mercoledì 11 gennaio 2023

la verità nascosta nel romanzo

Una volta, durante una discussione sul romanzo italiano, Carlo Bordini mi disse che per lui il più importante romanzo del ‘900 e certamente il suo preferito era “Il fu Mattia Pascal”, seguito a ruota dal “Gattopardo”. All’epoca mi fece strano questa predilezione per la cultura siciliana da parte di un romano, ma avendo letto quei libri al liceo non me ne restava che la patina e quindi presi per buona la cosa e lasciai perdere. Eppure la cosa ha continuato a razzolarmi dentro per anni fino al punto che di recente ho ripreso in mano “Il fu Mattia Pascal”, più per curiosità che per altro, e mi sono sorpreso, nel rileggerlo, di quanto Bordini se ne sia servito per modellare il suo “Memorie di un rivoluzionario timido” che pure è un libro fortemente sperimentale sul piano del linguaggio – non a caso, credo, il titolo omaggia e fonde ironicamente “Memorie di un rivoluzionario” di Victor Serge e “Memorie di un pornografo timido” di Kenneth Patchen – lì dove Pirandello, all’opposto, era per una chiarezza assoluta dello stile a favore dell’innovazione apportata dall’impianto narrativo. Insomma, pur con le evidenti differenze di scrittura, entrambi i libri si declinano in tre tempi con un primo tempo dedicato alla vita di un uomo più che inetto (peraltro una finta vittima, venata com’è di punte di masochismo nel descriversi nelle proprie mancanze), che viene ingabbiato in meschine logiche famigliari che lo incanagliscono e lo sviliscono fino al punto di attuare sottili rappresaglie; poi per una serie di cause accidentali che subisce quasi con un moto di accidia, perviene a una prima morte che lo rilancia in una seconda vita semiclandestina (a Roma!) che lo avvolge nella sua cupezza crepuscolare e irrisolta; infine sceglie di morire una seconda volta per tornare alla sua vita precedente che nel frattempo, datolo per morto, l’ha chiuso fuori da qualsiasi sviluppo, lasciandolo in uno stato di morte raddoppiata a cui si arrende con una consapevolezza e una rassegnazione quasi sospirate, che lo sollevano da qualsiasi responsabilità e lo accompagneranno nell’attesa dell’ultima e ormai quasi inutile morte fisica. I due romanzi si appaiano così in questa sorta di ultra-morte venata sempre di ironia. Con la differenza che quella di Mattia Pascal è una invenzione che si fa vera nella vita vissuta da Carlo Bordini che vi si identifica fino al punto da riscriverla nella propria autobiografia immaginaria (autofiction come si dice oggi) che mi è servita per cogliere la verità nascosta nel romanzo.

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