardo”. All’epoca mi fece strano questa predilezione per la cultura siciliana da parte di un romano, ma avendo letto quei libri al liceo non me ne restava che la patina e quindi presi per buona la cosa e lasciai perdere. Eppure la cosa ha continuato a razzolarmi dentro per anni fino al punto che di recente ho ripreso in mano “Il fu Mattia Pascal”, più per curiosità che per altro, e mi sono sorpreso, nel rileggerlo, di quanto Bordini se ne sia servito per modellare il suo “Memorie di un rivoluzionario timido” che pure è un libro fortemente sperimentale sul piano del linguaggio – non a caso, credo, il titolo omaggia e fonde ironicamente “Memorie di un rivoluzionario” di Victor Serge e “Memorie di un pornografo timido” di Kenneth Patchen – lì dove Pirandello, all’opposto, era per una chiarezza assoluta dello stile a favore dell’innovazione apportata dall’impianto narrativo. Insomma, pur con le evidenti differenze di scrittura, entrambi i libri si declinano in tre tempi con un primo tempo dedicato alla vita di un uomo più che inetto (peraltro una finta vittima, venata com’è di punte di masochismo nel descriversi nelle proprie mancanze), che viene ingabbiato in meschine logiche famigliari che lo incanagliscono e lo sviliscono fino al punto di attuare sottili rappresaglie; poi per una serie di cause accidentali che subisce quasi con un moto di accidia, perviene a una prima morte che lo rilancia in una seconda vita semiclandestina (a Roma!) che lo avvolge nella sua cupezza crepuscolare e irrisolta; infine sceglie di morire una seconda volta per tornare alla sua vita precedente che nel frattempo, datolo per morto, l’ha chiuso fuori da qualsiasi sviluppo, lasciandolo in uno stato di morte raddoppiata a cui si arrende con una consapevolezza e una rassegnazione quasi sospirate, che lo sollevano da qualsiasi responsabilità e lo accompagneranno nell’attesa dell’ultima e ormai quasi inutile morte fisica. I due romanzi si appaiano così in questa sorta di ultra-morte venata sempre di ironia. Con la differenza che quella di Mattia Pascal è una invenzione che si fa vera nella vita vissuta da Carlo Bordini che vi si identifica fino al punto da riscriverla nella propria autobiografia immaginaria (autofiction come si dice oggi) che mi è servita per cogliere la verità nascosta nel romanzo.

lunedì 9 gennaio 2023

che culo

Trovo una chiamata sul telefono. Richiamo il numero, mi risponde una voce di ragazza che mi chiede chi sono. – Antonio Lillo. – Chi? – Pietre Vive Editore. – Oddio, come sono fortunata! – In che senso, scusi? – È da stamattina che chiamo editori e non mi risponde nessuno. Così ho chiuso gli occhi e ho espresso un desiderio, mi sono detta che il primo che mi richiama sarà quello che mi pubblica. E mi ha richiamato lei! – Che culo!

domenica 8 gennaio 2023

la società dei poeti estinti

Oggi ho scritto il primo sassolino del 2023 – i sassolini sono le mailing list di Pietre Vive che partono ogni martedì, ma li scrivo di domenica – e ho cominciato a lavorare al prossimo libro che è un libro su commissione, cioè mi pagano per scriverlo così l’anno comincia con due cose che mi piacciono molto: scrivere ed essere pagato per scrivere. Non sempre va tutto così liscio, ovviamente, ma mi piacerebbe, o almeno ho espresso questo desiderio per il prossimo anno, che mi tornasse un po’ di fede nella letteratura, fede che ormai ho perso da tempo. Cioè faccio quel che faccio al meglio che posso ma senza più crederci, senza credere che abbia una vera importanza o un qualsiasi senso. Lo faccio perché lo so fare e non mi va di cambiare le cose alla mia età, ma confesso che più vado avanti nel nobile mondo delle Lettere e meno riesco a dire che ci sto a mio agio, anzi, le parole precise per descriverlo per me restano quelle di una canzone di Vasco Rossi, “sì stupendo, mi viene il vomito, è più forte di me”. Questo è il mio rapporto col mondo letterario, e quello che mi ferisce di più non riguarda nemmeno lo sproposito fra energie richieste e guadagni bassissimi (tanto più che io mi sono sempre definito un artigiano e non un editore), ma è il livello di miseria morale e ipocrisia di chi ci vive dentro e che si sposa spesso ai più altisonanti e sbandierati valori etici ed estetici, tutta roba che negli animi meno sensibili scatena l’orticaria. Ecco che più gli altri spingono per entrare in questo mondo e più io sento di volermi tenere ai margini, facendo anche un danno ai miei autori, lo riconosco, perché un editore integrato è uno che spinge meglio i libri. Dove, non l’ho ancora capito. Ieri un mio contatto scriveva un post molto bello e duro in cui parlando di narrativa, per fare un paragone, diceva che la narrativa di oggi sta diventando come la poesia, una “TAUTOLOGIA” ovvero qualcosa che non dice più nulla a nessuno, non è rivolta al mondo, ma soltanto a se stessa con persone che parlano a se stesse di se stesse, una visione tanto realistica quanto sconfortante, anche perché è la visione di un lettore che dava già per spacciata la poesia, in maniera quasi definitiva. Per i lettori la poesia è morta? E quindi, mi sono detto, io che ci sto dentro cosa sono? Sono morto? E per chi faccio ciò che faccio? Per altri morti? E perché? Poi, devo dire, ho visto un post di una libreria che amo molto, Millelibri, dove ieri c’era un incontro con alcuni autori di una casa editrice che manco a farlo apposta si chiama TAUT (chissà se la radice è la stessa) e la libreria era strapiena. Questo mi ha dato un po’ di sollievo che non siamo poi così soli. Anche se non mi ha tolto dal dubbio che fondamentalmente “tutti siamo già morti senza saperlo”.

sabato 7 gennaio 2023

palle

Gentile Editore, le scrivo per proporle la mia raccolta che è una raccolta autobiografica. La mia è stata una vita molto dura, ma vissuta intensamente. Nella mia vita mi sono fatto di tutto ed ora è arrivato finalmente il momento di raccontarlo. Le mie storie parlano di cosa succede quando ti fai di brutto, non come questi stronzetti che vedi nei film in tv, ma serve stomaco per leggere, servono le palle. Lei ce le ha le palle di pubblicarmi?

– Mi dispiace, ma credo che le mie palle siano ancora appese all’albero di Natale…

venerdì 6 gennaio 2023

primo rifiuto

Signor Lillo,

io la ringrazio vivamente per la sua risposta, ma soprattutto la ringrazio perché lei è stato il mio primo rifiuto letterario che, un po’ come il primo amore, non scorderò mai!
Che poetessa sarei se venissi pubblicata subito?
La ringrazio di cuore per le cose che mi ha scritto e ne faccio tesoro. Cercherò la mia “voce”, spero di trovarla e fin quando non ci riuscirò stia tranquillo che non tornerò a darle noia.
Lei però incroci le dita per me.

mercoledì 4 gennaio 2023

scarpe

In attesa davanti alla farmacia due donne scherzano fra di loro: Ti stai preparando a fare la befana? (ridono) — Io no, ma forse riesco a farlo fare a mio marito! (ridono) – Ma dai, quale uomo oggi va in giro con le scarpe tutte rotte?! — Una delle due mi fissa le scarpe e si imbarazza: Ah, mi scusi!

martedì 3 gennaio 2023

tempo sospeso

Nell’ultimo capitolo del suo saggio su Proust e Céline, Magrelli parla diffusamente dei rapporti che i due ebbero con Gallimard, che fu editore di entrambi, facendo con entrambi a distanza di un decennio lo stesso errore: li rifiutò quando gli presentarono il loro manoscritto, salvo poi scusarsi per l’errore commesso e recuperarli nella propria casa editrice in un secondo momento, quando cioè il successo arrise ai due scrittori che nel frattempo avevano pubblicato con editori misconosciuti o a pagamento. La cosa divertente è che per entrambi ci fu un rifiuto dettato non da motivi estetici, ma personali: in quanto il manoscritto di “Dalla parte di Swann” di Proust pare non fosse stato nemmeno letto in casa editrice, bollato da Gide come il capriccio letterario di un ricco sfaccendato, e quello di “Viaggio al termine della notte” di Céline venne letto e apprezzato ma rifiutato per motivi politici in quanto opera di un collaborazionista: è divertente perché le opere di entrambi gli autori oggi sono considerate le due colonne portanti (dunque l’anima) del catalogo di quell’editore. Ma qui Magrelli evoca anche la domanda delle domande del mondo editoriale: ci sono moltissime opere che parlano dell’iniziazione di un autore che attraverso le proprie vicende personali scopre in sé la vocazione di scrittore, e queste vicende nella nostra immaginazione sono quasi immediatamente premiate dal successo, come se ci fosse un salto: io scopro in me lo scrittore e due capitoli dopo sono già un artista riconosciuto. Pochissime invece ci parlano di quello che succede nel mezzo, o subito dopo che ho scritto, di tutto quel tempo sospeso, degli sbattimenti che ogni scrittore deve affrontare per diventare “scrittore pubblicato”, fra lettere e rifiuti, risposte preconfezionate, silenzi, incomprensioni, fallimenti, anche economici, ritardi e dimenticanze, lo scoraggiamento di tutte le volte in cui vieni semplicemente ignorato, quelle in cui devi ringraziare per una brutta recensione, e poi i riconoscimenti negati, quelli tardivi o addirittura postumi. Quanti di questi libri abbiamo letto finora? Chi li ha scritti? E con quali sentimenti addosso? Chi li ha pubblicati? Hanno venduto delle copie? Chi li ha letti? E cosa ne ha pensato?


lunedì 2 gennaio 2023

le domande di un lettore

Ciao Antonio, ho seguito il tuo consiglio e a Natale ho preso un libro di Pasolini. Ho preso Petrolio. È scritto molto bene. Sono al capitolo 10 e finora c’è uno che a me sembra Pasolini che adesca le bambine per strada e per eccitarsi si sbottona i pantaloni e mostra loro il pene. Sono sicuro che c’è un significato nascosto, ma qual è?

metafora

Quando il tuo anno bancario si chiude, al 31 dicembre 2022, con 30 euro di interessi maturati e 50 euro di spese, quindi cominci il tuo 2023 a -20, e tu pensi che tutto sommato – come direbbe Neruda a Troisi – anche questa è una metafora.

le lacrime di gesù

Stanotte ho sognato di essere tornato bambino e vivere nella vecchia casa, così umida e fredda che tremavo di continuo e avevo sempre male alla schiena. Mio padre mi diceva che quella che sentivo non era umidità ma le lacrime di Gesù che gli risalivano dagli occhi e io nel sogno mi chiedevo perché Gesù ci odiava tanto da piangere sempre e soltanto per noi, e se vivevamo nei suoi occhi visto che al mattino ci risvegliavamo sempre umidi e quasi da strizzare, come se fossimo cresciuti già dentro le sue lacrime. Poi nel sogno mio padre risolveva il problema alla sua maniera, comprando una rampa di scale mobili. Così ogni volta che Gesù si metteva a piangere noi lo ignoravamo e azionando la rampa di scale salivamo attraverso il cielo a un piano più asciutto.