domenica 8 gennaio 2023

la società dei poeti estinti

Oggi ho scritto il primo sassolino del 2023 – i sassolini sono le mailing list di Pietre Vive che partono ogni martedì, ma li scrivo di domenica – e ho cominciato a lavorare al prossimo libro che è un libro su commissione, cioè mi pagano per scriverlo così l’anno comincia con due cose che mi piacciono molto: scrivere ed essere pagato per scrivere. Non sempre va tutto così liscio, ovviamente, ma mi piacerebbe, o almeno ho espresso questo desiderio per il prossimo anno, che mi tornasse un po’ di fede nella letteratura, fede che ormai ho perso da tempo. Cioè faccio quel che faccio al meglio che posso ma senza più crederci, senza credere che abbia una vera importanza o un qualsiasi senso. Lo faccio perché lo so fare e non mi va di cambiare le cose alla mia età, ma confesso che più vado avanti nel nobile mondo delle Lettere e meno riesco a dire che ci sto a mio agio, anzi, le parole precise per descriverlo per me restano quelle di una canzone di Vasco Rossi, “sì stupendo, mi viene il vomito, è più forte di me”. Questo è il mio rapporto col mondo letterario, e quello che mi ferisce di più non riguarda nemmeno lo sproposito fra energie richieste e guadagni bassissimi (tanto più che io mi sono sempre definito un artigiano e non un editore), ma è il livello di miseria morale e ipocrisia di chi ci vive dentro e che si sposa spesso ai più altisonanti e sbandierati valori etici ed estetici, tutta roba che negli animi meno sensibili scatena l’orticaria. Ecco che più gli altri spingono per entrare in questo mondo e più io sento di volermi tenere ai margini, facendo anche un danno ai miei autori, lo riconosco, perché un editore integrato è uno che spinge meglio i libri. Dove, non l’ho ancora capito. Ieri un mio contatto scriveva un post molto bello e duro in cui parlando di narrativa, per fare un paragone, diceva che la narrativa di oggi sta diventando come la poesia, una “TAUTOLOGIA” ovvero qualcosa che non dice più nulla a nessuno, non è rivolta al mondo, ma soltanto a se stessa con persone che parlano a se stesse di se stesse, una visione tanto realistica quanto sconfortante, anche perché è la visione di un lettore che dava già per spacciata la poesia, in maniera quasi definitiva. Per i lettori la poesia è morta? E quindi, mi sono detto, io che ci sto dentro cosa sono? Sono morto? E per chi faccio ciò che faccio? Per altri morti? E perché? Poi, devo dire, ho visto un post di una libreria che amo molto, Millelibri, dove ieri c’era un incontro con alcuni autori di una casa editrice che manco a farlo apposta si chiama TAUT (chissà se la radice è la stessa) e la libreria era strapiena. Questo mi ha dato un po’ di sollievo che non siamo poi così soli. Anche se non mi ha tolto dal dubbio che fondamentalmente “tutti siamo già morti senza saperlo”.

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