martedì 31 ottobre 2023

la terra

Ci sono scrittori là fuori, alcuni profondissimi, a cui manca il senso dell’umorismo. Ne ho conosciuti. Tu fai loro una battuta e loro ti fissano ebeti, come alienati. Ti credono un idiota, ti voltano le spalle come se fossi un villano. Non ci arrivano proprio alla risata, a ridere di sé e degli altri, del fatto che siamo fatti di niente, per loro – che spesso si mettono al centro di tutto – la vita è troppo seria per essere declassata in scherzo. Probabilmente, penso, si immaginano come Amleto col teschio in mano, mentre li guardo divertito come il becchino che sta loro a fianco. Loro si vedono lì, tragicamente prossimi al teschio, sottoterra, si immaginano già dentro la fossa, si identificano con la fossa in cui cadranno. Io penso più prosaicamente che la fatica di spalare la terra per scavargli la fossa e poi ricoprirli toccherà a me, che sono povero di spirito rispetto a loro, ma ho a che fare con la terra tutti i giorni, o almeno io vedo la terra, vedo la terra intorno al buco, non fosse altro che brulica di vivaci lombrichi.

sogno del camion

Stanotte ho fatto un sogno lunghissimo, che non racconto, ma in cui ero in viaggio con mio fratello. A un certo punto, verso la fine del sogno, dovevamo attraversare un confine, percorrendo un tunnel, per arrivare in un paese dall’altra parte della montagna. Davanti a noi c’era un camion molto alto e ingombrante, e visto che non potevamo superarlo sulla sinistra, mio fratello che ha una guida piuttosto aggressiva aveva deciso di superarlo passando direttamente sotto il camion. A me pareva pericoloso e provavo a dissuaderlo, ma mio fratello quando si mette in testa una cosa è quella. Stava già accelerando per infilarsi sotto il camion quando ha squillato il telefono e abbiamo sentito la voce del camionista davanti che ci rimbrottava aspramente “Ma che state facendo?” dissuadendoci dal superarlo. Lo abbiamo incontrato oltre il tunnel, in un autogrill – che assomigliava alla sala d’aspetto di un aeroporto – dove prima ci ha rimproverato a lungo, poi ci ha parlato più dolcemente, poi ci dato delle dettagliate istruzioni per arrivare nel paese che dovevamo raggiungere, infine ci ha salutato con un abbraccio. Lo abbiamo ascoltato in silenzio, un po’ frastornati dalle sue chiacchiere chiassose, persino mio fratello che si è allontanato da noi ancora più frastornato di me, e poco prima di lasciarci ho chiesto al camionista di fare un selfie insieme per ricordo. Soltanto che nella foto che abbiamo fatto insieme – ma io nel sogno un po’ me lo aspettavo – accanto a me, al posto del camionista, c’era mio padre. Ma la cosa ancora più sorprendente è che dietro di noi, seminascosto da uno scaffale, c’era Francesco Santoro che ci guardava le spalle come un angelo custode un po’ luciferino.

domenica 29 ottobre 2023

sogno dell'epitaffio

Stanotte ho sognato che morivo e facevo scrivere sulla mia tomba, come epitaffio: "Non ho mai lavorato un solo giorno della mia vita, io". La gente non sapeva come prenderla, se come battuta a cui ridere, o offesa verso la loro vita da schiavi. Fatto sta che c'erano quelli che, per ricambiare lo spregio, non visti portavano il cane a pisciare sulla mia tomba. Quella è tutta invidia, mi diceva il becchino quando andavo a trovarmi il fine settimana e nascondevo coi fiori le macchie di pipì, perché mi vergognavo dello sporco.

giovedì 26 ottobre 2023

la casella bianca

Signora che ha acquistato un nostro libro su Amazon mi scrive in chat per richiedermi fattura. – Senza problemi, le dico. Unica cosa, siccome manca dovrebbe fornirmi il suo codice fiscale (o P. IVA) per completarla. – Non capisco, la fattura me la deve fare lei, perché dovrei darle il mio codice fiscale? – Perché per l’Agenzia delle Entrate una fattura senza il codice fiscale dell’acquirente non è valida. – Senta, non lo so, non potrebbe mandarmela lo stesso con la casella bianca, poi il mio codice fiscale lo aggiungo io?

martedì 24 ottobre 2023

sally meyer

Accidioso, caustico, bugiardo, cascamorto impenitente e dalla battuta facile, brillante e spesso allusiva, col sorriso dell'eterno ragazzo che gli fa perdonare ogni cosa, Sally Meyer è l'alter ego inventato da un giovanissimo Ernst Lubitsch nella prima parte della sua carriera (negli anni '10 del '900 in Germania), quando è il principale attore dei suoi film. Sono commedie mute ancora oggi godibilissime (per quanto nella maggior parte dei casi perdute: spesso la censura, non soltanto nazista, le ha distrutte perché scritte dirette e interpretate da un ebreo che prendeva spudoratamente in giro la propria comunità di appartenenza). Formidabili gli scambi di battuta in puro stile yiddish, come quando in Meyer da Berlino (1919) viene sfidato a duello e così risponde a chi lo ha sfidato per il mattino dopo: "Io non mi sveglio mai in tempo per i duelli. Se faccio tardi, lei cominci pure senza di me" (che già anticipa Woody Allen). O come quando più romanticamente bacia una ragazza che gli piace (ma non è sua moglie) e le dice: "Ora non farti strane idee, questo è solo per dimostrarti che non sono timido". Come se ci fosse bisogno di dimostrarlo.

un'altra poesia di cassiano ricardo

FUGA IN AZZURRO MINORE

Il mio viso di terra
resterà proprio qui
sul mare o all’orizzonte.
Resterà di fronte
alla casa dove abitavo.
Ma il mio viso azzurro,
il mio viso che viaggia,
andrà dove andrò io.

Tutto il mondo fisico
che gorgheggia là fuori
non mi cerca adesso.
Mi sono imbarcato su una nuvola
per il varco della finestra
dei miei cinque sensi.
E a che serve la gioia di dire
che sono presente
col mio viso di terra
se non sto più in casa?

Inutile insistere.
Mi sono ritagliato una coda
di forme e colori.
(L’astrazione è un modo
d’inventarsi un’assenza)
e sono lontano da me stesso
in questo viaggio astratto
senza orizzonte né fine.

Un giorno tornerò
come un passerotto di mare
in un mite pomeriggio
all’ora del tramonto.
Solo allora, biondina,
ascolterai il mio ritmo
e mi domanderai:
tu chi sei, poveretto?
Ma io vengo da così lontano
e così azzurro in viso
che non mi puoi vedere.

La grazia di chi vive
nel paese dell’assenza
consiste certo in questo:
essere azzurro in viso
per non essere più visto.

da Un giorno dopo l’altro (1947)

la terza nonna

Libraio che ha i miei libri in conto vendita da circa due anni e che in due anni non è mai stato capace di farmi un rendiconto sulle vendite. Ogni volta, fra giornate orrendamente piene, lutti e sfighe varie, si inventa una scusa per rimandare la noiosa incombenza. Io intanto ho perso la speranza di venir pagato, ma ogni tanto lo chiamo per vedere cosa si inventerà di nuovo. Oggi ad esempio ho scoperto che in vita sua ha avuto ben tre nonne, tutte scomparse tragicamente. Quando gliel'ho fatto notare mi ha risposto che una era adottiva. Io continuo a chiedermi se siamo in una libreria oppure a scuola. Del resto gli unici libri che si vendono sul serio sono quelli per bambini, i librai si adeguano al mercato.

lunedì 23 ottobre 2023

due poesie di cassiano ricardo

Cassiano Ricardo è uno splendido poeta brasiliano della prima metà del '900, mai tradotto in Italia, un cui testo però è stato tradotto e musicato da Enzo Jannacci in una canzone assai bella è sempre molto struggente, Giovanni telegrafista (quello dal cuore urgente)... La traduzione di entrambe è mia. La prima poesia viene dalla raccolta Un giorno dopo l’altro (1947), la seconda da Montagna russa (1960).

ELEGIA PER MIA MADRE

Ora, ciò che mi resta
è questa triste grazia
di aver aspettato che tu
ti addormentassi per prima.

Ora ascolto di notte
la voce delle radici,
anche quella delle formiche
immense, numerose,
che stanno, tutte, mangiando
le spighe e le rose.

Io sono un ramo secco
sul quale due parole
gorgheggiano. Nulla di più.
E so che ormai non ascolti
queste parole vane.
Un fitto universo
mi ferisce con radici
di tristezza e di gioia.
Ma non vedo che le facce
della notte e del giorno.

Non ti ho dato il dolore
di andarmene io per primo.
Non ti ho freddato le labbra
col gelo del mio viso.
È stato saggio il destino:
tra il dolore di chi parte
e quello più grande di chi resta
a me ha dato quello – che più dura –
che non volevo darti.

Che mi importa di sapere
se al di là delle stelle
ci sono altri mondi
o se ciascuno di essi
è fatto di luce o è uno stagno?
L’universo, nel suo cerchio,
brilla alto e complesso.
E al centro di tutto
e di qualsiasi sole
che sia giorno o notte
un’unica cosa esiste.

È questa grazia triste
di aver aspettato che tu
ti addormentassi per prima.
È una lapide nera
sulla quale, giorno e notte,
brilla verde una fiamma.

***

CANTO INCIVILE

Basta essere vivi
per essere sovversivi.
(O sottovivi).
Basta non figurare
nel registro civile
per essere incivili.
(O vili, per dirla in breve).

Basta essere incivili
per non essere nessuno.
Basta non essere nessuno
per avere il soprannome
che dà la polizia
a chi non è nessuno.

Io avevo due nomi:
Zebedeo,
che mi ha dato la povertà.
E “elemento sovversivo”
che mi ha dato la polizia.

E soltanto un dolore:
che mi ha dato la vita.

E ora eccomi qua, incivile,
(o vile, per dirla in breve).
Scalciato da un cavallo
a metà del corteo
eccomi qua, steso lungo per terra
sulla schiena.

(O già tagliato a metà,
senza dolore, né sale).

domenica 22 ottobre 2023

fantasia montanelliana

Continuo a ripensare all’ultima intervista di Montanelli che diceva che il problema del nostro paese non era politico ma generazionale. Serviva una rivoluzione violenta, diceva, che spazzasse via ogni cosa. Non è la politica che è marcia, ma le ultime generazioni che sono marce nel midollo, corrotte senza esclusioni, buone soltanto a incancrenirsi nella propria corruzione. E allora, come risolvere il problema? Con un bel genocidio assistito, un suicidio di massa. Fare fuori due o tre generazioni di italiani ma in maniera chiara, pulita, senza distinzioni o esclusioni, farci fuori tutti fra di noi, sessanta milioni di persone che viste da quaggiù sono tante, ma viste da lassù, da un satellite, non contano niente sul pianeta. E poi ricominciare da capo con l’aria finalmente più pulita, con chi viene a prendersi le case. Ripopolare il paese con qualcuno che ha meno marciume di noi in corpo. Ad esempio potremmo suicidarci tutti e dare le nostre case o ai palestinesi o agli ebrei, così uno dei due popoli viene qui e l’altro resta lì e almeno un conflitto nel mondo finisce, un conflitto dove per una volta non saremmo complici ma risolutori. Ecco che in un sol colpo, col nostro sacrificio, risolveremmo il problema di due paesi e di tre popoli. Montanelli da lassù ci guarderebbe contento.

giovedì 19 ottobre 2023

sangue sulle poesie

Ieri mi è capitato di leggere, per amicizia, alcune poesie d’amore da due persone diverse. Le prime, che verranno pubblicate da un altro editore, di un uomo un po’ più grande di me, scritte con tutta l’esperienza di chi ne ha viste tante e il mestiere di chi sa gestire il suo vissuto in versi che per quanto leggeri hanno sempre quel tono un po' assoluto di chi in fondo l’amore conosce bene in tutti i suoi risvolti; e le seconde imperfette, a tratti goffe, ma traboccanti di sentimento, da parte una ragazzina che sta soffrendo per amore che per lei è qualcosa di totalmente nuovo, ne è sopraffatta. Io le avevo consigliato di scrivere perché quando scrivi, quando riesci a dare un nome alle cose, comunque stai meglio, e lei mi ha girato le sue poesie dicendomi che non la fanno stare meglio, le sue poesie sanguinano! E mentre leggevo lei pensavo ai versi del primo, che nemmeno volendo potrebbe più tornare a quel grado di intensità, ma in alcuni testi ammette con rimpianto che gli piacerebbe sanguinare un’ultima volta per amore come quando aveva vent’anni; e allo stesso modo pensavo a lui mentre leggevo le poesie di lei che continuamente si chiede quando finirà questo dolore, questo suo sanguinare per amore, e non sa ancora che un giorno potrebbe addirittura rimpiangerlo.

cretineria

Devo essere sincero, certi giorni leggo dei post o dei commenti di persone che notoriamente leggono libri, o dicono di leggere libri, ma talmente cretini, che non mi pare ci sia nessuna differenza con quelli di chi non legge libri, e mi sento quasi un truffatore a insistere così tanto in questa ciarla che leggere ci rende migliori perché forse non è vero, forse siamo tutti (chi più chi meno) cretini, democraticamente cretini, anche quelli che si credono meno cretini degli altri, anche tu che mi stai leggendo, e comunque un cretino può restare cretino anche se ha letto Stella Maris o La casa del mago.

sabato 14 ottobre 2023

la scena delle crocchette


 
C’è una scena bellissima di un film muto girato nel 1919 in Germania e chiamato Die Puppe (La bambola) di Ernest Lubitsch. Nel film, comico, una ragazza si finge una bambola e viene acquistata da un giovane sprovveduto che vuole usarla per una truffa ai danni dello zio ma viene “truffato” a sua volta dalla ragazza di cui poi si innamora. In questa scena la ragazza che finge di essere una bambola, affamata, ruba del cibo dal piatto del ragazzo, lo spia mentre mastica avidamente e fa delle finte ogni volta che lui la guarda per non farsi scoprire. È l’identico sketch, replicato alla lettera, usato da Paolo Villaggio in Fantozzi contro tutti (1980) nella scena in cui Fantozzi decide di entrare in una clinica dietetica rigorosamente tedesca e ruba le crocchette di patate dal tavolo del dottore che lo ha in cura. Ed è significativo, e a suo modo crudelmente ironico, perché una delle scene più amate del Fantozzi di Villaggio, da un certo tipo di pubblico che non ama – e non ama perché non conosce – un certo tipo di cinema, è proprio quella in cui Fantozzi irride la Corazzata Potemkin di Eisenstein, mentre qui si vede come Villaggio conoscesse, amasse e rubasse scene proprio da quel cinema “colto”, ma in realtà assai popolare, che i più dileggiano attraverso di lui, citando la sua celebre battuta (“una cagata pazzesca!”) e poi ridendo a crepapelle sulla scena delle crocchette, per qualcosa che era già presente proprio in quel cinema che i più rifiutano a priori, come troppo impegnativo per loro.

venerdì 13 ottobre 2023

ogni libro che non compro muore?

Ieri e oggi, per una settimana di eventi intorno al centenario calviniano organizzata dalla libreria L'Approdo ho fatto degli incontri sul lavoro editoriale a partire dai rapporti epistolari fra Calvino e Sciascia. Ieri l’incontro era con degli adolescenti che per vari motivi hanno abbandonato gli studi (dispersione scolastica) mentre oggi con i loro “fratellini” più piccoli di terza media. Anche se poi tutti gli insegnanti che conosco mi dicono con convinzione che il loro è il lavoro più bello del mondo, è anche vero – provare per credere – che è difficilissimo gestire delle persone così giovani, esuberanti, ma con un livello di attenzione che di classe in classe si fa sempre più basso col rischio che a furia di abbassarsi finisca per trasformarsi in disinteresse, non solo verso i fatti letterari, che sono pur sempre relativi, ma proprio verso la vita in tutti i suoi aspetti, dal lavoro alle relazioni affettive, al pensiero come forma di comprensione del mondo e di se stessi. Io, in tal senso, senza i libri sarei stato davvero perduto, proprio come lo sarebbero stati Calvino e Sciascia, e spero che almeno questo messaggio sia passato, indipendentemente dal fatto che quei ragazzi poi diventino dei lettori o meno. Non serve essere dei palestrati per riconoscere che l’attività fisica fa bene al corpo, anche se molti vanno in palestra soltanto per riempire uno spazio vuoto. Allo stesso modo non serve essere dei lettori per riconoscere che i libri non sono soltanto un passatempo, ma fanno bene alla salute, alcuni libri ci rendono addirittura persone migliori. E funziona anche al contrario, a volte siamo noi che scegliendolo diamo una possibilità di vita a un libro. Oggi, dopo che ho spiegato come funziona la catena editoriale (dal manoscritto a quando il libro finisce in libreria), dopo mezz’ora i ragazzi erano irrequieti perché stanchi, e un attimo prima di perderli del tutto ho detto loro che i libri che non vengono venduti in genere vanno al macero. Lì è stato bellissimo, quasi commovente, perché si è fermato tutto, la classe si è fatta silenziosa, quasi triste mentre mi guardava. – Vuol dire, mi ha chiesto un ragazzino, che ogni libro che non compro muore? – Nemmeno volendo, nemmeno se ci mettessimo tutti insieme, potremmo salvarli tutti, gli ho risposto, perché ci sono troppi libri. Ma pensa che quando ne compri uno, quello è un libro che stai salvando.

giovedì 12 ottobre 2023

i soldi coi libri comunicano

Scorrendo il trentennale carteggio intercorso fra Italo Calvino e Leonardo Sciascia – fra i moltissimi spunti di riflessione sui più vari argomenti letterari di cui i due amici discutevano con acume raro – non si può fare a meno di sorridere sulla più succosa differenza quando si arriva al cuore delle questioni editoriali. Nelle sue lettere Calvino (in qualità di consulente Einaudi) torna sempre e soltanto a parlare di Letteratura, di libri, di struttura, di sistemi, di stile, per lui la Letteratura così come la scrittura sono una fede, l’unica fede che lo animava: sono pagine dense di attenzione e rispetto, di amore verso l’opera degli altri; le sue osservazioni sui "gialli" di Sciascia sono ancora fondamentali per qualsiasi critica seria all'opera dello scrittore siciliano, tanto che Calvino resterà per tutta la sua vita l’editor di fiducia di Sciascia, il suo primo lettore. Di contro Sciascia (in quanto autore di punta della casa editrice) rimarca di continuo, con stilettate elegantissime, la questione economica che da sempre angustia ogni scrittore. Se Calvino, punzecchiato, gli scrive: “Dici che devi avere dei soldi. Ma che c’entrano i soldi coi libri? Soldi e libri, purtroppo, appartengono a due universi diversi”, Sciascia gli risponde “i soldi coi libri in un certo modo comunicano”. Mesi dopo affonda con una sciabolata: “Con tutta franchezza (e spero me lo permetterai in nome dell’amicizia), ti confesso che il mio editore ideale è Vito Laterza: non solo perché paga i diritti con puntualità e scrupolo (cosa di cui non mi importa poi molto), ma perché diffonde il libro come meglio non si potrebbe.” E in una lettera del 1959 in cui accusa Einaudi di essere poco “sincera” sulle sue intenzioni in merito alla ristampa di un libro: “La mia ostinazione a chiedere la ristampa del libro nasce anche dal fatto che io scrivo nella cronaca e con intenzioni libellistiche. Ristampare il «gettone» tra un anno o due sarebbe inutile. Della nostra generazione, solo tu e Pasolini (e Pasolini non certo per i romanzi) resterete a galla: gli altri viviamo alla giornata. Mi pare giusto, però, consentire al mio «gettone» di vivere una giornata – e non mezza giornata”.

(Gli estratti sono presi da L'illuminismo tuo e mio, carteggio fra Calvino e Sciascia edito da Mondadori).

lunedì 9 ottobre 2023

telecomando

Mai come oggi mi manca mio padre che prima si beccava lui tutti gli scazzi e le lamentele di mia madre e oggi che non c'è più me li devo beccare io al posto suo. Mio padre aveva sviluppato negli anni una tecnica zen in cui azzerava il sonoro dell'udito con un particolare telecomando mentale, io che sono un principiante ancora non ho capito dove sta il telecomando.

domenica 8 ottobre 2023

felicità

È opinione comune che buona parte della bellissima filmografia di Carl Theodor Dreyer, con la sua carica di rabbia e di dolore trattenuti e sempre sul punto di scoppiare, tanto da creare una continua tensione emotiva, di chiara ascendenza neoclassica, nello spettatore, sia frutto di un’infanzia infelice. Dreyer, figlio illegittimo di una relazione clandestina, venne dato in adozione a una severissima famiglia luterana – la madre naturale era governante nella casa del padre, sposato a un’altra, e morì poco dopo a causa di un tentativo di aborto fallito – e crebbe in un ambiente rigido, soffocante, che non faceva altro che rinfacciargli le sue origini “sbagliate” solo per ribadire, in una sorta di ricatto emotivo, quanto dovesse essere grato a chi lo aveva salvato dandogli una casa. Ecco allora dove nascono l’odio per ogni forma di oppressione e l’assillante sentimento religioso presente in tutti i suoi film, il continuo conflitto con le figure genitoriali, l’incomunicabilità e il disperato bisogno d’amore che si sposano, però, a una continua ricerca d’ordine formale, espressione di un rigore morale che era frutto di un’educazione frigida. Ecco dove nascono i bellissimi ritratti di donne così emancipate: le donne di Dreyer desiderano e soffrono a testa alta, si fanno furbe, ladre, prendono, rispondono, rivendicano un posto, un diritto alla parola, una loro dignità. Non sempre puoi amarle, ma non puoi ignorarle, al contrario di quanto era successo a sua madre. Di fronte a storie come la sua viene sempre da chiedersi se sarebbe stato preferibile avere un genio di meno e un bambino felice in più. Oppure se anche l’infelicità ha un suo motivo di essere proprio nel godimento e nel senso di crescita che proviamo noi, ogni qualvolta guardiamo un suo film.

l'apereggina

Giovane ragazza rampante, con una certa originalità del vestire, a suo modo carina, mi gira intorno per settimane mettendo il like a qualsiasi cosa io scriva – persino le scorregge – chiedendomi ripetutamente di essere il primo a leggere la sua prima raccolta. Lo descrive come un evento epocale. “Saresti il primo!” insiste. Non sta assolutamente pensando a una pubblicazione, mi dice, vuole soltanto un parere “sincero”. Io all’inizio mi nego, poi mi lascio commuovere dalla sua età e dalle foto in cui mostra con generosa eleganza il lato B e alla fine le dico sì per una lettura veloce, ma senza malintese promesse di pubblicazione. Tutto chiaro, mi dice. Come da manuale, leggo le prime poesie, un paio al centro e le ultime per farmi un’idea, e le rispondo, col maggiore tatto possibile, che la scrittura è nella media nazionale con possibilità di miglioramento se si applica un po’ di più sui versi, ma la raccolta in sé è inconsistente e piena di luoghi comuni, quindi se dovessi giudicarla “come editore” la boccerei senza ripensamenti. La ragazza mi scrive “grazie” poi scompare nel silenzio più assoluto. Passano i giorni e visto che è sparita nel nulla, penso che forse sono stato troppo duro e le scrivo: “ti sei offesa?”. Mi risponde: “no, perché dovrei essermi offesa?” quindi torna fra noi un silenzio che nemmeno in un libro di Jon Fosse lo troveresti. Finché stamattina mi sono accorto che ha cominciato già da alcuni giorni a tartassare di like un altro editore, e persino le sue scorregge.

sandro penna

«...ed è stato il solo poeta del secolo a dirci con voce netta e chiara che per essere protagonisti della vita bisogna stare lontani dal traffico, da ogni traffico, e camminare sul marciapiedi». 

Cesare Garboli

l'ape regina

Giovane ragazza rampante, con una certa originalità del vestire, a suo modo carina, mi gira intorno per settimane mettendo il like a qualsiasi cosa io scriva – persino le scorregge – chiedendomi ripetutamente di essere il primo a leggere la sua prima raccolta. Lo descrive come un evento epocale. “Saresti il primo!” insiste. Non sta assolutamente pensando a una pubblicazione, mi dice, vuole soltanto un parere “sincero”. Io all’inizio mi nego, poi mi lascio commuovere dalla sua età e dalle foto in cui mostra con generosa eleganza il lato B e alla fine le dico sì per una lettura veloce, ma senza malintese promesse di pubblicazione. Tutto chiaro, mi dice. Come da manuale, leggo le prime poesie, un paio al centro e le ultime per farmi un’idea, e le rispondo, col maggiore tatto possibile, che la scrittura è nella media nazionale con possibilità di miglioramento se si applica un po’ di più sui versi, ma la raccolta in sé è inconsistente e piena di luoghi comuni, quindi se dovessi giudicarla “come editore” la boccerei senza ripensamenti. La ragazza mi scrive “grazie” poi scompare nel silenzio più assoluto. Passano i giorni e visto che è sparita nel nulla, penso che forse sono stato troppo duro e le scrivo: “ti sei offesa?”. Mi risponde: “no, perché dovrei essermi offesa?” quindi torna fra noi un silenzio che nemmeno in un libro di Jon Fosse lo troveresti. Finché stamattina mi sono accorto che ha cominciato già da alcuni giorni a tartassare di like un altro editore, e persino le sue scorregge.

sabato 7 ottobre 2023

preghiera

Un frame da C'era una volta, film del 1922 di C.T. Dreyer basato su un'antica favola danese. Il film è andato in buona parte perduto, ma ciò che ne rimane descrive un'opera di grande leggerezza con un tocco di piacevole romanticismo inusuale per Dreyer. Scoperti dal padre di lei a dormire insieme, l'orgogliosa principessa e il suo innamorato vengono esiliati nella foresta, dove vivranno in povertà. Durante la loro prima notte fuori dal castello pregano per il loro incerto futuro davanti a un mazzo di fiori raccolto nei campi. Come in ogni favola che si rispetti saranno felici.

venerdì 6 ottobre 2023

227 persone

Ieri, mi diceva il Corsi che l’ha seguita, la diretta del Premio Strega Poesia è stata vista in diretta streaming da ben 227 persone (!) una parte delle quali era lì soprattutto per vedere Rancore cui giustamente hanno dato il posto d’onore, poco prima della premiazione con vittoria annunciata dalla scorsa primavera. Nemmeno il brivido della sorpresa ci hanno dato. Così, schiacciato fra il Nobel Letteratura, Rancore e l’assoluta certezza che a vincere non fosse il libro più meritevole ma la carriera più meritevole – unica possibile giustificazione trovata dai lettori per assolvere una scelta che se fosse toccata a qualcun altro che all’amata Lamarque avrebbe scatenato molte più polemiche – direi che in fondo è giusto così per un premio “istituzionale” che non cambia nulla, non fa eccezioni, piuttosto chiede di confermare la regola. E infatti, se pensi alla parola Poesia 227 persone collegate in streaming (più quelle presenti dal vivo) sono tantissime per un evento di poesia. Se si pensa alla regola che fa il mercato e tutto il resto, con 227 persone non ci fai nemmeno la sagra della porchetta. Ed ecco perché noi siamo qui a parlarne, per dirci che nonostante tutto siamo ancora vivi, per quanto non ci sentiamo tanto bene.

chi sta bussando alla porta?

Film minore di Dreyer, girato nel 1922, Gli stigmatizzati si muove, fra feuilleton e spy story, intorno a uno dei tanti progrom russi alla vigilia della rivoluzione – quando cioè il potere usava scatenare la violenza del popolo contro le minoranze religiose per disinnescare la rabbia sociale. Nel film si parla degli abitanti di un villaggio che aggrediscono gli ebrei del ghetto. Il titolo non è molto noto, ma resta nella storia del cinema perché contiene al suo interno alcune scene particolarmente evocative che poi verranno saccheggiate negli anni a venire da vari maestri del cinema (da Eisenstein a Vigo). La più famosa in assoluto riguarda un uomo assetato di sangue che insegue una donna all’interno di una casa vuota. La donna, terrorizzata e armata di coltello da cucina, si chiude in una stanza e quando l’uomo trova la porta chiusa prima bussa cercando di farsi aprire con le buone, poi la sfonda con un’ascia. Che vi ricorda?

giovedì 5 ottobre 2023

ripiego

Io non ho mai letto un solo libro di Jon Fosse in vita mia, però ho visto che è/è stato pubblicato in Italia da 4 o 5 case editrici di cui le più importanti sono state Fandango (già più di dieci anni fa), soprattutto (visto che Fosse è soprattutto un drammaturgo) Cue Press, che è una (bella) casa editrice specializzata in teatro e cinema, e più di recente dalla Nave di Teseo. Il fatto che la maggior parte di coloro che esultano citino soltanto La Nave di Teseo come esempio di lungimiranza editoriale, la dice lunga sul fatto che tutti parlano di piccola editoria indipendente e di qualità, ma fondamentalmente sognino di arrivare e acquistino libri dalle grandi case editrici che dominano il mercato (anche in virtù del proprio fiuto). I piccoli editori per molti non sono una scelta, o una forma di resistenza, ma soltanto un ripiego.

che cultura siamo?

 Ci sono cose che mi lasciano sempre un filo perplesso, che non dico di non capire ma le cui sfumature certe volte mi sfuggono fra le dita. Tipo questa cosa del Nobel che è, lo sanno tutti, un premio “politico” almeno quanto è prestigioso, ma scatena tifoserie come poche, e in Italia in particolare molto forti sul fronte americano – tanto che se vince un italiano è sempre “peggio” che se lo vincesse un americano, che “lo merita di più”, ma anche se vince un qualsiasi altro nel mondo “chi lo conosce quello?” è la risposta, e meglio sarebbe stato lo vincesse uno dei grandi scrittori americani che sempre “lo meritano di più”. Ogni anno è così. Poi parlano di guerra, una qualsiasi guerra nel mondo per “esportare la pace”, e magari odiano la Nato e gli americani che ne sono il braccio armato. E allora non capisco come a un premio così “politico” com’è il Nobel, un premio dove dietro ogni scelta c’è sempre, anche, una scelta di campo, una indicazione di sistema – e la cultura è la massima espressione di un sistema politico o di pensiero, è la cultura che vince sugli imperi, più di ogni esercito – si riesca a fare il tifo, dissociandosi dalle proprie opinioni, per uno scrittore che è “anche” espressione di una cultura che non si ama, o non si approva, o si vorrebbe frenare. Dire l’America no, ma per l’America tifo. Poi uno certo mi dirà che il tot scrittore non è per forza espressione di un intero Paese, che è contro la tot cultura, ma non significa nulla. Essere contro la propria cultura è già essere un’espressione di quella cultura, perché la tua opposizione nasce al suo interno e ha ragione di essere soltanto se messa a confronto di quel contesto. E anche noi, che siamo contro il complesso industriale-militare americano, poi ci nutriamo della loro cultura che per noi vale più ancora della nostra, le diamo più valore, persino nella lingua, e la tifiamo ai premi più ancora della nostra, noi che cultura siamo?

martedì 3 ottobre 2023

lettera con le parole di un altro

“Il cuore è un cimitero spazioso” scrive Heiner Müller a p. 55 del suo libro e poi aggiunge: “Ieri ho cominciato a ucciderti”. Non mi vergogno di parlarti attraverso le parole degli altri. Mamma non la smette di parlarti persino quando appare più ridicola. Guarda i muri e parla a te attraverso quelli. Parla ai muri. Agli alberi. Io non ci riesco. Un muro resta un muro. Un albero un albero. Non toccano le tue corde. Piuttosto fisso la tua foto da cui mi sorridi innocente come se non ci fosse un domani. Ma un domani c’è sempre, prometti, il domani in cui “la mano si ribella” al silenzio (p. 197) quando la voce diventa illeggibile e l’unica per farsi capire è scrivere. Scrivere come facevi tu verso la fine, sul tuo quaderno o con le dita nell’aria, le parole che non la smettono mai di sanguinare, indirizzarsi a una primavera ipotetica anche quando il silenzio non semina, nemmeno una speranza. Batterle su una macchina da scrivere, come faceva il poeta Müller malato terminale, che non riusciva a decifrare la sua stessa grafia estorta al dolore. Oppure, come adesso, sopra il mio computer che più va avanti e più assume la forma della casa, il suo futuro. Le lettere sui tasti si vanno cancellando, lo schermo scricchiola sulle giunture, tenuto insieme col nastro di gomma nero, proprio come fanno i muri agli occhi di mia madre che si tengono insieme e non scoppiano soltanto perché dentro ci sei tu.

lunedì 2 ottobre 2023

capitano tutte a me

Non lo sapevo, la prima versione assoluta di questo standard bellissimo, amato più di tutti da Massimo Urbani, è stato incisa dall'orchestra di Tommy Dorsey con un giovanissimo (25 anni) Frank Sinatra alla voce. Poi l'avrebbe fatta sua Chet Baker, anche se la prima versione che ho mai sentito era in un disco di Charlie Parker con una sezione d'archi che ho comprato dopo aver visto Bird, il film di Clint Eastwood (erano gli anni Novanta e ancora si compravano i dischi, anzi nel mio caso le cassette). Viene cantata più di recente anche in un film di Woody Allen (A Rainy Day in New York), ma le versioni che preferisco (almeno fra quelle che ho sentito) sono quella al piano solo di Thelonious Monk e un'altra live, monumentale, di Art Pepper, registrata un anno prima della sua morte.

domenica 1 ottobre 2023

i libri

CESARE GARBOLI: “Io li annuso, li annuso, li fiuto, appena mi danno un libro lo fiuto, però non amo i libri… Io amo, amo… non so neppure se li amo, sono strumenti del mestiere… Non li amo tanto, io amo leggere, ho amato molto leggere, anzi, ho letto, non ho neppure amato leggere… Ma non amo i libri… Non so, non sarei mai un bibliofilo… Non riesco a dormire in una stanza coi libri. I libri devono stare da un’altra parte…” (da una intervista del 1997).