Ieri aprendo la finestra ho trovato un geco grosso come la mia mano che mi fissava aggrappato alle persiane coi suoi occhi tondi, lucidi e neri, e pieni di apprensione, che mi dice: Non buttarmi di sotto, ti prego, qui siamo al secondo piano e se cado mi farò molto male. E non darmi in pasto al gatto che come vedi mi ha già strappato la coda. Salvami, invece, e in cambio ti regalerò una pentola piena di monete d’oro che ti farà ricco e felice. – Io quindi, impietosito, senza proferire parola ho richiuso con delicatezza la finestra e l’ho lasciato andare illeso. Il geco stamattina era scomparso, ma sono passate 24 ore e della pentola d’oro non si è vista nemmeno l’ombra. Vatti a fidare dei gechi, mi lamento col gatto che da ieri fa l’offeso con me. – Sei un fesso, mi dice lui, ma sei soprattutto un ignorante. Quando mai nelle favole si è visto un geco pieno di monete d’oro? Lo hai mai visto tu? E allora non ti lamentare e studia!
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
venerdì 31 maggio 2024
sabato 7 ottobre 2023
preghiera
Un frame da C'era una volta, film del 1922 di C.T. Dreyer basato su un'antica favola danese. Il film è andato in buona parte perduto, ma ciò che ne rimane descrive un'opera di grande leggerezza con un tocco di piacevole romanticismo inusuale per Dreyer. Scoperti dal padre di lei a dormire insieme, l'orgogliosa principessa e il suo innamorato vengono esiliati nella foresta, dove vivranno in povertà. Durante la loro prima notte fuori dal castello pregano per il loro incerto futuro davanti a un mazzo di fiori raccolto nei campi. Come in ogni favola che si rispetti saranno felici.
sabato 14 maggio 2022
rose
Mia madre mi ha appena raccontato la storia di una donna che rubava fiori al cimitero e se li portava a casa per adornarla. Tutti sapevano chi era, ma visto che veniva da una famiglia povera la lasciavano stare. Un giorno aveva rubato dalla tomba della mia bisnonna delle rose d’inverno che a mia nonna erano costate lo sproposito di 42.000 lire. Mia nonna ci rimase così male che fece in modo che venisse a sapere da una vicina quanto costavano le rose, sperando che si dispiacesse per quella perdita e le riportasse indietro. Ma la donna, quando seppe, ci rimase anche lei così male di sapersi all’improvviso ricca, che invece di perdere un simile tesoro o di buttarlo via una volta seccati i fiori, se li mangiò.
venerdì 30 ottobre 2020
fola
Giuro che il 90% degli autori che mi contattano dichiarano di non aver mai pubblicato un libro a pagamento. Io li leggo e mi chiedo: ma allora di cosa si lamentano tutti. Mi pare evidente, infatti, da ciò che dicono, che gli editori a pagamento non esistono, sono una fola, una leggenda medievale proprio come il drago e l'unicorno. Tutti ne parlano, ma nessuno ne ha mai visto uno.
domenica 24 febbraio 2019
di sogni e favole
lunedì 17 aprile 2017
le chien jaune
martedì 7 marzo 2017
il leone dalla barba bianca
Лев с седой бородой - Il Leone dalla barba bianca from finomeno on Vimeo.
domenica 5 marzo 2017
una favola antica
sabato 25 gennaio 2014
una favola sui gatti e sull'amore
venerdì 12 aprile 2013
strage
All’inizio passeggiavano lentamente, guardandosi intorno con curiosità, coi loro pancioni candidi per la piazza, e presto, quasi fosse Venezia, divennero i soggetti preferiti dei turisti armati di fotocamera, addirittura impararono a mettersi in posa in cambio di un pezzetto di pane.
A forza di pane e di riso, ingrassarono al punto di smettere di volare e zampettavano come galline, ancora tondi e buffi, avanti e indietro per quella che ormai era diventata la loro aia, andando a rifugiarsi negli angoli per dormire, sotto i balconi, dove nidificarono al suolo.
Nacquero così nuovi uccelli che, seguendo l’esempio dei genitori, non impararono mai a volare. Erano troppi per la piazza, la quale presto venne ricoperta di escrementi, piccole macchie nere bianche o gialline che crepitavano sotto i piedi quando passavi. Persino le loro belle piume, adesso che si trascinavano al suolo, erano lorde di cacca.
L’odore era insopportabile, soprattutto d’estate. E quando, a causa della sporcizia, i matrimoni finirono, vedevi gli uccelli muoversi per la piazza come impazziti dalla fame, muovendo il collo a scatti e picchiando il becco contro il pavimento vuoto, se non di escrementi, consumandolo a forza di beccate, ma incapaci di migrare.
I loro vicini umani, ormai stanchi e al limite della sopportazione, quando capirono che né Nunzio né il parroco né quelli del Comune sapevano come risolvere il problema, decisero di fare da sé. Pagarono l’accalappiacani per radunare nella piazza, una mattina, tutti i randagi da portare al canile, e li scatenarono su di loro per farne strage.
Dopo la mattanza, quando i cani furono allontanati, ai pochi uccelli superstiti, che ancora scappavano intorno terrorizzati, senza più voce, senza più vie di fuga, le piume intrise di sangue sulle zampette tremanti e inciampavano sui cadaveri dei loro compagni mutilati dai morsi, venne spezzato il collo. Quando Nunzio, impotente, da lontano vide la scena, i suoi occhi si inumidirono, ma riuscì solo a dire: che peccato.