Non c’è nulla da fare, e lo dico con invidia, alcuni di noi hanno un destino scritto in più, che si addiziona a quello di una vita comune con tutti i suoi semplici bisogni, qualcosa nel proprio DNA che va oltre la vita stessa e si fa cinema nel modo in cui ogni elemento si incastra romanzescamente con gli altri. Prendi ad esempio Ramón Mercader, zio di Christian De Sica. Lo definisco così perché ieri ho visto un’intervista in cui De Sica passa con disinvoltura dal parlare di “Sapore di mare” a questo suo zio assassino. “Ho uno zio assassino” dice proprio lui, ma con l’aria di chi se la sta tirando un po’, e sotto il video i commenti del pubblico: “Ma quale assassino, era un eroe!”. Ce ne vuole per definire eroe uno che sfonda a tradimento il cranio di un altro uomo con una picozza da ghiaccio, ma il punto è che quest’altro uomo era Lev Trockij, eroe e traditore della rivoluzione russa. E questo proietta direttamente Ramón Mercader in un contesto che non si sa più se definire drammone storico, poema rivoluzionario, spy fiction o semplicemente splatter (non dimentichiamo, infatti, la picozza che sfonda il cranio del povero Lev fra sangue e rimasugli di cervello). Il quale Lev viene ucciso a Città del Messico, rifugiato in casa di Diego Rivera e Frida Khalo di cui fu amante, con una decisa sterzata verso il genere sentimentale con quella tinta in più data dalla bio d’artista. Ma Ramón Mercader, agente segreto sovietico, feroce assassino di Trockij, era anche il fratello della diva Maria Mercader, moglie paziente di Vittorio De Sica (fra i padri del neorealismo italiano) e madre appunto di Christian De Sica (re dei cinepanettoni). E dopo l’omicidio venne inseguito, ferito alla testa (in un rapporto speculare con la sua vittima) e catturato dalle autorità messicane, incarcerato per vent’anni, inscenando un vero e proprio dramma carcerario. Ce ne sono a decine di motivi per farne un film, uno di quelli talmente carichi di roba che ti fa dubitare possa essere realistico; invece, strano a dirsi, se sulla vita di Trockij di film se ne sono fatti, a cominciare dal molto bello “L’assassinio di Trotsky” di Joseph Losey, la filmografia su Mercader è ingiustamente scarsa, pur con tutti gli infiniti tagli (dal noir alla fantascienza!) che si potrebbe dare alla vicenda. Ad esempio, e anche questo elemento mi mancava, l’altro fratello di Ramón rivelò che Mercader era morto per un tumore che gli era venuto attraverso un orologio regalatogli da amici russi (ma dietro cui si celava l’identità dello stesso Stalin) al cui interno era stato inserito un frammento di materiale radioattivo che gli avvelenò il corpo. E se non è grande cinema questo, io non lo so.
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