Salgo ad alte e incontro in piazza deserta Gigi che mi dice due volte con quel certo tono nella voce e quella luce nello sguardo del fotografo che già pregusta le uscite a piedi per far foto ai campi raggelati (che finiranno sulle copertine delle nostre riviste): "Forse nevica, forse nevica". Me lo ripeto in testa anch'io, e intanto sento un freddo cane nelle ossa e il cielo è grigio, non promette niente di buono, tanto che passa di corsa Giuseppe Satalino e ci allerta additando i nuvoloni: "Arretrateve!". Come lo dice, fiocchettano sopra le nostre teste due (ma proprio due) fiocchetti sottilissimi di neve. Questo è il segnale, infatti decidiamo di tornarcene a casa. Saluto Gigi davanti al Comune, scendo il corso di altri cinquanta metri e arrivato al semaforo di via Alberobello già il cielo si è schiarito, non faccio in tempo ad arrivare a casa che viene fuori il sole. Me ne stupisco al punto che su via Alberobello un ciclista quasi mi mette sotto e mi grida inviperito: "Guarda la strada, trimone, invece di fissare il cielo!"
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